martedì 30 agosto 2016

NFL preview, parte 1

Sei domande sulla nuova stagione NFL.

di Michele Serra







1) Chi può spezzare l'egemonia dei Pats in AFC?


Si scrive “New England” si legge “consistency”. I Pats hanno vinto 12 partite nelle ultime quattro stagioni consecutive, nelle quali sono sempre arrivati almeno alle Finali di Conference, dove si sono trovati davanti due volte Denver, Baltimore e Indianapolis. Posto che Baltimore, infortuni permettendo, può giocarsi al massimo un posto ai playoff e che di Indy parliamo più sotto, le indiziate non sono molte. Denver, in quanto campione, rientra di diritto nella categoria. Certo, l’incognita del QB non è cosa da poco, ma ormai anche il rendimento di Manning lo scorso anno era appena al di sopra della sufficienza, e Osweiler, per quanto abbia fatto vedere discrete cose, è lontano dall’essere una certezza. Trevor Siemian è stato a sorpresa nominato titolare dopo una stagione da rookie passata a apprendere il playbook e finita con un cammeo in week 15 contro gli Steelers, che gli è valso un “-1” alla voce “yard corse”. La scommessa è bella grossa, nonostante un camp più che positivo: dietro di lui il rookie Paxton Lynch, che si suppone essere la scelta a lungo termine della franchigia, e il veterano Mark Sanchez. 

Quel che mantiene i Broncos in vetta però è la difesa, che ha perso un paio di uomini importanti come il DE Malik Jackson e il LB Danny Trevathan. Per quanto riguarda la pressione difensiva, la linea dovrebbe essere ampiamente attrezzata a non far rimpiangere il partente Jackson - coi vari Derek Wolfe, reduce da una breakout season e Shane Ray, prima scelta di Denver al draft 2015, a fare un passo in avanti e il rinnovo di Von Miller - mentre potrebbero mancare alternative al posto di Trevathan, che offriva ottime doti in coverage. Il DC Wade Phillips, comunque, è una garanzia e la difesa di Denver sarà ancora al top. Intrigano molto gli Steelers, soprattuto grazie ad un attacco che, nonostante sia stato privato per gran parte della scorsa stagione dei propri pezzi migliori, ha raggiunto alti livelli di efficienza (settimi nella Lega in DVOA), pur senza i vari Bell, Pouncey e soprattutto Roethlisberger. La notizia della sospensione annuale di Bryant prima e quella (per quattro partite) di Bell, poi, ci fanno pensare se e quando vedremo l’attacco di Pittsburgh al completo. Il reparto guidato da Todd Haley ha trovato in DeAngelo Williams un protagonista inatteso, che ha rivitalizzato la propria carriera nonostante l’età non florida (33 anni), mentre la linea d’attacco, sorprendentemente positiva, riaccoglie il proprio centro Pouncey all’interno di un reparto senza grossi nomi ma molto solido (DeCastro si sta rivelando un’ottima guardia, Marcus Gilbert ha stabilizzato la posizione di RT mentre Alejandro Villanueva, con un passato da soldato nell’esercito, dopo un inizio comprensibilmente non facile, ha fornito un buon contributo nel ruolo più difficile della o-line, il left tackle sostituendo l’infortunato Kelvin Beachum, ora ai Jaguars).

Anche la difesa, da sempre reparto foriero di successi e soddisfazioni per gli Steelers si sta reinventando aggiungendo gioventù, anche se c’è ancora ampio spazio per miglioramenti (30esimi in DVOA). Dietro ai veterani Hayward-Timmons-Harrison si stanno formando giovani di belle speranze, da Ryan Shazier, molto valido soprattutto in coverage e buon tackler, a Bud Dupree, sperando che Jarvis Jones inizi finalmente a mantenere le aspettative che lo hanno reso una scelta da primo giro tre anni fa: dopo 5 sack in tre stagioni, e in contract year, dovrà fare necessariamente un passo in avanti per meritarsi la riconferma. Nonostante i 21 intercetti, la secondaria è ancora un abbondante work in progress (26esimi in DVOA contro i ricevitori numeri uno avversari): anche qui il movimento di rinnovamento è iniziato con le scelte di Senquez Golson - al draft 2015 - e di Artie Burns e Sean Davis quest’anno. Considerando quanto Pittsburgh fatichi ad attaccare i QB avversari (24esimi per percentuale di pressione portata), avere una secondaria affidabile è importante. Storicamente gli Steelers non concedono grande spazio ai giocatori con poca esperienza, ma se vogliono tornare ai fasti che competono loro, devono iniziare a fidarsi dei propri giovani.


