Un giovane dalle belle speranze scopre di avere un dono speciale, ben oltre la pallacanestro. Questo è Isaiah Austin.
di Leo Kevin Fisher
di Leo Kevin Fisher
Isaiah è un ragazzotto tutto casa e chiesa.
Nasce a Fresno nel 1993, in quel tranquillo countryside
californiano, dove la cosa che spaventa di più gli abitanti è il caldo. Isaiah, il nome è di uno dei cinque maggiori profeti, ed assieme ad Elijia, uno
dei più importanti di tutta la Bibbia, ha un dono. Fin da piccolo. Quando
odiava il caldo ed andava a giocare al parco a pallacanestro. Perché a Fresno,
in California, dove i neri sono meno del 9% della popolazione, i neri giocano a
football. Non c'è altro sport, addirittura nel 2003 c’hanno buttato il
calcio, a Fresno, poi 7 anni dopo l’hockey, fate vobis.
Quando frequenta la Grace Preparatory Academy, per permettersi di seguire il suo sogno di giocare un giorno assieme ad i grandi di questo sport, e si sposta in Texas, lì fa ancora più caldo. Perché ad Arlington, nel centro del Texas, si muore di caldo.
"Cazzo giochi a basketball, negro", si sentirà dir spesso.
A 14 anni era già quasi due metri, pesante si e no come una
lattina schiacciata a terra dalla numerossima confraternita di armeni presenti
in città.
Qui c'è poco di classico film americano, ma tanta vita reale, quella che deve e
farà riflettere.
Isaiah ha un dono. Con i suoi 216 cm e con due braccia chilometriche, veleggia
con estrema eleganza per il court e muove la retina in un'università privata
chiamata Baylor, un famosissimo college texano dove i cosiddetti negri fanno
esultare cotidie tutti gli spettatori in tutte le discipline, dal football al
lacrosse. E soprattutto nel football, con quelle splendide divise verde scuro ed oro, dove svetta la grande scritta
BU un po' ovunque.
L'università costa, ed anche tanto, ma Isaiah ha quel
talento per il quale coach Drew, un cristianissimo bianco, spenderebbe
volentieri una borsa di studio per lui. Entra la prima volta con i Bears al
Ferrell Center nel 2012, e subito stupisce. Da freshman viaggia a 13 punti, 8
rimbalzi ed una stoppata abbondante in meno di 30 minuti
È bello, vederlo
giocare, è sublime, dinoccolato ma aggraziato, con il suo classico movimento di
piedi che ricorda una ballerina sul dolce legno del palco. Nel 2013 si dichiara
al Draft NBA. Ma sfiga vuole che si infortuna ad una spalla, deve saltare il
Draft e tornare al college. Da sophomore va ancora meglio, visto che tutti i
10 mila del palazzo non vedono l’ora di vedere volare quel leggiadro aquilone
per il campo.
Altra
stagione super, da leader, e finalmente è pronto per essere eletto nell’Olimpo
del basket, l’NBA, Draft 2014. Nel quale, poi, non verrà mai scelto. Quella
retina la fa muovere tanto e bene, se ne sta accorgendo anche quel volpone di
Masai Ujiri, GM dei Toronto Raptors, pronto a dargli subito l’opportunità di
vederlo all’opera durante l’estate.
Isaiah ha un dono. Nascosto, ma lui lo chiama comunque un dono di Dio. Perchè
lui è fortunato, lo ripete sempre.
Isaiah ha la sindrome di Marfan, la quale distrugge
lentamente tutti i tessuti molli del corpo, nel peggiore dei casi. Il suo. "Mi hanno
detto che non avrei potuto continuare a giocare ad alto livello. Hanno trovato
il gene in un campione del mio sangue. Mi hanno detto che le arterie del mio
cuore si sono allargate e se facessi degli sforzi eccessivi, potrebbero
rompersi. Assieme ad ulteriori problemi di salute. A questo punto sogno che il
mio nome venga comunque chiamato al Draft. I hope".
Il 24 giugno 2014 si ritira dall'attività agonistica perchè
mette a rischio la sua vita. Il ragazzo ha 20 anni. È cieco da un occhio da quando ne aveva 5 ma l'ha sempre tenuto nascosto pur di giocare, e vincere.
Draft 2014. Silver, l’attuale boss del circus NBA, lo
invita come ospite speciale. Sarà l'unico caso della storia in uno sport
americano dove un atleta ritirato viene scelto. E soprattutto applaudito,
amato. Così, tra la 15° e la 16° scelta, il ragazzo che giocava con i negri di
Fresno compie il suo sogno.
I Boston Celtics, durante
l’opening night, colpiti dall’amore del ragazzo per il basketball, decidono di
ritirargli simbolicamente la canotta. In un tempio, come il Garden, emozionato
e raccolto in preghiera.
Oggi Isaiah sta finendo di studiare al college, il futuro non lo vuol sapere. Perchè come ripete spesso, "We are in Gods hands". L'unica cosa che sa è quella di dar una mano al prossimo, grazie anche all'aiuto del movimento NBA nel mondo.
Isaiah fa capire quanto sia importante crederci, sempre. Aggiungete voi in cosa.
Isaiah
Austin
Articolo a cura di Leo Kevin Fisher
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