martedì 29 settembre 2015

Bomba atomica

Si abbatte sul suolo giapponese un'altra arma di distruzione di massa: la Mercedes.
Lo strapotere argentato, le strategie della Ferrari, i mal di pancia di Alonso, l'eterno confronto tra Verstappen e Sainz: Suzuka ci ha regalato questo e molto altro. Scopriamolo insieme.

di Federico Principi






Il circuito di Suzuka era ormai già diventato un evergreen quando fu cancellato dal calendario del Campionato 2007 e 2008. Sostituito dal rinnovato, spettacolare Fuji: un tracciato di cui si ricorda principalmente l'assegnazione del titolo del 1976. Una delle stagioni più controverse ed incerte nella storia della massima categoria dell'automobilismo, quando Lauda si rifiutò di gareggiare sotto il diluvio giapponese per una comprensibile paura dovuta al recente drammatico botto al Nordschleife, consegnando il Mondiale nelle mani di James Hunt.

Ritiro di Lauda al Fuji: impressionanti le vecchie immagini di una Formula 1 di altri tempi, decisamente più improvvisata sotto tutti gli aspetti. Anche quello della sicurezza.

Come per il Gran Premio di Germania, poi incredibilmente cancellato nella stagione in corso, si profilava anche per il Giappone un'alternanza tra le due sedi. Era piaciuta la modernizzazione dell'impianto sulla più famosa montagna del Sol Levante, estremamente adatta ai nuovi standard della Formula 1 e assolutamente disponibile di opportunità di sorpassi. Nonostante Suzuka abbia al seguito un numero consistente di discepoli che ne predicano la straordinarietà in mezzo a tanti poco stimati tilkodromi, l'altalena di circuiti sarebbe probabilmente stata gradita alla Ferrari (che aveva indicato in Silverstone, Spa e Suzuka le tappe più difficili) e sicuramente a Jules Bianchi.

In macchina col il Campione della Formula E, Nelsinho Piquet, sul nuovo Fuji nel 2008.


I nuovi Prost e Senna
Il 1987 è esattamente il primo anno in cui la Honda accumula una serie importante di successi (come fornitore di propulsori) che verrà spezzata soltanto dalla genialità creativa di Adrian Newey e dalle sospensioni attive della Williams-Renault nel 1992. Curiosamente è proprio nel 1987 che la Federazione inserisce per la prima volta in calendario il tracciato di Suzuka, già progettato dalla stessa Honda (fornitore del motore che in quella stagione ha spinto la Williams di Piquet al suo terzo ed ultimo titolo) come punto d'appoggio per effettuare dei test.

Ron Dennis, per la stagione successiva, si aggiudicò di prepotenza il propulsore giapponese, estraniando la concorrenza dalla lotta per il vertice e lasciando i suoi due purosangue liberi di scannarsi senza alcuna pietà. Risale proprio a quei tempi una serrata lotta per il Mondiale ristretta a due soli piloti, compagni di squadra: unico punto di contatto con l'odierno dualismo tra Hamilton e Rosberg, e forse più precisamente quello dello scorso anno. Vettel è in arrivo su Nico in classifica e l'equilibrio interno al box Mercedes è allo stato attuale più simile a quelli tra Schumacher e Barrichello piuttosto che alle baruffe risalenti ai tempi di Prost e Senna.

Nonostante tutto, la partenza dell'ultimo Gran Premio ha ricordato molto da vicino i tafferugli che i due vecchi campioni avevano inscenato proprio su questa pista, e che sono rimasti delle icone incancellabili e ridondanti ogni volta che si torna a correre a Suzuka. Con un pizzico di correttezza e molta falsa gentilezza, Hamilton ha accompagnato con qualche convenevolo Rosberg nell'erba all'uscita di curva 2, compromettendo ogni chance di vittoria del tedesco e costringendolo ad una lunga rimonta per afferrare il massimo risultato possibile, che a quel punto era il secondo posto. Molto meno diplomatico fu Senna, in partenza nel 1990, a tamponare quell'Alain Prost su Ferrari che nella stagione precedente aveva dapprima sbarrato violentemente la porta al brasiliano e successivamente conquistato il titolo mondiale nelle aule di tribunale.