Altre squadre con realistiche possibilità di mettere in difficoltà Pats e Broncos sono Cincinnati, che dopo l’ennesima delusione ai playoff deve ripartire dall’eccellente rendimento mostrato da Andy Dalton lo scorso anno, e Kansas City, squadra ben poco spettacolare ma molto efficiente su entrambi i lati del campo, con un attacco molto basilare ma stabilmente nella metà alta della NFL e una difesa completa, sia nel front seven (ma occhio all’età di Derrick Johnson e Tamba Hali e ai problemi fisici di Justin Houston) quanto nella secondaria, con il ritrovato Eric Berry ed una delle future stelle del ruolo, il CB Marcus Peters. 


2) Chi può crollare dallo scorso anno e chi può fare un passo in avanti?

Le due squadre di New York, dopo aver passato una stagione 2015 agli antipodi (benché entrambe fuori dai playoff), potrebbero ripetersi anche quest’anno, a ranghi invertiti, però. 

I Giants, che hanno concluso la stagione con sole 6 vittorie, si sono separati dopo 12 anni da Tom Coughlin, rimpiazzato con un uomo di casa, Ben McAdoo, OC dei blu nelle ultime due stagioni. L’uomo che catalizza tutte le attenzioni della squadra è chiaramente OBJ, ma per tornare al top i Giants hanno puntato su un restyling della difesa, aggiungendo più qualità nel front seven, che lo scorso anno ha prodotto solo 23 sack (terza peggior percentuale di adjusted sack rate nella Lega per Football Outsiders). Dal draft è arrivato Owa Odighizua, specimen atletico anche se ancora acerbo, mentre dalla free agency Damon Harrison, eccellente run stopper prelevato dai Jets, e una delle più grandi acquisizioni del mercato in Olivier Vernon (85 milioni in 5 anni di contratto): l’ex Dolphins è stato autore di 7.5 sack lo scorso anno, ma soprattutto 81 pressioni, secondo tra i DE da 4-3 dietro solo Michael Bennett. In più, si spera che il recupero di Jason Pierre-Paul dopo l’incidente alla mano restituisca, almeno in parte, uno dei protagonisti dell’ultimo titolo vinto dai Giants. La secondaria ha visto l’ingresso di Janoris Jenkins a fianco dell’affidabile Rodgers-Cromartie. Jenkins, arrivato dai Rams con un cospicuo contratto da 62 milioni in 5 anni è un “gambler” uno che va per l’intercetto più che per tenere l’avversario diretto fuori dalla partita, e finora aveva beneficiato dell’eccellente pass rush dei Rams per vedere ridotti i suoi compiti. Ecco perché la creazione di un front seven dominante è necessaria per le fortune dei Giants. Tornando all’attacco, occhio al rookie Sterling Shepard, che potrebbe prendere il posto di Victor Cruz, quasi inattivo nelle ultime due stagioni causa infortuni, dall’altro lato di Beckham, beneficiando delle attenzioni che le difese avversarie concederanno al numero 13.

Altre squadre destinate a salire potrebbero essere Tampa Bay e soprattuto Dallas. I Bucs sono da 2-3 anni una delle scelte più popolari tra le possibili rivelazioni, salvo poi deludere: molto dipenderà dai miglioramenti di Winston, che ha avuto alti e bassi nella sua stagione da rookie. Dallas riparte dalla o-line e da Ezekiel Elliott, scelto - in maniera abbastanza impopolare - come quarto assoluto allo scorso draft per rivitalizzare l’attacco. Se la linea d’attacco ha saputo creare occasioni per Darren McFadden, con Elliott i risultati dovrebbero/potrebbero essere anche migliori. Servirà un attacco molto ben bilanciato, e che Romo rimanga sano, per non mettere a nudo tutte le difficoltà di una difesa che vedrà molti giocatori (Randy Gregory, Demarcus Lawrence e Rolando McClain) sospesi: i primi due per quattro partite, l’ex Raiders addirittura per 10. 



