lunedì 27 luglio 2015

I migliori 6 spot up players

Il ruolo del tiratore sugli scarichi è sempre più centrale nell'NBA moderna. Andiamo alla scoperta dei migliori.

di Alberto Ambrosio
In collaborazione con Pick&Pop Culture






Nell'NBA di oggi il concetto offensivo più importante è "spacing". Le spaziature sono entrate prepotentemente nel vocabolario dei coach della lega, convincendoli che in nome di questo nuovo dogma si potessero mettere in discussione i principi offensivi che hanno caratterizzato la pallacanestro moderna: oramai ogni squadra ha almeno un quintetto con 4 esterni per aprire il campo alle penetrazioni delle guardie e la tendenza sempre più marcata, come dimostrato nelle ultime finals, è che nei momenti decisivi delle partite si preferisce utilizzare quintetti sempre più bassi, arrivando a giocare addirittura senza un vero lungo. Oggi il ruolo del tiratore sugli scarichi assume dunque un’importanza ancora maggiore: la capacità di punire con continuità ed efficacia gli aiuti difensivi effettuati dalle squadre avversarie garantisce infatti sempre buone spaziature e linee di penetrazioni per gli esterni consentendo sempre una buona fluidità offensiva.

Il "nuovo" mercato NBA ha dimostrato più volte di pagare profumatamente questo tipo di giocatori quindi la domanda è lecita: chi sono i migliori 6 tiratori sugli scarichi?


6) J.J. Redick


Redick è probabilmente il miglior giocatore in uscita dai blocchi dell’intera NBA, ma anche in situazioni di spot up fa la sua figura tirando con il 46% da tre punti. Il 92% dei suoi tiri sono assistiti e in un contesto come quello dei Clippers questo si rivela di un’importanza fondamentale: con Griffin che continua a faticare con il jumper e la carenza di un’ala pericolosa dall’arco dei tre punti, JJ si conferma giocatore cardine del sistema offensivo dei Los Angeles Clippers. Nell’ultima parte di regular season Redick ha innalzato il suo livello, diventando decisivo per i playoffs in seguito al guadagno del fattore campo (sfruttato al meglio) contro i San Antonio Spurs: l’ex Duke ha infatti segnato più di 20 punti a partita con il 47% da tre, 50% dal campo e 97% dalla lunetta, trascinando alla vittoria i Clippers in 16 delle ultime 19 partite.  In situazioni di spot up è altrettanto dominante, realizzando 1.23 punti per possesso con una percentuale reale del 62%.




5) Marco Belinelli


Nel 2010 la carriera NBA di Marco stava per finire: dopo tre stagioni in cui vedeva il campo solamente nel garbage time Belinelli approda a New Orleans dove finalmente trova la fiducia di cui aveva disperatamente bisogno. Da lì è cominciata la sua vera carriera negli States, la sua rivincita nei confronti di chi lo ha tenuto per quasi due stagioni intere seduto in panchina. Ma non è solo lo straordinario rapporto umano che si instaura con Chris Paul a renderlo un giocatore decisivo: la sua crescita tecnica e fisica parte proprio da New Orleans passando per Chicago e concretizzandosi definitivamente a San Antonio sotto l’incredibile competenza di Chip Engelland. A New Orleans impara a farsi trovare nel posto giusto al momento giusto, a Chicago compie una maturazione fisica per limitare le sue carenza difensive e a San Antonio affina ulteriormente la tecnica di tiro, diventando estremamente più stabile con la parte superiore del corpo, senza quindi buttarsi all’indietro come spesso faceva. I numeri in spot up sono da elité NBA: il 37% dei suoi tiri sono presi proprio in questa situazione di gioco, realizzando 1.23 punti per possesso. 