Non si può non credere che Senna lo abbia fatto apposta. La vendetta è un piatto...

Pochi giorni prima della corsa Rosberg aveva senza indugi dichiarato: «Quando abbasso la visiera, divento agonisticamente cattivo». Non gli avranno creduto in molti, assistendo alla facilità con la quale Hamilton ha preso l'interno alla prima curva, ma a parziale discolpa del tedesco vanno spiegate alcune cose. Innanzitutto è sicuramente generalmente più difficile scaricare tutta la trazione a terra se si vuole procedere a un cambio di traiettoria in partenza, con la vettura che perde sicuramente in grip e in bilanciamento. Lo specialista in questo senso era Michael Schumacher, perfettamente conscio di non essere uno fenomeno dello scatto da fermo, sempre pronto a chiudere immediatamente la traiettoria. Ma gli andò male un paio di volte, proprio a Suzuka.

La partenza dell'edizione 2000 al minuto 1:02. Troppo superiore al via Hakkinen, che passa agilmente uno Schumacher deciso a tagliargli (regolarmente) la strada.

Il secondo elemento che va ad avvalorare quanto compiuto da Rosberg è il fatto che, soprattutto alla prima curva, la traiettoria migliore è proprio quella esterna: non essendo una staccata è molto difficile passare all'interno in curva 1. Andando infatti a spulciare nei sorpassi poi compiuti in gara in quel punto, è tanto impossibile imbattersi in immagini di qualcuno che riesca a passare all'interno, quanto frequente assistere a manovre andate a buon fine nella traiettoria esterna. Rosberg confidava quindi in una migliore velocità di percorrenza della curva rispetto ad Hamilton, che gli avrebbe successivamente permesso di chiudere più comodamente la traiettoria in curva 2 e prendere il comando della corsa. Lewis è riuscito invece ad avere un ottimo grip alla prima curva, che gli ha permesso di rimanere affiancato al tedesco ed avere il vantaggio della traiettoria in quella successiva. Una splendida manovra dell'inglese, con un Rosberg che non ha forse tirato fuori il massimo della propria cattiveria e avrebbe forse dovuto chiudere prima la traiettoria in curva 2, ma aveva comunque alle spalle un'idea corretta. Ed avrebbe invece dovuto alzare leggermente il piede in uscita, per non finire fuori pista, rimanendo in scia con Hamilton e giocandosi successivamente la vittoria.

Tutta la dinamica della partenza di Suzuka 2015.


Strategie di guerra
Verrà un giorno in cui i nostalgici smetteranno di ripetere fino ad esaurimento corde vocali la litania che recita mestamente: "In Formula 1 oggi si sorpassa solo ai box". Ma quel giorno non è certamente oggi.

Non aiuta ovviamente l'ingegnere di Rosberg a sfatare questo tabù. Sorpassare in pista è diventato quasi pericoloso, al punto tale da costringere il proprio pilota a distanziarsi dalla vettura che lo precede per non stressare termicamente tutte le componenti della propria macchina. Tanto nel primo con Bottas davanti, quanto nel secondo stint quando si stava avvicinando a Vettel, a Nico è stato intimato di tenere un ritardo di circa due secondi dalla vettura che lo precedeva. Per poi, in particolare nella seconda occasione, realizzare i migliori parziali nel giro di rientro ai box, effettuato con una tornata di anticipo rispetto a Vettel. Sfruttando l'ormai celebre undercut, con un giro in più con pneumatici freschi, strappando la seconda posizione al ferrarista. Come ha poi agito lo stesso Raikkonen su Bottas, insuperabile in pista.

A dire la verità di sorpassi ce ne sono stati, e neanche pochi. Nemmeno troppi facilitati dal DRS, che fa storcere il naso alla stessa categoria di nostalgici di cui parlavamo poco sopra. I più belli all'ultima chicane: quello di Rosberg su Bottas, favorito evidentemente dall'extra-power del team ufficiale Mercedes, e quello di Caino su Abele. Verstappen su Sainz, ormai diventata un'esecuzione capitale più scontata di quella inflitta a Saddam Hussein dopo la cattura.

Bellissimo attacco di Rosberg su Bottas.