Percorso inverso potrebbero intraprenderlo i Jets. Lo scorso anno hanno sorpreso tutti vincendo ben sette partite in più della stagione precedente sull’onda di un Ryan Fitzpatrick mai così efficiente. Chan Gailey, OC ed ex coach di Fitz a Buffalo, ha implementato un sistema basato sulla spread offense, con tre ricevitori larghi e, spesso e volentieri, anche il RB allineato sulla linea dei WR. Tutto questo per avere un’idea più chiara delle marcature e permettere a Fitzpatrick di identificarle meglio pre-snap. Il rinnovo del contratto dell’ex Bills e Texans era vitale per New York, viste le terribili alternative a roster (devono quindi pregare che la salute regga, altrimenti sarà Geno-Time), ma c’è da dire che la dirigenza ha scommesso a piene mani su di lui, sempre stato un onesto mestierante mai mai un giocatore in grado di far fare il salto di qualità ad un attacco (in carriera, il record di 10-6 è stato il più alto mai raggiunto, e per giunta il suo unico sopra il 50%). Lo aiuterà l’acquisizione di Matt Forte, che può rivelarsi molto utile nello schema dei Jets viste le sue grandi doti come ricevitore (cosa che non si può dire di Chris Ivory, ora ai Jaguars) e un’ottima difesa. 

A proposito di difesa, lo scorso anno il reparto ha concesso solo 5 primi down ad attacchi con due RB in campo contemporaneamente, situazione in cui i Jets hanno ottenuto un totale -64% in DVOA dal 2007, i migliori nella NFL durante questo lasso di tempo, con abbondante margine. Visto anche il quinto calendario più difficile della Lega, servirà una difesa altrettanto pronta e un Fitzpatrick continuo nel rendimento per costruire dall’ottimo risultato dello scorso anno.

Occhio anche ad Atlanta, che con il calendario più semplice della NFL non è andata oltre un 8-8 di record (con 8 sconfitte nelle ultime 9 gare), mentre quest’anno sarà titolare della schedule più complicata. Da aspettarsi anche un calo fisiologico, seppur non certo netto, da parte dei Panthers.


3) Chi possono essere i Panthers di quest'anno?

I Cardinals paiono essere la scelta più ovvia, specie alla luce della scorsa stagione - seppur finita male proprio per colpa di Carolina - ma se c’è una squadra che potrebbe fare il salto di qualità più evidente, perlomeno in NFC, quella è Minnesota. 

Nel 2014 Newton era reduce dal peggior anno della sua pur breve carriera, per yard lanciate, passaggi da TD e QBR, salvo fare passi da gigante nella gestione dell’attacco e dell’accuratezza: certamente è stato aiutato da un'eccellente difesa, ma allo stesso tempo penalizzato da una linea offensiva che, per quanto rivelatasi più efficiente del previsto, rimane sospetta e senza il suo primo ricevitore, quel Kelvin Benjamin infortunatosi nel training camp. Seppur con meno esperienza nel proprio bagaglio, Bridgewater viene da una stagione in cui era lecito aspettarsi un miglioramento rispetto alla positiva annata da rookie; il 2015 ha invece rappresentato un passo indietro, o comunque non certo uno step in avanti (in tutto questo, non si può non citare il ritorno di Adrian Peterson dalla squalifica che lo ha colpito due anni fa, e che lo ha reso di nuovo il centro dell’attacco di Minnesota: solo i Rams hanno lanciato per meno yard, TD e primi down della squadra di Mike Zimmer). 