4) Khris Middleton


Come passare dalla D-league ad essere uno dei migliori 2 way player della lega in 3 anni? Citofonare casa Middleton. Khris era considerato un giocatore inadatto al gioco NBA, troppo lento per marcare le guardie, acerbo offensivamente, senza esplosività e senza un tiro dalla distanza efficace. Per questo motivo a Detroit è stato considerato poco-nulla: dopo qualche apparizione nella lega di sviluppo è stato mandato a Milwaukee come elemento accessorio nella trade Knight-Jennings, dove ha finalmente potuto crescere con tranquillità esprimendo il proprio gioco senza necessariamente essere decisivo fin da subito. Oggi Middleton è uno dei migliori spot up player dell’intera NBA: nonostante la particolare tecnica di tiro la sua efficacia ha raggiunto livelli tali da convincere Jason Kidd a “promuoverlo” prima opzione offensiva della squadra dopo la partenza di Brandon Knight. Per far capire la sua importanza nel sistema offensivo di Milwaukee basta dire che quando Khris tira con più del 40% la squadra ha un record di 23-18: in un roster privo di tiratori come quello di Milwaukee, un giocatore capace di prendersi tiri in spot up e di punire le rotazioni difensive avversarie è semplicemente imprescindibile.




3) Stephen Curry



Ha dominato la stagione dalla prima all’ultima partita e ha avuto praticamente nessun passo falso. In questa classifica Steph doveva esserci, non solo per le strepitose prestazioni offensive che ha offerto a tutti noi, ma anche per la straordinaria ecletticità fuori dall'arco dei 7,25: che sia palleggio arresto e tiro, uscita dai blocchi o spot up, Curry riesce comunque a realizzare più di un punto per possesso ogni volta che alza la mano per tirare. Il suo vero punto di forza è il tempismo e la rapidità impressionante nel rilascio, nonostante tecnicamente questo non venga effettuato all’altezza convenzionale.

Come detto, Steph domina anche in spot up: dei giocatori con più di 100 possessi in questa particolare situazione di gioco Curry è terzo con 1.33 punti per possesso: per un tiratore così atipico e con quelle caratteristiche tecniche è realmente un dato impressionante.






2) Klay Thompson



Non è necessariamente "poetry in motion", il movimento di tiro di Klay Thompson però è l’assoluta perfezione tecnica: chiunque dovrebbe prendere come esempio lui per impostare una nuova meccanica di tiro, nello stesso modo in cui un giovane golfista studia lo swing di Louis Oosthuizen o un tennista il diritto di Roger Federer. Solidità impressionante, eccellente verticalità e rilascio semplicemente perfetto, il modo in cui si eleva per prendere il tiro è l’essenza del “pure shooter” perché la qualità del movimento delle caviglie è a livelli raggiunti solo da Ray Allen e Reggie Miller negli ultimi 20 anni. Le sue percentuali in situazioni di spot up confermano la qualità tecnica del movimento: 55% da 3 e quasi 1.5 punti per possesso, superiori anche ai punti per possesso realizzati da Lebron in transizione.

Klay è stato anch’egli decisivo nella stagione dominata dalla sua squadra: in un sistema piuttosto democratico e con una circolazione di palla quasi esasperata, avere un giocatore pericoloso dal perimetro come Klay Thompson costringe la difesa avversaria a tenere sempre un occhio di riguardo verso di lui. L’impatto offensivo di Thompson non si misura esclusivamente dai punti o dagli assist, la sua pericolosità ha liberato numerose volte i suoi compagni, permettendo loro infatti di realizzare un tiro che in situazioni diverse sarebbe stato contestato.





1) Kyle Korver



Korver è uno dei giocatori che incide maggiormente sulle scelte difensive della squadra avversaria, costringendola a muoversi in modo innaturale mantenendo sempre e comunque un uomo a meno di un metro di distanza da lui: il vero punto di forza di Kyle è l’impressionante rapidità di tiro e l’altezza del rilascio della palla che impedisce a qualunque tipo di difensore di contestare realmente l’esecuzione. I numeri sono probabilmente meno incredibili di quelli di Thompson, ma questo è giustificato dall'attenzione spasmodica che le difese riservano al tiratore di Atlanta: il 24% dei suoi possessi è finalizzato con un tiro in spot up e questo viene realizzato con 1.36 punti per possesso.




Articolo a cura di Alberto Ambrosio

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