venerdì 29 maggio 2015

Unai Emery, lo scultore di finali


Poco tempo fa, quelli che seguono Unai Emery si sono stupiti per una frase. La scorsa stagione, dopo un derby con il Betis pieno di passione, l’allenatore spagnolo fu tacito, sincero, il suo Siviglia "aveva saputo competere". Competere, un qualcosa che non solo è implicito nel suo Siviglia, ma è un'essenza che lo ha accompagnato ovunque lui sia passato.

Un cammino di gloria, lavoro, illusione e fatica.




Calciatore modesto, senza una grande carriera nell'élite del calcio, è stato il ruolo di allenatore che lo ha messo tra i grandi. Terzino sinistro, prima di passare per squadre più rappresentative del calcio spagnolo, Emery ha dimostrato la sua abilità con il pallone in squadre come la Real Sociedad, il Club Deportivo Toledo, il Racing di Ferrol, il Leganès e infine il Lorca, squadra dove appese gli scarpini al chiodo e prese coscienza di quello che sarebbe stato il suo hàbitat naturale: la panchina.




La sua mente aperta e il suo voler imparare lo hanno portato a unire la sua carriera come calciatore con lo studio. Così, le sue tappe a Ferrol, Leganès e Toledo furono accompagnate dal titolo nazionale di allenatore e dalla laurea in "Gestione e amministrazione di aziende sportive", una prova di una mente sempre in lavoro. Forse proprio quella che lo ha portato ad essere oggi uno degli allenatori più in voga nel panorama calcistico mondiale.  

Questa situazione gli aprì una nuova via. Era la giornata 17 della stagione 2004/2005 quando il Lorca cambiò il destino di Unai Emery. Pedro Reverte, presidente e direttore sportivo della squadra di Murcia, oltre che amico personale di Unai, prese una decisione che gli avrebbe cambiato la sua vita. Era il momento che il guipuzcoano prendesse in mano la squadra. A soli 33 anni, la sua vita cambiò completamente.
Nacque suo figlio, si sposò e portò il modesto Lorca in Segunda Division. In meno di tre anni, il Lorca passava dalla fondazione alla gloria lottando nella categoria di plata, come la chiamano in Spagna, e questo si dovette in gran parte ai nuovi metodi imposti da un giovane Emery che già cominciava a far vedere quello che stava per venire.
Nel mondo del pallone si cominciò a parlare con forza di un giovane allenatore che impressionava per il suo temperamento e per la sua conoscenza del calcio. Fu talmente così che la stagione seguente, 2005/2006, l’allenatore vasco fece realtà quello che pochi credevano possibile. La squadra di Murcia riuscì a mantenere la categoria, anzi lottò per salire in Primera fino all’ultima giornata. Emery cominciava a farsi un nome nel calcio spagnolo.
Il Lorca finì quinto nella miglior stagione della sua storia. Unai era il faro di un progetto che non poteva che portare sogni in terre murciane. Durò poco però la vita dell’allenatore vasco a Lorca, un’offerta dall’Almeria lo fece migrare ancora di più a sud per continuare a crescere, correre per quella fascia e urlare, fedele al suo stile, temperamento puro e duro.





Emery cominciava la stagione 2006/2007 con la voglia di dimostrare che i due anni a Lorca non erano stati un miraggio. Quella stessa voglia riportò l’Almeria in Primera Divisiòn 27 anni dopo dall'ultima volta. Lui era l’eroe di una promozione che lo metteva di diritto tra i migliori giovani allenatori. I grandi club già gli avevano messo vari occhi sopra. A 35 anni aveva già l'esperienza necessaria per confrontarsi con il livello più alto del calcio spagnolo. Tutto il mondo parlava dei suoi metodi, dei suoi insegnamenti e della sua determinatezza per voler vincere sempre. Una carriera meteorica che lo portò in 4 anni da giocare in Segunda B ad allenare in Primera, qualcosa che non succede tutti i giorni.


