Lo spartito di Juventus Milan è simile a quello dell'andata, ma stavolta i padroni di casa riescono ad avere la meglio
di Emanuele Mongiardo
Milan Juve
era il main event della ventottesima giornata. A dieci partite dal termine del
campionato si presentava ad entrambe le squadre come un’occasione per mantenere
lo sguardo sul proprio obiettivo: la Juve era davanti ad una delle poche sfide
casalinghe che avrebbero potuto realmente rappresentare un’insidia e quindi,
potenzialmente, una riapertura del discorso scudetto. Il Milan invece alla
ricerca di punti necessari per restare aggrappato a Lazio, Atalanta e Inter
nella corsa all’Europa League.
Entrambe
giungono alla sfida senza due uomini chiave sulla fascia sinistra: Mandzukic
fuori per via di problemi intestinali, mentre Suso è bloccato da una lesione al
bicipite femorale destro. Allegri e Montella non scompaginano comunque il
canovaccio tattico: per i bianconeri solito 4-2-3-1, con Benatia e Asamoah al
posto degli acciaccati Chiellini e Alex Sandro e Dani Alves largo a destra nei
tre dietro Higuain in luogo dello squalificato Cuadrado, mentre Pjaca
sostituisce Mandzukic a sinistra. Montella disegna un 4-3-3 in cui Zapata parte
terzino sinistro e Ocampos sostituisce Suso. A centrocampo invece Sosa sembra
aver soppiantato Locatelli, l’uomo decisivo all’andata.
Attacco in massa
Già dall’inizio si può intuire lo spartito del match: Juve in controllo del pallone che cerca di imporre la propria superiorità tecnica e atletica. Si tratta di una delle partite più produttive in fase offensiva nel campionato della Juve che, al solito, affida il proprio rendimento sotto porta al talento dei singoli e alla loro inclinazione ad associarsi. La Juve parte dal 4-2-3-1 di base ma dimostra di poter assumere diverse conformazioni grazie ai propri uomini. Quando Asamoah decide di salire fino alla linea dei propri trequartisti, allora Pjaca stringe, mentre sul lato opposto Alves resta largo e Dybala supporta Higuain sul centro destra; in questo caso si forma una sorta di 3-2-4-1 asimmetrico, con la difesa che non passa a 3 nell’accezione tradizionale del termine per via della posizione di Barzagli sempre largo ma comunque arretrato rispetto ad Alves. Un meccanismo che si verifica, anche se più sporadicamente nel primo tempo, anche a destra, con i movimenti a rientrare di Alves che favoriscono la salita di Barzagli; nel frattempo Pjaca resta largo a sinistra e Dybala si posiziona sul centro sinistra dietro Higuain. Proprio la prestazione della Joya indica come ormai disponga di piena libertà decisionale nel cercare la posizione migliore per interagire coi compagni ed innalzare qualità e pericolosità del possesso in ogni zona del campo: gioca sia nell’half space di destra che in quello di sinistra, a volte va a giocare punta al posto di Higuain, lo si vede persino da mezzala quando Pjanic va a ricevere tra i difensori. In alcune occasioni si allinea al Pipita, formando un 4-2-4 di partenza; cerca sempre di muoversi a lato della mezzala avversaria, in modo da costituire una preoccupazione costante nella testa del Bertolacci o Pasalic di turno. In situazioni di 4-2-4 cerca di allargarsi in modo da portare con sé la mezzala e aprire una linea di passaggio sul movimento incontro di Higuain, con cui poi può duettare.
Sono tutte situazioni in cui i trequartisti della Juve restano molto vicini per dialogare tra di loro e mettere in apprensione costante i difensori del Milan, sia a livello tecnico che di scelte: uscire nel mezzospazio sul trequartista e rischiare di essere preso in mezzo da un dribbling o da una triangolazione o restare in posizione, concedendo però all’avversario di puntare la difesa fronte alla porta? Senza considerare che, oltre al vantaggio tecnico la Juve cerca di rendersi pericolosa attraverso la superiorità numerica: quando parte l’attacco all’area avversaria anche Khedira di inserisce: quindi solitamente due mezzepunte+khedira, con Higuain al centro e due ali che occupano il campo in ampiezza.
Arginare senza snaturarsi
C’è da dire comunque che molte occasioni della Juve nascono da palloni recuperati a centrocampo dopo averli inizialmente persi, o comunque da traversoni che mettono in difficoltà il Milan sia per via del cospicuo numero di uomini in area, sia per il talento di un crossatore fuori dal comune come Dani Alves. Difatti la squadra di Montella riesce sempre a coprire il centro, alternando difesa bassa a fasi di pressing: quando Buffon rimette il pallone in gioco il Milan è compattato in un 4-5-1 con Bacca che scherma il passaggio su Pjanic e Pasalic che sale su Khedira. La Juve quindi è costretta ad un possesso sterile che permette al limite di appoggiare ai centrocampisti che dovranno tornare ai difensori: quando questo accade, non appena il difensore va dal terzino parte il pressing del Milan sulla fascia, alternativamente con Ocampos o Deulofeu, con tutta la squadra che scivola da un lato all’altro. Ecco che Allegri si avvale della superiorità tecnica e atletica dei suoi per risalire il campo.