Resta il fatto che la grande maggioranza della corsa si sia decisa in seguito agli ordini delle ammiraglie. È ormai consuetudine che, durante il giro di ricognizione, la regia internazionale pubblichi una grafica teoricamente interessante riguardo le possibili strategie in corsa. Anche a Suzuka erano state fatte previsioni, disattese: è partita in realtà una rincorsa folle all'undercut. I giri 17 e 34, previsti dalla regia, sono stati anticipati da tutti i protagonisti di vertice: chissene del possibile degrado nei giri finali, che è comunque diminuito di incidenza rispetto a stagioni come il 2012 o il 2013, meglio tentare il sorpasso poi si vedrà. Disattesa anche la previsione di due stint con le medie ed uno finale, un po' più lungo, con le hard: ad eccezione di Hamilton che ha rispettato questa tabella, Rosberg e i due ferraristi sono passati alle hard già dopo il primo pit stop per poi tenerle fino alla bandiera a scacchi.

A fine gara Villeneuve su Sky si era lasciato andare ad una considerazione parzialmente condivisibile: «Quando l'inseguitore prova l'undercut, chi si ferma il giro successivo perde matematicamente la posizione. A quel punto sarebbe il caso di tentare una strategia differente». La tesi sarebbe assolutamente valida e corroborata, non fosse altro che Jacques aveva allargato la casistica in esame anche all'episodio dell'attacco di Rosberg a Vettel. Il pilota della Rossa aveva in realtà un margine di circa 1.8 secondi prima del pit stop, effettuato un po' a sorpresa dal connazionale della Mercedes: possibile, in quel caso, tentare di mantenere la posizione pur reagendo un giro più tardi. Seconda piazza che infatti Vettel ha perso per una manciata di metri al rientro in pista.

Alternative potevano essere: una sola sosta? Impraticabile: a fine corsa Seb ha spiegato via radio che nell'ultimo giro prima della seconda sosta le gomme non ne avevano più. Anche nel caso avesse ritardato la prima e unica sosta, difficilmente il suo passo gara avrebbe retto un ritmo accettabile per il podio. Non fosse stato indeciso sull'esito della reazione immediata al pit stop di Rosberg, Vettel avrebbe avuto solo un'opportunità, difficile in ogni caso da realizzare: prolungare il secondo stint con le dure, accettare di perdere la seconda posizione e lanciarsi a caccia di Rosberg negli ultimi 10 passaggi con gomme medie fresche, più prestazionali. Ma il sorpasso in pista, e in questo caso hanno ragione i vecchi bacchettoni, sarebbe stato troppo complicato.


Equilibri di forze
Il Mondiale 2015, che si avvia alla conclusione, ha svolto un copione basato interamente sull'equilibrio (a volte neanche troppo sottile) tra le reciproche differenti caratteristiche tecniche delle due case costruttrici dominanti.

Per mesi, dopo attente valutazioni tecniche e numerosi rilevamenti di dati su opposte tipologie di tracciati, si è delineata in modo abbastanza chiaro quale fosse la reale contrapposizione tra Mercedes e Ferrari. I tedeschi hanno prevalso, oltre che per la potenza e l'erogazione della coppia della power unit, nella capacità di mandare immediatamente gli pneumatici nella temperatura ottimale, nell'utilizzo delle mescole più dure e nella stabilità sui curvoni veloci. Da Maranello avevano invece tentato di tamponare l'egemonia delle frecce d'argento attraverso una miglior gestione del degrado degli pneumatici, prerogativa del telaio Allison, nella generale minor sofferenza di fronte ad alte temperature (in tutta la componentistica) e nella capacità di lottare ad armi pari in piste lente o con pneumatici soft o super-soft.

Qualche settimana fa il team principal Arrivabene aveva indicato proprio nei circuiti di Silverstone, Spa e Suzuka i weekend in cui correre in difesa, limitando i danni. A fine gara non era certamente raggiante ma in ogni caso piuttosto sollevato: «Ci aspettavamo sicuramente di meno da questa gara». Non è difficile crederlo, nonostante le false speranze alimentate dall'anomalo Gran Premio di Singapore. Hamilton era infatti orgasmico, descrivendo la sua vettura come una barca a vela che danza agilmente e senza intoppi: la W06 era eccezionale, come sempre, sui lunghi curvoni di Suzuka. Pista dove era indicato un solo punto di staccata violenta, l'ultima chicane, e che non metteva quindi neanche a rischio i freni dei tedeschi che saltuariamente ripropongono problemi di alte temperature se sollecitati con violenza.

