mercoledì 23 settembre 2015

Fare la differenza

L'ha fatta Vettel, in positivo. L'ha fatta la Mercedes, in negativo.
Tutte le variabili emerse da Singapore, una gara che potrebbe riaprire il Mondiale.

di Federico Principi








Si potrebbe scrivere un trattato sulle più grandi dimostrazioni di forza compiute nello sport negli ultimi anni. Da ascrivere senza dubbio, in ordine sparso: Barcellona-Real 5-0 della Liga 2010-11; la finale del Roland Garros 2008 in cui Federer porta a casa appena 4 giochi contro un intoccabile Nadal; i nove titoli mondiali consecutivi di Sebastian Loeb; le dieci vittorie consecutive di Marquez nel 2014; le sei Olimpiadi consecutive a medaglia di Zoeggeler; Phelps e Bolt vari.

Quando a Singapore nel 2013 Vettel sovrastò i limiti fisici di un'automobile, dominando il Gran Premio e rifilando un secondo al giro a chiunque, fu facile per l'opinione pubblica (di stampo ferrarista) indicare la genialità di Newey, con il famoso taglio di quattro degli otto cilindri ad ogni curva di cui avevamo già parlato, come vero ed unico parametro decisivo per il successo di quella come di tante altre corse. Nessuno aveva probabilmente tenuto conto che non solo Vettel aveva in ogni caso seppellito il compagno Webber in tutte le sessioni che contavano (anche nelle simulazioni di qualifica nelle FP2 e FP3), ma che la prova di forza della Red Bull sul circuito cittadino di Marina Bay in quella stagione fu probabilmente la più marcata della sua quinquennale storia di successi, se ci infiliamo anche il Campionato 2009.

Giro perfetto di Vettel nel 2013.


Über alles
In pochi avevano inoltre notato che perfino nella nefasta stagione 2014, con tutti i problemi di consumo benzina ed adattamento al nuovo "break by wire", il tracciato asiatico era stato uno dei pochi ad aver permesso a Sebastian Vettel di mostrare i tubi di scarico all'agguerrito compagno di squadra Daniel Ricciardo. E che in realtà rimase sostanzialmente un unicum di una stagione nella quale è stato il solo australiano a spezzare il monopolio Mercedes approfittando di sporadici passaggi a vuoto, anche e soprattutto dovuti a problemi di affidabilità. Ricciardo che in ogni caso si impose regolarmente su Vettel, con poche eccezioni.

Il mezzo meccanico non è più lo stesso, ma la rivalità è finalmente tornata in scena. Ed era facile aspettarselo, vista la conformazione della pista e le caratteristiche peculiari di Ferrari e Red Bull: telai entrambi eccezionali, con un leggero vantaggio di guidabilità della lattina austriaca sulla Rossa, che a sua volta rispondeva con una migliore potenza (poco influente a Singapore) ma soprattutto una miglior erogazione della coppia del motore di Maranello rispetto al Renault. Che si traduceva in miglior trazione in uscita dalle curve, favorita inoltre dallo stile di guida di Vettel assolutamente unico (acceleratore leggermente aperto anche in fase di frenata) che gli consente di avere un motore molto più reattivo in fase di accelerazione. Casomai era la debacle Mercedes a risultare totalmente impronosticabile, ma ne riparleremo.

Se la gran parte dei meriti del successo sia da attribuire a vettura o pilota, poco importa. Resta in ogni caso impressa la perfetta costruzione del weekend di un professionista che sapeva di non poter fallire un'occasione simile. Vettel in questa stagione è mancato unicamente in Bahrain: troppo poco per chi qualche tempo fa era pronto con la matita blu a segnalare ogni sua sbavatura, e non erano poche. Il tedesco ha finalmente raggiunto la propria maturità, migliorando gli attributi del proprio killer instinct soprattutto in situazioni di bagarre. Era inoltre già imbattibile quando partiva davanti, e a Singapore lo ha confermato.