Il Milan dal canto suo non vuole rinunciare ad una costruzione ragionata della manovra. Ovviamente Allegri sceglie di pressare alto il primo possesso rossonero. Montella cerca di sfruttare le caratteristiche di Zapata per proporre una difesa ibrida in impostazione, che possa passare da 3 a 4 uomini in base alla posizione del colombiano e di De Sciglio sull’altra fascia: il Milan preferibilmente costruisce a 3, con De Sciglio alto sulla linea di trequarti, mentre Ocampos rientra e si posiziona nell’half space. A centrocampo Bertolacci si allinea a Sosa, mentre Pasalic va ad occupare l’half space di destra, con Deulofeu largo al suo fianco. In questo modo il Milan adotta un 3-2-4-1 che permetta di occupare in ampiezza il campo e consenta eventualmente di giocare il pallone sulle fasce se il blocco centrale bianconero riesce a impedire tutti i passaggi. In questo caso la Juve rende dura la vita al Milan pareggiando gli uomini deputati all’uscita bassa del pallone con delle marcature orientate sull’uomo: Pjaca, Higuain e Dybala sui tre dietro (Zapata, Paletta, Romagnoli), Khedira e Pjanic si alzano su Sosa e Bertolacci, mentre Alves e Barzagli seguono Ocampos e De Sciglio (alle volte il brasiliano lascia De Sciglio a Barzagli per seguire Ocampos nel suo movimento verso il centro , altre volte resta sul terzino della nazionale affidando la marcatura di Ocampos a Barzagli). In teoria rimarrebbe scoperto Pasalic nell’half space, ma Allegri dà pieni poteri ai suoi difensori e autorizza Benatia ad uscire aggressivo sul croato.
il quadrilatero di centrocampo del Milan e le relative marcature juventine. Da notare come Alves stringa su Ocampos e Barzagli, fuori inquadratura, esca su De Sciglio
Dalla
combinazione di attitudine all’anticipo dei difensori e capacità associativa
dei trequartisti bianconeri nasce il primo gol di Benatia: inizialmente il
marocchino intercetta un passagio su Bacca, neutralizzando un potenziale
contropiede del Milan, dopodichè appoggia su Dybala e corre verso l’area. A
quel punto Dani Alves si avvicina per triangolare; dopo aver ridato il pallone
all’argentino, l’ex Barca si muove alle spalle di Sosa; qui c’è un’incomprensione
tra il Principito, che non ripiega su Alves, e Romagnoli che, indeciso se
uscire sul brasiliano, decide di restare in area. Dybala torna dal compagno che
nella cerniera tra Romagnoli e Sosa è libero di premiare col sinistro l’inserimento
di Benatia per l’1 a 0.
Allegri varia sul tema
Quando le marcature juventine sulla difesa a tre sono troppo strette, allora Montella invita De Sciglio ad arretrare e, contestualmente, Zapata ad allargarsi, per formare una difesa a quattro che offra subito lo sbocco in fascia. E’ interessante studiare i due diversi modi con cui Allegri nel corso del primo tempo ostacola l’inizio azione avversario: fino al ventesimo minuto circa sembra esserci un ritorno al 4-3-1-2 in fase di non possesso, il modulo che aveva permesso al tecnico livornese di imporsi a Cagliari e al Milan. Una variazione sul tema che si avvale della capacità di muoversi orizzontalmente di Dani Alves: innanzitutto Dybala e Higuain (scambieranno spesso nel corso della partita posizione e uomo di riferimento) prendono in consegna Paletta e Romagnoli. Pjaca a sinistra resta in zona Zapata, mentre a centrocampo Khedira (vertice basso del rombo) copre Pasalic nel mezzospazio e Pjanic (vertice alto) si alza su Sosa. A questo punto interviene la posizione ibrida di Alves, che quando il portiere rimette in gioco il pallone resta a metà tra De Sciglio e Bertolacci, muovendosi a seconda del lato palla: se si va verso il lato di Zapata, allora l’ex Barcellona stringe su Bertolacci; se invece si gioca su De Sciglio, allora Alves scivola verso la fascia e aggredisce il terzino della nazionale.
