Grandi aspettative ma tanta delusione.
Analisi di tutto quello che c'è stato nei ricami del derby
di Milano.
di AER
Ci è stata presentata all'unanimità,
da testate giornalistiche e non, come la partita chiave per
interpretare il miglioramento in termini generali del calcio
italiano. Due squadre “nobili” per caratura e tradizione che,
dopo anni di errori catastrofici a 360 gradi, hanno scelto la
stagione 2015/2016, questa stagione, per invertire il trend negativo
investendo sul mercato e modificando drasticamente il materiale
tecnico a disposizione.
In realtà, il derby è stata
l'ennesima conferma che la strada delle due milanesi verso
un'effettiva riproposizione di quella cultura vincente perduta è
ancora lunga. E i dubbi sulla possibilità che
siano queste le dirigenze e gli allenatori giusti sono aumentati.
L'allenatore, capitolo Milan
Per motivi diversi le due squadre non
hanno minimamente quell'indefinita proprietà, molto spesso
noiosamente abusata da chi scrive, comunemente detta “identità di
squadra”.
Si è capito che Mihajlovic ha
intenzione di schierare contemporaneamente due attaccanti centrali –
come non pensarlo se il mercato estivo ti ha regalato Bacca, Luiz
Adriano e Balotelli? – e che la manovra offensiva, nelle sue idee,
ha come fondamento le interazioni delle punte tra di loro e con il resto
della squadra.
L'incognita maggiore è rappresentata
dal centrocampo. Che tipo di calciatore vuole davanti alla difesa?
Montolivo o De Jong? Che tipo di lavoro vuole dalle mezzali? Anche i
principi della fase difensiva sono un rebus. Il Milan, ad oggi, è
una squadra che difende alternativamente – malissimo e abbastanza
bene – in tutte le situazioni. L'unica situazione che gestisce
sempre male è la transizione difensiva ed infatti in quella
circostanza ha preso gol. Oltretutto dopo un pressing offensivo
orrendo che ha sbilanciato la squadra smascherando tutti i limiti
rossoneri.
Se tra le intenzioni del tecnico serbo
c'è quella di riproporre a San Siro quello che faceva l'anno scorso
la Sampdoria prepariamoci a vedere partite di questo tipo. Una squdra
solida mentalmente che con la linea bassa difende benissimo e che può
rendersi pericolosa giocando in velocità verticalmente. Una squadra
che gioca sempre “contro” gli avversari e mai “per se stessa”.
Una squadra “limitata” nel senso più letterale del termine: un
progetto tattico con alcune caratteristiche ben precise (sviluppate anche molto
bene, eh) ma con altri principi completamente inesplorati.
È indicativa, a questo proposito, “la
filosofia del rimprovero” di Sinisa, teorizzata durante la scorsa stagione (http://video.sky.it/sport/calcio-italiano/mihajlovic/v232834.vid): << (…) Abbiamo
sbagliato occasioni clamorose (...), ma io non posso prendermela con
un giocatore perché sbaglia un gol o un passaggio. Non accetto,
invece, quando l'atteggiamento è sbagliato>>.
Non riconoscere che molto spesso gli
errori di concetto, di atteggiamento, siano legati alla parte tecnica
e viceversa è sintomatico di quello che è Mihajlovic come
allenatore. La stessa espressione "non accetto" è il paradigma di una visione dicotomica del suo essere allenatore. Dividere ogni giocata possibile, ogni movimento, ogni scelta in due insiemi: quallo che "si accetta" e quello che "non si accetta".
Al Milan, alla luce delle dichiarazioni di intenti ufficiali, sono realmente consapevoli di quello
che hanno scelto?
L'allenatore, capitolo Inter
Mancini si ripresentò sulla panchina
dell'Inter il 23 novembre dello scorso anno – quasi un anno fa ed
era sempre un derby – con un 4-5-1 che faceva credere in
un'esperienza migliorativa avuta all'estero. Finalmente un'Inter
ordinata e ben spaziata in campo. Con il passare del tempo, però,
sono ritornati a galla tutti i limiti del tecnico di Jesi.
Nel calcio moderno - quello che si
gioca in Europa, ci tengo a specificare - ci sono quattro punti
centrali. Alternati e bilanciati con altre soluzioni, certo, ma che
sono alla base di un buon gioco collettivo. In base al livello
qualitativo d'esecuzione l'efficacia del gioco espresso cambia proporzionalmente. I
punti chiave sono: ampiezza (copertura e sviluppo della manovra in
ampiezza), capacità di organizzare il pressing offensivo, distanze
ridotte tra reparti e singoli calciatori, velocità e precisione
dell'uscita del pallone. Analizziamo quello che abbiamo visto stasera
in relazione a quanto detto: il modulo – il famosissimo “rombo di
centrocampo”, conosciuto e acclamato in tutta Europa (sono ironico)
– non permette né ampiezza né pressing offensivo, i limiti dei
due tecnici hanno contribuito a produrre squadre lunghissime fin dai primi minuti
alla faccia di belle parole come armonia tra i reparti e movimenti
sincronizzati, la poca qualità a centrocampo ha compromesso
un'uscita del pallone efficace.