Anche in questo caso abbiamo una o-line davvero mediocre, che ha messo spesso in difficoltà Bridgewater: l’attacco dei Vikings è sesto nella lega per numero di snap giocati sotto la pressione della difesa (238). Il front office ha cercato di dotare Teddy B di un’arma in più draftando Laquon Treadwell da Ole Miss, il quale può essere il riferimento che l’ex QB di Louisville non ha avuto in questi due anni. Stefon Diggs è la deep threat della squadra, se non fosse che solo il 20% dei passaggi lanciati da Bridgewater hanno viaggiato per 16 o più yard, contro il 16% di due anni fa, quindi un margine di miglioramento per il ragazzo c’è. Cordarrelle Patterson, invece, è l’uomo del mistero: dopo due anni mediocri, la scorsa stagione è stato usato principalmente come ritornatore di punt, situazione in cui ha guadagnato più di 1000 yard, ma la sensazione è che l’OC Norv Turner non lo utilizzi in maniera appropriata per sfruttare la sua creatività palla in mano, un po’ come è successo nei primi anni a St.Louis di Tavon Austin.

Dove però i Vikings possono seguire l’esempio dei Panthers è la difesa. In attesa di capire che ne sarà di Sharrif Floyd, che ha lampi di talento evidenti ma è ancora molto discontinuo per rendimento e salute, i Vikes hanno un ottimo run stopper come Linval Joseph e un edge rusher di primo livello come Everson Griffen, che negli ultimi due anni ha decisamente alzato l’asticella del rendimento. Giocatori come Xavier Rhodes (CB) ed Harrison Smith (S) sono ormai due realtà, e accanto a quest’ultimo Andrew Sendejo si è rivelato un buon titolare e una safety che colpisce duro (secondo in squadra con 100 tackle). Ma le vere speranze per Minnesota di costruire una difesa dominante sono nella posizione di LB, dove Eric Kendrick e Anthony Barr studiano per diventare stelle di prima grandezza. Il primo non ha ancora l’abilità in coverage dei LB di Carolina, per rimanere nel paragone, ma è un linebacker sideline-to-sideline in grado di farsi trovare sempre vicino al pallone e ha grande reattività.


Il secondo ha tutto per diventare un giocatore completo, grazie alla sua abilità in entrambe le fasi del gioco.



La giocata qui sopra non è casuale: impiegato in marcatura a zona, Barr legge bene gli occhi di Manning, facendo quello che dall’altra parte dell’oceano chiamano “jumping the route” - letteralmente “saltare sopra la traccia”: la traduzione migliore che mi viene è “interromperla”, ma non rende bene come nella lingua di Albione - e intercettare il lancio.

Lo scorso anno, Minnesota ha continuato la sua tradizione di squadra abituata a deludere i fans buttando al vento la vittoria alle wild card contro i Seahawks. Se la squadra saprà fare un ulteriore passo in avanti - Bridgewater in primis - non ci sarà sfortuna che tenga, e la NFC potrebbe aver trovato un’ulteriore, credibile candidata al trono di Carolina.


4) Raiders e Jaguars sono da playoff?

Si è parlato molto di queste due squadre nella off-season, alla luce dei miglioramenti effettuati sul campo, ma soprattutto grazie al front-office. Oakland e Jacksonville avevano una barca di soldi da spendere sul mercato e chiaramente non si sono fatti attendere, nonostante il vecchio adagio per cui le squadre vincenti si costruiscano via draft. Vero, ma anche i prospetti non mancano nell’una e nell’altra squadra.

