giovedì 31 dicembre 2015

Motori 2015: the best of

Una divertente e stuzzicante raccolta del meglio e del peggio della stagione 2015 di Formula 1 e MotoGP.

di Federico Principi e Leonida Monaco







TOP 3 FORMULA 1
di Federico Principi


Top 3 sorpassi:

1 – Verstappen su Maldonado (GP Singapore): Max Verstappen è il più piccolino della compagnia e già il più agguerrito e probabilmente uno dei più solidi nel corpo a corpo. I maggiori meriti della spettacolarizzazione della categoria vanno senza dubbio ricondotti alle sue manovre aggressive e precise allo stesso tempo. Ne ha regalate di altissimo livello anche in Belgio o in Brasile, ma il sorpasso sotto il tunnel di un circuito strettissimo come Singapore ha messo a rischio la veridicità di molte leggi della fisica.


2 – Ricciardo su Hamilton (GP Ungheria): Non tanto per la tecnica del sorpasso in sé (splendido in ogni caso), quanto soprattutto come atto di lesa maestà. Hamilton era ripartito molto male a seguito del rientro ai box della Safety Car e l’australiano è stato fenomenale ad appiccicarsi al codone del Campione del Mondo. Non disponendo neanche del DRS - ed anzi di un motore molto meno potente di quello di Lewis -  Ricciardo ha compiuto una splendida manovra di scia e di staccata, suo vero punto di forza. Al punto tale da forzare la difesa del pilota Mercedes e provocarne la scorrettezza, poi sanzionata.


3 – Vettel-Raikkonen su Hamilton-Rosberg (GP Ungheria): Rimanendo alla fantastica gara mitteleuropea non poteva passare inosservata la fantasmagorica partenza delle Ferrari, preludio alla vittoria di Vettel e ad una doppietta scongiurata solo dai problemi di affidabilità di Raikkonen. Con la mappatura “Race Start” (RS) le Rosse hanno sprigionato una trazione nettamente superiore alle Mercedes, specialmente a marce ancora basse. Estremamente cattivi e intelligenti, oltretutto, i sorpassi compiuti nelle prime due curve, scegliendo sempre le traiettorie giuste per sorprendere soprattutto Rosberg.



Top 3 strategie:

1 – Hamilton al GP Gran Bretagna: La partenza dell’inglese al Gran Premio di casa era stata problematica, e così anche la ripartenza dopo la Safety Car (ancora una volta). Dopo il primo pit stop la strada per Lewis al successo si era però spianata: primo posto con Rosberg alle spalle delle insuperabili Williams, ormai lontanissimo e tappato. 

Pochissimi istanti prima del sorpasso di Rosberg su Bottas, il tedesco aveva accumulato oltre 11 secondi di ritardo dal compagno leader.

La pioggia aveva però di nuovo scombussolato l’ordine delle cose, col tedesco autore di facili sorpassi su Bottas e Massa (troppo poco carico aerodinamico per guidare bene su acqua) e clamorosamente in rimonta su un Hamilton che, con condizioni ibride ed incerte, aveva incredibilmente perso il passo.

Clamorosa progressione di Rosberg su Hamilton. Il tedesco in pochissimi giri torna prepotentemente minaccioso dietro ai tubi di scarico di Lewis, là dietro.

Non sapremo mai se Hamilton si sia fiondato ai box per montare le intermedie con la disperazione o con la reale consapevolezza che fosse in realtà la scelta giusta da fare in una situazione così delicata. L’inglese, in quel momento, pareva spacciato e destinato ad un facile sorpasso del compagno di squadra. Rosberg invece, rientrando ai box per montare la mescola intermedia con un giro di ritardo, aumenterà e di parecchio il proprio gap in quel passaggio in più percorso con le slick, e comprometterà una vittoria che sembrava ormai possibile.

Appena uscito dai box, Rosberg ha di nuovo 9 secondi di ritardo da Hamilton.

2 - Vettel al GP Stati Uniti: Come Honda e Renault anche Ferrari ha conosciuto l'onta della penalizzazione di 10 posizioni in griglia per aver utilizzato una power unit supplementare alle quattro concesse dal regolamento, per tutta la stagione. Ferrari ha giustamente scelto Austin come tappa prevista per scontare la penalità: il circuito si presta volentieri a occasioni di sorpasso e la pioggia attesa avrebbe ancora di più facilitato le operazioni di rimonta. Quando poi Vettel si è ritrovato in quarta posizione, prossimo al sorpasso di un più lento Ricciardo, il tedesco ha deciso di sfruttare la Safety Car per montare le medie e coprire il resto della gara, nonostante la pista umida avrebbe molto difficilmente permesso alla Ferrari di mandare in temperatura le mescole più dure del weekend. Sono venute in soccorso alle Mercedes due finestre di neutralizzazione - una con Virtual Safety Car e un'altra con Safety Car canonica - per permettere a Hamilton e Rosberg di compiere la loro seconda sosta senza perdere tempo da Vettel. Che, in caso di corsa pulita, avrebbe probabilmente festeggiato la quarta vittoria stagionale. Una strategia, a priori, perfetta.

A 18 giri dalla fine le Mercedes devono ancora compiere la propria seconda sosta. Senza Virtual Safety Car sarebbero rientrate in pista in mezzo al gruppone, presumibilmente tra Perez e Maldonado, e in ogni caso nel traffico e lontane da Vettel.

3 - Vettel al GP Singapore: L'occasione era ghiotta, con le Mercedes senza ritmo e qualificate in terza fila. Sembrava che per Vettel le insidie al Gran Premio di Singapore fossero ristrette alla partenza, e una volta chiusa la prima curva in prima posizione la gara sarebbe scivolata liscia. Vettel ha invece pericolosamente subito il rientro di Ricciardo alla fine del primo stint, che poteva far sorgere il sospetto che la Red Bull fosse superiore - anche se unicamente in materia di degrado - e che avesse il margine per tentare un clamoroso undercut. Per il secondo stint Vettel opta per una strategia opposta: rallenta vistosamente il ritmo e risparmia le gomme, conscio che in un tracciato cittadino non avrebbe mai subito un sorpasso in pista, per poi accelerare improvvisamente e scacciare a debita distanza Ricciardo prima della seconda sosta. Mettendo così in cassaforte la terza e ultima vittoria del 2015.

Il ventisettesimo giro è il turning point.