Ecco che bisogna trattare con estrema
cautela affermazioni del tipo “L'Italia è molto avanti dal punto
di vista della tattica” oppure “La Serie A è superiore alla
Premier League nella tattica”. Confondere il concetto di “tattica”
con quello di “tattica difensiva” è molto pericoloso e può
portare ad enormi fraintendimenti.
Le formazioni iniziali e le
intenzioni
Perisic
trequartista può stupire solo chi non ha riflettuto lucidamente
sulla cessione di Shaqiri. Lo svizzero, in sei mesi di permanenza
all'Inter, è stato schierato soltanto nel primo tempo della sfida
europea contro il Wolfsburg nel suo ruolo naturale, quello di attaccante esterno/ala. Poi quasi solo
come trequartista. Stessa sorte avversa spetta al croato. Sarebbe
stato interessante condividere i pensieri di Perisic al momento
dell'assegnazione del ruolo.
Il croato dovrebbe completare e bilanciare i movimenti di Jovetic: quando il montenegrino si abbassa, il croato affianca Icardi. In fase di non possesso, invece, deve oscurare le linee di passaggio verso Montolivo. L'applicazione è quella giusta, quella di un calciatore maturo tatticamente, ma che finisce per penalizzare le sue caratteristiche principali: la possibilità di ricevere palla sull'esterno e/o di attaccare gli spazi in velocità.
Il rombo a centrocampo dell'Inter. Perisic vertice avanzato. |
Il Milan, invece,
è impostato per sviluppare la manovra sull'asse verticale
Montolivo-Honda e su quello orizzontale – in realtà trasversale –
Luiz Adriano-Bacca. Bonaventura e Kucka hanno il compito di
facilitare il gioco verticale in velocità.
La costante è
l'immediata ricerca di uno dei due riferimenti avanzati – più
preferibilmente Luiz Adriano – che viene incontro e difende palla e
da lì iniziare a costruire le trame offensive.
Tutta la verticalità del Milan. È interessante notare la posizione di Bonaventura che facilita la trasmissione verticale del pallone liberando spazio centralmente. |
Il gioco veloce e
verticale, fatto di transizioni con un basso numero di tocchi,
sembrerebbe cucito perfettamente addosso a Carlos Bacca. Il Milan non
è mai riuscito, però, a sviluppare i tempi di gioco opportuni per
permettere al colombiano di attaccare la profondità.
Inoltre i due
attaccanti rimangono sempre in una posizione intermedia, in un limbo.
Sarebbe stato interessante vederli giocare più vicini.
A specchio
I sistemi di gioco
speculari delle due squadre finiscono per creare quattro distinte
contrapposizioni a centrocampo.
I 4 di centrocampo delle due squadre, gli 8 complessivi. Il principale riferimento per ciascuno di loro è il diretto avversario. Si finisce per creare dei vuoti spaziali pericolosissimi a centrocampo. |
I duelli individuali bloccano la partita e contribuiscono ad aumentare le distanze tra i giocatori che non hanno la lucidità per mantenere contemporaneamente il riferimento del pallone e dei compagni.
Gli spazi a centrocampo, nell'incedere dei 90 minuti, si aprono sempre di più. Felipe Melo e Montolivo si dimostrano spesso indecisi nella posizione verticale da assumere non sapendo se accorciare verso la propria linea difensiva - entrambe molto basse - o verso la porta avversaria per stringere con gli altri centrocampisti e con gli attaccanti. Montolivo spesso sceglie di rimanere più basso, Felipe Melo stoicamente si erge a paladino della terra di nessuno cercando di alzare la propria posizione. Giocano entrambi una buona partita nonostante le condizioni avverse.
Sono proprio le distanza troppo lunghe tra reparti e singoli componenti del reparto l'aspetto più preoccupante e sul quale ci sarà più da lavorare. Soprattutto per il gioco proposto (o almeno cercato) è fondamentale avere una squadra corta. Una manovra offensiva costituita principalmente da passaggi in verticale, ha più probabilità di essere efficace se i passaggi interessano zone di campo più vicine. Già molto buona, invece, la combinazione dei movimenti delle due punte rossonere. Il livello qualitativo dei rifornimenti, però, dovrà necessariamente alzarsi.
