sabato 14 novembre 2015

Il calcio che non c'è più: Dario Hübner

Il gruppo pop rock salentino dei Toromeccanica gli ha persino dedicato una canzone: "L'estate di Hubner". Perché se bisogna trovare un'icona per calarsi in una dimensione ormai sparita del nostro calcio e della nostra vita, è a uomini come lui che bisogna rivolgere lo sguardo.

di Nicolò Vallone






542 presenze in 17 anni da professionista, con 244 gol tra campionati e coppe. Se ci limitiamo al solo campionato di Serie A, 143 presenze e 74 gol. E tante Marlboro rosse: una ventina al giorno (pare che fumasse anche nell'intervallo delle partite). Il tutto condito da grappa in abbondanza. Signore e signori, ecco a voi Dario Hübner, nato nel lontano 1967 nel sobborgo triestino di Muggia, colui che condivide con un altro idolo degli anni '90-inizio 2000, Igor Protti, l'onore di aver vinto la classifica cannonieri in Serie A, B e C. Questo dato fornisce un primo assaggio di ciò che ha rappresentato questo giocatore nell'immaginario calcistico italiano: un bomber "di provincia", che entra nell'alta borghesia partendo dai ceti più bassi e non se ne dimentica. E a uno sguardo più approfondito, si delineano vividi i connotati di un autentico uomo del popolo, personificazione purissima dell'inflazionata metafora della classe operaia in Paradiso: una vita permeata dalle già citate sigarette e grappa, vizi di una certa tradizione popolare, ma scandita da abnegazione e orari regolari, priva delle stravaganze, delle arroganze e della mondanità a tratti sregolata di altri vip del pallone; e un look da genuino lavoratore, con quei cespugliosi ricci e quel pizzetto, quasi sempre uguali, sempre più brizzolati, a contornare un volto solcato da rughe precoci. Anche perché Hübner un lavoratore vero lo è stato e lo è: da ragazzo, quando lasciò la scuola dopo aver preso la licenza media e si cimentò nei mestieri di panettiere, fabbro e imbianchino; e oggi, nel coltivare personalmente l'orto della sua villetta, dove vive insieme alla moglie e ai due figli, in quel di Passarera, frazione di Capergnanica, provincia di Cremona, Bassa Padana. In attesa magari di un nuovo incarico da allenatore, dopo le recenti esperienze in Eccellenza e Serie D, che nonostante siano finite con esoneri anzitempo gli hanno permesso di trasmettere a tanti ragazzi i suoi mantra tecnici e comportamentali che lo hanno guidato nella carriera da calciatore.

Prima di addentrarci nella sua storia, ecco il protagonista del nostro articolo nelle vesti di allenatore.

Ecco, l'Hübner calciatore. Non faceva certo eccezione al suo ritratto personale. La cifra sintetica di ogni sua azione era la concretezza. Mai un movimento, una finta, un dribbling, un tempo di gioco o uno stop di troppo. Movimenti ad anticipare, corse sul filo del fuorigioco, progressioni irraggiungibili a testa bassa, padronanza di entrambi i piedi, potenza ben canalizzata e indirizzata, ma anche sensibilità di tocco quanto basta... quando il pallone arrivava verso l'area di rigore, sapeva esattamente cosa fare, e come farlo, nella maniera più essenziale e incisiva possibile. Nessuna concessione allo spettacolo; un solo grande obiettivo: gonfiare la rete e trascinare con sé gioie e dolori delle piazze che era chiamato ad infiammare. Era uno di quegli attaccanti ormai in via d'estinzione: la deriva tattica del calcio contemporaneo, fatta di movimenti ultracompatti in linee serrate, con tutti gli uomini nella metà campo avversaria in fase offensiva e tutti dietro la linea della palla in fase difensiva, ha rapidamente ammazzato quei profili tecnici che prevedevano l'area di rigore come unico terreno di caccia, assottigliando la linea di demarcazione tra prima e seconda punta ed esaltando i falsi nueve. Il calcio dell'epoca, forse il più bello di sempre per la sua collocazione mediana tra la rivoluzione atletica e tattica (leggi "zona") anni '80-'90 e il tatticismo contemporaneo di cui sopra, lasciava qualche spazio in più sul campo e concedeva ancora lunghezza alle squadre, permettendo ai giocatori di fantasia di inventare senza essere raddoppiati a 30 metri dalla propria porta e agli spietati uomini d'area di dare sfogo alle proprie doti realizzative senza trovarsi continuamente stretti in una foresta di uomini ed essere costretti a muoversi come elastici sul terreno di gioco. Ai compagni lui ama ripetere: "voi datemi la palla lunga, poi ci penso io...". Con buona pace di schemi e allenatori.