Top 3 errori:

1 - Box Mercedes su Lewis Hamilton (GP Monaco): Fin da quando comprai il mio primo videogioco all'età di cinque anni (F1 1997) avevo già capito che sorpassare a Montecarlo era un'impresa complessa. La scelta degli uomini Mercedes di cambiare strategia ad Hamilton - avviato alla vittoria col cruise control - si è rivelata probabilmente il più grande errore degli ultimi 10 anni di Formula 1. Non aveva senso montare un treno nuovo di super-soft, sfruttando la Safety Car ma rischiando allo stesso tempo di perdere la posizione su Rosberg e/o Vettel. Forse il regime di neutralizzazione della gara aveva rassicurato gli uomini al muretto sul fatto che Hamilton avesse margine di gap per uscire comodamente davanti, ma all'atto pratico così non è stato. Relegato ad un misero terzo posto, con l'odiato compagno autore della più immeritata vittoria della storia dell'automobilismo.


2 - Box Williams al GP Gran Bretagna: Dopo la grandiosa partenza, le cose per le Williams a Silverstone si erano messe nel miglior modo possibile, per tutto il primo stint:

Trenino a quattro con le Williams davanti alle Mercedes.

Constatata l'impossibilità per Hamilton e Rosberg di riuscire ad attaccare in pista le Williams, dotate della miglior velocità di punta, Massa e Bottas avevano una grandissima chance di vincere l'unico Gran Premio stagionale. Il brasiliano era in testa ma sembrava forse più lento del compagno di squadra: dal box non era arrivato però l'ordine di lasciar passare Bottas, ed anzi era arrivato l'avvertimento opposto. L'unica chance per gli argentati era rappresentata dall'undercut al box: gli uomini Williams dovevano saperlo ed evidentemente impedirlo in ogni modo, anticipando l'unica sosta - in caso di gara asciutta - o quantomeno effettuandola nello stesso momento (diciannovesimo giro) in cui era avvenuta la chiamata a Lewis Hamilton. Che si ritroverà invece solo in pit lane prima, e solo in testa alla corsa poi. La successiva pioggia sarà ormai ininfluente sulle possibilità di una vittoria che gli uomini Williams avevano già buttato via.

3 - Lewis Hamilton al GP Ungheria: La gara di Budapest è stata il più grande concentrato di sbavature della carriera di Hamilton. A partire dalla già analizzata partenza (sopra, alla voce sorpassi), passando per il lungo alla chicane nel primo giro che lo ha spedito in decima posizione - in un tracciato tortuoso con problemi di sorpasso - arrivando all'onta del sorpasso subito da Ricciardo. Con conseguente tamponamento, rottura dell'ala e successivo drive through. "Come partire in pole e concludere la gara dietro una McLaren-Honda, senza avere problemi di affidabilità": perfettamente eseguito.



Top 3 pole position:

1 - Vettel al GP Singapore: Un capolavoro di coraggio e di balistica. Singapore è probabilmente la pista che esalta più di tutte il particolare ed unico stile di guida di Sebastian Vettel. Eccezionale reattività in uscita di curva e precisione millimetrica nello sfruttare tutte le traiettorie possibili andando a sfiorare i muri del tracciato cittadino. Con le Mercedes in difficoltà tecnica, questo giro capolavoro gli vale la pole con mezzo secondo sul primo rivale (Ricciardo) e ben sette decimi sul compagno Raikkonen.


2 - Hamilton al GP Belgio: Sarà perché percorrere i 7 chilometri della pista di Spa suscita brividi quasi unici nel panorama automobilistico, sta di fatto che Hamilton ha detto di non aver forse mai goduto in carriera come nella qualifica belga di questa stagione. Il suo giro è pulitissimo e allo stesso tempo aggressivo sui cordoli, sia in entrata che in uscita, e totalmente privo di sbavature. La bellezza del tracciato delle Ardenne fa il resto.


3 - Rosberg al GP Abu Dhabi: Se Hamilton è così talentuoso al punto tale da spingere al limite senza apparente sforzo, Rosberg possiede probabilmente una cultura ingegneristica superiore. Fino a quando (prima di Suzuka) in Mercedes non avevano ancora modificato la sospensione, l'inglese conduceva il confronto interno in qualifica per 12-1. Da lì in avanti, 6-0 Rosberg. L'apice del rovesciamento della supremazia interna (troppo tardi, va detto) è stato toccato proprio nell'ultima gara, dove il Campione del Mondo ha beccato quasi 4 decimi. Un'enormità, con lo stesso mezzo meccanico.



Top 3 gare più belle:

1 - GP Ungheria: Incerto fino alla fine, la Safety Car ha rimesso in gioco tre piloti - Rosberg, Hamilton e Ricciardo - che dopo due terzi di gara erano meritatamente spacciati. Vettel (dopo la meravigliosa partenza di cui sopra) è stato costretto a montare le medie, con le quali la Ferrari soffriva sicuramente di più. Tallonato da Rosberg, il vero favorito alla vittoria era in realtà Ricciardo, l'unico dei piloti di testa che montava la più veloce mescola soft dopo essersi smarcato dalla media nel secondo stint. L'inseguimento in stile poliziesco americano si è concluso con il tamponamento tra questi ultimi, provocato da un'eccessiva irruenza di Ricciardo a seguito di un attacco da fuoriclasse. Strada spianata per Vettel, al quale saranno spuntati almeno un paio di capelli bianchi durante la gara.


2 - GP Stati Uniti: Inizio con asfalto bagnato. Rosberg in pole, ma Hamilton parte meglio e lo accompagna fuori. Arrivano le Red Bull e a un certo punto Ricciardo prende la testa, e sembra incontenibile:



L'asfalto si asciuga: ne approfittano Hamilton e Vettel che montano le slick (soft) un giro prima degli altri. Poi arriva la Safety Car e Vettel tenta l'azzardo (giusto) di montare le medie per andare fino in fondo. Il tedesco è terzo ma è una reale minaccia per le Mercedes. Nel frattempo Rosberg si è sbarazzato di Hamilton ed è più veloce, ma le nuove neutralizzazioni favoriscono le seconde soste dei Mercedes. Rosberg sembra condurre la gara ma un errore da principiante lo relega al secondo posto. Hamilton vince ed è Campione per la terza volta. Davvero difficile assistere ad una gara più entusiasmante.

Gran delusione.

3 - GP Gran Bretagna: Ne abbiamo parlato approfonditamente. Partenza sprint in doppietta per le Williams, i loro errori strategici al primo pit stop, la clamorosa rimonta di Rosberg su Hamilton frenata dalla giusta scelta dell'inglese di montare le intermedie un giro in anticipo rispetto a Nico. Lo stesso Vettel - partito malissimo e invischiato nel traffico dopo pochi giri - che segue Hamilton e monta le intermedie nello stesso momento, finendo per sorpassare le Williams e piazzarsi ancora sul podio con la perfetta strategia. Raikkonen che naufraga perché distrugge le intermedie montate troppo presto. La partenza fulminante di Hülkenberg e la clamorosa velocità di Kvyat e la sua Red Bull su pista bagnata, ancora una volta.