La pole di Rosberg. Effettivamente Hamilton ha ragione...

L'equilibrio Mercedes-Ferrari di Suzuka ha ripristinato lo status quo, ma con sviluppi differenti. E che dimostrano per l'ennesima volta quanto, per lo meno i team più ricchi, operino progressi nel corso della stagione. La Ferrari ha innanzitutto migliorato enormemente il proprio comportamento con le hard arancioni, decidendo addirittura per il doppio stint con questa mescola e non evidenziando alcun problema nelle temperature nei primi passaggi. La SF15-T aveva già vinto un Gran Premio corso con gli pneumatici hard, in Malesia, ma con un solo breve stint finale con le arancioni e con elevatissime temperature dell'asfalto che avevano immediatamente portato le gomme nelle temperature ottimali di esercizio. Devastante, invece, lo stint nel Gran Premio di Spagna nel quale Vettel perdeva sistematicamente più di un secondo al giro sui piloti di Stoccarda. A Suzuka, favorito forse dai 40 gradi dell'asfalto (rilevamento comunque non estremo), Seb ha invece tenuto il passo di Rosberg quasi alla pari nello stint conclusivo.

Imbarazzante confronto Mercedes-Ferrari sul passo in Spagna, a parità di gomme (hard).

Enormi passi in avanti li ha invece compiuti il team di Toto Wolff nella gestione del degrado e delle alte pressioni e temperature. Con l'unico intoppo dell'aria calda di Bottas prima e Vettel poi, e i conseguenti ordini di stare a distanza di sicurezza, la W06 non ha mostrato alcun segno di degrado né di surriscaldamento, problema molto probabilmente incontrato a Singapore con le nuove pressioni più alte imposte dalla Pirelli. Hamilton è perfino risultato l'ultimo a fermarsi in entrambe le finestre per le soste, e lo stesso Rosberg è stato l'ultimo ad imboccare la pit lane prima del Campione del Mondo, nel primo pit.

Resta in ogni caso la sensazione che, essendosi difesa egregiamente in un tracciato completamente sfavorevole, la Ferrari possa ormai ritenersi pronta per sfidare ad armi pari il principale rivale in ogni possibile occasione. Difficile, per motivi matematici, puntare al titolo mondiale, ma resta il fatto che sembrerebbe proprio la SF15-T la vettura ad aver compiuto i migliori progressi nell'arco della stagione, e non solo rapportati alla competitività (scarsa) del 2014. Ad Austin ci saranno 10 posizioni di penalità per entrambi i piloti, ma una probabile ulteriore evoluzione di 4 gettoni. Nell'attesa che la cura del dettaglio compiuta durante il Campionato possa portare la Ferrari ad una più che realistica ambizione mondiale per il 2016. Oltre che alla probabile vittoria a novembre ad Abu Dhabi, tracciato in molte parti simile a Singapore, chiudendo col botto.


Mino Raiola in Formula 1
«Mi fa male pancia quando vedo te», disse al giornalista Nebuloni un Ibrahimovic con la stessa eleganza del cappottino indossato da Cassano durante la propria presentazione ufficiale al Real Madrid.

Una personalità boriosa ed accentratrice di ego come quella di Fernando Alonso, molto simile a quella del fuoriclasse svedese, avrebbe facilmente potuto partorire determinate considerazioni poco tenere e certamente poco costruttive. Comprensibile la frustrazione, ma non può ogni volta essere l'alibi per giustificare ogni atteggiamento spacca-spogliatoio.

L'episodio a cui ci riferiamo è certamente quel team radio pronunciato alla squadra dopo l'ennesimo sorpasso subito, stavolta da Verstappen sul rettilineo principale:

«Il motore è da GP2».

