Capolavoro Vettel: in una gara con quattro potenziali vincitori, ecco perché ha trionfato l’unico che se lo sia meritato davvero.
di Federico Principi
“Merci Jules. Cette victoire es pour toi,
cette victoire es pour toi. You will always be in our hearts. We know that
sooner or later Jules would have been a part of this team.”
Quando
Michael Schumacher portò a termine la quarantunesima vittoriosa gara della sua
carriera, a Monza nel 2000, pianse. Pianse in conferenza stampa, consolato dal
rivale mai troppo nemico Mika Hakkinen, con una pacca sulla schiena che a tutti
sembrò sincera. Niente a che vedere con le formali e protocollari strette di
mano tra Vettel e Alonso o tra Rosberg ed Hamilton. Pianse Schumi, ma non
rivelò mai il vero motivo: forse una serie di circostanze lo avevano fatto
crollare. L'estate era stata estremamente stressante e difficile, i ritiri si
susseguivano e l’apparentemente incolmabile vantaggio accumulato sulla McLaren
dopo le prime 4-5 gare, a settembre era già completamente dilapidato. Pianse,
forse perché la quarantunesima vittoria gli ricordava un suo vecchio rivale: 41
era il numero di successi di Ayrton Senna, eguagliati quel giorno da Michael.
Non si erano amati il brasiliano e il giovanissimo ambizioso tedesco, che
tuttavia se lo vide morire proprio davanti agli occhi, forse "provocandone",
involontariamente, la fatale uscita di pista, visto che Schumi stava fin dalla
partenza braccando a pochi metri il fuoriclasse di San Paolo. Forse perfino odorandone
la puzza dei tubi di scarico.
Il pianto di Schumi a Monza: consolato da
Hakkinen e, ovviamente, dal fratello Ralf.
Non
sappiamo se Sebastian Vettel abbia avuto un simile sfogo di dolore e di
angoscia, magari sotto il casco mentre pronunciava quella dedica a Bianchi alla
radio dopo la fine della corsa. I paralleli tra Seb e Schumi si sono sprecati,
e sono diventati più materiale da gossip che reali considerazioni tecniche. Fatto
sta che, dopo aver riprodotto lo schumacheriano gesto del direttore d’orchestra
che scandisce l'Inno di Mameli suonato a Sepang, non si può non credere che nel
giorno in cui Vettel eguaglia le vittorie di Senna, così come fece Michael,
anche il Campione del Mondo con la Red Bull avrà versato qualche lacrima di
commozione.
La dedica a Bianchi.
Lo
avrà probabilmente fatto, dopo una gara capolavoro. Provata e riprovata al
simulatore, perfino poche ore dopo il funerale di Jules, quando il tedesco si è
immediatamente fiondato a Maranello per affinare altri dettagli. Come se se lo
sentisse, o lo volesse a tutti i costi. Un weekend cominciato con eccezionali
prestazioni in Q2 e Q3, proseguito con una partenza "a cannone" (grazie Guido
Meda) e con un ritmo forsennato, soprattutto con le soft. Con le medie la
Ferrari ha sofferto, e si sapeva, e la Safety Car sembrava clamorosamente poter
porre una pietra tombale sulle ambizioni di un successo fin lì inattaccabile.
Ma nessuno avrà poi l’opportunità di puntare la scia di Sebastian e minacciare
la sua sacrosanta vittoria.
Il
Gran Premio di Ungheria è decisamente il più avvincente di questa stagione, più
di quello dello scorso anno e più della stragrande maggioranza delle gare degli
ultimi 20 anni. Alla fine sul podio salgono le Red Bull di Kvyat e Ricciardo,
con Hamilton e Rosberg rispettivamente sesto ed ottavo per motivi di cui parleremo.
La Mercedes non mancava sul podio dall'ultimo Gran Premio prima della sua dittatura,
vale a dire il Brasile 2013: si ferma a 28 la striscia di gare consecutive a
podio, ben lontana da quella di 53 corse della Ferrari dell’era-Schumacher,
iniziata nella Malesia nel 1999 e proseguita per le intere stagioni 2000, 2001
e 2002. Si è parlato molto, negli ultimi mesi, della competitività della power
unit Mercedes che sovente ha costruito una classifica con il monopolio dei
primi 3, 4, 5, perfino 6 piazzamenti. Le statistiche dell'Ungheria ribaltano
completamente quelle gerarchie: un po' per sventure, un po' per il nuovo
carburante Total che ha garantito qualche cavallo in più al motore termico
Renault, il primo equipaggiato con propulsore tedesco è proprio Hamilton in
sesta posizione, perfino alle spalle della McLaren-Honda di Alonso. Una
casistica, più casuale e curiosa che prettamente tecnica, che non si verificava
dal GP del Giappone 2013, quando il primo motore Mercedes sotto la bandiera a
scacchi fu Nico Rosberg in ottava posizione.