Lo scatto fulmineo delle Williams, visto dall'on board di Rosberg.



TOP 3 MOTOGP
di Leonida Monaco


Top 3 sorpassi:

1 - Rossi e Marquez (GP Malesia): Tecnicamente parlando, i 4 giri in cui Marc Marquez e Valentino Rossi si sono affrontati a Sepang, sono stati il momento più elevato della stagione. Entrambi in bilico su una sottile linea tesa tra lo stendersi e il sorpasso del secolo. Staccate, incroci, cambi di direzione fulminei e capacità di resistere alle sportellate. Solamente loro due potevano essere capaci di qualcosa di simile. Spettacolare.


2 - Iannone su Marquez e Rossi (GP Australia): Lontano dagli occhi lontano dal cuore: è questo che avrà pensato Andrea Iannone quando ha tirato quella staccata al tornantino in discesa di Phillip Island? Qualcuno avrebbe potuto dire “L’ambizione supera il tuo talento”, ma questa volta il ducatista abruzzese è riuscito in un sorpasso magistrale, scavalcando ben due piloti nel punto più difficile del circuito, un momento di esplosione di talento incredibile.


3 - Rossi su Dovizioso (GP Qatar): Pronti via, il tricolore ha raggiunto e colonizzato l’emirato del Qatar. Di questa memorabile gara, oltre ai tre italiani sul podio, resta vivido nella mia mente il sorpasso di Valentino su Dovizioso, alla prima curva dell’ultimo giro. Dovizioso affiancò e sverniciò Rossi sul dritto, il quale fu in grado direplicare il favoloso sorpasso effettuato in quel di Catalunya nell’anno 2009 ai danni di Jorge Lorenzo, staccando ancora una volta all’esterno e finendo davanti all’avversario in ingresso curva. Sorpasso da stratega, che ha permesso al tavulliese di vincere la gara. Rossi infatti sapeva che per arrivare davanti al Dovi avrebbe dovuto accumulare un vantaggio tale da impedire il ritorno del forlivese prima della linea del traguardo, vantaggio accumulabile solo sfruttando tutta la durata del giro.

Primi 20 secondi: da brivido.


Top 3 strategie:

1 - Lorenzo: Il primo posto, forse un po’ in controtendenza, se lo porta a casa Jorge Lorenzo con le sue sette vittorie stagionali, giunte in un unico modo. Spingere al massimo, sempre davanti, sempre in solitaria. Sette gare in supremazia totale, di cui le prime 4 in testa dal primo all’ultimo giro, da Jerez fino in Catalunya. Semplicemente imperioso.


2 - Rossi al GP Argentina: Il secondo gradino è di Valentino Rossi e ci porta oltre oceano, nel nord dell’Argentina, a Termas de Rio Hondo. In questa gara Rossi è stato l’unico a scegliere lo pneumatico extra-hard al posteriore, a differenza di Marquez che montò uno pneumatico hard (quello con la banda rossa per intenderci). Così, mentre nella prima metà di gara lo spagnolo prendeva il largo, a 10 giri dalla fine la scelta di Rossi ha iniziato a dimostrarsi lungimirante. Infatti a 3 giri dalla fine i due piloti si sono trovati fianco a fianco dando vita ad un duello lampo, durato poco più di un settore. Come ben sapete, Rossi superò Marquez che tentò di rispondere immediatamente, causando un contatto tra la gomma anteriore dello stesso Marquez e la posteriore di Valentino. Tutto ciò ha portato alla caduta di Marquez, ad una prima vera rottura tra i due piloti e ha permesso a Valentino di credere maggiormente nel titolo, visto che a parte nella prima gara del 2013, non era mai stato in grado di battere il cabroncito.

Tutto perfettamente riassunto in questo video.

3 - Smith al GP San Marino: Il terzo gradino del podio va all’inglese Bradley Smith. Medaglia di bronzo meritata per ciò che è successo nel Gran Premio di Misano. In quella pazza gara, in cui si sono susseguiti tutti i tipi possibili di situazioni meteorologiche, l’inglese è stato l’unico a restare in pista con le slick in situazione di pista bagnata, ritrovandosi nel successivo cambio gomme degli altri piloti in notevole vantaggio. Vantaggio che gli ha permesso di salire sul secondo gradino del podio, dietro al solo Marc Marquez.



Top 3 errori:

1 - Marquez: Sul gradino più alto è ovviamente presente il campione uscente, Marc Marquez. Tanti, forse troppi errori quest’anno. Errori di sufficienza della Honda, nel costruire un telaio troppo rigido e un motore molto aggressivo, affidandolo nelle mani di un Marc Marquez troppo acerbo e superbo per poterlo gestire. Errori di costruzione che comunque non giustificano il numero di cadute di Marquez. L’anno era già iniziato male in Qatar, con un 5° posto, ma il peggio doveva ancora venire. Sono stati 6 i ritiri stagionali, a partire dall’Argentina per finire a Sepang. Questi ritiri sono facilmente spiegabili dalla situazione tecnica e mentale in cui si è trovato invischiato per la prima volta nella sua carriera. Non avere una moto quantomeno alla pari dell’avversaria, ha costretto il maiorchino a spingersi troppe volte oltre il limite, portando ad un eccessivo nervosismo, in gara e fuori.


2 - Rossi: Sono due gli errori di Valentino Rossi in questo 2015. Il primo in quel di Misano, quando ritardò troppo la seconda sosta ai box; sarebbe bastato rientrato un giro prima per finire quantomeno sul terzo gradino del podio e guadagnare almeno altri 5 punti fondamentali su Lorenzo. Il secondo errore in ordine cronologico è ovviamente rappresentato da quanto successo a Sepang. Sebbene Rossi abbia avuto tutte le scusanti del caso, portare fuori traiettoria un pilota è un gesto antisportivo che non si dovrebbe mai fare e che, probabilmente, gli è costato il mondiale. 


3 - Aprilia: Il terzo gradino del podio va al costruttore Aprilia, per la gestione di Marco Melandri e quindi della prima parte della stagione. In particolare va imputata ad Aprilia la costrizione contrattuale sottoposta al pilota, che lo ha obbligato ad abbandonare la meno blasonata SBK in cui lottava per il titolo, per seguire una strada troppo in salita per un pilota della sua età e del suo carisma. Melandri non è mai stato un pilota forte psicologicamente tanto che, anche nei suoi anni migliori (2004, 2005, 2006) aveva di che lamentarsi sul comportamento della squadra e della moto.