Una delle migliori prestazioni in qualifica che si ricordino: Vettel sul giro secco è sempre stato un maestro, ancor di più in un tracciato come Singapore che esalta alla perfezione il suo stile di guida. Nell'inverno scorso ha probabilmente risolto o comunque enormemente mitigato i suoi problemi di conciliazione con il "break by wire" che lo avevano strangolato nel 2014. È quindi tornato ad essere estremamente efficace nella gestione delle frenate, importante banco di prova a Marina Bay (vedere sotto per i problemi Mercedes). Il feeling perfetto tra pilota e vettura in fase di trazione, di cui abbiamo parlato prima, si è aggiunto nel contributo a fare la differenza. In mezzo a tutto questo, la ciliegina sulla torta: con la quarta power unit evoluta portata a Monza, i tre gettoni spesi sembrerebbero aver consentito anche alla Ferrari di possedere un extra-boost di potenza utilizzabile per pochissimi giri nell'intero arco del weekend. Naturalmente i giri veloci del Q3 sarebbero i primi a beneficiarne.

Spettacolare on board della pole. La Ferrari torna in pole position dopo più di tre anni.

Il delitto perfetto è proseguito in partenza (delle quali ha leggermente fallito solo a Silverstone in tutta la stagione) e nella gestione dei due stint con le super-soft. Innanzitutto va chiarito un concetto che nel corso della gara si è delineato in modo piuttosto limpido: da una parte la Ferrari ha evidenziato una miglior capacità di velocità nella ricerca immediata della temperatura ideale degli pneumatici, dall'altra la Red Bull ha mostrato una miglior attitudine a contenere il degrado gomme. La Rossa ha quindi risolto l'annoso problema della carenza di temperatura nei primi giri di un treno di pneumatici? Forse no, ma in ogni caso sono venuti in soccorso sia le alte temperature di Singapore, sia le nuove disposizioni Pirelli sulle pressioni minime, ora più alte, che consentono quindi agli pneumatici di essere maggiormente caldi. Anche in questo caso, rimandiamo a qualche riga sotto per le analisi sui problemi delle Mercedes.

Bastano pochissime curve a Vettel per fare il vuoto.

Diametralmente opposte tra loro, per diversi motivi, le impostazioni sul passo nelle prime due parti di gara effettuate da Vettel. Tenendo conto delle considerazioni fatte sopra ed emerse chiaramente durante la corsa, il tedesco ha come al solito acceso il cervello.


- Nel primo stint Sebastian ha deciso di fare immediatamente il vuoto. Forse ha utilizzato per uno o due giri l'over-boost? Sta di fatto che ha guadagnato tre secondi netti dopo il primo passaggio e 1.3 secondi nel secondo, proseguendo poi fino al sesto giro nell'incremento progressivo del gap nei confronti di Ricciardo.

 Il gap massimo Vettel-Ricciardo registrato nel primo stint è questo (5.4 secondi), al termine del quinto giro.

A partire dalla sesta tornata, una pericolosa inversione di tendenza. Il sesto giro è il primo nel quale Ricciardo fa segnare un tempo migliore, rosicchiando progressivamente decimi fino al tredicesimo. La prima sosta era programmata intorno al giro 16, anticipata per via del regime di Virtual Safety Car installato al tredicesimo passaggio a seguito del contatto Massa-Hülkenberg. In quel momento il distacco era passato dai 5.4 secondi del quinto giro ai 3.7 prima della sosta, destinati a diminuire se lo stint si fosse prolungato ulteriormente come da previsione.

Il giro prima del pit stop Ricciardo aveva ridotto a 3.7 secondi il ritardo da Seb.

L'idea nella testa di Vettel era probabilmente quella di fare il vuoto per scongiurare l'ipotesi di un possibile undercut di Ricciardo: spiegando per i neofiti, un distacco intorno ai due secondi era potenzialmente pericoloso se l'australiano avesse deciso di fermarsi un giro in anticipo rispetto a Sebastian. Sfruttando la gomma nuova per un giro in più e facendo registrare parziali record, al rientro in pista del tedesco si sarebbe potuto potenzialmente assistere al sorpasso grazie alla strategia. Ipotesi completamente annullate dal contemporaneo rientro ai box, ovvio e inevitabile, per colpa di Hülkenberg e della Virtual Safety Car.