La
Ferrari non era mai andata così vicina ad una doppietta negli ultimi 5 anni: sì
perché i tempi delle scorpacciate Schumi-Barrichello sono ormai lontanissimi.
L’ultimo 1-2 risale all'ormai lontano Hockenheim 2010, quello del famoso: "Felipe, Fernando is faster than you".
Un problema al motore elettrico comprometterà tuttavia la gara di un magnifico
Raikkonen, privandolo di oltre 100 cavalli, e la Safety Car con conseguente
azzeramento dei distacchi sarà soltanto il colpo di grazia. A quel punto Kimi sarà
preda fin troppo facile per tutti i pescecani affamati di punti alle sue
spalle. Raikkonen che, scattato come un siluro allo spegnimento dei semafori,
si era andato ad accodare al compagno Vettel tenendo dietro entrambe le
Mercedes. Scenario, quello della partenza, che noi di Fuori dagli Schemi avevamo ampiamente previsto nel nostro pre-gara: le Mercedes, soprattutto
quella di Hamilton ormai in crisi da questo punto di vista, hanno confermato i
loro problemi nel trovare il giusto "bite point", che per i meno cool potremmo più semplicemente definire "stacco frizione". Una manovra che fino al GP di Ungheria è stata effettuata
elettronicamente da piloti ed ingegneri in collaborazione, e che sarà resa
interamente meccanica a partire dal prossimo appuntamento di Spa. Il pilota
sarà l'unico artefice del proprio destino sui blocchi di partenza: vedremo cosa
cambierà.
La bruciante partenza delle Ferrari. Ve lo avevamo
detto…
Vettel
è andato contro tutto e tutti, ma soprattutto contro le circostanze: la solita
superiorità Mercedes in qualifica, le difficoltà della Rossa con le gomme più
dure, la Safety Car che ha azzerato i distacchi. Ha probabilmente costruito il
capolavoro di un’intera carriera. Criticato ingiustamente in passato, gli si
imputava di essere veloce solo grazie al missile di Adrian Newey e lo si
intimava a dimostrare la propria competitività con altre vetture. Lo sta
facendo. Per la prima volta è probabilmente andato perfino oltre le
potenzialità della propria macchina, dato che a Sepang la Ferrari ha nettamente
surclassato i tedesconi nella gestione gomme, con un ritmo in gara piuttosto
simile tra le due vetture ma una sosta in meno per la Rossa. Poteva nonostante
tutto perdere la gara, ma per una volta è venuta in soccorso quella
meritocrazia che troppo spesso latita in questo ricco e tecnologico sport.
Sebastian Vettel era l’unico pilota degno della vittoria del Gran Premio di
Ungheria, ma poteva tranquillamente perderlo.
Perché doveva vincere Hamilton
Ogni
volta che si torna nel paddock, Lewis Hamilton (oltre che pubblicare foto con
tasso di truzzaggine sempre più elevato) è sempre più favorito numero uno per
la vittoria finale del Gran Premio. Il sabato sera le sue quote, dopo la quasi
matematica pole del pomeriggio, si abbassano sensibilmente. Nonostante una
partenza alla moviola, della quale è però ormai perfettamente consapevole ed
abituato, rimaneva in ogni caso lui il favorito per i 25 punti a fine Gran
Premio. Il lungo alla chicane ha riportato alla memoria degli appassionati il
primo giro del Gran Premio del Brasile 2007, che gli costò il Mondiale alla
prima stagione in Formula 1, e ha notevolmente abbassato le sue percentuali di
velleità di successo. Fino alla Safety Car. Nonostante gli oltre 30 secondi di
ritardo nei primi giri, a pista libera Lewis sembrava sul passo, se non
addirittura più veloce, di Sebastian Vettel, e quindi anche di Raikkonen e
Rosberg. Il botto di Hülkenberg e la mancata opportunità di Nico di montare le
gomme soft, unite al fatto che Kimi fosse ormai spacciato, lo candidavano di
nuovo all’ennesimo, stavolta immeritato, successo. Come gli aveva annunciato il
suo ingegnere di pista dietro la vettura di sicurezza: “We are racing for the win”. E invece Hamilton, puntato
immediatamente da un indiavolato Ricciardo con le soft, lo spingerà fuori
pista, rimediando la rottura di una parte fondamentale dell’ala anteriore ed un
indiscutibile drive through di penalità. Forse se lo sentiva Lewis, che ha
detto di non aver dormito bene nella notte tra sabato e domenica, che stava per
realizzare la peggior gara della carriera.
"Lewis Hamilton insane race": ci riferiamo
solo alle prime due scene del video.
