sabato 9 gennaio 2016

Il ritorno del Principe

Cosa ha già dato e cosa Kevin-Prince Boateng può ancora dare al Milan.

di Federico Principi







Kevin-Prince Boateng se ne era andato dal Milan in una di quelle malinconiche giornate di fine agosto (2013) nelle quali chi adora il mare - specialmente se del centro Italia come il sottoscritto - comincia a pensare a quanto freddo dovrà sopportare prima di riavere una nuova stagione estiva. Una sorta di letargo, per intenderci, che il tifoso milanista avrebbe dovuto attraversare senza il controverso ghanese ma con il regalo presidenziale del ritorno di Kakà. E inizialmente - a livello mediatico e per la portata del brasiliano nella storia recente del Milan - sembrava una mossa vincente, con l'aggiunta di un surplus di 10 milioni (qualcosa in più) di euro derivanti dalla cessione di Boateng.


Colpo di fulmine
La storia d'amore - a tratti complicata - tra il Milan e Kevin-Prince Boateng era iniziata nella piena estate di 3 anni prima. I rossoneri avevano una pesante eredità ancelottiana alle spalle ed un'altra, tattica - probabilmente utopistica o forse semplicemente male impostata - marchiata da un Leonardo maltrattato dai piani alti, dopo oltre un decennio di onesta e produttiva servitù. Al Milan era arrivato quel Max Allegri che, dopo il salto dal Sassuolo al Cagliari (dalla vittoria del campionato di C1 direttamente in Serie A), aveva tutta l'aria di essere una delle tanto decantate scommesse berlusconiane, stavolta al di fuori della regola aurea del "Milan ai milanisti".

Allegri aveva la poco nascosta intenzione di rompere un sistema che, con grande sincerità, non funzionava più con continuità. Il Milan era diventato una sorta di culla del palleggio ma con interpreti ormai abbastanza statici (Pirlo, Seedorf, Ronaldinho) tutti contemporaneamente utilizzati, con l'aggiunta del solo Ambrosini (che Leonardo preferiva scientificamente a Gattuso, con polemiche postumea proteggere una difesa che, pur dotata di Nesta e Thiago Silva, nella stagione di Leonardo (2009-10) aveva incassato 39 gol in 38 partite di campionato.

La voce di Allegri in sede di mercato si era alzata subito: il livornese chiedeva insistentemente un centrocampista dinamico e non si accontentava del solo Flamini. Il chiaro messaggio alla società era che i tre gioielli del palleggio non potessero da soli sopportare la fase difensiva (soprattutto se schierati contemporaneamente a due punte di ruolo) e rischiassero di essere estremamente immobili e prevedibili in impostazione.

I numerosi traffici di mercato tra Genoa e Milan si attivarono anche nell'affare Boateng, che i rossoblù prelevarono formalmente dal Portsmouth appena retrocesso. Il ghanese si era appena messo in luce ai Mondiali in Sudafrica e rispondeva perfettamente all'identikit del centrocampista che Allegri esigeva per completare la sessione di mercato. Non sappiamo se era previsto in quell'accordo, ma al prestito al Milan (con riscatto fissato intorno agli 8 milioni) si legò, pochi giorni dopo, la partenza di Kaladze verso il Grifone.


L'era Ibrahimovic
Boateng ebbe la fortuna di accasarsi al Milan nello stesso momento in cui Galliani aveva completato con successo l'acquisto di Ibrahimovic, con pagamento abbastanza ridicolo e dilazionato nel tempo. L'importanza tattica dello svedese si rivelò perfino superiore alle attese, e perfettamente coniugata con le caratteristiche naturali di Boateng.

Il ghanese ha fin da subito mostrato qualità atletiche fuori dall'ordinario, e un'altrettanto elevata motivazione e capacità nell'inserimento centrale. Nella prima partita che gioca, contro l'Auxerre, subentra ad Ambrosini dopo soli 15 minuti. Da posizione di mezzala destra si butta sugli spazi centrali creati dai movimenti ad allargarsi di Ronaldinho (quasi sempre verso sinistra):

Minuto 1:07.

Causando poi, con lo stesso movimento e nella stessa situazione tattica, l'assist volante e vincente per il primo gol rossonero di Ibrahimovic:

Minuto 1:36.

Con il passare delle settimane, Allegri si rende conto che sempre più difficilmente riesce a rinunciare a Boateng. Il progetto tattico dell'allenatore livornese svincola Pirlo dal suo canonico ruolo di playmaker centrale trasvolandolo sul centro-sinistra (scelta più che controversa), con il mantenimento della mediana a 3 ma con Ambrosini centrale e Gattuso (rivitalizzato da Allegri) nella sua posizione di mezzala destra di ancelottiana memoria. In questo nuovo meccanismo di centrocampo, meno impostato sul palleggio orizzontale (come una sorta di rottura con il passato), Boateng ridefinisce il concetto di trequartista. A partire dalla sfida di San Siro contro il Real Madrid si proietta in avanti come vero e proprio elemento offensivo alla ricerca degli spazi centrali in cui picchiare, parzialmente esentato dai compiti di rottura della mediana a 3.

