di Federico Principi
Kevin-Prince Boateng se ne era andato dal Milan in
una di quelle malinconiche giornate di fine agosto (2013) nelle quali chi adora
il mare - specialmente se del centro Italia come il sottoscritto - comincia a
pensare a quanto freddo dovrà sopportare prima di riavere una nuova stagione
estiva. Una sorta di letargo, per intenderci, che il tifoso milanista avrebbe
dovuto attraversare senza il controverso ghanese ma con il regalo presidenziale
del ritorno di Kakà. E inizialmente - a livello mediatico e per la portata del
brasiliano nella storia recente del Milan - sembrava una mossa vincente, con
l'aggiunta di un surplus di 10 milioni (qualcosa in più) di euro derivanti
dalla cessione di Boateng.
Colpo di
fulmine
La storia d'amore - a tratti complicata - tra il
Milan e Kevin-Prince Boateng era iniziata nella piena estate di 3 anni prima. I
rossoneri avevano una pesante eredità ancelottiana alle spalle ed un'altra,
tattica - probabilmente utopistica o forse semplicemente male impostata -
marchiata da un Leonardo maltrattato dai piani alti, dopo oltre un decennio di
onesta e produttiva servitù. Al Milan era arrivato quel Max Allegri che, dopo
il salto dal Sassuolo al Cagliari (dalla vittoria del campionato di C1
direttamente in Serie A), aveva tutta l'aria di essere una delle tanto
decantate scommesse berlusconiane, stavolta al di fuori della regola aurea del
"Milan ai milanisti".
Allegri aveva la poco nascosta intenzione di rompere
un sistema che, con grande sincerità, non funzionava più con continuità. Il
Milan era diventato una sorta di culla del palleggio ma con interpreti ormai
abbastanza statici (Pirlo, Seedorf, Ronaldinho) tutti contemporaneamente
utilizzati, con l'aggiunta del solo Ambrosini (che
Leonardo preferiva scientificamente a Gattuso, con polemiche postume) a proteggere una difesa
che, pur dotata di Nesta e Thiago Silva, nella stagione di Leonardo (2009-10) aveva
incassato 39 gol in 38 partite di campionato.
La voce di Allegri in sede di mercato si era alzata
subito: il livornese chiedeva insistentemente un centrocampista dinamico e non si accontentava
del solo Flamini. Il chiaro messaggio alla società era che i tre gioielli del
palleggio non potessero da soli sopportare la fase difensiva (soprattutto se
schierati contemporaneamente a due punte di ruolo) e rischiassero di essere
estremamente immobili e prevedibili in impostazione.
I numerosi traffici di
mercato tra Genoa e Milan si attivarono anche nell'affare Boateng, che i rossoblù
prelevarono formalmente dal Portsmouth appena retrocesso. Il ghanese si era
appena messo in luce ai Mondiali in Sudafrica e rispondeva perfettamente
all'identikit del centrocampista che Allegri esigeva per completare la sessione
di mercato. Non sappiamo se era previsto in quell'accordo, ma al prestito al
Milan (con riscatto fissato intorno agli 8 milioni) si legò, pochi giorni dopo,
la partenza di Kaladze verso il Grifone.
L'era Ibrahimovic
Boateng ebbe la fortuna
di accasarsi al Milan nello stesso momento in cui Galliani aveva completato con
successo l'acquisto di Ibrahimovic, con pagamento abbastanza ridicolo e dilazionato
nel tempo. L'importanza tattica dello svedese si rivelò perfino superiore alle
attese, e perfettamente coniugata con le caratteristiche naturali di Boateng.
Il ghanese ha fin da
subito mostrato qualità atletiche fuori dall'ordinario, e un'altrettanto
elevata motivazione e capacità nell'inserimento centrale. Nella prima partita
che gioca, contro l'Auxerre, subentra ad Ambrosini dopo soli 15 minuti. Da
posizione di mezzala destra si butta sugli spazi centrali creati dai movimenti
ad allargarsi di Ronaldinho (quasi sempre verso sinistra):
Minuto 1:07.
Causando poi, con lo
stesso movimento e nella stessa situazione tattica, l'assist volante e vincente
per il primo gol rossonero di Ibrahimovic:
Minuto 1:36.
Con il passare delle
settimane, Allegri si rende conto che sempre più difficilmente riesce a
rinunciare a Boateng. Il progetto tattico dell'allenatore livornese svincola
Pirlo dal suo canonico ruolo di playmaker centrale trasvolandolo sul
centro-sinistra (scelta più che controversa), con il mantenimento della mediana
a 3 ma con Ambrosini centrale e Gattuso (rivitalizzato da Allegri) nella sua
posizione di mezzala destra di ancelottiana memoria. In questo nuovo meccanismo
di centrocampo, meno impostato sul palleggio orizzontale (come una sorta di
rottura con il passato), Boateng ridefinisce il concetto di trequartista. A
partire dalla sfida di San Siro contro il Real Madrid si proietta in avanti
come vero e proprio elemento offensivo alla ricerca degli spazi centrali in cui
picchiare, parzialmente esentato dai compiti di rottura della mediana a 3.