Perché doveva vincere Rosberg
Lo
stesso team radio che era stato rivolto ad Hamilton dietro la Safety Car,
l’ingegnere di pista di Rosberg lo ha comunicato al pilota tedesco con una
perifrasi più lunga. Ma la sostanza era quella: ora, con l’azzeramento dei
distacchi, puntiamo secco alla vittoria. Ma Nico ha commesso un gravissimo
errore: non sappiamo se per presunzione, come diremo più avanti nel nostro
pagellone semi-serio, o se veramente avesse grossi problemi con le soft. Sta di
fatto che dopo aver montato le medie nel secondo stint, è sembrata inspiegabile
ed inconcepibile la scelta di ritornare di nuovo in pista con le gomme bianche
anche nella terza ed ultima parte di gara. Con la soft, prestazionale e con un
numero accettabile e non elevato di giri da percorrere, Rosberg avrebbe
probabilmente messo in crisi un Vettel costretto alle medie che per giunta
sulla sua Ferrari funzionano male. Ed invece il vice-Campione del Mondo raramente
ridurrà sotto il secondo il proprio gap da Sebastian, senza mai concretamente
attaccarlo, e si vedrà molto più vicino invece alle fauci di uno scatenato
Ricciardo. Rosberg non ha colpe per la sua foratura causata dal contatto con
l’ala dell’australiano, ma con le soft avrebbe tranquillamente evitato tutti
questi problemi e sarebbe ora in testa al Mondiale.
Perché doveva vincere Ricciardo
Semplice.
La Red Bull non aveva un eccessivo gap di telaio-motore su questa pista
rispetto a Ferrari e Mercedes, e dopo la Safety Car era l’unico, insieme al
compagno Kvyat che gli era alle spalle ed era più lento di lui, a montare le
velocissime soft. Il compound più morbido compensava con gli interessi il
leggero ritardo che le lattine hanno ancora rispetto alle due case di vertice,
e così Ricciardo ha immediatamente puntato un distratto Hamilton ed un
impossibilitato Raikkonen. In pochi giri la macchia viola è diventata sempre
più larga negli specchietti di Rosberg, ma la superiorità di cavalli Mercedes
compensava perfettamente il DRS aperto solo sulla vettura di Ricciardo. E così
l’australiano poteva inventarsi il sorpasso solo così, in staccata: alla sua
superiore abilità in frenata rispetto a quasi tutti gli altri piloti, si
aggiungeva una gomma più morbida che riduceva lo spazio di decelerazione. Non è
quindi per nulla esagerato il tentativo che Daniel ha effettuato per provare a
scalzare il più lento tedesco della Mercedes. Grave errore però quello di non
staccare per un secondo il piede dall’acceleratore in uscita di curva, finendo
contro la vettura di Nico e tagliando la propria ala, oltre che lo pneumatico
posteriore del tedesco. In quel momento i ferraristi dovevano tifare per
Rosberg: se Ricciardo avesse passato il pilota Mercedes, che già aveva più
ritmo di Vettel, molto più agevole sarebbe stato il sorpasso sul leader della
corsa dotato per giunta di meno cavalli di Rosberg per difendersi in
rettilineo. <<Se avessi passato Nico,
avrei ripreso anche Seb>>, il commento a fine gara di Ricciardo. Ma per la
partenza lenta e per essere finito addosso a Rosberg nel finale, non meritava
neanche lui la vittoria. Ed anzi si deve amaramente accontentare di mangiare di
nuovo la polvere nei confronti del meno titolato compagno di squadra.
Contatto
Rosberg-Ricciardo: nel video si può apprezzare la staccata contraria alle leggi
della fisica del pilota australiano.
Le pagelle di Fuori Dagli Schemi
Apriamo
questa nostra nuova sezione, che andrà a sviscerare con rigore e precisione il
Gran Premio appena trascorso attraverso una lista di valutazioni a "piramide".
Analisi serie, tecniche, approfondite, ma con qualche aspetto e situazione
divertenti messi qua e là, e che non vanno presi troppo sul serio. Sotto quindi
con le severissime pagelle del Gran Premio di Budapest.
10 E LODE – ad
HELMUT MARKO: Questo controverso personaggio, capo del progetto giovani
piloti della Red Bull, ha negli anni attirato non poche antipatie. Mark Webber
lo avrà mandato in quel posto più di una volta, per via del sospetto (fondato)
che la politica interna Red Bull favorisse Vettel (prodotto dell’accademia
della lattina) piuttosto che l’australiano. Vergne si è visto negare un
sacrosanto posto in Formula 1 per lasciare spazio ai poppanti Sainz e
Verstappen. Per non parlare di una quantità esagerata di piloti bruciati prima
e silurati poi, senza troppi complimenti, con poche opportunità e tutte offerte
in tenera età. Oggi Marko è riuscito nella ciclopica impresa di piazzare
quattro suoi piloti del "vivaio Red Bull" nei primi quattro posti. Chapeau.