- Completamente opposta, come dicevamo prima, la strategia di guida di Vettel nel secondo stint. Per ben nove giri si crea un kartistico trenino a tre davanti, perfettamente rientrante nei piani del tedesco della Ferrari, dal quale è escluso lo sfortunato Kvyat che aveva effettuato il pit stop un giro prima dell'installazione della Virtual Safety Car, ritrovandosi alle spalle delle lente (per una volta) Mercedes che lo "tapperanno".

Il trenino Vettel-Ricciardo-Raikkonen, racchiuso in un secondo e mezzo. Il ritmo del tedesco era talmente basso che perfino le Mercedes, lentissime in questo weekend, erano riuscite a non perdere contatto.

I tifosi Ferrari avranno probabilmente tremato, pensando ad un malfunzionamento del secondo treno di gomme super-soft, o maledicendo la Safety Car e l'azzeramento dei tre secondi e mezzo di distacco precedente. In Mercedes era salita l'acquolina in bocca: Hamilton aveva avvertito il box che stranamente Vettel non stava aumentando il ritmo, qualche passaggio più tardi l'ingegnere di pista di Rosberg comunicava al suo pilota che «i tre davanti non stanno andando via, ci sono ancora possibilità per migliorare la nostra posizione». Vettel aveva invece perfettamente studiato la situazione: sapeva che poteva tranquillamente rallentare il gruppone senza timore di essere passato da Ricciardo, sia a causa della conformazione della pista, sia perché dispone di più cavalli rispetto alla lenta e non evoluta power unit Renault della Red Bull. Sfruttando a suo favore questa consapevolezza, ha optato per un lungo periodo di "tappo" per motivi strategici molto chiari: sapendo che la sua Ferrari ne aveva di più in prestazione ma di meno in materia di durata gomme rispetto alla RB11 di Ricciardo, ha risparmiato le proprie coperture per prolungare lo stint, rendendo il più veloce possibile la strategia (ormai certa) delle due soste.

Dopo un numero accettabile di giri nei quali ha conservato al massimo il battistrada, Vettel ha improvvisamente cambiato ritmo al ventisettesimo giro. Come un fulmine ha rifilato due secondi pieni a Ricciardo solo in quel passaggio, aumentando poi progressivamente il gap. In questo modo ha potuto realizzare perfettamente i suoi intenti: come nel primo stint aveva più passo rispetto a Ricciardo in fatto di prestazione secca, ma questa volta non avrebbe corso il rischio di un consistente deterioramento della gomma prima della sosta, avendola risparmiata nei primi nove passaggi. Non solo, ma sputando aria calda su Ricciardo, che era vicinissimo, e disturbandogli la stabilità aerodinamica per quel lungo lasso di tempo, ha finito per aumentare il degrado del proprio rivale, rendendo vano il grande punto di forza di cui l'australiano poteva disporre: la miglior capacità di contenere il consumo gomme.

Chiarissimo: dal giro 27 Vettel inizia a martellare e fa il vuoto.

Vettel ha inoltre realizzato un altro obiettivo importante: il gap accumulato, tangibile nella grafica appena proposta, ha azzerato le possibilità che Ricciardo potesse di nuovo tentare l'undercut sul tedesco. Ha fallito invece un ulteriore obiettivo, molto meno dipendente da lui, di permettere al compagno Raikkonen di tentare a sua volta lo stesso tipo di attacco sull'australiano della Red Bull, eventualmente "tappandolo" nella parte finale di gara. Il ritmo del finlandese, come spiegherà lui stesso nel post-gara, non era tuttavia sufficiente per stare con i primi due e ben presto lo stesso Ricciardo ha scavato un gap incolmabile anche con un eventuale undercut di Kimi.

Nelle fasi centrali Raikkonen non ne ha abbastanza per stare con Ricciardo.

È infatti proprio in questa parte finale di secondo stint che il pubblico (e forse anche gli stessi protagonisti in pista) si è reso conto che l'esito finale sarebbe stato esattamente quello. Con l'invasione di pista, il conseguente nuovo ingresso della Safety Car e la nuova tranche di soste tutte in contemporanea, le posizioni si sono inevitabilmente congelate. Impensabile a quel punto immaginare un sorpasso in pista: solo un errore umano o un problema tecnico avrebbero tolto la vittoria a Sebastian Vettel.