Se parliamo di talenti costruiti in casa su cui si pianificherà il futuro, ai Raiders non si esce dal trittico Carr-Cooper-Mack. Il primo, dotato di un braccio eccellente, ha avuto una grande prima parte di stagione, da 19 TD e soli 4 intercetti con il 63% di passaggi completati. Nelle seconda metà, la percentuale è calata a 58, i TD a 13 e gli intercetti sono aumentati (9). Comprensibile per un ragazzo alla sua seconda stagione in NFL che deve imparare ad essere più continuo, il fattore che separa i buoni giocatori dai top. Amari Cooper ha già fatto capire di poter essere uno dei migliori nel ruolo, e Michael Crabtree si è ritrovato. La o-line ha avuto un ruolo sorprendentemente positivo nella stagione di Oakland (Carr è 32esimo su 37 QB per percentuale di pressioni subite, per Football Outsiders), nonostante in essa non ci siano giocatori di primo livello. Donald Penn, preso letteralmente dalla strada dopo il taglio da Tampa Bay ha ancorato la posizione di LT; Gabe Jackson è uno dei pochi prodotti dei draft di Reggie Mckenzie ad essere ancora in squadra; Rodney Hudson è arrivato via free agency da Kansas City lo scorso anno, mentre il premio di questa free agency, ci scuserà Bruce Irvin, è Kelechi Osemele, che fornisce qualità sia in pass pro sia nell’aprire varchi per le corse, nonché versatilità, per la sua possibilità di giocare sia guardia- posizione naturale - che tackle.

Dall’altra parte del campo, Khalil Mack è esploso nella sua seconda stagione tra i pro, mettendo a segno 15 sack - quasi quadruplicando la produzione della stagione precedente. Quest’anno potrà anche godere di un altro eccellente edge rusher come Bruce Irvin, arrivato da Seattle, al posto dello squalificato Aldon Smith (che comunque dovrebbe rientrare durante l’anno). Anche la secondaria è stata ampiamente rimaneggiata, con gli innesti di Sean Smith, solido titolare arrivato dai rivali divisionali dei Chiefs, Reggie Nelson - da Cincinnati - e Karl Joseph dal draft, safety dalla stazza non imponente ma che gioca molto duro e ha grande senso della posizione quando si tratta di fare giocate sul pallone (anche se probabilmente la scelta a metà primo giro per lui può considerarsi un reach). Rinnovo del contratto anche per David Amerson, tagliato ad inizio stagione scorsa dai Redskins ma subito impiegato titolare dai Raiders con buoni risultati (tra cui il record di franchigia per passaggi deviati in singola partita, sei). Per la prima volta dopo anni, Oakland parte con tutti gli occhi addosso, pronta a giocarsi, questa volta per davvero, un posto nei playoff all’interno della competitiva AFC West.



I Jacksonville Jaguars, invece, sono ancora un passo indietro, probabilmente, non fosse anche per aver terminato la stagione con un record decisamente perdente, 5-11, nonostante siano vari i buoni segnali arrivati dal campo. 

Bortles, pur mostrando ancora lacune dal punto di vista della precisione e del decision making, ha fatto grandi passi avanti da un anno all’altro, soprattutto nel limitare i propri errori. L’emergere di target come Allen Hurns e soprattutto Allen Robinson gli ha sicuramente facilitato il compito, per non parlare di Julius Thomas, che però ha avuto meno spazio a causa di problemi fisici: sicuramente, un ulteriore off-season per stabilire un miglior rapporto con il suo QB aiuterà lui e la squadra.

Interessante l’arrivo di Kelvin Beachum dagli Steelers, un buon titolare che potrebbe/dovrebbe scalzare dal ruolo di LT Luke Joeckel, ex seconda scelta assoluta che finora il suo rendimento non ha mai lontanamente giustificato. A coadiuvare TJ Yeldon nel running game, invece, è arrivato Chris Ivory, giocatore decisamente diverso dal suo nuovo compagno, molto più fisico e titolare di uno stile di corsa molto dritto-per-dritto e fisicamente dispendioso: gli anni sono ancora 28, comunque, e il chilometraggio non eccessivo. 