Quella del trequartista è la posizione che Kevin-Prince Boateng avrebbe ricoperto con continuità - quando il fisico glielo avrebbe permesso - per due anni. Il tedesco-ghanese non aveva nulla del 10 classico: non aveva compiti di playmaking per via di tangibili lacune di sensibilità nei piedi ed era uno di quelli che, in quello scacchiere, necessitavano di giocare la palla con pochi tocchi (meno rispetto a Pirlo, Seedorf, Ibrahimovic, Pato, Robinho, Ronaldinho, ma anche Ambrosini) perché poco capace di aprire gli spazi con giocate illuminanti palla al piede in spazi intasati. La forza atletica e lo spunto secco gli permettevano di creare talvolta superiorità numerica ma solo con giocate in velocità o magari con delle sponde (sfruttando la sua stazza), e molto più agevolmente in campo aperto. Il suo pensiero tattico era molto più fine in fase di possesso (e quindi nei tempi dell'inserimento) piuttosto che nella diligenza delle coperture e del posizionamento in fase di non possesso, e per questo motivo Boateng ha trascorso la grande minoranza del suo tempo al Milan nella linea mediana a 3 come mezzala.

La proiezione in avanti in campionato provoca due gol nelle prime due partite, e pure abbastanza simili. Con il Brescia, Boateng capitalizza l'assist di Ibrahimovic e brucia tutti sul tempo, di forza e a difesa schierata:

Minuto 0:11.

Contro il Bologna sfrutta invece una maggiore profondità e sorprende i centrali rossoblù, stavolta in velocità, e sempre sull'assist di Ibrahimovic. Che - in mancanza di un Ronaldinho ormai fuori dal progetto tattico - prende sempre più confidenza con il movimento a venire fuori dal centro dell'area per allargarsi, specialmente verso sinistra:

Minuto 0:19.

Quella del perfetto sfruttamento degli spazi aperti dai movimenti delle punte era diventata una felice costante per Boateng. Non solo ricevendo assist da Ibra, ma anche da Pato che, ad esempio contro il Napoli, attrae uno dei centrali della difesa di Mazzarri (Cannavaro) e serve il ghanese, fresco di ingresso in campo e ancor più pimpante (come se non bastasse) rispetto agli altri due centrali napoletani, bruciati.

Minuto 3:04.


Post-Ibra e le difficoltà
La presenza in campo di Ibrahimovic non si limitava a generare una sicura fonte stagionale di gol decisivi, almeno in campionato (per le polemiche sulla dimensione europea dello svedese, cercare altrove), che portavano la sua firma. Ibra aveva creato attorno a sé una sorta di campo magnetico nel quale attraeva i corpi e le attenzioni delle intere difese avversarie, liberando autostrade agli inserimenti di mezzali, trequartisti o seconde punte.

Nocerino e Boateng sono forse stati i maggiori beneficiari della dominanza di Ibrahimovic. La prolificità dell'italiano nella stagione 2011-12 è da attribuire principalmente a situazioni tattiche simili a questa: Ibra attrae l'attenzione di tre giocatori del Lecce e con una magia al volo libera l'ex palermitano in uno spazio completamente vuoto.

La sostituzione dello svedese con Pazzini, oltre che ad un drastico calo di livello tecnico e fisico, aveva inoltre portato a una forzata revisione degli schemi offensivi. L'ex interista era ed è sicuramente un ariete più statico, formidabile attaccante d’area, poco capace però di creare spazi per i compagni.

Per la stagione 2012-13 il Milan aveva rivoluzionato l’organico con l’addio di tutti i senatori (ad eccezione di Abbiati ed Ambrosini) e dei fuoriclasse Ibrahimovic e Thiago Silva. Allegri tuttavia non aveva inizialmente intenzione di cambiare sistema di gioco, fedelissimo al 4-3-1-2 fin dai tempi del Cagliari e con Boateng ancora in posizione di trequartista, stavolta con la 10 ereditata da Seedorf.