La caduta del muro
Non era la prima volta, nell'era ibrida 2014-2015, che la Mercedes mancasse la pole. Almeno stando al team ufficiale, perché il propulsore aveva comunque spinto Massa lo scorso anno in Austria quando aveva fatto registrare il miglior tempo in qualifica. E non era neanche la prima volta che i piloti capeggiati da Toto Wolff assistessero al podio dal paddock, e non direttamente da là sopra: in Ungheria in questa stagione la prima Mercedes all'arrivo era quella di Hamilton, sesta.

Lo so, c'entra poco con Singapore, ma un on board è sempre tanta roba. Questo è proprio quello della pole di Massa a Zeltweg 2014.

La clamorosa novità del weekend di Singapore è invece ben più grave e preoccupante per i tedeschi: per la prima volta le frecce d'argento non sono state il punto di riferimento velocistico, da quando la Federazione ha rivoluzionato i regolamenti introducendo le power unit ibride. Lente in qualifica, lente sul passo gara, mai competitive per i primi quattro posti occupati di prepotenza e senza discussioni da Ferrari e Red Bull fin dal venerdì mattina. Che poi Rosberg sia finito davanti a Kvyat è un fatto tanto immeritato quanto casuale, da ricondurre esclusivamente alla sfortuna del russo di cui parleremo più avanti.

Era preventivabile, ma anche auspicabile, che la supremazia della W06 fosse ridimensionata sul tortuoso tracciato esotico. Il più vicino Gran Premio comparabile, quello di Ungheria, aveva infatti rimesso in carreggiata le stesse due scuderie che hanno poi dominato a Singapore: vetture che in materia telaistica poco hanno da invidiare al team Campione del Mondo, che fra i muri di Marina Bay non poteva nemmeno far valere più di tanto la possenza della cavalleria del motore. Ma di certo nessuno poteva lontanamente figurarsi nella mente Hamilton e Rosberg così lontani dai leader della gara.

Si saranno chiesti in molti, banalmente, che cosa sia successo nell'arco di due sole settimane per far sprofondare le prestazioni di una macchina che a Monza aveva distanziato il più immediato rivale di 25 secondi. Non bastava il cambio di tracciatura, agli antipodi di quella lombarda, per spiegare un crollo così violento che forse solo una vettura estrema come la Williams di inizio stagione poteva soffrire nel passaggio da una pista ultra-veloce ad una lenta e cittadina. La risposta giusta al quesito non la hanno saputa dare neanche gli stessi membri del team, né tanto meno i due piloti: o forse semplicemente non hanno voluto svelare i propri punti deboli, lasciando intendere che fosse soltanto un'isolata battuta d'arresto. Eppure di mutamenti a livello tecnico ce ne sono stati, e analizzandoli approfonditamente si scopre il perché tutto a Singapore si sia incastrato nella maniera peggiore possibile.

Durante il Gran Premio di Monza sono emersi principalmente due aspetti che abbiamo approfonditamente analizzato nel nostro post-gara: le evoluzioni delle power unit Mercedes e Ferrari e la polemica sulle regolazioni illegali delle frecce d'argento sugli pneumatici di entrambe le vetture. Chi pensava che tutta la disquisizione riguardo quei due temi si sarebbe fermata a quel weekend, e che le circostanze sarebbero andate avanti per inerzia e senza mutamenti sostanziali, si sbagliava enormemente.


- La power unit Mercedes evoluta (numero tre), al contrario della Ferrari, ha fin da subito evidenziato una fragilità strutturale che andrà risolta col tempo, e che difficilmente lo sarà quando tra meno di una settimana si tornerà in pista a Suzuka. Rosberg era tornato alla seconda power unit (rompendola in gara) dopo la rottura della terza nelle prove libere a Monza: non fidandosi quindi di questa terza unità, in Mercedes hanno addirittura montato la quarta e teoricamente ultima sulla macchina del tedesco, auspicando di risolvere i problemi sulla terza e riproponendola nel finale di campionato, riveduta e corretta in fatto di affidabilità. Con il rischio (non così irrealistico) di dover montare anche a Stoccarda una quinta unità e scontare le famigerate penalità di dieci posizioni in griglia. Nel frattempo anche con la quarta power unit lo stesso Rosberg aveva rischiato di non prendere parte alla gara, con la sua vettura che almeno un paio di volte si è spenta durante il giro di allineamento. Peggio è sicuramente andata ad Hamilton, ritirato per colpa di una perdita di aria compressa che impediva alla farfalla dell'acceleratore di essere completamente aperta. Costringendolo ad un inevitabile telegrafico team radio di rassegnazione: «Ho perso potenza, ragazzi».