In difesa si registrano due aggiunte importantissime per una squadra che fa tremenda fatica a portare pressione ai QB avversari (30esimi per percentage pressure, 21%), cioè Malik Jackson e Dante Fowler. Il primo è arrivato via free agency da Denver, dove aveva un ruolo fondamentale sia contro le corse che in pass rush, anche grazie alla sua versatilità (può essere schierato sia come 5-tech - come DE in una 3-4 - che come 3-tech - DT nello stesso schieramento, ruolo in cui nasce: il 21% delle pressioni da lui portate, però, sono arrivate proprio quando ha giocato esterno nella d-line, per PFF). Dante Fowler è l’edge rusher che ai Jags disperatamente manca, e che potrebbe vedere snap come Leo LB (un DE che gioca alto, e non mani a terra come un d-lineman tradizionale, e che può essere impiegato anche in coverage: si tratta, questo, di un concetto che Gus Bradley impiegava a Seattle quando ne era defensive coordinator). Telvin Smith, probabilmente uno dei migliori giocatori NFL di cui non avete mai sentito parlare, e Paul Poszluszny forniscono tackling in mezzo al campo, mentre dal draft sono arrivati due dei cinque migliori giocatori del lotto, Jalen Ramsey e Myles Jack, caduto ad inizio secondo giro per ragioni fisiche (si teme che debba finire sotto i ferri per un intervento artroscopico al ginocchio, pericolo che, per ora, pare essere scongiurato). Altro pezzo pregiato arrivato dal mercato è Tashaun Gipson, reduce però da un’annata decisamente mediocre, dopo quella 2014 in cui aveva concluso in cima alla Lega per numero di intercetti messi a segno.

La stagione di Jacksonville passa per vari “se”: se Bortles farà un ulteriore passo in avanti, se la pass rush si paleserà grazie ai nuovi arrivi, se Gipson tornerà ai livelli di due anni fa. Certo è che, dopo anni di mediocrità e irrilevanza, Jacksonville ha l’occasione di iniziare un nuovo ciclo: sarà anche probabilmente l’ultima occasione di farlo con Gus Bradley in panchina, a cui è stato dato un ultimatum. L’obiettivo è migliorare il record della stagione scorsa, ma per i playoff meglio passare l’anno prossimo.


5) Goff e Wentz: chi è nella situazione migliore?

Le trade che hanno permesso a Rams ed Eagles di salire alle prime due posizioni dello scorso draft hanno fornito un quadro più che chiaro circa le intenzioni delle due franchigie, intente a cercare un nuovo QB attorno a cui edificare la squadra. Jared Goff e Carson Wentz sono finiti in due contesti differenti, anche se l’hype che li circonda, vuoi perché i Rams sono tornati a LA, vuoi perché il pubblico di Philadelphia è noto per essere uno dei più esigenti in NFL, non è indifferente.

Chi ha certamente più chance di partire da subito titolare è Goff che verrà inserito in uno schema molto “run heavy”, tutelandone quindi lo sviluppo evitando di gettarlo subito in pasto alle difese avversarie: il punto focale dell’attacco continuerà ad essere Todd Gurley. Il resto dell’attacco ha un solo nome, quello di Tavon Austin, che finalmente ha trovato un ruolo adatto per sfruttare la sua versatilità e che costituisce l’unica fonte di imprevedibilità in un attacco in cui la deep threat è Kenny Britt e nessuno degli altri ricevitori (Brian Quick, i rookie Pharaoh Cooper e Nelson Spruce…) ha lontanamente l’aspetto di un playmaker. Come se non bastasse, la linea è una delle peggiori nella Lega, e continuerà ad esserlo almeno finché il LT Greg Robinson non giustificherà almeno in parte la seconda scelta assoluta spesa per lui nel 2014, mentre nella posizione di LG agisce Cody Wichmann, scelto al quinto giro del draft 2015. Se il lato debole di Goff è un grosso problema, perlomeno la parte destra della linea fornisce più garanzie, grazie al veterano Roger Saffold e a Rob Havenstein, RT che ha dato un buon contributo al gioco su corsa dei Rams. La squadra di Jeff Fisher è molto conservativa e punterà tutto su running game e difesa, lasciando al suo nuovo QB tempo per crescere e sbagliare. Dopo tre annate mediocri, pare comunque difficile che i Rams possano spiccare il volo e lasciare il limbo nel quale hanno messo le tende, a prescindere dal rendimento del QB ex California.