La gestualità di Emery in panchina vista in modo ironico.


Il meglio, però, doveva ancora arrivare e il suo primo anno nel campionato delle stelle gli portò un'altra soddisfazione. Con uno dei budget più bassi della categoria, l'Almeria finì la stagione ottavo, facendo così ancora più grande il nome di Emery, che si inseriva con forza nelle agende di molti direttori sportivi. Una stagione che si ricorderà per sempre nella città andalusa, riuscendo a diventare la seconda miglior squadra appena promossa in Primera di tutta la storia della Liga. Tutto questo lo portò a vincere un biglietto per la piazza spagnola forse più complicata, Valencia. Un grande come la squadra ché, che pochi anni prima si giocava una finale di Champions, si affidava al giovane tecnico per resistere a una delle tappe più difficili degli ultimi anni. Le vendite polemiche di alcuni giocatori, i cambi nella direttiva e lo stesso ambiente non erano favorevoli per un allenatore giovane e senza una grande esperienza in Primera apparte il suo anno spumeggiante all’Almeria. Scommessa e rischio, tutto o niente, ma il carattere vincente e competitivo di Emery avrebbe fatto il resto. Firmò per due anni e ce ne rimase quattro. Dopo una prima stagione di cambi e dubbi, Emery prese in mano la squadra portandola fino al terzo posto per tre stagioni consecutive.




Stagioni di grande prestigio, capolavori tecnici e umani, considerando la vendita di giocatori importanti che caratterizzava la squadra anno dopo anno. Valencia non lo ringraziò mai abbastanza per tutto il lavoro che svolse e se ne andò in silenzio, senza far polemiche. Ora la squadra sta cercando di recuperare con Nuno quel prestigio che speriamo torni: l’allenatore portoghese dimostra a tratti di avere il DNA vincente del vasco.


L'addio di Emery al Valencia. È l'addio di chi ha fatto qualcosa di importante, ma che farà cose ancora più importanti.


Dopo Valencia, lo attendeva una destinazione molto particolare: Mosca. Lo Spartak provò a replicare il modello del calcio spagnolo in Russia ma durò solamente sette mesi: il freddo moscovita non era pronto per il calcio di Unai. Dopo tre mesi fermo, il destino gli dette una nuova opportunità in patria. Il Sevilla lo chiamò per sostituire Michel. Arrivò alla metà di gennaio completando un anno senza troppi elogi, una situazione che lo mise in dubbio e che continuò all’inizio della stagione seguente. Dopo 4 giornate occupava le ultime posizioni e Unai decise che era il momento di invertire la rotta.  




Emery non è più un ragazzino, si è fatto un uomo. Ha saputo creare una squadra rendendo importante ognuno dei suoi giocatori. Ha recuperato giocatori come Banega e Reyes, tra gli altri. Ha migliorato e fatto crescere Coke, Aleix Vidal e Vitolo. Ha lottato contro gli egoismi e ha dato opportunità a tutti di potersi esprimere e di dare il proprio contributo. Ha fatto sedere in panchina chi doveva starci e mai, fedele al suo stile, ha fatto prevalere un nome sopra la squadra. Un allenatore che non lascia trasparire nulla, è esattamente come si vede. Ossessionato dal mondo del calcio. Pazzo per quella fascia e stratega quando si tratta di parlare in conferenza. Un uomo al quale gli costò inserirsi nel mondo Siviglia, ma al quale già guardano i grandi colossi di Europa interessati ad affidare la gestione tecnica. Un vincente nato che riesce a competere e fare squadra.

Dopo l’epoca gloriosa di Juande Ramos, nessun allenatore era riuscito a rimanere così tanto tempo. Fino a che arrivò Unai.