Top 3 pole position:

1 - Aleix Espargaro al GP Catalogna: La medaglia d’oro va allo spagnolo Aleix Espargaro, per il giro perfetto effettuato al Montmelò, pista di casa. Pole position inaspettata soprattutto per la presenza di un rettilineo lungo ben 1 chilometro, caratteristica non favorevole alla Suzuki neanche con gli aggiornamenti del motore giunti in seguito. Ispirato.

Clamorosa doppietta Suzuki in qualifica al Montmelò, con Espargaro-Vinales.

2 - Marquez al GP Stati Uniti: Quasi a pari merito troviamo la pole di Marc Marquez ad Austin. Marquez nelle piste americane è praticamente imbattibile, ma il modo in cui è arrivata questa pole position è a dir poco unico. A pochi minuti dalla fine delle qualifiche, un problema tecnico ferma la HRC 213V sulla linea del traguardo. Marquez salta sulla seconda moto con settaggi lievemente differenti e in un solo giro stampa il miglior tempo, mostrando una padronanza del mezzo sul giro secco pressoché assurda. Andrea Dovizioso, fortunato spettatore di questo giro, ha così commentato “La gara sarà dura, ho avuto la fortuna di seguire Marquez per mezzo giro e (ride) dobbiamo ancora lavorare molto (ride)”.


3 - Rossi al GP Olanda: Sul terzo gradino del podio c’è l’italiano Valentino Rossi, che ha conquistato la sua unica pole position stagionale il venerdì pomeriggio ad Assen, rifilando due decimi al secondo pilota, A. Espargaro e 3 decimi al terzo, M. Marquez. Le pole non sono mai state il punto forte di Valentino, avendone conquistate “solo” 61 su 330 Gran Premi.

Godere dell'on board dell'intero giro da pole di Rossi in Olanda: fatto.


Top 3 gare più belle:

1 - GP Qatar: Al primo posto inserisco la gara d’apertura del 2015, il GP del Qatar. Una gara eccezionale per molti motivi, primo fra tutti il ritorno della Ducati ad altissimo livello. Vedere la Desmo16 guidata da due italiani giungere sul podio dopo una gara tiratissima, ci ha sorpresi molto. Anch’io ho provato una sensazione diversa dal solito nel vedere la rossa davanti. Il secondo motivo è aver rivisto Rossi sul gradino più alto fin da subito, quasi come fosse un segno. Valentino non vinceva la prima gara della stagione dal 2010, anno in cui avrebbe lottato per il titolo senza l’infortunio del Mugello. Terzo ed ultimo motivo, vedere in diretta Marquez e Lorenzo guidare meno forte rispetto al terzetto italiano ci ha riempito il cuore. Gara fenomenale, piena di sorpassi di cui alcuni molto tecnici. 


2 - GP Gran Bretagna: Seconda posizione di diritto per Silverstone. Altro storico risultato per i colori italiani, con Danilo Petrucci che ha sostituito sul podio il buon Andrea Iannone, non a suo agio sul bagnato. Gara con un alto tasso di emozioni, scaturite dalla maestria dei tre piloti italiani (Rossi, Petrucci e Dovizioso) che sono riusciti ad arrivare davanti a tutti. Si è assistito ad una prima parte di gara in cui l’estro e la classe di Rossi e Marquez l’hanno fatta da padrone, riuscendo a portare i due centauri lontanissimi dagli altri piloti. Dopo la caduta di Marquez, Petrucci e Dovizioso si sono avvicinati moltissimo a Rossi, facendoci pensare ad una lotta a tre per gli ultimi due giri. Tuttavia, mentre da una parte il 36enne riprendeva in mano le redini della gara, dall’altra il Dovi si accontentava del terzo gradino del podio, giunto dopo un periodo molto complicato per lui che si è protratto fino al termine della stagione.


3 - GP San Marino: Al terzo posto la gara di Misano, una delle poche gare negli ultimi anni in cui non sono andati sul podio i soliti big four. Questo tanto per l’imprevedibilità del meteo quanto per la strategia di piloti che non avevano nulla da perdere, compreso Marquez. È stata una gara magnifica, ricca di colpi di scena e che, giro dopo giro, ci ha tenuti con il fiato sospeso. Nella seconda parte di gara è successo di tutto: Valentino tardava a rientrare ai box e così anche Lorenzo, a differenza di Marquez che con furbizia ha prima lasciato passare i due piloti Yamaha, per poi rientrare ai box prima di loro, rischiando sì ma compiendo la mossa giusta per portarlo sul gradino più alto del podio. Alcuni giri dopo - con le gomme distrutte - si è fermato Lorenzo, che non riusciva più a tenere il passo di Valentino. Tuttavia, nel giro di rientro, il maiorchino commette un errore e cade consentendo a Valentino di accumulare altri 11 punti di vantaggio (è arrivato in 5° posizione) dopo la vittoria di Silverstone. Così, mentre i due contendenti facevano la loro gara, Bradley Smith (altro pilota rivelazione dell’anno) si è aggiudicato il secondo posto non rientrando mai ai box. Sul terzo gradino uno stoico Scott Redding, che dopo essere caduto è riuscito a raggiungere il podio poco staccato da Smith. 



Articolo a cura di Federico Principi e Leonida Monaco


sabato 19 dicembre 2015

Il futuro: Leonardo Morosini

La nostra rubrica sui giovani talenti sportivi più seducenti fa tappa in Italia, precisamente nella serie B: il reale serbatoio di prospetti del calcio italiano contemporaneo. Leonardo Morosini potrebbe contribuire a riscrivere la storia del trequartista moderno.

di Emanuele Mongiardo







La Serie A rappresenta un universo a tratti tatticamente parallelo al resto d’Europa. A partire dai mondiali sudafricani nel vecchio continente ha avuto luogo la rivoluzione del 4-2-3-1, nata dall’esigenza di una visione panteistica del calcio, non più materia bipartita in fase offensiva e difensiva. Tutti i top team sono passati per questo modulo, non scevro da difetti (Ancelotti ha dovuto ripiegare sul 4-3-3 per trionfare in Champions), ma in grado di assecondare la presenza di più trequartisti in un calcio in cui le spese folli investono sempre di più gli uomini di fantasia e talento (Manchester City docet). La parabola del Borussia di Klopp è il paradigma della rivoluzione del 4-2-3-1, l’esempio più calzante di quell’idea di calcio unitario descritta sopra. Il nuovo processo di selezione naturale ha provocato anche l’estinzione della seconda punta, motivo per il quale un interprete del ruolo come Van Persie ha dovuto evolversi definitivamente in centravanti, nonostante le polemiche sulla sua collocazione in campo durante i mondiali del 2010.


L’apoteosi del 4-2-3-1.