Gli spazi a centrocampo, nell'incedere dei 90 minuti, si aprono sempre di più. Felipe Melo e Montolivo si dimostrano spesso indecisi nella posizione verticale da assumere non sapendo se accorciare verso la propria linea difensiva - entrambe molto basse - o verso la porta avversaria per stringere con gli altri centrocampisti e con gli attaccanti. Montolivo spesso sceglie di rimanere più basso, Felipe Melo stoicamente si erge a paladino della terra di nessuno cercando di alzare la propria posizione. Giocano entrambi una buona partita nonostante le condizioni avverse.
Sono proprio le distanza troppo lunghe tra reparti e singoli componenti del reparto l'aspetto più preoccupante e sul quale ci sarà più da lavorare. Soprattutto per il gioco proposto (o almeno cercato) è fondamentale avere una squadra corta. Una manovra offensiva costituita principalmente da passaggi in verticale, ha più probabilità di essere efficace se i passaggi interessano zone di campo più vicine. Già molto buona, invece, la combinazione dei movimenti delle due punte rossonere. Il livello qualitativo dei rifornimenti, però, dovrà necessariamente alzarsi.
I migliori
Sicuramente tra le
migliori prestazione della serata deve essere inclusa quella di
Jovetic. Avevamo già brillantemente analizzato quello che Jovetic avrebbe portato all'Inter in questo articolo, considerando anche i miglioramenti della manovra offensiva di cui il montenegrino sarebbe stato il perno. L'Inter estremizza questo concetto rendendo Jovetic la prima opzione in ogni sviluppo di possesso palla. Ogni sviluppo di possesso palla.
Mancini, per non perdere pericolosità offensiva, ha scelto di far alzare Perisic sulla linea di Icardi quando Jovetic si abbassava per ricevere palla. Jovetic è una seconda punta - lo avranno capito anche i meno addentro la vicenda, anche Mancini - e questa costatazione esclude categoricamente il suo utilizzo da esterno d'attacco per completare un attacco a tre. Ecco che forse prendere Perisic per farlo giocare in quel ruolo non ha molto senso.
Il quadro, dopo tre partite, è abbastanza chiaro: la manovra dell'Inter è totalmente dipendente da Stevan Jovetic. È un dato da non sottovalutare e che deve far riflettere sulle reali possibilità dell'Inter
Nel Milan il più appariscente, nonostante il minutaggio ridotto rispetto ai compagni, è stato Balotelli. Meriterebbe un discorso a parte, forse anche un paio di discorsi. Ci tengo a precisare che noi abbiamo sempre trattato e continueremo a trattare Balotelli come un giocatore di calcio e non come un fenomeno da social network o da tabloid.
Per Balotelli ritorna utile richiamare la "filosofia del rimprovero" di Mihajlovic. Personalmente credo che Balotelli sia il più grande dispensatore del calcio mondiale di quegli errori di concetto e di atteggiamento "non accettati" dal tecnico serbo.
Balotelli non può sorprendere con la partita che ha fatto. Quelli sono i suoi colpi, i suoi tiri, le sue preparazioni al tiro. È altro quello che sorprenderebbe.
Il futuro
Nonostante la sconfitta, la strada intrapresa dal Milan sembra più delineata. Questo ovviamente non significa che farà meglio dell'Inter e non significa nemmeno che farà benissimo. È molto importante, per Mihajlovic, che diventi una squadra difficile da battere (ritorniamo al discorso di squadra "limitata") ma sicuramente battibile. E lo diventerà.
L'Inter, invece, è un'entità completamente da plasmare con enormi potenzialità e che offre una varietà di soluzioni tattiche quasi unica in Italia. Ci mancherebbe altro, visto il ricambio di calciatori titolari quasi totale. La convinzione è che avremo a che fare, in ogni partita, con una squadra sempre diversa, pronta a cambiare stile di gioco e modulo, ma con dei punti chiave fissi e importanti. Jovetic, ad esempio.
Appuntamento al derby di ritorno. Sarà quello finalmente il tanto atteso "derby della rinascita del calcio di Milano" che aspettiamo da anni?
L'Inter, invece, è un'entità completamente da plasmare con enormi potenzialità e che offre una varietà di soluzioni tattiche quasi unica in Italia. Ci mancherebbe altro, visto il ricambio di calciatori titolari quasi totale. La convinzione è che avremo a che fare, in ogni partita, con una squadra sempre diversa, pronta a cambiare stile di gioco e modulo, ma con dei punti chiave fissi e importanti. Jovetic, ad esempio.
Appuntamento al derby di ritorno. Sarà quello finalmente il tanto atteso "derby della rinascita del calcio di Milano" che aspettiamo da anni?
Articolo a cura di AER
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