Ma
tornando alle considerazioni serie (o che hanno la pretesa di essere tali), il
voto massimo non può che essere assegnato a SEBASTIAN VETTEL: weekend capolavoro, sin dalla qualifica dove non
era facile tenere dietro le redivive Red Bull e le Williams col famoso
bottoncino magico, né avvicinarsi a soli 144 millesimi dal tempo di Nico
Rosberg. La partenza è pura poesia, il ritmo con le soft è imprendibile anche
per Nico: forse non lo sarebbe per Hamilton, che però è già a più di 30 secondi
di distanza dopo pochi giri. Nonostante la Safety Car, difende, senza rischiare
nulla, la leadership nei confronti di due vetture con un passo potenzialmente
migliore del suo. Non viene mai concretamente attaccato, poi ci pensano Rosberg
e Ricciardo ad eliminarsi da soli. Per Seb a quel punto si tratta solo di
passeggiare fino alla bandiera a scacchi. La migliore gara della carriera
assieme a Monza 2008 con la Toro Rosso.
Voto
assegnato d’ufficio anche a KEVIN MAGNUSSEN: il terzo pilota McLaren si è lasciato andare in settimana ad una
dichiarazione da Premio Nobel. Il danese è messo alle strette dal probabile
campione di GP2 Vandoorne, che l’anno prossimo potrebbe sostituire il vecchio
Button scalzando proprio Magnussen: <<Il mio unico desiderio è poter riprendere in mano una vera
monoposto e gareggiare. Lavorare al simulatore è divertente, però non è per
nulla eccitante. Insomma è un po’ come guardare un film porno. Sono soltanto
immagini, non realtà…>>. Lascio a voi ogni tipo di commento.
Si merita il 10 e lode
anche FUORI DAGLI SCHEMI: avevamo previsto la gran parte delle cose successe in pista. Non gli incidenti, ma
vabè, non siamo degli sciamani.
10 – alla
PRESUNZIONE DEI PILOTI MERCEDES: Diceva Jules Verne: "Meno comodità si hanno e meno bisogni si hanno". Miglior telaio,
miglior motore, potenza extra, pacchetto completo prodotto interamente sotto lo
stesso tetto: Hamilton e Rosberg hanno nelle mani una vettura che rischia
seriamente di proporsi come la più competitiva di tutti i tempi. Ma ormai, come
i gatti domestici rispetto a quelli selvatici, sono decisamente viziati ed
abituati al lusso. Così arrivano errori, pacchiani, che però loro si possono
permettere senza compromettere troppo le proprie ambizioni. Se il lungo di
Hamilton nel primo giro lo avessero fatto Verstappen o Maldonado, sarebbero
probabilmente messi alla gogna dai team e dalla stampa. E di certo non
sarebbero comunque stati ancora in corsa per il quarto posto o per il podio.
Non contento, Lewis si concede una manovra da corsa amatoriale di kart,
speronando Ricciardo dopo la Safety Car ma compromettendo (giustamente) la
propria gara. Non si sottrae neanche Nico Rosberg a questo gioco del "io ho più ego di te": dopo le continue
dichiarazioni secondo cui il tedesco e l’inglese sarebbero “sempre molto vicini"(bah… Lewis quest’anno ha battuto Nico quasi
in ogni occasione), Rosberg avrebbe scelto di montare le medie anche
nell’ultimo stint per copiare la strategia (obbligata) di Hamilton. Un po’ come
a dire: “Io ti sono davanti, e con le
stesse gomme non mi passi mai. Rispetto alla Ferrari avrò più ritmo, con queste
gomme vado a vincere". E invece Ricciardo, con le soft, se lo stava
divorando.
Si
rivede al top della forma, e se lo merita tutto questo voto, FERNANDO ALONSO: passa finalmente il Q1
tirando giù dalla torre il veloce compagno di squadra, spinge a mano la vettura
(ferma per un problema tecnico) per portarla ai box nel Q2, ma non riuscirà a
ripartire. In gara è un mastino, nonostante un problema alla visiera che si va
ad infilare nel condotto del freno, costringendolo ad una sosta extra. Che si
aggiunge alla seconda, anticipata per via di una foratura lenta. McLaren
finalmente in grande spolvero, soprattutto con il suo capitano, sfruttando la
conformazione della pista che ridimensiona l’importanza dei cavalli della power
unit ibrida. Alla fine sarà quinto posto, sfruttando gli errori degli altri, ma
dopo aver battagliato ad armi pari con molti avversari, su tutti Sainz a danno
del quale il due volte Campione del Mondo compie uno splendido sorpasso
inquadrato dalle telecamere.