Minuto 59:23: «Lost power, guys». Da lì inizia l'agonia di Hamilton, facilmente sorpassato da tutti, fino al ritiro.

Fin troppo semplice citare il famoso aforisma secondo cui "squadra che vince non si cambia": un motore già dominante aveva bisogno di tutte quelle evoluzioni (sette gettoni in un colpo solo) in contemporanea, nonostante fossero gli ultimi sette disponibili e tutti su una power unit (la terza) che non era nemmeno l'ultima disponibile da regolamento? I rischi maggiori dovrebbe, in caso, correrli chi sta inseguendo, estremizzando concetti tecnologici e rischiando in materia di affidabilità pur di tentare un recupero in classifica mondiale. È avvenuto esattamente l'inverso, con il team Mercedes che, per colpa del delirio di onnipotenza di qualcuno (tutti probabilmente), si è incartato da solo, depotenziando (a questo punto giustamente) i motori in nome dell'affidabilità, fino a rimettere in discussione la vittoria del Mondiale Piloti che sembrava ormai ristretta ai due piloti del team stesso.


- Non c'è ovviamente solo qualche problema alla power unit (e comunque di diverse entità fra di loro) a frenare la volata mondiale delle Mercedes, né basterebbe il depotenziamento per giustificare un secondo e mezzo di ritardo da Vettel in qualifica, quando in Mercedes hanno palesemente aumentato soltanto in Q3 i cavalli della power unit. Può sembrare un caso, ma da quando si sono intensificati i controlli sulla pressione delle gomme (ovvero dopo i fatti del Belgio) le Mercedes siano prima state beccate con pressione irregolare, e non sanzionate per mancanza di regolamento chiaro, e successivamente nel Gran Premio successivo abbiano subito un verticale calo di prestazioni. Può sembrare, ma non è certamente un caso, e vi spieghiamo perché.

Il telaio della Mercedes ha una caratteristica che a seconda dei casi può essere un gran vantaggio o una gran condanna. I più informati sostengono che già da almeno due anni il progetto delle vetture porti a sviluppare una gran quantità di calore nel posteriore. Come tutti gli aspetti sportivi di qualsiasi disciplina, anche questa circostanza si porta appresso conseguenze più o meno favorevoli: da una parte la Mercedes non ha alcuna difficoltà a mandare in temperatura le gomme, riuscendo a scaldarle con grande rapidità al contrario della Ferrari che necessita tracciati molto caldi in questo senso. A questo vantaggio si va ad aggiungere anche la necessità di calore che l'MGU-H ha per poter rendere al meglio ed esprimere il massimo potenziale della parte elettrica della power unit. Il grosso svantaggio invece, palesato fin dal 2013 - dove le Mercedes cuocevano gli pneumatici in pochissimi passaggi in gara, dopo aver realizzato i migliori tempi in qualifica - è che in piste calde il degrado termico delle gomme va ad aumentare sensibilmente, fino a creare situazioni di inferiorità che hanno ad esempio in Malesia regalato alla Ferrari la più facile vittoria della sua stagione.


Possibile che per tutta la stagione abbiano girato con pressioni degli pneumatici più basse del consentito, compresa Monza ovviamente, per poi essere costretti ad alzarle a livelli regolamentari per evitare sanzioni a Singapore? Sì, possibile. Perché sembra che alla base della decisione di assoluzione dopo il GP lombardo ci sia la verifica effettuata dai commissari sulle telemetrie di Hamilton e Rosberg, che hanno evidenziato il fatto che dopo "alcuni giri" le pressioni degli pneumatici erano salite a livelli regolamentari, visto che ovviamente gli stessi pneumatici si erano nel frattempo scaldati. Scenario ovviamente irripetibile a Singapore, dove le regole sulle pressioni sono diventate assolutamente chiare e ferree.