Non è andato effettivamente neanche troppo lontano dalla realtà Alonso. I motori della GP2, realizzati dalla Mecachrome come fornitore unico della seconda categoria dell'automobilismo, avrebbero una potenza regolamentare di 600 cavalli, poco più di 200 in meno rispetto alla Formula 1. Honda avrebbe tuttavia un armamentario da un'ottantina di cavalli in meno rispetto a Mercedes, stando alle stime, con il gap dai tedeschi e da Ferrari che si sarebbe dilatato dopo gli sviluppi effettuati prima di Monza dalle due power unit dominanti. In sostanza, un propulsore giapponese più adatto ad una categoria di serie B che a sfidare quelli della diretta concorrenza. Ma i panni sporchi vanno comunque lavati in casa.

Non era comparso sulla TV italiana il primo team radio, seguente ad un sorpasso subito da Ericsson (il che è tutto dire), che dimostra come Alonso sia poi recidivo all'interno della stessa gara:

«Sembra la GP2. Imbarazzante, molto imbarazzante».

Non è certo una novità vedere lo spagnolo con il "mal di pancia". Le dichiarazioni rilasciate soprattutto nelle ultime due stagioni lasciavano presagire la volontà di abbandonare l'ormai poco stimato progetto Ferrari. Né risulta un inedito mondiale il vizio del team radio durissimo e assolutamente inutile. Risale alle qualifiche di Monza 2013 un precedente in cui Fernando polemizzava apertamente con il box:

«Quindi c'è da lasciarlo passare. Veramente siete dei (geni/scemi), eh! Mammamia, ragazzi!».

Per poi bacchettare nuovamente, con lo stesso tono di uno spocchioso docente universitario, gli uomini del box in una delle sue ultime apparizioni in Ferrari, sempre in qualifica ma in Brasile, 2014:

«Ahi ahi ahi ahi ahi... perché devo iniziare la qualifica con la batteria scarica? Come è possibile?».

È sembrata una coincidenza talmente rilevante, quella degli insulti proprio in Giappone e in un circuito costruito dalla stessa Honda (come già detto nelle prime parti dell'articolo), che non può non balenare in mente l'idea che lo abbia fatto apposta. Villeneuve su Sky ha perfino azzardato l'ipotesi che sia stato il team McLaren a suggerirglielo, mettendo così pesantemente sotto pressione la Honda che non vuole ricevere aiuti esterni nella progettazione e nello sviluppo della power unit. Aiuti che con questi nuovi labirintici regolamenti sono ormai necessari e imprescindibili per stare al passo con i tempi.

Ha corretto il tiro a fine gara Fernando, sottolineando la necessità che i team radio dovrebbero restare privati (ma lo sanno tutti che da anni vengono pubblicati in mondovisione, doveva in ogni caso evitare certe sceneggiate) e lanciandosi in quello che ormai assomiglia sempre più ad un mantra che non ad un realistico progetto: «Solo Honda potrà, un giorno, sconfiggere Mercedes». Qualche burattinaio ha forse pilotato le dichiarazioni alla stampa, forse perfino quelle, pleonastiche, in gara. Le voci che circolano non lasciano per nulla confidenti gli uomini McLaren nel poter disporre del talento di Alonso anche nel 2016: ipotesi Formula 1 percorribili restano Red Bull e il rinnovato team Renault, che qualcosa di buono insieme ad Alonso ha storicamente fatto. Finestre aperte anche nel mondo dell'endurance, dove già quest'anno lo spagnolo sarebbe dovuto salire sulla Porsche numero 19 campione di Le Mans al posto di Nico Hülkenberg, ma che poi è stato frenato da motivi commerciali imposti dalla McLaren, rivale di Porsche nel mercato. C'è forse qualche Mino Raiola alle spalle di Fernando Alonso, chissà che non sia quello vero...



Promossi e bocciati di Fuori Dagli Schemi

I giapponesi li avete visti, sono precisissimi. Ci ispiriamo anche a loro nelle nostre analisi e nei nostri giudizi post-gara. E come sempre, dopo aver apprezzato il lavoro di chi se lo è meritato in pista, rimandiamo altri a presentarsi al prossimo appello.