9 – a
KIMI RAIKKONEN: Buongiorno Kimi. Porto una brioche e un cappuccino, o
preferisci eggs and bacon? Finalmente alzato, hai dormito bene? “Ne succede sempre una" hai detto a fine
gara. Ma sei stato te a farle succedere: sia in Canada che in Austria ti sei
dimenticato di disattivare la mappatura RS (Race Start), che fornisce una
coppia extra in fase di partenza, quindi sia allo start che dai box, andando in
testacoda in entrambi i casi. In Inghilterra ti sei fiondato ai box dopo tre
gocce di pioggia, confondendo la scivolosità delle gomme, dovuta a perdita di
temperatura, con la pista bagnata. Prima ancora in Spagna avevi rifiutato il "kit Evo" aerodinamico portato a Barcellona, e che in realtà funzionava. A
Monaco ti sei fatto battere dalle due Red Bull sia in gara che in qualifica.
Finalmente una gara in cui a piazzare le ruote davanti alle tue meritava di
essere unicamente il tuo, fenomenale, compagno di squadra.
È
passata sottotraccia per gli osservatori superficiali, ma non per gli occhi
attenti del sottoscritto che da anni lo adotta come pupillo (e lo ha tifato
nella trionfale Le Mans), la prova di NICO
HÜLKENBERG: la Force India ha dovuto irrobustire le sospensioni dopo il
cappottamento di Perez nelle prime prove libere, e ciò ha impedito ad entrambi
i piloti di sfondare la barriera del Q3, ma non a Nico di rifilare oltre sei
decimi in qualifica al messicano. Hülkenberg piazza un’altra partenza-fionda,
dall'undicesima casella (quindi dalla parte pulita) fino alla quinta posizione
dopo la prima staccata del secondo giro. Al momento del collasso dell’ala
anteriore Nico era settimo, appena davanti ad un Kvyat in possesso di una vettura
(su questo tracciato) decisamente più competitiva. La Ferrari non vuole puntare
su di lui per non andare incontro a problemi commerciali, schierando due piloti
tedeschi: ma quando vedremo un fenomeno così su una vettura finalmente di
vertice?
Soltanto un cedimento strutturale poteva
arrestare la grinta di Nico Hülkenberg.
|
8 – a
DANIIL KVYAT: Avevamo già pronosticato un possibile podio per le Red Bull,
ma di certo non potevamo prevedere l’ambaradan che si sarebbe creato. Kvyat lotta
contro un flatspot nel primo stint, costretto da un ordine di scuderia a
lasciare strada al più veloce compagno che in poco tempo va all'attacco di
Hülkenberg. Daniil, anche lui con le soft nel finale, non ha il passo per stare
con Ricciardo e con i primi tre, ma poi se vai a vedere la classifica
(nonostante dieci secondi di penalità per aver scavalcato Hamilton tagliando
curva 4) dietro Vettel c’è lui. Questo sport premia anche la regolarità.
Per
integrare la lista dei ragazzini terribili nel mirino della Red Bull, grande
performance e grande risultato quelli realizzati da MAX VERSTAPPEN: figlio d’arte nella scuderia dei figli d’arte, a 18
anni non è facile reggere la pressione, ancora più amplificata, di un compagno
di squadra del tuo stesso livello. Paradossalmente sarebbe più semplice avere
un top driver come chioccia all’interno del team. Max esclude il compagno Sainz
dalla Q3 ed in gara, dopo una brutta partenza, gli ritorna davanti dopo il
primo pit stop, provocando le (forse giustificate) lamentele di Sainz a fine
gara. Dopo la Safety Car urta la posteriore destra di Bottas, bucandola.
Rimedia un drive through per eccesso di velocità sotto la Safety Car che gli fa
scalare di almeno un punto la nostra valutazione. Ma ora la classifica sorride
al figlio dell’ex compagno di squadra di Schumacher alla Benetton: ai 9 punti
conquistati da Sainz, il minorenne contrappone i propri 22.
7 – a
DANIEL RICCIARDO: Che meriterebbe di più, non fosse per aver causato quel
parapiglia che nel finale ha completamente tagliato fuori un Rosberg che
comunque se l'è cercata, perché con le gomme soft non avrebbe mai dovuto
difendere la posizione dall'australiano. Un anno dopo ritorna sul luogo del
delitto, fa segnare dei tempi al venerdì che spaventano perfino le Mercedes, ma
in gara parte male finendo dietro al fulmine Hülkenberg e al compagno Kvyat
qualificato alle spalle di Daniel. Intuisce che le soft sono la scelta giusta
per attaccare Mercedes e Ferrari dopo la Safety Car, sverniciando
immediatamente un sonnolento Hamilton e puntando dritto alla vittoria. Alla
fine raccoglie il podio, ma sulla bandiera a scacchi guarda i tubi di scarico
del compagno di squadra. Anzi, il gap è talmente elevato che il suo compagno
russo lo rivede direttamente sul podio.