Non certo più idilliaca la situazione in quel di Philly, dove Carson Wentz, alle prese con un infortunio alla costola, ha le spalle più coperte nel proprio ruolo. Lo condivide con Sam Bradford, a cui è stato rinnovato il contratto - per due stagioni - giusto in questa off-season, e che ha finito la stagione in crescita dopo una prima parte decisamente negativa, e Chase Daniel, pretoriano di coach Pederson in quel di Kansas City dove ha coperto (bene) le spalle di Alex Smith con buone prestazioni quando chiamato in causa. L’attacco degli Eagles è finito al 26esimo posto per DVOA, scottato dall’inserimento mal-riuscito di DeMarco Murray e dall’assenza di un playmaker nel corpo ricevitori (con Zach Ertz che sembra essere la cosa più vicina a questa definizione). Gli Eagles sono la squadra che ha corso di più all’esterno della linea, sia a destra che a sinistra, ma l’ex Dallas non è quel tipo di giocatore - alla LeSean McCoy, per intenderci - bensì un corridore north-south, che punta più sulla forza fisica che sull’elusività, e ciò ha finito per limitarlo terribilmente. 

Ora il RB di riferimento sarà Ryan Mathews, reduce da una stagione più che convincente, con Darren Sproles a fargli da backup, ma né l’età né la struttura fisica lo rendono un giocatore ampiamente utilizzabile in maniera “tradizionale”, nel senso di runner puro e semplice. Dietro a Jordan Matthews, che sarà il ricevitore numero uno pur non avendone i crismi in una situazione ideale, ci sono tante incognite: da Josh Huff a Rueben Randle, che tra l’altro nel training camp ha avuto parecchie difficoltà, passando per Nelson Agholor, autore di una stagione da rookie da dimenticare. Chi potrebbe rappresentare una piacevole sorpresa è Dorial Green-Beckham, appena arrivato via trade da Tennessee (in cambio del T/G Dennis Kelly). L’ex Mizzou, uno dei recruiter più ambiti ai tempi del college, ha evidenti problemi caratteriali e di etica lavorativa, che lo hanno condizionato all’università - motivo per cui ha cambiato ateneo - ma anche in NFL, dove i Titans si sono sentiti liberi di lasciarlo andare perché non convinti della sua attitudine e al contempo intrigati dal rookie Tajae Sharpe (ma DGB ha dichiarato di non sapere perché sia stato scambiato!). Il prezzo pagato è decisamente esiguo per un giocatore dal fisico imponente (1,96 x 102 kg) e capace di essere un matchup nightmare per tanti cornerback, specie in endzone, anche se con mani non ancora molto affidabili: per lui il 48% di catch rate lo scorso anno, peggio di lui solo tre giocatori con almeno 50 target (certo, il fatto di aver giocato con un rookie QB, pur promettente, come Mariota e con un disastro come Mettenberger non ha aiutato…). Cose come questa, però, vanno oltre chi ti lancia il pallone.


Insomma, sia L.A. che Phlly sono due squadre con attacchi deficitari e poche alternative ma difese eccellenti. Né Goff né Wentz avranno compiti agevoli: ma il primo sarà, almeno inizialmente, lo sparring partner di Gurley, e il secondo, salvo tracollo di Bradford, non dovrebbe partire titolare. Rams e Eagles faranno di tutto per non bruciare i loro pesanti investimenti. 


6) I Colts possono tornare dov'erano due stagioni fa?

A gennaio 2015 i Colts perdevano la finale di Conference contro i New England Patriots, certificando un’altra stagione di miglioramenti, dalle Wild Card del primo anno di coach Chuck Pagano, passando per il Divisional round del 2014. Lo scorso anno, invece, Indianapolis, che molti in off-season vedevano come un’intrigante contender per il titolo, ha compiuto un deciso passo indietro terminando la stagione al 50% di vittorie e finendo fuori dai playoff per la prima volta in quattro anni.