Trequartista moderno
In Italia anche nel calcio vige forse quella vecchia regola per cui mentre l’Europa viveva l’epopea degli stati nazionali, noi consumavamo lotte feudali tra Papato, Savoiardi e Borboni. Perciò sono rari gli esempi di squadre votate al 4-2-3-1, forse solo l’Inter di Mourinho e l’ultima Fiorentina di Prandelli. Il mantra degli allenatori sembra essere il famoso aforisma di Tarantino per cui «I grandi artisti non copiano, rubano». E così, dopo stagioni in cui il 3-5-2 di Conte si è riverberato sulle distinte di oltre mezza Serie A, negli ultimi due anni sembra essere ritornato in auge il 4-3-1-2, corroborato dall’esempio vincente di Max Allegri. Il trequartista è il vero ago della bilancia in questo schieramento. Vi sono diverse interpretazioni del ruolo odierno, ma nessuna indossa le vesti setose ed eleganti del fantasista; addirittura Kaka’ a suo tempo fu dirottato in attacco da Carletto Ancelotti.  La versione più inflazionata del “10” in Serie A è quella dell’incursore; il capostipite della razza potrebbe essere Giampiero Pinzi nella sua esperienza clivense, o forse il Boateng della gestione Allegri. Sicuramente i due più talentuosi del campionato sono un ex esterno di centrocampo, Saponara, ed un’ala sinistra, Insigne, tornato per vie centrali nella trasferta veronese di due settimane fa. Sfogliando un’ipotetica lista di trequartisti italiani nessuno potrebbe calarsi nel contesto europeo del 4-2-3-1. Anzi, forse ne esiste uno solo e gioca in Serie B: Leonardo Morosini.

Nasce a Ponte San Pietro, paesino di circa 10 mila anime in prossimità di Bergamo. Ripercorrendo l’albero genealogico di Leonardo è impossibile non associarlo al mondo del calcio: suo fratello Tommaso era membro della nidiata ’90-’91 che tanto faceva ben sperare i tifosi dell’Inter, assieme ai vari Balotelli, Santon e Destro; oggi milita in Serie D tra le fila della Virtus Bergamo, dopo varie peregrinazioni tra Lega Pro e Serie B. L’allenatore è suo cugino nonché ex coach del Livorno Armando Madonna, mentre la società è di proprietà dello zio, Ezio. Un glorioso dirigente della compagine bergamasca è Luciano Sala, protagonista della storica promozione in B del 1998-99. Luciano era in curva al Del Duca di Ascoli nel giorno del primo gol in B di Tommaso, ed è ospite fisso del Rigamonti da quando Leonardo ha iniziato ad illuminare Brescia con sprazzi di talento. Eppure il suo rapporto con l’ecosistema calcio non è sempre stato roseo, specie nell’adolescenza vissuta tra gli esordienti dell’Inter. Il passaggio dagli esordienti ai giovanissimi in Italia ricalca il divario tra asilo e prima elementare per un bambino alle prese con la primina. In alcune realtà spesso si gioca a nove per limitare la porzione di spazio da coprire, in altre si gioca in undici pur rischiando di disorientare e abbandonare alla propria indole e al fiuto della sfera i ragazzi. Passare da questo tipo di gioco ad uno in cui spesso si applica il fuorigioco e gli arbitri, specie se alle prime armi, sanno essere estremamente fiscali, può essere traumatico, soprattutto per adolescenti ancora in fase di sviluppo. Così, nonostante sfavillanti prestazioni tra gli esordienti nerazzurri gli valgano l’interesse dei dirigenti del Fulham, la dirigenza decide di scartarlo, perciò Morosini si accasa al Brescia.

Qui brandisce il tricolore francese in memoria delle vittime del 13 novembre. L’esultanza gli varrà articoli encomiastici sull’Equipe e su altri quotidiani internazionali.

Con le rondinelle, in un triste pomeriggio di maggio 2014 tra le macerie del Granillo e della Reggina, arriva l’esordio in cadetteria. Appena entrato, guadagna il rigore dell’1 a 1. La stagione successiva sembra essere un’annata di assestamento, con l’approdo definitivo in prima squadra. Tuttavia una serie di infortuni gli impedisce di esprimersi con continuità, nonostante picchi di bravura come la prestazione al Dall’Ara in casa della favorita numero uno per la promozione.  Il finale di stagione del Brescia imbocca la mesta via di molte realtà di provincia italiane: retrocessione e speranza di un ripescaggio. Per fortuna dei lombardi la situazione si risolve per il meglio, assicurando la partecipazione della squadra al campionato di Serie B. In questo primo scorcio di stagione Leonardo ha iniziato a sciorinare colpi di un repertorio dal margine di miglioramento insondabile rispetto al resto della concorrenza. In generale il sistema Brescia va apprezzato, nonostante un andamento ondivago, se è vero che Guardiola stesso quattro anni orsono aveva incaricato dei suoi osservatori di tenere d’occhio Salomon ed El Kaddouri. Oggi la squadra pullula di giovani autoctoni e di prospettiva, su tutti Minelli, Embalo e Coly. Ma Leonardo sembra avere una scintilla particolare, specie nel suo modo di stare in campo.


Forse la sua prestazione migliore, al di là della doppietta.


Mai banale
Boscaglia passa indistintamente dal 4-4-2, modulo con cui ha annichilito la capolista Cagliari, al 4-2-3-1, sistema in cui Morosini sguazza a meraviglia. Spesso parte da trequartista di sinistra, COS se preferite il linguaggio di FIFA, ma il suo raggio d’azione prevede movimenti sia orizzontali che verticali. Spesso lo si vede a ridosso del centrocampo, quasi a formare una mediana a tre e ripensarlo mezzala non sembra un’utopia. Altre volte scambia la posizione centralmente alle spalle della punta, agendo nel classico spazio del 10. La qualità più evidente senza palla è il dinamismo: non concede punti di riferimento agli avversari, cercando di offrire sempre l’opzione di scarico facile al compagno. In più la sua visione periferica lo induce ad attaccare spesso lo spazio alle spalle della difesa. Fin qui è una descrizione abbastanza conforme alla gamma di movimenti e virtù del trequartista tattico in Italia. Tuttavia la differenza si palesa con la palla tra i piedi. Alle radici di questa sua diversità vi è un’ottima tecnica di base, che gli permette di ricevere il pallone e quindi di essere funzionale alla squadra sia in corsa che da fermo. La ricerca dell’interazione detta i suoi movimenti e la sua conduzione di palla, per cui lo si vede spesso convergere per dialogare coi compagni e coinvolgere nel fluire dell’azione quanti più uomini possibile. Ed è questo tipo di approccio tutt’altro che autoreferenziale a differenziarlo dal resto dei trequartisti italiani, spesso intenti a guadagnarsi il loro 6 in pagella o a soddisfare le richieste dell’allenatore senza contestualizzarle nel sistema squadra. E’ doveroso comunque sottolineare come Morosini preferisca sempre un tipo di sviluppo inclusivo, nonostante nelle sue corde vi siano talento individuale e virtuosismo, anche nel dribbling, come dimostra lo splendido gol segnato al Trapani. 