La più probabile delle ipotesi è quindi che le gomme posteriori delle due Mercedes si siano surriscaldate, costrette a girare fin dai blocchi di partenza alle stesse pressioni delle altre scuderie, le quali tuttavia non hanno la stessa tendenza ad essere così aggressive sugli pneumatici. Addirittura in qualifica si poteva ascoltare l'ingegnere di Rosberg parlare proprio di pressioni di gonfiaggio con il suo pilota, segno che perfino nel giro secco ci sono stati problemi. Evidenziati anche da Jacques Villeneuve su Sky: da metà giro in poi, al sabato, la Mercedes tendeva a scivolare sempre di più, mancando i punti di corda. E lo stesso Hamilton ha indicato nelle gomme, dopo le prove ufficiali del sabato, il vero problema che causava una prestazione così scadente. Il caldo esotico altro non era che l'asso di briscola per chiudere tutto quanto il cerchio.

Confronto del giro da qualifica tra Vettel ed Hamilton. L'inglese scivola in continuazione, girando costantemente più lontano dai punti di corda rispetto ad un bilanciatissimo Seb.


- Meno gravi, forse, ma altrettanto degni di nota i problemi con l'assetto e con i freni. Sia Rosberg al venerdì che Toto Wolff dopo la gara hanno spiegato ai microfoni che il calo della performance fosse addebitabile ad un'incapacità di trovare il giusto set-up su entrambe le vetture. Difficile credere che fosse esclusivamente quello il problema, decisamente più plausibile invece la volontà di nascondere la polvere sotto al tappeto, evitando di fornire agli avversari reali informazioni sulla cartella clinica della W06. Che ha sofferto indubbiamente - e non è certo una novità del 2015 ma un cruccio che riemerge dai problemi simili già avuti l'anno passato - di noie ai freni, fondamentali a Singapore, sollecitati sia per via della conformazione della pista, che per le alte temperature. E raffreddati ai box con il ghiaccio, come mai visto prima.

Impressionante testimonianza video dell'incandescenza dei freni Mercedes, spremuti perfino oltre il proprio limite.



Promossi e bocciati di Fuori Dagli Schemi

L'obiettività è il nostro forte, soprattutto quando siamo chiamati alle valutazioni. Il weekend di Singapore ha come sempre approvato la validità delle prestazioni di qualcuno, tirando giù dalla torre qualcun'altro.


PROMOSSI:

- La sfortuna di Kvyat: Eccezionale. Luciano Salce e Paolo Villaggio difficilmente avrebbero potuto caricare una così massiccia dose di sfiga al protagonista di un'eventuale pellicola di Fantozzi alle corse automobilistiche. Per la prima volta il russo può giocarsi le primissime posizioni senza dover sperare (come accaduto a Budapest) nelle sventure dei piloti Mercedes. Riesce tuttavia nell'impresa di fermarsi un giro prima della prima neutralizzazione della corsa, perdendo così la posizione su entrambe le meno competitive Mercedes, ed esattamente tre giri prima la seconda finestra di Safety Car, pagando dazio anche nei confronti di Bottas. Qualche divinità ha voluto fargli pagare con gli interessi il jackpot beccato in Ungheria, con un secondo posto artigliato più per gli errori altrui che per la propria competitività.

- Sebastian Vettel e Daniel Ricciardo: Sono tornati ed hanno dettato legge. Corsa impeccabile per entrambi, approfonditamente analizzata nella prima parte dell'articolo.

- Max Verstappen: Il demonio di nome Giuditta di benignana memoria, dei tempi de "Il piccolo diavolo", sembra essersi impossessato di questo bulletto minorenne che gioca a fare il grande. Ha polverizzato il compagno di squadra fin dal sabato, ritrovandoselo alle spalle nelle battute finali nonostante Verstappen stesso non sia riuscito a partire dalla piazzola come tutti gli altri. Sorpassi capolavoro sulle due Lotus e su Maldonado in particolare, preparato almeno tre curve prima e compiuto sotto il tunnel dell'hotel, un punto impensabile. Fa benissimo a disubbidire al vergognoso e sconcertante ordine di scuderia nel finale, di cui riparleremo.

Qualche immagine saliente della rocambolesca gara di Verstappen.