È
riuscito a qualificarsi per la Q3, nonostante il tracciato di Budapest non sia
il migliore per la propria vettura, ROMAIN
GROSJEAN: In gara si dimostra costante e fino a poche tornate dal termine
occupa la sesta posizione. Fino a che non lo raggiunge il carro armato color
argento del Campione del Mondo, che gli fa scalare una posizione. Resta la
soddisfazione di concludere davanti alla Mercedes di Rosberg, oltre a quella di
aver demolito il proprio compagno Maldonado sia in qualifica che in gara.
Stessa
identica gioia, quest’ultima, provata anche da MARCUS ERICSSON: il pilota pagante per definizione stavolta si
trasforma in pilota vero, arrestando senza complimenti (anche lui tanto al
sabato quanto alla domenica) le ambizioni di colui che dovrebbe essere la vera
punta di diamante del team, cioè Nasr. Che troppe volte invece è stato battuto
dallo svedese. La cosa che rende il tutto più prestigioso è che questo duello
intestino vale in realtà un punto mondiale, in un Gran Premio dove la Sauber è
a livello prestazionale la penultima vettura del circus. Punto che si aggiudica
quindi Ericsson.
Marcus Ericsson a punti: un evento più raro
del Giubileo.
|
6 – a
JENSON BUTTON: Seconda gara a punti della stagione in occasione di un
evento, entrambe le McLaren nella top 10, che suscita una quantità di clamore
paragonabile ad un’ipotetica vittoria della Toro Rosso. Il Campione del Mondo
2009 si fa tuttavia battere, ed anche piuttosto nettamente, dal Campione del
Mondo 2005 e 2006: quest’ultimo in gara deve pure fare una sosta extra per il
problema alla visiera di cui abbiamo parlato sopra. Ma se "quest'ultimo" si
chiama Fernando Alonso, che già qualche volta Button ha ridimensionato in
questa stagione, non è uno scandalo terminargli quattro posizioni dietro.
Strappa
la sufficienza anche ROBERTO MERHI:
vince il Gran Premio della categoria GT, staccando di mezzo secondo il compagno
Stevens in qualifica e concludendo davanti anche la domenica. Le Manor
continuano a correre da sole ma è sempre divertente vedere chi dei due si
piazza davanti. Merhi ora è avanti 5-4: il loro campionato è ancora lungo ed
appassionante, e si deciderà molto probabilmente ad Abu Dhabi.
5 – a
CARLOS SAINZ: Lo spagnolino che tanto piace agli addetti ai lavori anche
questa volta ha dovuto incassare i colpi di Verstappen. Un vero e proprio 6 al
superenalotto quello del minorenne olandese, già veloce di suo, ma che si
ritrova un po’ per caso in quarta posizione ottenendo in una sola botta più del
50% dei propri punti mondiali (12 su 22), il 40% di tutti quelli ottenuti dalla
Toro Rosso (30). Difficile da digerire per il figlio del grande Carlos questo
ribaltamento di situazioni, dopo che fino al Gran Premio del Canada nel box
comandava lui. Costretto al ritiro in Ungheria, non aveva comunque il passo per
stare con il compagno, né per stare con Alonso. Ricacciato nel purgatorio della
Q2 proprio da Verstappen, che invece si prende il lusso di far segnare il nono
tempo, il primo dietro le quattro vetture (Mercedes, Ferrari, Red Bull,
Williams) imprendibili in qualifica. Si lamenterà a fine gara della decisione
del suo team di fermare prima l’olandese, che poi sfruttando l’undercut lo
ripasserà dopo la prima sosta: non sembra avere tutti i torti, ma in ogni caso
l’immagine del sorpasso subito dalla McLaren di Alonso è ancora bella nitida.
Compagno
di sventure di Sainz è SERGIO PEREZ:
sfortunato quando si cappotta nelle libere per colpa del cedimento di una
sospensione, meno quando si becca sei decimi in Q2 dall’incontenibile
dirimpettaio del box. Lotta per portare a casa qualche punto, ma quando si
affianca a Maldonado per un sorpasso tutti siamo consapevoli che sta avvenendo
un demolition derby. E infatti Perez, totalmente incolpevole, finisce fuori:
riparte, ma la gara è compromessa. Belli gli autoscontri.
4 – alla
COERENZA DI QUELLI CHE VOLEVANO LA TESTA DI RAIKKONEN: Anni fa, quando
ancora allenava il Siena in Serie B, abbiamo assistito ad una conferenza stampa
di Antonio Conte che, pur non essendo un guru della simpatia a livello
personale (per lo meno dietro i microfoni), sbottava con una puntina di
ragione: “Perché noi ci andiamo in Serie
A, poi che non salga nessuno su quel (bip) di carro”. Domenica 26 luglio e
lunedì 27 luglio 2015 c’è la fila sul carro di Kimi Raikkonen. Un giochino tipicamente
calcistico da pseudo-intenditori, la cui memoria probabilmente non supera i 3-4
giorni e il cui equilibrio mentale tocca livelli vicini allo zero assoluto. A
Sky hanno condannato a morte Raikkonen senza contraddittorio, introducendo una
lista di possibili sostituti tra i quali era compreso perfino il ricco e
pagante ma decisamente scarso (lasciatemela dire questa offensiva parola)
Gutierrez. Domenica sera, invece, il plebiscito pro-Kimi. Al momento attuale
non si vede un pilota (escluso Hülkenberg, uno dei pochissimi che vanno
veramente oltre il potenziale della propria vettura, ma come già detto la
Ferrari non vuole due tedeschi) del livello di guida di Kimi Raikkonen.