Il Milan imposta a 4 (De Sciglio fuori inquadratura) e la Juve si dispone col rombo. Per quanto riguarda Pjanic e Alves, le frecce in bianco indicano lo scivolamento che stanno compiendo, quelle nere quello che in teoria dovrebbero compiere se il Milan girasse palla sull'altro lato
Ma a metà della prima
frazione, probabilmente per evitare scivolamenti in ritardo e per elevare
l’intensità del pressing, Allegri decide di orientare anche in questo caso
tutte le marcature sull’uomo: i soliti tre (Pjaca-Dybala-Higuain) su
Zapata-Paletta-Romagnoli, Alves dall’inizio su De Sciglio; a centrocampo
Khedira abbandona Pasalic, anche in questo caso affidato alle doti in anticipo
di Benatia, per salire su Sosa, mentre Pjanic si accoppia con Bertolacci.
Punire l'hybris
Il Milan non riesce quasi mai ad eludere il pressing bianconero, affidandosi spesso a lanci lunghi preda della coppia difensiva juventina, fisicamente e numericamente superiore al solo Bacca. Difatti riesce a rendersi pericoloso solo sulle ripartenze, punendo il doble pivote juventino che spesso giunge al limite dell’area per supportare la manovra. Questo tipo di approccio genera tra l’altro il contropiede del pareggio rossonero. Al 42’ la Juve col pressing costringe il Milan a ridosso della bandierina sul lato sinistro della difesa: i soliti tre (Pjaca, Higuain, Dybala) sui tre centrali, Alves su De Sciglio e Khedira e Pjanic che seguono Sosa e Bertolacci in una zona molto profonda del campo. Romagnoli riesce a rilanciare l’azione del Milan con un passaggio che taglia la pressione di Khedira e Pjanic e giunge a Pasalic che con una sponda anticipa l’intervento di Bonucci e serve Deulofeu in corsa alle spalle di Barzagli; lo spagnolo è abile in conduzione nonostante un rimbalzo non proprio favorevole del pallone e manda in porta Bacca che anticipa l’uscita di Buffon grazie ad un tocco di collo che denota una velocità d’esecuzione fuori dal comune.
Estremizzazione
Nel secondo tempo Allegri estremizza ancora di più il contesto tattico juventino inserendo Lichsteiner al posto di Barzagli: lo svizzero sfrutta naturalmente meglio gli spazi aperti da Alves con i suoi movimenti a rientrare e garantisce un sostanziale equilibrio nello sviluppo della manovra tra lato destro e lato sinistro.
Montella invece dopo dieci minuti dall’inizio
del secondo tempo sostituisce Bacca con Kucka. Il Milan mantiene lo stesso
modulo, con differente disposizione di uomini: Ocampos centravanti, Deulofeu
largo a sinistra, Kucka ala destra. Lo slovacco garantisce maggiore incisività
nel recupero palla, segno questo di come Montella abbia ormai deciso di
affidarsi al recupero del pallone e alle conseguenti ripartenze per provare a
sorprendere una Juventus sempre più arrembante.
Si giunge così agli ultimi minuti, con Donnarumma che a più riprese tiene a galla il pareggio; notevole soprattutto il doppio intervento nel giro di pochi secondi su Khedira e Higuain. Così come all'andata aveva tolto dal sette una conclusione da fuori di Khedira all'ultimo secondo, ora proprio al minuto 94 nega a Higuain la gioia del gol. Quando però tutto sembra concluso arriva il cross di Lichsteiner che causa il fallo di mani di De Sciglio. Dybala dal rischetto si prende la rivincita di Doha e permette ai suoi di superare un’ulteriore scoglio sulla strada per lo scudetto.
La Juventus ha dimostrato di possedere una caratteristica che potrebbe tornare utile in Europa: una serie di giocatori in grado di creare occasioni grazie al talento; e se c’è una cosa che questi ottavi di Champions ci hanno insegnato è che ad alti livelli la tecnica del singolo è ancora una discriminante fondamentale, forse anche più di un buon canovaccio tattico.
Il Milan invece ha giocato una partita simile
a quella dell’andata, mostrando al solito una coesione di squadra che, al
contrario della Juve, lascia ben sperare nonostante non vi siano vere e proprie
eccellenze; per praticare un tipo di gioco come quello richiesto da Montella
sono necessari giocatori con determinate caratteristiche, simili più alla
Fiorentina 2013-14 che non al Milan di quest’anno; credo che quella di venerdì
fosse la via più logica da percorrere, nonostante l’esito finale. Non credo che
il margine di crescita di molti giocatori della rosa attuale sia così ampio,
anche se ci sono punti di interesse da cui ripartire (una trequarti creativa
con Deulofeu e Suso, sperando di rendere l’ex Everton un giocatore più
associativo e più efficiente in situazioni di controllo del contesto tattico);
in questo senso l’urgenza del closing diventa sempre più impellente.
Articolo a cura di Emanuele Mongiardo
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