Per avere un'idea semplice e genuina del calciatore e dell'uomo, ecco una recente intervista a Dario Hübner. Gli ingredienti principali? Motivazioni e spirito di sacrificio!

Sembra incredibile che un attaccante del genere non sia mai stato convocato in Nazionale, neppure in amichevole. O meglio: sembra incredibile agli occhi di chi è assuefatto al calcio italiano odierno, in cui la forte crisi (tecnica e non) ha intensificato le naturalizzazioni di oriundi e fa sì che i pur buoni Immobile, Zaza, Pellè ed El Shaarawy si dividano le maglie da titolare. Centravanti come Dario Hübner, o come Nicola Amoruso, tanto per citarne un altro che non ha mai ricevuto la chiamata del CT di turno, sono stati in attività nel periodo aureo di Baggio, Totti, Del Piero, Vieri, Inzaghi, con uno come Montella a fare la loro riserva. Certi dati quindi non stupiscono, anzi aumentano la nostalgia verso un'epoca così vicina eppur così lontana, che si poteva permettere di tenere certi giocatori ai margini del "calcio che conta". Ma a ben guardare, c'è un altro motivo per cui Hübner non ha mai vestito l'azzurro. Fermo restando il suo indiscutibile valore, infatti, stiamo parlando di un uomo che ha conosciuto direttamente la Serie A a 30 anni suonati, e che dunque ha avuto poche chance per mettersi in mostra agli occhi dei Commissari Tecnici. La ragione di questa esplosione tardiva va ricercata nelle sue scelte di vita, e ci riporta agli inizi della sua carriera, sul finire dei roboanti anni '80: mentre gli altri ventenni italiani di simile caratura calcistica sgomitano nei settori giovanili dei più importanti club nostrani, guadagnandosi i primi gettoni nelle nazionali Under, Dario si destreggia tra legno, ferro e calcestruzzo, e gioca a calcio per hobby in Prima Categoria, nella squadra del paese, lontano da qualsiasi riflettore. Finché un giorno, dal vicino Veneto, arriva in terra triestina un osservatore della Pievigina, squadra della provincia di Treviso, che gli fa fare un doppio salto di categoria portandolo nell'ormai scomparsa Interregionale, campionato che oggi si situerebbe sul livello dell'Eccellenza. Si tratta ancora di dilettanti, dunque, ma questo primo trasferimento pone Hübner nell'anticamera del professionismo. Per la prima volta nella sua vita, infatti, il ragazzo può non lavorare e pensare solo a giocare. Un bottino di 10 gol in 25 partite con la Pievigina gli vale per la stagione 1988-89 la chiamata del Pergocrema, in C/2: la squadra fatica, lui lotta, sempre presente al centro dell'attacco, e l'obiettivo salvezza viene raggiunto. della salvezza lo rende degno

Rara foto della formazione del Pergogrema: Hübner è in alto a sinistra. In basso a destra si riconosce il difensore Mangone, che avrebbe costruito gli anni più importanti della sua carriera al Bologna e alla Roma.

Le convincenti prestazioni al primo anno da pro rendono il giovane centravanti muggesano degno dell'attenzione di un club della medesima categoria ma più ambizioso, il Fano. In terra marchigiana si conferma un gran lottatore dell'area di rigore e con le sue 8 reti contribuisce alla promozione della sua nuova squadra. La prima annata in C/1 presenta il conto del passaggio di categoria: i gol segnati sono appena 4, ma il posto da titolare resta ben saldo. La stagione successiva è quella del boom: grazie anche all'egregio lavoro in rifinitura di un ventenne Lamberto Zauli, si laurea capocannoniere del girone B con 14 centri, nonostante il Fano non riesca a salvarsi. È qui che nasce l'appellativo che lo accompagnerà d'ora in poi: Tatanka, termine usato dagli indiani sioux per indicare il bisonte e soprannome diffuso tra gli atleti delle discipline di lotta (non ultimo il pugile Clemente Russo).

Stagione 1991/92, quella del titolo di capocannoniere e della retrocessione. Chieti-Fano è un concentrato di "calcio che non c'è più": da una parte espulso Enrico Chiesa, dall'altra gol di Hübner che devia fortunosamente in rete una punizione calciata da Zauli.