Chiaramente, il fatto che gli infortuni non abbiano lasciato tregua a Luck - anche quando era regolarmente in campo - ha contribuito a mandare a sud la stagione, ma la sensazione è che la squadra sia stata costruita in maniera poco omogenea, abbondante in alcuni ruoli e decisamente scoperta in altri. Pagano si è attirato gran parte delle critiche in quanto allenatore, ma i demeriti vanno equamente divisi tra lui e il GM Ryan Grigson. Quest’ultimo, in quattro anni tra draft e free agency, ha cercato di dotare Luck di quante più armi offensive possibili, che spesso e volentieri si traducevano in ricevitori piccoli e veloci: i vari TY Hilton, che almeno si è dimostrato un’ottima scelta, Phillip Dorsett - colpevolmente scelto nel primo giro dello scorso draft, o i vari Lavon Brazill e Donte Moncrief (uno dei ricevitori più alti a roster, col suo metro e 88 cm), mentre l’esperimento Andre Johnson è durato una sola stagione. 

Un chiaro problema dei Colts è stato il running game, che è precipitato dall’undicesimo posto per DVOA del 2013 al 27esimo e 30esimo delle ultime due stagioni rispettivamente. Certo non è una novità per Indianapolis, che dal 2007 non ha un runner da almeno 1000 yard stagionali - Frank Gore si è fermato a 967 - vuoi perché il gioco è incentrato sul passing game, vuoi perché la o-line è decisamente mediocre, e poco negli ultimi anni è stato fatto per permettere un cambamento. Se non altro, appare azzeccata la scelta di Ryan Kelly, centro di Alabama, nel primo giro dello scorso draft per aprire varchi a Gore e mettere in moto il running game.

E se è vero che le squadre si costruiscono prima dalle trincee, i risultati recenti dei Colts potrebbero non essere un caso, viste le condizioni di entrambe le linee. Detto di quella offensiva, anche dall’altra parte del campo il problema è evidente, e non da oggi. Grigson ha cercato di porvi rimedio, invano. Il GM ha investito con parsimonia le scelte nel front seven e, quando ha premuto il grilletto, ha decisamente mancato il bersaglio: un esempio su tutti è Bjoern Werner, 21esima scelta assoluta nel 2013 che, dopo 6.5 sack in tre stagioni, non è più a roster.

Robert Mathis (19.5 sack tre stagioni fa ma con in mezzo un infortunio al tendine d’Achille alla veneranda età di 35 anni) e Trent Cole, le principali minacce in pass rush, sono ormai lontani dalla produzione dei giorni migliori, e i Colts, con 35 sack, hanno fatto peggio di sole quattro squadre per adjusted sack rate (5,7%). La difesa su corsa è mediocre (esattamente 16esima), e molto fa ancora D’Qwell Jackson, nettamente il miglior tackler di squadra, nonostante abbia perso più di un passo in coverage - aspetto in cui peraltro non ha mai eccelso. Tuttavia, Indy è una delle peggiori squadre per big plays su corsa concesse - cioè guadagni da almeno 10 yard - nella Lega, con 53. L’unica vera stella della difesa è il CB Vontae Davis, che rimane uno nei top nel ruolo. Lo dicono anche le statistiche, che lo collocano ai primi posti nella NFL per adjusted yards concesse per passaggio (5.2) e per success rate, cioè la percentuale di occasioni in cui il giocatore ha evitato un guadagno positivo in base al down (per esempio, una giocata del genere in un terzo down vale più che in un primo): la sua è del 60%. Se non altro, i Colts hanno migliorato l’altro spot di CB lasciando andare Greg Toler - uno dei peggiori nel ruolo in base alle stats di cui sopra - a Washington e sostituendolo con Patrick Robinson, firmato con un contratto da 13 milioni in 3 anni, un affare visto il rendimento nelle ultime due stagioni dell’ex Saints e Chargers.

Se l’anno scorso si parlava di Super Bowl, quest’anno non si va oltre i playoff, sapendo che la division - per quanto ancora di livello mediocre - ha un altro padrone fino a nuovo ordine, Houston, e due squadre in rampa di lancio in Jacksonville e Tennessee. Quel che è certo è che, se la stagione dovesse essere foriera di delusioni, Grigson avrebbe il benservito, e nemmeno Pagano dormirebbe sonni tranquilli. Visti le falle a livello di roster, di sicuro servirà la miglior versione di Luck, cioè questa:



Articolo a cura di Michele Serra


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