Quella del trequartista
è la posizione che Kevin-Prince Boateng avrebbe ricoperto con continuità -
quando il fisico glielo avrebbe permesso - per due anni. Il tedesco-ghanese non
aveva nulla del 10 classico: non aveva compiti di playmaking per via di tangibili lacune di sensibilità nei piedi ed
era uno di quelli che, in quello scacchiere, necessitavano di giocare la palla
con pochi tocchi (meno rispetto a Pirlo, Seedorf, Ibrahimovic, Pato, Robinho,
Ronaldinho, ma anche Ambrosini) perché poco capace di aprire gli spazi con
giocate illuminanti palla al piede in spazi intasati. La forza atletica e lo
spunto secco gli permettevano di creare talvolta superiorità numerica ma solo
con giocate in velocità o magari con delle sponde (sfruttando la sua stazza), e
molto più agevolmente in campo aperto. Il suo pensiero tattico era molto più
fine in fase di possesso (e quindi nei tempi dell'inserimento) piuttosto che
nella diligenza delle coperture e del posizionamento in fase di non possesso, e
per questo motivo Boateng ha trascorso la grande minoranza del suo tempo al
Milan nella linea mediana a 3 come mezzala.
La proiezione in avanti
in campionato provoca due gol nelle prime due partite, e pure abbastanza
simili. Con il Brescia, Boateng capitalizza l'assist di Ibrahimovic e brucia
tutti sul tempo, di forza e a difesa schierata:
Minuto 0:11.
Contro il Bologna
sfrutta invece una maggiore profondità e sorprende i centrali rossoblù,
stavolta in velocità, e sempre sull'assist di Ibrahimovic. Che - in mancanza di
un Ronaldinho ormai fuori dal progetto tattico - prende sempre più confidenza
con il movimento a venire fuori dal centro dell'area per allargarsi,
specialmente verso sinistra:
Minuto 0:19.
Quella del perfetto
sfruttamento degli spazi aperti dai movimenti delle punte era diventata una
felice costante per Boateng. Non solo ricevendo assist da Ibra, ma anche da
Pato che, ad esempio contro il Napoli, attrae uno dei centrali della difesa di
Mazzarri (Cannavaro) e serve il ghanese, fresco di ingresso in campo e ancor
più pimpante (come se non bastasse) rispetto agli altri due centrali
napoletani, bruciati.
Minuto 3:04.
Post-Ibra e le difficoltà
La presenza in campo di
Ibrahimovic non si limitava a generare una sicura fonte stagionale di gol
decisivi, almeno in campionato (per le polemiche sulla dimensione europea dello
svedese, cercare altrove), che portavano la sua firma. Ibra aveva creato
attorno a sé una sorta di campo magnetico nel quale attraeva i corpi e le
attenzioni delle intere difese avversarie, liberando autostrade agli
inserimenti di mezzali, trequartisti o seconde punte.
Nocerino e Boateng sono forse stati i maggiori
beneficiari della dominanza di Ibrahimovic. La prolificità dell'italiano nella
stagione 2011-12 è da attribuire principalmente a situazioni tattiche simili a
questa: Ibra attrae l'attenzione di tre giocatori del Lecce e con una magia al
volo libera l'ex palermitano in uno spazio completamente vuoto.
La sostituzione dello
svedese con Pazzini, oltre che ad un drastico calo di livello tecnico e fisico,
aveva inoltre portato a una forzata revisione degli schemi offensivi. L'ex
interista era ed è sicuramente un ariete più statico, formidabile attaccante d’area,
poco capace però di creare spazi per i compagni.
Per la stagione 2012-13
il Milan aveva rivoluzionato l’organico con l’addio di tutti i senatori (ad
eccezione di Abbiati ed Ambrosini) e dei fuoriclasse Ibrahimovic e Thiago
Silva. Allegri tuttavia non aveva inizialmente intenzione di cambiare sistema
di gioco, fedelissimo al 4-3-1-2 fin dai tempi del Cagliari e con Boateng
ancora in posizione di trequartista, stavolta con la 10 ereditata da Seedorf.
Il ghanese si è
ritrovato ben presto con lo scettro tra le mani, con tutti gli oneri che
comporta, ma senza tutti quegli spazi nei quali sguazzava allegramente.