- Carico aerodinamico della Williams: La mancanza di competitività sui tracciati di Spa e Monza doveva avere un senso. L'estate ha visto gli uomini di Sir Frank apportare numerose evoluzioni aerodinamiche, con l'obiettivo (a questo punto estremamente chiaro) di incrementare il carico sulla vettura. Il dragster insuperabile del finale del 2014 e della prima parte di questa stagione ha lasciato spazio a una vettura più maneggevole, che ha estremamente migliorato la propria efficienza sui circuiti lenti dopo i disastri di Montecarlo e Ungheria. Compensando tuttavia questa maggiore competitività sul misto con una minore efficienza in materia di punte di velocità, inarrivabili fino a qualche mese fa.

- Lewis Hamilton: Alla fine di un weekend difficile, stava comunque compiendo il solito lavoro: piazzarsi davanti al compagno di squadra in griglia e distanziandolo mano a mano in gara. L'unico piccolo particolare è che quattro monoposto stavolta erano molto più competitive della sua. Sereno nel post-gara, non sembra turbato dei grossi problemi di Singapore, confidente in un immediato recupero della leadership già da Suzuka.

- Alexander Rossi: Ha pagato per correre, rifornendo di ossigeno le misere e tapine casse della Manor e spodestando Roberto Merhi, che stava vincendo per 6-5 la Coppa Costruttori interna, che ci rifiutiamo di accorpare al mondo della Formula 1. Il principale inseguitore del predestinato Vandoorne in GP2 ha immediatamente fatto in modo che il più navigato Stevens leggesse gli adesivi del suo posteriore. Chilometri di esperienza per il ragazzo che merita probabilmente qualche occasione di livello superiore.

Il battesimo di Rossi in Formula 1. Sono particolarmente fissato con gli on board, lo so.


BOCCIATI:

- Quelli che hanno impedito a Vettel di portare la bandiera sul podio: Quanto è bella quella bandiera gialla con il Cavallino. Siete solo degli invidiosi. Tutto questo rigido rispetto del protocollo non fa altro che allontanare sempre di più i tifosi passionali dalla Formula 1.

- Box della Toro Rosso: Quello del penultimo giro verrà probabilmente ricordato come il peggiore ordine di scuderia della storia della Formula 1. Ex aequo, forse, con quello dato ad Hamilton nel GP di Ungheria dello scorso anno, anche quello giustamente inascoltato. Motivato a fine corsa con l'improbabile scusa (e molto probabilmente neanche una constatazione reale) che Sainz fosse più performante di Verstappen e avrebbe potuto più facilmente passare Perez. La realtà ci dice che quando Il teenager olandese aveva pista libera, distanziava il compagno spagnolo e mostrava un passo in quel momento superiore. Lo stesso boss Franz Tost a fine gara assolverà Verstappen, mettendo in discussione l'opportunità di quell'ordine decisamente grottesco.

«Dobbiamo invertire le posizioni.» «NO!»

- Kimi Raikkonen: Podio ok, ma il confronto con il compagno di squadra è impietoso. Otto decimi di ritardo in qualifica, non impensierisce mai Ricciardo per la seconda posizione. La Ferrari era competitiva per una potenziale doppietta, ma Raikkonen spiegherà nel post-gara di aver lottato con molti problemi di bilanciamento. Bocciato anche l'occhiale da sole in un orario in cui il sole se ne è già andato da un pezzo: tamarro da discoteca.


- Carlos Sainz: Forse lo spagnolo comincia a sentire la pressione del compagno di squadra. Era partito bene Carlos, ma il miracoloso quarto posto di Verstappen in Ungheria ha invertito l'inerzia psicologica, oltre che le sorti della sfida interna in termini di punti. Il botto in qualifica è probabilmente frutto di questa pressione, e nonostante il compagno-avversario praticamente non parta, Sainz riesce a ritrovarselo davanti. Patetica (ma inevitabile) scenetta nel post-gara: intervistato, gli è stato chiesto se lui al posto di Verstappen avrebbe ubbidito all'ordine di scuderia. Da buon ruffiano, Carlos Junior non poteva non dire di essere un uomo-squadra e che avrebbe risposto "sissignore". A parole siamo bravi tutti.