PROMOSSI:

- La sicurezza in Formula 1: Per maggiori informazioni, consultare qua. Ci basta soltanto mostrare le immagini dell'incidente di Kvyat in Q3 e spiegare che il pilota russo sia uscito completamente illeso, immediatamente capace di spiegare via radio ai meccanici la dinamica. Rinnoviamo tuttavia l'invito a rivedere le vie di fuga del circuito di Suzuka, troppo vicine alla pista, che in realtà è abbastanza veloce.

Kvyat sbatte, e immediatamente spiega: «Ho toccato l'erba».

- Max Verstappen: La sua ultima gara da minorenne prima di diventare grande. Stava asfaltando in qualifica Sainz, ma il motore lo ha lasciato a piedi, impossibilitato a prendere parte alla Q2. Una furia in gara, riprende di prepotenza la zona punti prima di riavvicinarsi minaccioso sul dirimpettaio di box. L'incubo si ripete: Verstappen è nettamente più veloce di Sainz di almeno mezzo secondo al giro, sorpassandolo all'ultima chicane allo stesso modo di Rosberg su Bottas. Impensabile pensare a un ordine di scuderia: Sainz ha effettuato un bel bloccaggio nella circostanza, che senso avrebbe un flatspot in una situazione già decisa dal muretto box? Verstappen è fin dalle prime gare parso un pilota molto rischioso ed aggressivo, e forse durante l'estate potrebbe aver trovato il giusto bilanciamento della propria ferocia agonistica e del proprio talento. Resta il fatto che l'olandese sta distruggendo Sainz, anche e soprattutto psicologicamente. Un anno esatto dopo il suo debutto in Formula 1, durante le prove libere di Suzuka 2014, appena compiuti 17 anni.

Verstappen un anno fa. Qualche correzione di troppo all'inizio, ma il battesimo fu estremamente positivo.

- Lewis Hamilton e Sebastian Vettel: Hanno indubbiamente tirato fuori il rispettivo massimo, ad eccezione del giro da qualifica di Lewis. Lungo al tornante sotto il ponte, avrebbe certamente migliorato le proprie prestazioni nel secondo tentativo: possibilità scongiurata dalla bandiera rossa causata da Kvyat. Fantastici entrambi in partenza e nel passo, Seb si deve arrendere alla superiorità del mezzo meccanico di Rosberg.

- Cappellini dei tifosi giapponesi: Ce ne era uno in particolare di un tifoso McLaren-Honda, raffigurante l'ala posteriore con il DRS che si apriva e richiudeva a intervalli regolari, da tramandare ai posteri. Altri ugualmente interessanti e divertenti, contenenti un plastico in miniatura della vettura tifata dal soggetto. Salviamo posti con reale passione e cultura sportiva motoristica, Bernie.

- Lotus-Mercedes: Era possibile prevedere, dopo il podio di Spa, una prestazione convincente su un tracciato non molto dissimile. Nonostante i meccanici vengano ospitati da Ecclestone per mangiare, il che la dice lunga sulla gravissima crisi economica interna, arrivano punti e qualche soldo. Che servirà ad alleggerire il debito che Renault si accollerà, nell'ambito della completa rilevazione del team.

- Nico Hulkenberg: È tornato. Gaudeamus igitur. Ecco l'Hulk di Le Mans. Pochi highlights che lo vedono coinvolto, ma la prova resta estremamente solida e concreta. I cinque davanti erano in possesso di vetture decisamente imprendibili, e l'occasione di accorciare in Campionato sul compagno Perez, fuori pista alla prima curva, era troppo ghiotta. Nico non se l'è lasciata sfuggire.


- Fernando Alonso: Rivedibile l'atteggiamento, come già spiegato precedentemente. Resta in ogni caso un risultato formidabile, date le premesse, e sicuramente una delle migliori gare della stagione dopo l'Ungheria. Dà la paga a gente come Perez, Kvyat, Ericsson, tutti dotati di monoposto ampiamente più competitive della sua. Nonché al compagno di squadra Button, surclassato nell'intero weekend e apparso decisamente a secco di motivazioni.