Boateng, con la 10 sulle spalle e un organico impoverito, si è improvvisamente
voluto (dovuto?) prendere troppo spesso la responsabilità delle giocate, e
troppo spesso con difese avversarie schierate. Tentando di mostrare al pianeta
calcistico un salto di qualità in questo senso, è finito in realtà per
snaturare le proprie caratteristiche naturali: Boateng non è un vero e proprio
produttore qualitativo di gioco, ma un killer che capitalizza la mole di gioco
dei compagni, specialmente in transizione o comunque a campo sufficientemente
aperto.
Dopo aver inizialmente
virato su un 4-2-3-1 creato su misura di El Shaarawy per permettergli di
partire dalla mattonella preferita (la fascia sinistra), Allegri modella il
Milan sul 4-3-3 fin dalla metà del girone di andata e da quel momento perderà
una sola partita in tutto il campionato. Boateng rinuncerà ovviamente alla
posizione che lo ha reso grande nei rossoneri, ma con il nuovo modulo il
ghanese dimostra di trovarsi maggiormente a proprio agio, di nuovo parzialmente
deresponsabilizzato da giocate palla al piede.
Nella sfida casalinga
contro la Juventus del novembre 2012 Boateng viene addirittura preferito a
Pazzini come centravanti. La scelta ha il chiaro scopo di dare meno punti di
riferimento possibili alla solidissima difesa a 3 bianconera (priva di Chiellini,
al suo posto Caceres).
Nonostante Boateng sia teoricamente il centravanti, i
movimenti dei tre attaccanti non sono così bloccati dalle posizioni. Qui il
ghanese parte da dietro, largo a destra, ottenendo l’uno-due da Robinho che in
questo caso occupa la posizione del centravanti. Boateng andrà al tiro con
Buffon pronto a respingere.
Il
motivo principale della sua collocazione da falso
nueve era però da ricondurre a situazioni di non possesso. Non disponendo
di un trequartista, con De Jong raramente (in carriera) disposto ad alzarsi e
tentare un recupero palla medio-alto, Allegri aveva chiaramente collocato
Boateng in posizione centrale per schermare ogni possibile riferimento verso
Pirlo, accettando che l’azione partisse invece da Bonucci, vertice basso
dell’ormai famoso rombo di impostazione juventina.
I tre attaccanti del Milan lasciano giocare
agevolmente il pallone ai tre difensori bianconeri, abbassandosi
contemporaneamente all’altezza del vertice alto del rombo juventino (Pirlo),
schermato da Boateng. Bonucci tentenna ma capisce che non può appoggiarsi sul suo
playmaker, e sulla pressione di El Shaarawy è costretto ad impostare l’azione
rinunciando ai piedi delicati del bresciano.
Con l’acquisto di
Balotelli il tecnico rossonero rinuncerà definitivamente alla collocazione di
Boateng come centravanti, alternandolo con Niang nella zona destra del tridente
e schierandolo molto raramente come mezzala. Così come gli omologhi a sinistra (Robinho
e soprattutto El Shaarawy), Boateng e Niang rivestiranno una fondamentale
importanza in entrambe le fasi, in un modulo estremamente propenso a
trasformarsi in 4-5-1 in fase di non possesso e che richiedeva agli esterni di
attacco continui raddoppi su terzini e mezzali in copertura.
Quale futuro?
In molti, compreso Hottmar Hitzfeld, sospettavano che alla
base del calo di rendimento di Boateng a partire dal 2012 vi fossero problemi
fisici più o meno cronici. Si è parlato di ginocchia e perfino di pubalgia, e
l’allenatore tedesco non ci ha pensato due volte a denunciare quello che
secondo lui fosse il vero motivo - mai ufficializzato - della cessione allo
Schalke 04.
Boateng è tornato
ufficialmente al Milan a gennaio 2016, in un momento in cui la stabilità
societaria della gestione Berlusconi è probabilmente ai minimi storici, e con
essa i risultati sul campo. Il ghanese è tornato ad allenarsi a Milanello dai
primi di ottobre e, insieme allo staff medico e atletico, avrà potuto saggiare
con calma le sue reali condizioni fisiche prima del tesseramento ufficiale.
La domanda che molti
tifosi rossoneri si saranno fatti è sicuramente pertinente ad un suo ipotetico
collocamento in campo, prima ancora che nella definizione delle gerarchie.
Mihajlovic in questa stagione ha sperimentato tre differenti moduli, partendo
con il 4-3-1-2 e virando su una maggiore propensione allo sfruttamento delle fasce
laterali, prima con il 4-3-3 e successivamente con l’attuale 4-4-2 col
retrogusto del 4-2-4.