Il ghanese si è ritrovato ben presto con lo scettro tra le mani, con tutti gli oneri che comporta, ma senza tutti quegli spazi nei quali sguazzava allegramente. Boateng, con la 10 sulle spalle e un organico impoverito, si è improvvisamente voluto (dovuto?) prendere troppo spesso la responsabilità delle giocate, e troppo spesso con difese avversarie schierate. Tentando di mostrare al pianeta calcistico un salto di qualità in questo senso, è finito in realtà per snaturare le proprie caratteristiche naturali: Boateng non è un vero e proprio produttore qualitativo di gioco, ma un killer che capitalizza la mole di gioco dei compagni, specialmente in transizione o comunque a campo sufficientemente aperto.

Dopo aver inizialmente virato su un 4-2-3-1 creato su misura di El Shaarawy per permettergli di partire dalla mattonella preferita (la fascia sinistra), Allegri modella il Milan sul 4-3-3 fin dalla metà del girone di andata e da quel momento perderà una sola partita in tutto il campionato. Boateng rinuncerà ovviamente alla posizione che lo ha reso grande nei rossoneri, ma con il nuovo modulo il ghanese dimostra di trovarsi maggiormente a proprio agio, di nuovo parzialmente deresponsabilizzato da giocate palla al piede.

Nella sfida casalinga contro la Juventus del novembre 2012 Boateng viene addirittura preferito a Pazzini come centravanti. La scelta ha il chiaro scopo di dare meno punti di riferimento possibili alla solidissima difesa a 3 bianconera (priva di Chiellini, al suo posto Caceres).

Nonostante Boateng sia teoricamente il centravanti, i movimenti dei tre attaccanti non sono così bloccati dalle posizioni. Qui il ghanese parte da dietro, largo a destra, ottenendo l’uno-due da Robinho che in questo caso occupa la posizione del centravanti. Boateng andrà al tiro con Buffon pronto a respingere.

Il motivo principale della sua collocazione da falso nueve era però da ricondurre a situazioni di non possesso. Non disponendo di un trequartista, con De Jong raramente (in carriera) disposto ad alzarsi e tentare un recupero palla medio-alto, Allegri aveva chiaramente collocato Boateng in posizione centrale per schermare ogni possibile riferimento verso Pirlo, accettando che l’azione partisse invece da Bonucci, vertice basso dell’ormai famoso rombo di impostazione juventina.

I tre attaccanti del Milan lasciano giocare agevolmente il pallone ai tre difensori bianconeri, abbassandosi contemporaneamente all’altezza del vertice alto del rombo juventino (Pirlo), schermato da Boateng. Bonucci tentenna ma capisce che non può appoggiarsi sul suo playmaker, e sulla pressione di El Shaarawy è costretto ad impostare l’azione rinunciando ai piedi delicati del bresciano.

Con l’acquisto di Balotelli il tecnico rossonero rinuncerà definitivamente alla collocazione di Boateng come centravanti, alternandolo con Niang nella zona destra del tridente e schierandolo molto raramente come mezzala. Così come gli omologhi a sinistra (Robinho e soprattutto El Shaarawy), Boateng e Niang rivestiranno una fondamentale importanza in entrambe le fasi, in un modulo estremamente propenso a trasformarsi in 4-5-1 in fase di non possesso e che richiedeva agli esterni di attacco continui raddoppi su terzini e mezzali in copertura.


Quale futuro?
In molti, compreso Hottmar Hitzfeldsospettavano che alla base del calo di rendimento di Boateng a partire dal 2012 vi fossero problemi fisici più o meno cronici. Si è parlato di ginocchia e perfino di pubalgia, e l’allenatore tedesco non ci ha pensato due volte a denunciare quello che secondo lui fosse il vero motivo - mai ufficializzato - della cessione allo Schalke 04.

Boateng è tornato ufficialmente al Milan a gennaio 2016, in un momento in cui la stabilità societaria della gestione Berlusconi è probabilmente ai minimi storici, e con essa i risultati sul campo. Il ghanese è tornato ad allenarsi a Milanello dai primi di ottobre e, insieme allo staff medico e atletico, avrà potuto saggiare con calma le sue reali condizioni fisiche prima del tesseramento ufficiale.

La domanda che molti tifosi rossoneri si saranno fatti è sicuramente pertinente ad un suo ipotetico collocamento in campo, prima ancora che nella definizione delle gerarchie. Mihajlovic in questa stagione ha sperimentato tre differenti moduli, partendo con il 4-3-1-2 e virando su una maggiore propensione allo sfruttamento delle fasce laterali, prima con il 4-3-3 e successivamente con l’attuale 4-4-2 col retrogusto del 4-2-4.