Ricciardo è fenomenale, ma nessuno parla della sua di incostanza, e la
soluzione Bottas appare francamente ridicola: un pilota che da solo non fa mai
la differenza, aspettando solamente occasioni e tracciati dove la sua macchina
è oggettivamente fortissima per fare qualche risultato, e non sempre gli riesce.
Bisogna quindi decidersi: che Kimi sia tanto veloce quanto discontinuo lo si sa
ormai da decenni, e in ogni caso anche prima della rottura del motore elettrico
aveva già beccato 10 secondi dal compagno di squadra con ancora una trentina di
giri davanti. Si sia quindi coerenti, sostenendo tuttora la necessità di
sostituirlo per via delle sue distrazioni che comunque ricapiteranno.
Altrimenti già prima della bella prestazione ungherese si doveva comunque
pensare di insistere su di lui, dato che rimane oggettivamente uno dei 4-5
piloti col piede più pesante.
Quel casco rimane per ora ben saldo. Chissà
quando si procederà alla sua decapitazione…
|
3 – a
NICO ROSBERG: Si concentra solo su Lewis, parla sempre di Lewis, si autoconvince
che lui e Lewis siano sempre molto vicini. È probabilmente ossessionato da
Lewis. Chissà se capisce che Vettel, con una macchina inferiore, ha vinto un
numero di gare simile al suo ed è solo 21 punti alle sue spalle. La stessa
differenza che c’è tra lui e Lewis. E che forse, non fosse per il siluro che ha
sotto i piedi e che appiattisce l’abilità dei piloti, il titolo mondiale lo
vedrebbe col binocolo. È talmente paranoico nel duello con Lewis che non
capisce che montando le gomme soft in regime di “virtual Safety Car” andrebbe
probabilmente ad attaccare le Ferrari, anziché semplicemente difendere la
posizione da Lewis, che nel frattempo aveva montato anche lui le medie, ma
perché costretto dal regolamento. Quel “probabilmente” si trasforma in
“certamente” quando esce la Safety Car vera. Ricciardo lo colpisce a
tradimento, ma lui poteva tranquillamente evitare tutta questa situazione. Un
weekend che lo avrebbe agevolmente portato in testa al Mondiale, con lui primo
e Lewis settimo avrebbe recuperato 19 punti. Anziché perderne altri 4, facendo
tirare un bel sospiro a Lewis.
Un
voto così basso se lo meritano anche le WILLIAMS: Le frecce bianche, che a Silverstone
in condizioni di totale asciutto avrebbero dovuto vincere ed invece hanno
buttato via la gara, hanno in Ungheria un calo netto di performance che noi
avevamo in parte previsto. Va meglio a Bottas rispetto a Massa, ma questa
differenza è da attribuire all’evoluzione aerodinamica sul flap dell’alettone
anteriore che solo il pilota finlandese ha potuto montare per via della unicità
del pezzo. Bottas compromette la possibilità di andare a punti per colpa di un
contatto con l’ala di Verstappen che gli perfora lo pneumatico posteriore
destro, ma in questo caso non ci sentiamo di incolpare il sopravvalutato pilota
finlandese. Massa invece ha un’imprecisione nella posizione in griglia al primo
start che gli costa 5 secondi di penalità: lo ritroviamo oltre la decima
posizione per tutta la gara. Il brasiliano spiegherà di non essere riuscito a
vedere la linea gialla dove avrebbe dovuto fermarsi per poi effettuare la partenza.
Respiro in casa Ferrari che con la vittoria di Vettel allunga sulla Williams
nel Mondiale Costruttori.
Si
lamenta sempre molto della scarsa competitività della propria vettura il
miglior debuttante brasiliano della storia della Formula 1. Senna? Piquet?
Fittipaldi? No, scendiamo di livello: Massa? Barrichello? Stiamo parlando di FELIPE NASR: la puntualità delle
rimostranze nei confronti di macchina, motore, team, mancanza di soldi,
mancanza di aggiornamenti, non è la stessa che mostra in pista quando è
chiamato al minimo sindacale, ovvero battere il pilota pagante Ericsson. In
Ungheria gli è sempre, sempre, sempre dietro. Neanche la possibilità di
conquistare quel punto, che poi andrà al compagno di squadra, gli dà quella
motivazione extra per stargli davanti. O forse non è così competitivo come in
molti pensavano. Non si vive di un solo quinto posto, serve costanza. Impari da
Alonso.