Il grave errore in qualifica di Sainz, commentato da Vanzini-Gené.

- Comportamento delle Manor in regime di Safety Car: Il box della Manor ha qualche problema, probabilmente, in fatto di masochismo. Durante il secondo regime di Safety Car, quando Rossi si attardava a sdoppiarsi, si sospettava che potesse essere dovuto all'inesperienza. Sembrava tuttavia strano che dal muretto non lo avessero avvertito. Quando poi è uscito il cartello "Safety Car in this lap", entrambe le Manor si trovavano ancora nel gruppone, doppiate. A quel punto non solo hanno danneggiato la gara di chi concorreva per le prime posizioni, a partire da Raikkonen, ma hanno escluso ogni possibilità (vicina allo 0%, ma non si sa mai) di andare a punti. Chissà mai che, se ancora accodate al gruppo e a pieni giri, non avessero potuto approfittare di incidenti e ritiri altrui, che in un circuito cittadino possono sempre capitare.

- Nico Hülkenberg: La stagione del mio pupillo sembra terminata nel momento in cui Raikkonen ha messo nero su bianco la propria permanenza in Ferrari anche per il 2016. Per una volta, dopo l'involuzione post-Ungheria, stava facendo meglio di Perez prima di carambolare addosso a Massa in maniera incredibile. Non che il botto fosse scandalosoin sé per sé, in una situazione di bagarre, ma di certo la dinamica è stata piuttosto inusuale per due piloti di quel livello di esperienza. Ognuno ha proseguito la propria traiettoria, immaginando la vettura dell'altro come quelle ghost car che spesso puntavo nei videogiochi per migliorare i miei tempi. Alla fine il tedesco è stato riconosciuto colpevole e retrocesso di tre posizioni sulla griglia di Suzuka: effettivamente Massa non poteva scomparire dalla sua posizione, Hülkenberg doveva allargare la traiettoria.

Il contatto Hülkenberg-Massa, visto da tutte le angolazioni.

- Will Stevens: Prenderle da un ragazzino debuttante non è facile, soprattutto se dopo dodici gare in più dovresti essere decisamente più abituato alla monoposto. Ci aveva illuso con mezzo secondo rifilato a Rossi in qualifica, ma Stevens paga dazio anche nei confronti dell'americano dopo aver ceduto per 6-5 il duello rusticano con Merhi.

- Sistemi di controllo in pista: Quatto quatto, uno spettatore ha realizzato il sogno di ogni appassionato: farsi una bella passeggiata comodo a bordo pista, assistendo ai propri beniamini darsele di santa ragione. In realtà, come dimostra il video qui sotto proposto, si era pure fatto una breve corsetta giusto per essere sicuro di evitare rischi, dopo aver attraversato longitudinalmente la pista. Peccato che qualcuno (stewards?) si sia addormentato in quel momento, lasciandolo comodamente entrare e poi uscire da una fessura che sembrava comparsa così all'improvviso. O forse lo steward che doveva controllare era tifoso di Ricciardo, e cercava un modo facile per creare una finestra di Safety Car per far riavvicinare l'australiano a Vettel. Urgono chiarezza e severi provvedimenti.

Video integrale dell'invasione di pista. L'autore è stato identificato.

- McLaren-Honda: Siamo stanchi noi, figuriamoci due Campioni del Mondo come Alonso e Button. L'unico weekend dove la McLaren avrebbe potuto raccogliere qualcosa di sostanzioso, in una pista dove il motore ha un'incidenza molto limitata, arriva un nuovo sconcertante doppio ritiro, entrambi per problemi al cambio. Lo spagnolo era in nona posizione al momento del suo abbandono, in piena zona punti come il compagno che lo seguiva in classifica. Non c'è molto altro da aggiungere in questo triste panorama, che ben presto potrebbe perfino privarsi della classe dell'ex ferrarista: è spuntata fuori una clausola secondo cui Alonso potrebbe liberarsi a fine campionato in caso di scarsa competitività della vettura. Qualcuno ha ipotizzato un suo impiego in Red Bull, difficile, perché in Austria sono ben coperti. Ma sarebbe effettivamente suggestivo. 


Articolo a cura di Federico Principi




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