Se dovessimo inserire Boateng nello scacchiere del Milan, al netto del modulo attuale, la sua presenza sarebbe complicata e non sarebbe certamente contemplata nella mediana a 2. Mihajlovic ha epurato un giocatore di rottura come De Jong costruendo una coppia di ex trequartisti davanti alla difesa composta da Montolivo e Bertolacci. Se il primo - come sottolineato da Federico Aquèsi è incredibilmente rivelato il più prolifico giocatore della Serie A in materia sia di anticipi che di palloni recuperati, Mihajlovic pretende che l’impostazione del gioco sia quasi equamente spartita tra i due mediani, che a turno si avvicinano (uno per volta) ai due centrali di difesa per raccoglierne il compito dell’impostazione. Impossibile chiedere a Boateng un lavoro simile.

Montolivo (sopra) e Bertolacci (sotto, con Montolivo in posizione volutamente più avanzata) si alternano nell’impostazione del gioco rossonero avvicinandosi rispettivamente alla linea dei centrali.

Sarebbe altrettanto difficile ipotizzare la presenza di Boateng nel tandem d’attacco, con Bacca inamovibile e con un’intesa sufficientemente rodata tanto con Niang quanto con Luiz Adriano. I prossimi rientri di Balotelli e Menez scoraggiano ancora di più un eventuale pensiero di vedere il nome del ghanese a fianco di quello del centravanti colombiano.

Se volessimo proprio trovare un posto a Boateng nell'attuale 4-4-2 non potrebbe che essere quello di esterno destro alto, che nello schema di Mihajlovic ricopre teoricamente la posizione di esterno di centrocampo ma con propensioni sicuramente offensive visti i nomi accostati a quel ruolo nel corso delle settimane (Cerci, Honda e addirittura Niang). Quella che era all’incirca la mattonella occupata da Boateng per buona parte della stagione 2012-13 e che sarebbe obbligatoria vista la presenza sull’altro lato del campo di un Bonaventura sempre più insostituibile.

Il problema principale risiede nel fatto che Mihajlovic abbia posizionato in quella zona di campo i giocatori sopracitati per via della loro propensione e capacità di puntare l'uomo palla al piede, situazione di gioco nella quale Boateng fa sicuramente molta fatica e che riesce a sfruttare con successo quasi solo ed esclusivamente quando è lanciato in velocità a campo aperto. La posizione di esterno destro alto sarebbe però interessante con la contemporanea presenza di una seconda punta pronta a svariare e con Boateng pronto all'inserimento nelle zone di campo lasciate scoperte dai centrali avversari. Nell’ultimo match, contro il Bologna, Niang si è ricordato di quanto sia devastante anche come esterno, andando a creare spazi importanti che soltanto un evidente calo psicologico e di automatismi ha impedito ai suoi compagni di sfruttare, e sui quali Boateng era invece solito fiondarsi fulminando intere difese avversarie.

Niang si allarga ed è tallonato dal centrale difensivo (Maietta). Le maglie della difesa del Bologna si allargano ma l’esterno destro del Milan (Honda) non sfrutta lo spazio enorme creatosi. Come in un’altra azione precedente in cui era stato seguito dall’altro centrale (Gastaldello), Niang è costretto a fare tutto da solo e puntare l’uomo anziché cercare un gioco associativo.

Se Mihajlovic tornasse fedele agli schemi di gioco di inizio stagione, potremmo assistere alla presenza di Boateng nella mediana a 3 come mezzala destra a raccogliere il testimone di Kucka se, come prevedibile, difficilmente il tecnico serbo dovesse rinunciare a Niang che in un eventuale 4-3-3 andrebbe certamente a ricoprire la posizione di esterno offensivo. Ugualmente complicata sarebbe la collocazione di Boateng come trequartista in un eventuale ritorno di moda del 4-3-1-2, in un ruolo nel quale Mihajlovic negli ultimi due anni ha mostrato tutta l'intenzione di schierare esclusivamente giocatori di qualità (Soriano, Bonaventura, Bertolacci).

Boateng non è stato atteso in realtà come un rinforzo decisivo e determinante per risollevare il Milan da una quantità immensa di problemi di ogni tipo. La parabola discendente intrapresa inizialmente nell'ultima stagione al Milan e successivamente protrattasi al periodo a Gelsenkirchen infonde al pubblico poca fiducia sulle sue possibilità di titolarità e, a maggior ragione, di risultare decisivo in un'inversione di tendenza che al momento pare alquanto improbabile. Eppure, dopo aver lavorato diversi mesi in allenamento a Milanello - senza lo stress delle scadenze delle partite ufficiali - il suo fisico potrebbe aver recuperato da tutti quegli acciacchi che gli impedivano di sfruttare appieno le sue ormai antiche spaventose qualità atletiche, fondamentali nella sua espressione in campo. La sua carica psicologica, contagiosa per il gruppopotrebbe sicuramente avere un discreto potere taumaturgico nell'infondere una scossa decisiva a tutto l'ambiente.


Articolo a cura di Federico Principi


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