Notare la velocità con la quale, dopo il dribbling a rientrare, posiziona la caviglia e il destro per calciare, anticipando di un millesimo di secondo il ritorno del difensore.

La possibilità di “improvvisare” ed offrire una variante aleatoria al proprio modo di stare in campo lo rende adatto ad una linea al 4-2-3-1, concettualmente distante da quei noiosi trequartisti a disagio con la palla tra i piedi ed assolutamente sterili senza la scelta più ovvia di passaggio. Un aspetto forse meno decifrabile del giocatore attuale è il tiro: durante le partite, se ne ha l’opportunità, non disdegna la battuta a rete e il suo primo gol tra i professionisti è proprio una conclusione da fuori area contro la Juve Stabia. Tuttavia non sembra ci sia molta potenza nel suo calcio, nonostante un’accurata ricerca della precisione. Pare invece sia poco esplorata la sua capacità di assistenza, nonostante l’assist a Kupisz in occasione del 4 a 0 al Cagliari denoti anche una discreta visione di gioco.


Blues man
Mi ha appassionato il giocatore Morosini, potrebbe essere una novità, aldilà dei suoi hobby e della sua vita privata non proprio da calciatore. Frequenta infatti l’università telematica E-Campus, mentre qualche anno fa ha ricevuto la borsa di studio istituita dalla Serie B grazie ai fondi derivanti dallo sforamento del Salary Cap. La scorsa estate ha anche vinto da protagonista le Universiadi in Corea, sconfiggendo i padroni di casa in finale e timbrando il 3 a 0. Tuttavia la sua passione più grande è la musica: suona il pianoforte, segue X-Factor (c’è Fedez, male male) e Diego Ponzè di Sky ha inviato a Mika un video di una sua esibizione alla tastiera. L’accostamento tra l’invenzione del fantasista e la melodia del pianista è quasi una prassi nella retorica giornalistica, per sorte maledetta e talento sentivo la pelle d’oca e mi vibrava il cuore ogni qualvolta Massimo Marianella definiva Rosicky «Il Mozart del calcio». Ecco, da Leonardo Morosini non pretendo la Sinfonia numero 40, né mi aspetto un sound spiazzante alla Tim Roth aka Novecento condito da frasi del tipo «E in culo anche al calcio». Vorrei invece un nuovo tipo di identificazione generale in un ruolo spesso banalizzato, ripetitivo quasi alla Giovanni Allevi; un ritmo più blues, virtuoso e coinvolgente allo stesso tempo. Sperando di accorgerci il prima possibile di questo giocatore.


Articolo a cura di Emanuele Mongiardo


martedì 8 dicembre 2015

Ogier, direzione Loeb

Nel mondiale rally si conferma al vertice il binomio franco-tedesco, con Ogier lanciatissimo verso i record di un altro "Seb" e la Volkswagen regina per la terza volta in tre anni.

di Claudio Fargione





Con quello che era il mitico "RAC Rally" ed ora "Wales Rally GB", si è chiuso lo scorso weekend il campionato mondiale numero 43. Per il terzo anno consecutivo la categoria è stata preda del nuovo cannibale transalpino Sébastien Ogier e della sua squadra, quella Volkswagen Motorsport che doveva raggiungere la vetta in 3 anni secondo programmi, mentre nello stesso spazio temporale si è portata a casa 3 allori piloti e altrettanti costruttori. I pronostici pre-stagione sono stati rispettati in pieno, ma al di là del dominio un po' scontato la stagione ha comunque riservato degli spunti interessantissimi.


Ogier: il campione
Partiamo con ordine e iniziamo con il doveroso omaggio ai campioni. Ogier, con al fianco come sempre il fido Julien Ingrassia, ormai è un vero fuoriclasse, affermatissimo e perfetto praticamente su ogni tipo di fondo. Il suo bottino dell'annata parla di 8 vittorie su 13 gare e un'altra buttata via nella power stage del Catalunya per eccesso di sicurezza. Peccato veniale visto che ormai gli iridi erano al sicuro e la vittoria è rimasta in casa Volkswagen. Non si vede chi o cosa possa infastidirlo allo stato attuale. L'unica battaglia veramente palpitante contro un avversario diversamente equipaggiato si è vista nella prima gara dell'anno al Montecarlo, quando il mito vivente Sébastien Loeb ha deciso di tornare una tantum nel rally-che-vale-una-stagione e vedere l'effetto che faceva. La lotta tra i 2 ex compagni e acerrimi nemici è stata uno spettacolo fino a quando il Sébastien della Citroen, in testa alla grande, non ha danneggiato la posteriore destra nell'ottava speciale. Peccato che Loeb non sia rimasto ancora un po' a tempo pieno nel mondiale: la sua scelta ha privato il WRC di un duello con Ogier che sarebbe stato davvero... caliente! 


Sebastien Ogier (a sinistra) celebra con il navigatore Julien Ingrassia la vittoria in Galles.


Volkswagen: la miscela vincente
Ogier possedeva senza dubbio la miglior vettura, ma per giungere al trionfo mondiale era necessario passare attraverso la sfida con i compagni di squadra Jari-Matti Latvala e Andreas Mikkelsen, dotati dello stesso mezzo tecnico. Il primo corre stabilmente nel mondiale da quando aveva 17 anni, ovvero ben 13 stagioni fa, come dire un'era geologica per l'automobilismo. Peccato che la stagione appena trascorsa abbia per lui confermato una dura realtà: la sua velocità non è mai in discussione perché resta tra i più rapidi del carrozzone mondiale, ma ha un avversario imbattibile che è il suo stesso carattere. Non c'è nulla da fare: nonostante "mental coach" e psicologi, Jari-Matti resta ancora un pilota troppo falloso e ciò lo relega inevitabilmente al ruolo di secondo di lusso. Ha salvato la stagione con la vittoria tra i laghi del rally di casa, che per un finlandese vale pur sempre come un mondiale, ma ormai non è più credibile come possibile iridato a giudizio di tanti. 


Lo sguardo da duro nasconde in realtà qualche incertezza.