- Alexander Rossi: Non ci siamo scordati di assegnare la Coppa GT, per la seconda volta consecutiva, ad Alexander Rossi. Seconda gara in carriera, seconda vittoria sul compagno di squadra. Non certo sufficiente per puntare fiches su di lui come erede di Schumacher, ma già in GP2 ha mostrato un ottimo livello di guida che ben presto lo ricompenserà di un volante di Formula 1 di peso maggiore.


BOCCIATI:

- Red Bull-Renault: Trapelava ottimismo dopo Singapore. E non solo e non tanto per il risultato ottenuto, quanto piuttosto per i miglioramenti generali effettuati dal telaio nelle ultime 4-5 gare e che davano grande ottimismo soprattutto a Ricciardo. Che poi tanto sorride sempre e comunque, quindi non è che si possa capire quando è sfiduciato. Le prestazioni, sia in qualifica che sul passo, si sono invece rivelate del tutto insufficienti, e Kvyat ha faticato per tutta la gara a gestire un imbizzarrito impianto frenante. Non c'è molto altro da aggiungere, se non che non è la prima volta che la sorellina minore Toro Rosso fa i dispetti a quella più grande, rubandole la merenda.

- Partenze di Rosberg e Bottas: Di Nico Rosberg avevamo già approfonditamente discusso in precedenza. Bottas era invece una enorme minaccia per la Ferrari: estremamente cattivo ed efficace in qualifica, in gara si è trasformato nel solito brodino mangiabile ma senza particolare sapore. L'efficienza aerodinamica e la potenza della sua Williams facevano sì che sarebbe probabilmente risultato inattaccabile in pista da Vettel, deciso a rubargli la posizione direttamente sui blocchi di partenza. E lo farà, sfruttando un enorme pattinamento del finlandese in terza marcia, dopo uno spunto discreto: da lì in avanti Bottas si farà perfino superare in pista da Rosberg, per poi accontentarsi della quinta posizione a seguito del riuscito undercut di Raikkonen.

Dal minuto 0:47 l'on board dello scatto di Bottas. Facile vedere il pattinamento in terza marcia che gli compromette la posizione, a vantaggio di Vettel.

- Carlos Sainz: Vedi alla voce Verstappen. Sainz sembra ormai totalmente fuori fiducia, al punto tale da sentire talmente la pressione da combinarne una per ogni Gran Premio. A muro in qualifica a Singapore, riesce nell'impresa di centrare il paletto all'ingresso della pit lane in gara a Suzuka, costretto a cambiare l'ala anteriore. Il ritmo nei confronti dell'olandese è ridicolo, e sembra perfino facilitarne il sorpasso al punto tale da farlo sembrare un ordine di scuderia. Riesce a dilapidare in soli 7 giri un vantaggio di 4.8 secondi sul compagno di squadra, subendone immediatamente l'attacco. Non dovrebbe attaccarsi al mancato rispetto dell'ordine impartito a Verstappen a Singapore, ma tenere giù il piede ed andare forte.



- Marcus Ericsson: Possibile che un pilota che da due stagioni corre in Formula 1 riesca nell'impresa di commettere tre errori simili tra loro nella stessa curva (la Spoon) in un intero weekend? Dei quali due in gara, per giunta? Ericsson è, verrebbe da dire "finalmente", tornato ad essere il pilota pagante. Non contento, si addormenta nel doppiaggio che concede a Raikkonen facendosi contemporaneamente infilare anche da Kvyat. Magra consolazione il fatto che, anche in una gara pulita, resta difficile pensare che la Sauber potesse portarlo a punti.

- Jenson Button: Che le motivazioni stiano venendo meno, è sinceramente comprensibile. A tutto ciò si aggiunge il team McLaren che sta evidentemente mettendo pressione all'inglese affinché non ne abbia abbastanza della Formula 1, in vista di un non impossibile divorzio con Fernando Alonso. La pazienza è venuta meno ai due piloti McLaren, entrambi Campioni del Mondo e ridotti a lottare con le Manor. Button non si lamenta come Alonso, ma rimane protagonista di una gara assolutamente anonima, figlia di una cattiveria agonistica che se ne è andata da tempo. Per il suo bene, e per il bene di giovani come Vandoorne e Magnussen, se la motivazione è questa, sarebbe meglio salutare il circus e lasciare spazio ad altri.


Articolo a cura di Federico Principi

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