Squadra e allenatore, allenatore e squadra, sono cresciuti insieme. Riaggiustò un sistema che non funzionava per cominciare a scrivere con polso deciso il suo capitolo nella storia sevillista. “Non ho detto che morirò con le mie idee”, diceva qualche tempo fa. Ma sempre ha avuto chiaro che voleva morire con le sue idee. Con un anno in più di contratto dopo essersi classificato matematicamente per giocare in Europa la prossima stagione, chiede godersi gli ultimi momenti di questa stagione prima di sedersi a parlare.
Nell’ambiente sevillista sperano che il capitolo abbia molte pagine e così anche il club. "È l’allenatore ideale", hanno dichiarato in numerose occasioni. Per questo vogliono Emery per un progetto fatto di molti anni.

Questo Emery, che si sta facendo grande a Siviglia, come fa giocare le sue squadre?
Il miglior Siviglia, nella prima fase del campionato, era quello che si poneva come obiettivo un gioco di posizione in cui i giocatori dovevano cercarsi con passaggi corti, rapidi fraseggi. Non che un gioco diretto e più verticale non avesse la sua importanza, ma non dava frutti nella prima parte della stagione come invece li ha dati nella seconda parte del campionato dove la squadra ha saputo bilanciare le due diverse inclinazioni.
I giocatori si cercano tra gli spazi per iniziare la giocata , la presenza di Banega come centrocampista centrale e Denis Suarez come mezzala è fondamentale.
Le due immagini seguenti lasciano vedere chiaramente come Emery usa molto spesso questo gioco di posizione in zone centrali. 


Si può notare la presenza di Banega tra i due centrali per iniziare il gioco e per rompere la pressione iniziale offensiva degli avversarie la presenza delle due mezzali in appoggio per iniziare la giocata.


Il miglior Siviglia non tralascia il gioco in ampiezza ma ottiene migliori risultati quando il gioco sulle fasce è proiettato verso lo sfruttamento della zona centrale ed è in funzione della ricerca dello spazio centralmente.


Suàrez e Deulofeu si posizionano insieme in posizioni interne ma ad altezze del campo diverse.  I quattro giocatori sul lato forte formano un doppio triangolo e si creano opzioni di passaggio per lanciare in profondità.


Se la situazione di gioco non permette il gioco diretto con le punte perché la difesa avversaria non lascia spazio o chiude gli spazi su Iborra, la punta di Emery, il Siviglia prova, costantemente, l’attacco sulle fasce con la salita dei terzini. 


La profondità e l’ampiezza dei laterali aiuta l’attacco della squadra di Emery con il centrocampista che cerca i terzini se non si può giocare direttamente con gli attaccanti (mancanza di profondità o di spazio tra le linee centralmente).


La crescita della squadra andalusa è stata impressionante questa stagione, superando con relativa facilità le eliminatorie in Europa senza perdere mai la vista sulla Liga. Con due finali consecutive in Europa League vinte e il record storico di punti nella Liga le luci si sono accese inesorabilmente sulla crescita dell’allenatore di Hondarribia.
La finale di Varsavia ha segnato un prima e un dopo.
È arrivato il momento di sedersi a parlare di obiettivi, due o tre anni di prolungamento. Non è un questione economica.  L’allenatore è felice a Siviglia e giocare la massima competizione continentale è una sfida che lo attrae. 
La sua lettura delle partite, il "dominio" della lavagna, la gestione della squadra: queste sono i tre massimi principi e le tre maggiori qualità di Unai.




La valutazione di Emery si è alzata partita dopo partita. Tra i suoi meriti abbiamo già citato il recupero di giocatori come Reyes e Banega, sta facendo di Sergio Rico un portiere di prima linea, ha scommesso su Aleix terzino con ottimi risultati.




A Varsavia con il suo Siviglia ha portato a casa la coppa e il biglietto per la prossima Champions da giocare con la squadra plasmata e creata da lui. Questa è una sfida che piacerebbe a Unai Emery.
Sarà ancora Sevilla casa sua o cercherà posto altrove? Le pretendenti non mancano, tra qualche settimana il mistero sarà svelato.


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