Decisamente in rialzo invece le quotazioni di Andreas Mikkelsen. Il norvegese che già da minorenne si dava da fare coi controsterzi dopo 2 vittorie nell'Intercontinental Rally Challenge e 2 stagioni di apprendistato con la Polo WRC è finalmente arrivato alla maturazione completa. Nella seconda gara in Svezia ha buttato via la vittoria proprio nella power stage finale con un testacoda dovuto all'eccessiva pressione psicologica, ma ha saputo fare tesoro dell'errore: durante la stagione ha collezionato ben 9 podi e soprattutto la sua prima vittoria al Catalunya. L'affermazione è sembrata quasi un contrappasso per Mikkelsen: dopo avere regolato Latvala ha ereditato la testa proprio durante la power stage per l'errore di Ogier che stava dominando apprendendo la notizia davanti ai microfoni in diretta tv. La sua incredulità che si trasforma in gioia e le lacrime del suo navigatore Ola Floene restano uno dei momenti più intensi dell'annata. Può crescere ancora Andreas: ne ha le capacità e ora anche la sicurezza. 


La medaglia d'oro del Catalunya.

Per quello che riguarda la squadra e la vettura dei dominatori del mondiale non c'è molto da aggiungere: la potenza e l'organizzazione del team gestito da Jost Capito sta uccidendo il campionato, mentre la Polo sembra davvero esente da punti deboli anche con le sue continue evoluzioni. La preoccupazione maggiore per i campioni è venuta dalle eventuali conseguenze dello scandalo "Diesel-gate", ma i comunicati ufficiali sono stati molto rassicuranti in merito all'impegno nel mondiale anche oltre il 2017. Per dare una dimensione del dominio messo in mostra dalle vetture tedesche bastano questi dati: 12 vittorie su 13 gare negli ultimi 2 anni, 500 speciali vinte su 713 disputate dall'esordio ad oggi e infine 25 vittorie per Ogier su 39 partenze totali (percentuale del 64%). Semplicemente devastanti, e ad oggi per gli avversari i dolori sembrano continuare...


Citroen: la miglior perdente
Scendendo in classifica costruttori troviamo il Citroen Total Abu Dhabi World Rally Team che ha conquistato il secondo posto per soli 6 punti in volata sulla Hyundai Motorsport. Tralasciando le prestazioni non all'altezza di Khalid Al Qassimi, pilota degli Emirati che assicura alla casa francese la cospicua sponsorizzazione di Abu Dhabi, il "driver" che ha portato l'unico successo di tappa a Satory è stato il britannico Kris Meeke. Il pupillo del grande Colin McRae ha conquistato al Rally Argentina il suo primo successo nel mondiale nella gara della più pesante "débacle" Volkswagen. Nonostante questa vittoria il 36enne Kris è stato messo pesantemente in discussione dai vertici della squadra per i suoi risultati altalenanti tanto che certe voci di mercato lo davano protagonista di uno scambio di sedili con Neuville in uscita dalla Hyundai. Ad oggi solo "rumours", per dirla all'inglese, con i due confermati anche per il 2016 nelle rispettive squadre. 


Spettacolare salto di Meeke in Argentina. Fruttuoso: l'unica vittoria non-Volkswagen della stagione.

Discorso diverso invece per Mads Østberg che non ha colto che un solo podio in Finlandia, correndo da vero passista durante la stagione. La sua affidabilità e concretezza gli hanno permesso di essere il primo dei non Citroen in classifica mondiale, precedendo il compagno Meeke di soli 4 punti. La consapevolezza dei suoi limiti e la capacità di chiudere sempre nei punti sono le armi migliori di un pilota maturo e intelligente come Mads, ma anche i fattori che lo fanno apparire ormai plafonato nelle prestazioni e relegato ad un dorato anonimato tra gli ufficiali del mondiale. 



Visione che sembra corroborata anche dal fatto che la casa del "double chevron" ha iniziato ad investire seriamente su un altro giovane del vivaio francese, quel Stéphane Lefebvre che per 4 eventi è stato promosso dalla Citroen DS3 R5 della PH Sport in WRC2 alla guida di una DS3 WRC ufficiale nei colori Red Bull. Navigato dall'esperto belga Stéphane Prévot, il giovanissimo francese ha colto un ottavo posto in Galles come miglior risultato e ha corso come secondo pilota designato a portare punti ai costruttori nel Rally di Australia. Sicuramente è ancora presto per giudicarlo, ma le doti ci sono e sarà da tenere d'occhio nelle stagioni venture. 

Per quanto riguarda la squadra si erano addensate diverse nubi sulla prosecuzione dell'attività nel mondiale rally che tante soddisfazioni aveva portato negli anni del dominio Loeb, ma senza il campione alsaziano la Citroen sembra avere perso molto anche da un punto di vista della personalità nella squadra. La DS3 non è la più bella del reame ma è comunque un'ottima vettura che nelle mani del "campionissimo" a Montecarlo stava mettendo in riga tutti. Nel breve termine l'attività nel WRC non è in discussione e proseguirà in parallelo a quella nel Mondiale Tursimo dove Citroen domina da 2 anni. Poi, dal 2017, si vedrà.


Godere dell'on board di Loeb nella speciale 14 del Montecarlo 2015: fatto.


La rincorsa della Hyundai
La grande sfidante dei francesi per il secondo posto tra i costruttori è stata Hyundai, dalla quale si attendeva una crescita viste le buone prestazioni mostrate dalla vettura nel 2014, dove era arrivata la prima rocambolesca vittoria al Rally Deutschland. Quella appena terminata è stata invece un'annata contraddittoria per gli uomini di Michel Nandan, vissuta tutta in attesa della nuova i20 WRC che per lunghi mesi non si sapeva ancora se sarebbe stata a 3 o 5 porte. Alla fine sarà quest'ultima ad esordire al Montecarlo 2016 e sulla carta sembra essere anche l'unica vettura capace di fornire qualche grattacapo ai panzer di Wolfsburg. Purtroppo la vedremo in gara per un solo anno, visto il cambio regolamentare previsto per il 2017. Scelta sicuramente discutibile quella del management coreano, ma tant'è... In tutto questo non ha nemmeno giovato alla squadra l'addio dell'esperto tecnico Nino Frison, che lo scorso mese ha ufficializzato l'addio al team quando invece sarebbe stato auspicabile mantenere una certa stabilità nei ruoli. Il 2015 non ha portato nuovi successi ad Alzenau: solo 3 terzi e un secondo posto. 

Tuttavia proprio quest'ultimo piazzamento ha rappresentato un momento molto lieto per la squadra perchè ha rappresentato l'esplosione del talento di Hayden Paddon. Il neozelandese al secondo anno in Hyundai ha rappresentato per tutti una vera sorpresa e pur senza eguagliare la splendida seconda piazza del Rally di Sardegna ha comunque messo in mostra prestazioni di grande rilievo sulla terra e soprattutto un carattere e una sicurezza che lo hanno reso un punto di riferimento per la squadra. così tanto da "blindarlo" anche per i prossimi anni. Logico anche che sia stato promosso dal "team 2" al team ufficiale in 3 occasioni. 