Se il Fano retrocede, il bisonte avanza. È il 1992 e il 25enne Dario Hübner è pronto a farsi conoscere ai piani alti. Passa al Cesena, in Serie B, dove trascorre 5 anni sempre in doppia cifra giocandosi anche la promozione nel 1994 in uno sfortunato spareggio contro il Padova. Anni nei quali la sua popolarità cresce e i rimpianti pure: sono tanti i treni su cui lui non sale, spesso per scelte di cuore, talvolta per colpa di altri. Addirittura nell'estate del 1996 sfiora l'Inter: la quarta stagione cesenate si è appena conclusa con il titolo di capocannoniere cadetto, e il club di Moratti negozia con la società romagnola uno scambio Delvecchio- Hübner, ma il giovane attaccante nerazzurro rifiuta il trasferimento (qualche mese dopo andrà alla Roma a costruirsi una carriera ricca di soddisfazioni) e Tatanka resta in provincia. L'occasione della vita finalmente arriva all'età di 30 anni, quando si trasferisce al Brescia neopromosso in Serie A. Non è una grande, ma è un grande esordio...

Un bisonte ancora agile e scattante nei 5 anni a Cesena. Minuto 2:36 : occhio alla rovesciata...

31 agosto 1997. Il mondo calcistico è scosso dall'arrivo all'Inter di Luiz Nazario de Lima in arte Ronaldo. Il mondo è sconvolto dalla morte della Principessa Diana, una donna che partendo dalla nobiltà ha conquistato tutte le classi sociali. Quella notte Dario, come tante altre persone, è rimasto incollato al televisore fino a notte fonda per seguire gli aggiornamenti relativi al tragico incidente, nonostante la mattina dopo la sveglia fosse puntata poco dopo l'alba. Il suo piccolo Brescia, infatti, deve disputare la prima giornata di Serie A a San Siro, contro i nerazzurri allenati da Simoni, quella stessa squadra alla quale l sorte lo stava per destinare l'anno prima: per tutti, è l'esordio del Fenomeno in Italia; per i più esperti, anche l'esordio assoluto nel massimo campionato, di un anziano ma ancora valido bisonte di provincia desideroso di farsi conoscere ai piani alti. E quale miglior palcoscenico della Scala del calcio? Il risultato finale è di 2-1 per l'Inter, ma Ronaldo e compagni, per portare a casa i primi 3 punti stagionali, devono rimontare l'iniziale vantaggio a sorpresa del Brescia, firmato Dario Hübner: le pochissime ore di sonno non scompongono un lavoratore come lui, che con tutta la naturalezza del mondo si fa dare il pallone spalle alla porta, tiene a bada Galante che lo marca da dietro e in un microsecondo scarica un sinistraccio sotto la traversa che gela difensore, portiere (un certo Pagliuca) e stadio. All'esordio in Serie A, Tatanka è andato a segno in trasferta contro l'Inter, ricevendo un assist al bacio da un centrocampista assai promettente, molto più giovane di lui: Andrea Pirlo, ≪il più forte con cui abbia mai giocato≫. Parola di Hübner, uno che 3 anni dopo avrebbe giocato insieme a Baggio.

Al minuto 1:42 tutta l'Italia calcistica fa la conoscenza di Tatanka.

Il battesimo con gol a San Siro e la tripletta siglata alla seconda giornata nel 3-3 interno contro la Sampdoria fanno bene sperare, ma la stagione si rivela complicata per il Brescia: Hübner è top scorer della squadra con 16 centri, ma il campionato termina con la retrocessione. Le rondinelle  tornano subito in Serie B, ma il bomber non abbandona la barca, aiutandola invece a risalire la corrente. Le stagioni '98-'99 e '99-2000 vedono un Tatanka in grande spolvero, capace di segnare in entrambi i campionati cadetti 21 reti: buona la seconda, si torna in Serie A. Dell'organico bresciano fa parte anche l'esperto difensore Filippo Galli, ormai a fine carriera, recentemente indicato da Hübner come ≪il migliore, sia dal punto di vista umano che professionale≫.

Serie B 1999/2000, ultima giornata: una doppietta del bisonte nei primi 25 minuti  regala al Brescia una nuova promozione. Si possono apprezzare due  perfetti movimenti ad attaccare la profondità e un pregevole pallonetto.

Il terzo millennio inizia col botto per il nuovo Brescia formato Serie A: in panchina arriva Mazzone, in attacco il Divin Codino, in Coppa Italia l'eliminazione della Juventus grazie proprio a una doppietta di Hübner al Delle Alpi, in campionato uno storico settimo posto, che in quegli anni è sinonimo di Intertoto. Manco a dirlo, Tatanka realizza il proprio record personale in A, con 17 sigilli all'attivo. Tuttavia, i primi segni della vecchiaia si fanno sentire: le primavere sono ormai 34, e mister Carletto inizia talvolta a preferirgli il giovane albanese Tare. Ma non tutto è perduto: prima di iniziare la parabola discendente c'è ancora tempo per lasciare il segno; basta una realtà che possa dargli la giusta fiducia...