2 – a
LEWIS HAMILTON: Ogni commento è superfluo, basta vedere la gara. Anzi,
basta vedere il primo giro. Un voto così “alto” lo merita solo per la splendida
pole position con la quale ha distrutto il biondo al sabato. È di 9-1 il
bilancio in qualifica per Hamilton: e pensare che quello tra Rosberg e Vettel,
nonostante la clamorosa differenza di prestazione proprio sul giro secco tra le
due macchine, è di 8-2 per il figlio di Keke. Per il resto, per la prestazione
in gara, niente da aggiungere.
Si è
preso ben tre penalizzazioni il pilota per hobby PASTOR MALDONADO: mai banale, e ti credo, sono anche io capace di
buttare fuori almeno un avversario in ogni gara. La differenza è che io non ho
ricchi sponsor venezuelani da portare in dote alle indebitate casse del team
Lotus. Pastor è talentuoso, forse, ma decisamente avventuroso e in un team
normale sarebbe stato gentilmente allontanato dopo un paio di gare. Il
passaggio da Raikkonen a lui è stato peggiore di quello che il Milan fece da
Thiago Silva-Ibrahimovic a Zapata-Pazzini. E la classifica ora recita Grosjean
23 e Maldonado 12.
1 – alla
CARROZZERIA FORCE INDIA: Avevamo parlato bene nel pre-gara delle possibili
ambizioni della Force India, che in Ungheria poteva puntare ad un altro
risultato di rilievo. Non potevamo tenere conto del fatto che il team di Vijay
Mallya ha portato a Budapest una vettura non buona neanche per andare sulla
statale. La versione “B” della VJM08, quella col muso con le narici, avrebbe
previsto l’alleggerimento dei bracci delle sospensioni, che hanno tuttavia
ceduto nel clamoroso cappottamento di Perez del venerdì. Per evitare ulteriori
inconvenienti, le sospensioni sono state di nuovo irrigidite prima della
qualifica, con probabile conseguente perdita di feeling di entrambi i piloti.
Non contenti, nel team indiano hanno dovuto ingoiare il collasso dell’ala
anteriore di un incolpevole Hülkenberg ad oltre 300 km/h. Le prestazioni ci
sono, ma con una carrozzeria così fragile e delicata la corsa al quinto posto
nel Mondiale Costruttori è decisamente complicata.
La vocina in sottofondo è parecchio
inquietante: forse perfino più del cappottamento di Perez.
0 – a
NIKI LAUDA: “Invece di lamentarsi gli
altri dovrebbero fare macchine più veloci. Che colpa ne ha la Mercedes se alla
Ferrari gettano solo spaghetti e non mettono in strada la macchina nel modo
giusto?". È questa la frase, pronunciata dopo il Gran Premio di
Silverstone, che vale al supponente austriaco il Premio “Te la sei cercata”
della settimana. Lo ricordiamo questo prestigioso riconoscimento, assegnato a
Nico Rosberg dalla critica internazionale dopo l’Australia, quando il biondino
aveva invitato Vettel al briefing Mercedes per scoprire i segreti della stella
a tre punte. Seb, impassibile, si limitò a vincere la gara successiva, in
Malesia, rifilando 8 secondi ad Hamilton e 12 secondi proprio ad uno sbigottito
Rosberg, per giunta già battuto in qualifica il giorno prima. Sacrosanto lo
sfogo di Arrivabene in Ungheria a fine gara: “Non mi piacciono gli spaghetti, mi son fatto una pizza all'arrabbiata
e l'ho consigliata alla squadra per caricarsi”. Forse il loquace Niki Lauda
dovrebbe avere più rispetto e riconoscenza nei confronti del marchio che lo ha
fatto diventare Niki Lauda.
Voto
meritatissimo anche per la GESTIONE
ECONOMICA DEL TEAM LOTUS: se un pilota inaccettabile come Maldonado non
viene messo in discussione, ciò è presto spiegato. Già dai tempi di Raikkonen
si registravano i primi ritardi di pagamenti, che proseguono tuttora (così si
vocifera) anche nei confronti della fornitura del propulsore Mercedes. Venerdì
mattina si è probabilmente toccato il fondo: la Pirelli ha messo a disposizione
tardivamente i propri pneumatici ai piloti Lotus per colpa dell’ennesima
insolvenza dei vertici della squadra. I soldi portati dalla valigia di
Maldonado non sembrano più sufficienti a garantire la presenza in Formula 1 di
un team che con ogni probabilità sarà totalmente rilevato dalla Renault nella
prossima stagione.
Articolo a cura di Federico Principi
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