Paddon sfreccia in Sardegna verso il secondo posto, dietro il grande Ogier. Il miglior risultato della carriera. 

Parallelamente alla scalata al vertice di Paddon si è invece assistito ad un affievolirsi della stella di Thierry Neuville. Il belga vicecampione 2013 e vincitore dell'unica gara per la Hyundai sembrava essere un punto di riferimento fondamentale per il team, mentre durante l'anno ha accumulato diverse prestazioni sottotono ed errori che lo hanno portato ad essere nervoso anche con la squadra stessa. In occasione dell'ultima gara la Hyundai lo ha spostato al "team 2" per alleggerirlo di responsabilità e fargli ritrovare serenità, almeno nelle intenzioni, ma la scelta non sembra avere portato i risultati sperati visto il ritiro per incidente. Thierry è un talento ma ha bisogno di tranquillità per ritrovare se stesso e adesso non riesce a trovarla in una squadra che sembra essere tutta per il nuovo pupillo australe. 


Perplesso Neuville, dietro gli inseparabili occhiali.

Nonostante tutto, Neuville si è comunque rivelato il migliore dei piloti della casa in classifica mondiale. Diverso il discorso per Dani Sordo. Il pilota spagnolo è ormai esperto e consapevole dei suoi limiti e senza strafare ha pensato a incassare 89 punti per la causa Hyundai, uno solo in meno di Neuville, con un podio nella gara di casa ad impreziosire il suo rendimento. Scelta intelligente la sua, che gli permette di essere confermato anche per la prossima stagione. Necessita invece di accumulare ancora esperienza l'olandese Kevin Abbring, talento già visto in azione nell'Europeo e sul quale i coreani vogliono giustamente investire.


Quel che resta della Ford
Chiudiamo il discorso "ufficiali" parlando di Ford. La casa madre ha deciso per il disimpegno dal mondiale già da tempo, ma il bravo e tenace Malcolm Wilson riesce a proseguire l'attività con le Fiesta WRC tramite la sua M-Sport evolvendo le vetture e producendo utili attraverso la preparazione e la vendita delle versioni R5, RRC ed R2. Le risorse non sono pari a quelle delle case ufficiali, ma le prestazioni sono degne di rispetto dati i 4 podi conquistati. I due piloti Ott Tanak e Elfyn Evans si sono messi in luce rispettivamente in 2 occasioni: l'estone con un favoloso Rally di Polonia chiuso al terzo posto e il britannico con una prestazione mostruosa in Corsica, dove Latvala lo ha superato solo nell'ultima giornata. Non sono due top driver, ma due giovani adatti alle finanze non smisurate della squadra che Wilson sta crescendo con attenzione e pazienza, come ha fatto anni addietro con gente come Solberg, Martin e Duval. L'impegno del team è stato assicurato dagli uomini di Cockermouth anche per le prossime stagioni sempre con le Fiesta: notizia particolarmente positiva per tutto il mondiale.

Spettacolare passaggio di Evans in Corsica: meraviglioso secondo posto, alle spalle del solo Latvala.

Tanak è stato poi al centro dell'attenzione non solo per le prestazioni ma anche per lo spettacolare incidente di cui si è reso protagonista nella terza prova del mondiale, il Rally México. Nella prima giornata l'estone ha perso il controllo della Fiesta Wrc all'esterno di una veloce curva a sinistra cappottando direttamente dentro un laghetto. Fortunatamente sia Ott che il suo navigatore Raigo Molder sono usciti rapidamente dalla vettura che si è inabissata  completamente in 30" (il copilota si è addirittura rituffato per recuperare il quaderno delle note dall'abitacolo!). La prontezza di Molder è stata ben ripagata visto il miracoloso lavoro della M-Sport che in una notte ha ripulito e ristemato la vettura recuperata dopo ore in acqua permettendo addirittura alla coppia baltica di riprendere la gara con la formula del Superrally. Da rilevare anche come questo incidente abbia messo in luce una grave mancanza in ottica sicurezza: nello specchio d'acqua non c'erano sommozzatori o personale preparato all'intervento in un caso simile e l'organizzatore non aveva nemmeno previsto la possibilità di comunicazioni con l'area delle assistenze. Tanak e Molder hanno potuto comunicare con la squadra solo dopo 17 lunghissimi minuti nei quali alla Ford hanno temuto il peggio. Tutto è bene quel che finisce bene, ma sperando che la lezione sia stata recepita.


Il volo in acqua di Tanak in Messico è qualcosa di estremamente impressionante. Così come il navigatore Molder che nuota col quaderno delle note in mano.


Terminator Kubica
Non può mancare un riferimento al driver probabilmente più appetibile a livello mediatico. Robert Kubica, polacco ex Formula Uno, ha corso in tutti gli appuntamenti iridati escluse Australia ed Argentina con una Fiesta WRC, gestita dall'RK World Rally Team di sua proprietà e supportato dall'azienda petrolifera polacca che ha accompagnato anche Kajetan Kajetanowicz nella vincente campagna europea. L'annata di Robert si è dipanata sulla falsariga della precedente. Alle prestazioni incredibili - specie su asfalto in cui il polacco ha mostrato tutto il suo naturale talento - si sono alternati incidenti figli della continua voglia di Robert di cercare il limite, oltrepassandolo spesso. Non bisogna inoltre dimenticare che stiamo parlando di un pilota con limiti fisici all'utilizzo di mano e avambraccio destri che di certo non lo agevolano nel confronto con gli avversari. A tutto ciò quest'anno si è poi aggiunta una serie di problematiche nuove dovute al fatto che la vettura fosse gestita da una squadra privata tutta da rodare anche nella preparazione della vettura: a compromettere le prestazioni di Kubica si sono visti infatti anche svariati cedimenti tecnici. 


Il vestito da indossare è decisamente differente.

A fine anno il bottino di soli 11 punti non ha certo potuto dirsi soddisfacente ed a tenere banco sono proprio le intenzioni future del sempre chiacchieratissimo pilota di Cracovia: Robert vorrebbe passare ad un team ufficiale per capitalizzare l'esperienza accumulata senza pagare l'handicap di un mezzo inferiore in prestazioni e preparazione, ma le porte sono tutte chiuse. Le alternative ora sarebbero continuare con un proprio team ma solo per un numero selezionato di gare da preparare con cura oppure lasciare del tutto i rally e tornare alla pista. Per il mondo del WRC sarebbe una grave perdita quella di un personaggio come l'ex pilota di BMW-Sauber e Renault. Ma il polacco ci ha già abituato a sorprese.



Articolo a cura di Claudio Fargione