Perfetta elusione del fuorigioco, mirino in canna e meno tocchi possibile: uno dei tanti dispiaceri di Ancelotti alla guida della Juve riporta il timbro del bisonte.

Il bisonte trova ancora un neopromossa sul proprio cammino: nell'estate del 2001 il Piacenza sborsa 6 miliardi di lire per aggiudicarsi le sue prestazioni. A correre e costruire per lui ci sono Di Francesco, Lamacchi, Matuzalem e capitan Volpi, ad assisterlo in attacco Poggi e Caccia (con un giovanissimo Amauri a scalpitare). Le sue performance vanno oltre ogni rosea previsione: 24 gol, a pari merito con Trezeguet, 2 in più di Vieri, 4 più di Vaio, 8 più di Del Piero, 10 più di Shevchenko. Sebbene in questo caso si tratti di ex aequo, il 35enne Dario Hübner agguanta il sogno del trittico di classifiche cannonieri vinte, dopo quelle del '92 col Fano in C/1 e del '96 col Cesena in B. Memorabile le ultime due reti stagionali: è il fatidico 5 maggio 2002 e mentre il bomber francese porta avanti la Juventus in quel di Udine, ponendo le basi per un clamoroso scudetto, Tatanka lo raggiunge in vetta siglando una doppietta nel 3-0 con cui il Piacenza si aggiudica un vero e proprio spareggio-salvezza contro il Verona. La carriera dell'operaio in Paradiso ha raggiunto il suo acme.

Catalogo di un repertorio: tutte le reti del 35enne Hübner nella splendida Serie A 2001-2002 che lo vede capocannoniere con Trezeguet.

A sancire come una sentenza l'inizio della parabola discendente del bisonte ci pensa il CT azzurro Trapattoni, che non lo convoca per i Mondiali nippocoreani nonostante sia l'attaccante italiano ad aver segnato di più nel campionato appena concluso: troppo anziano, troppo lontano dalle realtà calcistiche più blasonate. A parziale consolazione, giunge la meritata soddisfazione (breve ma intensa) di vestire la maglia di una grande: il Milan lo prende in prestito per disputare una tournée estiva di 3 partite negli USA. Assaporata l'emozione di indossare il rossonero, si torna in provincia per una nuova annata di Serie A.

Foto ufficiale prima della partenza della tournée americana col Milan.

La stagione 2002-2003 è amara per i colori piacentini: terzultimo posto e retrocessione. Hübner ne fa 14 e diventa il giocatore più prolifico nella storia del club emiliano in Serie A. È il "canto del cigno": la stagione successiva è l'ultima nel massimo campionato, con appena 3 reti tra Ancona e Perugia. Segue un'annata a Mantova, in C/1, dove ritrova l'ex compagno di reparto Poggi: 7 volte a segno in 23 presenze, contribuendo tra l'altro alla promozione in Serie B. Siamo nel 2005 e Tatanka, non riuscendo più ad essere titolare e andare in doppia cifra, decide di abbandonare il professionismo alla veneranda età di 38 anni.

Variegata rassegna di reti segnate da Hübner nelle categorie del calcio professionistico.

Tornato in una dimensione che fisiologicamente procede più a rilento rispetto alle evoluzioni del calcio mainstream, nella quale la sua crescente staticità può trovare compensazione più che sufficiente nell'abilità realizzativa, Hübner ritrova ruolini di marcia a lui consoni: 18 centri in Serie D nel 2005-2006 tra Chiari e Rodengo Saiano, poi 58 gol in 3 anni in Eccellenza. Curioso quanto avvenuto nel 2007, nel bel mezzo di quest'ultima esperienza: aver stipulato con l'Orsa Corte Franca un contratto da professionista gli costa 6 mesi di squalifica, durante i quali si mantiene in forma giocando in oratorio; al ritorno in campo, segna 20 gol in 17 partite e salva la squadra. Tutto questo a 41 anni suonati!

Sigaretta, birra e alta montagna. Il saluto di Tatanka.
Il giocatore del popolo gonfia le reti dei dilettanti lombardi fino al 2011: le ultime due stagioni si snodano tra Castel Mella (Prima Categoria) e Cavenago (Promozione). Poi si può dedicare alla gestione di un bar a Crema, poi venduto, e ai primi passi da allenatore. Ma soprattutto, all'orto di casa sua e alla famiglia.


Articolo a cura di Nicolò Vallone


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