Se dovessimo inserire Boateng nello scacchiere del
Milan, al netto del modulo attuale, la sua presenza sarebbe complicata e non
sarebbe certamente contemplata nella mediana a 2. Mihajlovic ha epurato un
giocatore di rottura come De Jong costruendo una coppia di ex trequartisti
davanti alla difesa composta da Montolivo e Bertolacci. Se il primo - come
sottolineato da Federico Aquè - si è
incredibilmente rivelato il più prolifico giocatore della Serie A in materia sia
di anticipi che di palloni recuperati, Mihajlovic pretende
che l’impostazione del gioco sia quasi equamente spartita tra i due mediani,
che a turno si avvicinano (uno per volta) ai due centrali di difesa per
raccoglierne il compito dell’impostazione. Impossibile chiedere a Boateng un
lavoro simile.
Montolivo (sopra) e Bertolacci (sotto, con Montolivo
in posizione volutamente più avanzata) si alternano nell’impostazione del gioco
rossonero avvicinandosi rispettivamente alla linea dei centrali.
Sarebbe altrettanto
difficile ipotizzare la presenza di Boateng nel tandem d’attacco, con Bacca
inamovibile e con un’intesa sufficientemente rodata tanto con Niang quanto con
Luiz Adriano. I prossimi rientri di Balotelli e Menez scoraggiano ancora di più
un eventuale pensiero di vedere il nome del ghanese a fianco di quello del
centravanti colombiano.
Se volessimo proprio
trovare un posto a Boateng nell'attuale 4-4-2 non potrebbe che essere quello di
esterno destro alto, che nello schema di Mihajlovic ricopre teoricamente la
posizione di esterno di centrocampo ma con propensioni sicuramente offensive
visti i nomi accostati a quel ruolo nel corso delle settimane (Cerci, Honda e
addirittura Niang). Quella che era all’incirca la mattonella occupata da
Boateng per buona parte della stagione 2012-13 e che sarebbe obbligatoria vista
la presenza sull’altro lato del campo di un Bonaventura sempre più
insostituibile.
Il problema principale risiede nel fatto che
Mihajlovic abbia posizionato in quella zona di campo i giocatori sopracitati
per via della loro propensione e capacità di puntare l'uomo palla al piede,
situazione di gioco nella quale Boateng fa sicuramente molta fatica e che
riesce a sfruttare con successo quasi solo ed esclusivamente quando è lanciato
in velocità a campo aperto. La posizione di esterno destro alto sarebbe però
interessante con la contemporanea presenza di una seconda punta pronta a
svariare e con Boateng pronto all'inserimento nelle zone di campo lasciate
scoperte dai centrali avversari. Nell’ultimo match, contro il Bologna, Niang si
è ricordato di quanto sia devastante anche come esterno, andando a creare spazi
importanti che soltanto un evidente calo psicologico e di automatismi ha
impedito ai suoi compagni di sfruttare, e sui quali Boateng era invece solito
fiondarsi fulminando intere difese avversarie.
Niang si allarga ed è tallonato dal centrale difensivo
(Maietta). Le maglie della difesa del Bologna si allargano ma l’esterno destro
del Milan (Honda) non sfrutta lo spazio enorme creatosi. Come in un’altra
azione precedente in cui era stato seguito dall’altro centrale (Gastaldello),
Niang è costretto a fare tutto da solo e puntare l’uomo anziché cercare un
gioco associativo.
Se Mihajlovic tornasse
fedele agli schemi di gioco di inizio stagione, potremmo assistere alla
presenza di Boateng nella mediana a 3 come mezzala destra a raccogliere il
testimone di Kucka se, come prevedibile, difficilmente il tecnico serbo dovesse
rinunciare a Niang che in un eventuale 4-3-3 andrebbe certamente a ricoprire la
posizione di esterno offensivo. Ugualmente complicata sarebbe la collocazione
di Boateng come trequartista in un eventuale ritorno di moda del 4-3-1-2, in un
ruolo nel quale Mihajlovic negli ultimi due anni ha mostrato tutta l'intenzione
di schierare esclusivamente giocatori di qualità (Soriano, Bonaventura,
Bertolacci).
Boateng non è stato atteso in realtà come un rinforzo
decisivo e determinante per risollevare il Milan da una quantità immensa di
problemi di ogni tipo. La parabola discendente intrapresa inizialmente
nell'ultima stagione al Milan e successivamente protrattasi al periodo a
Gelsenkirchen infonde al pubblico poca fiducia sulle sue possibilità di
titolarità e, a maggior ragione, di risultare decisivo in un'inversione di
tendenza che al momento pare alquanto improbabile. Eppure, dopo aver lavorato
diversi mesi in allenamento a Milanello - senza lo stress delle scadenze delle
partite ufficiali - il suo fisico potrebbe aver recuperato da tutti quegli
acciacchi che gli impedivano di sfruttare appieno le sue ormai antiche
spaventose qualità atletiche, fondamentali nella sua espressione in campo. La sua
carica psicologica, contagiosa per il gruppo, potrebbe
sicuramente avere un discreto potere taumaturgico nell'infondere una scossa
decisiva a tutto l'ambiente.
Articolo a cura di Federico Principi
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