martedì 2 febbraio 2016

Le mani sulla città

In un periodo cruciale della stagione il derby è un'occasione per entrambe le squadre di conoscere a fondo se stesse, prendere atto delle proprie lacune e consolidare le proprie certezze.

di Emanuele Mongiardo







Da anni ormai il derby di Milano non ammalia più come una volta. Le ambizioni delle società sono ridimensionate, la caratura dei calciatori in campo non è quella di una decina di anni fa (e non occorre che le varie pagine satirico-calcistiche di Facebook ce lo rinfaccino con la solita foto di Maldini e Zanetti). A partire dalla stagione 2012/2013 il risultato di tutte le stracittadine è stato under, accompagnato da un desolante senso di decadenza, al netto di coreografie spesso sbalorditive. E forse, in tempi di vacche magre, l’importanza di una partita come questa è ancora maggiore, potenzialmente uno dei pochi momenti di gloria in una stagione di stenti. Per entrambe le squadre è il momento della verità: il Milan vuole capire se è quello di Empoli o quello della vittoria casalinga contro la Fiorentina; l’Inter deve provare a salire sull’ultimo treno disponibile per la corsa scudetto, o comunque vuole tentare di superare i viola e distanziare Roma e rossoneri stessi.

Mihajlovic schiera l’ormai canonico 4-4-2. Davanti a Donnarumma Alex affianca Romagnoli con Abate terzino destro, mentre Antonelli a sinistra sembra aver soppiantato definitivamente De Sciglio. Kucka e Montolivo sono la coppia di centrocampo, coadiuvati da Honda a destra e Bonaventura a sinistra. In avanti c’è Niang a supporto di Bacca. 


Mancini invece per l’ennesima volta rimescola uomini e moduli, con un 4-4-2 ai confini del 4-2-3-1: le uniche certezze sono Handanovic tra i pali e Miranda-Murillo centrali di difesa. Per il resto sceglie l’inedita coppia di terzini Juan Jesus-Santon, mentre a centrocampo opta per il doble pivote Brozovic-Medel. Sulle fasce libero sfogo agli slavi Perisic e Ljajic, a sostegno della coppia Jovetic-Eder.


L’atteggiamento dei contendenti nel primo tempo non è aggressivo, sembra si stiano studiando in attesa del momento propizio. Mihajlovic adotta un sistema di marcature a uomo in fase di non possesso facilitato dallo schieramento a specchio dei giocatori dell’Inter. 

Altra scelta in comune:Mancini delle volte autorizza Brozovic ad alzarsi in occasione del primo pressing. Nel Milan per tutta la partita a turno uno tra Kucka e Montolivo si alzerà tra i centrali di centrocampo avversari. Nella prima immagine Handanovic per evitare qualunque rischio chiederà ai suoi di avanzare, costringendo i difendenti del Milan a seguire i propri uomini.

Mancini dal canto suo prova ad eludere il sistema difensivo del rivale concedendo ampie libertà agli attaccanti: nessuno ha una posizione fissa, Perisic cambia più volte lato, spesso Ljajic agisce a ridosso di Jovetic o Eder. In particolare quest’ultimo offre una nuova variabile al tema offensivo dell’Inter: la sua rapidità e i suoi tagli alle spalle della difesa possono creare problemi ai difensori, difatti il lancio in profondità in direzione del brasiliano non è una soluzione così sporadica. L’alternativa alla ricerca dello spazio di Eder restano i tentativi di smarcamento tra le linee di Jovetic e Ljajic. Spesso inoltre l’Inter tenta lo sfondamento sulla destra arrivando al cross rasoterra a seguito di incursioni solitarie di Perisic o Ljajic; tuttavia ogni speranza viene frustrata dal senso della posizione di Alex e dall’assenza di uomini nerazzurri in area.

Rispetto allo schieramento iniziale Perisic ha cambiato versante , Eder è largo a destra e Ljajic agisce da punta.

Anche l’Inter in alcuni accoppiamenti, soprattutto con i terzini, sembra preferire una marcatura a uomo: passare nel giro di poche ore dallo zonismo estremo di Napoli-Empoli a questo tipo di partita è un excursus tattico abbastanza interessante. Il tecnico serbo prova a sfruttare in questo senso due esterni atipici come Bonaventura ed Honda. Si tratta di trequartisti con una discreta intelligenza tattica, capaci di offrire appoggio ai compagni anche venendo dentro il campo, permettendo tra l’altro la sovrapposizione dei terzini. L’apporto determinante dei due alla fase offensiva lo dimostra anche l’elevato numero di cross, ben 16 secondo Squawka, una soluzione piuttosto elementare ma necessaria in un contesto in cerca di certezze come quello milanista. Mancini prova ad arginare la costruzione laterale rossonera con pressione e raddoppi costanti sugli esterni, per evitare che questi possano girarsi o innescare uno dei due attaccanti. In tal caso è importante per il Milan che Bonaventura ed Honda abbiano sempre un appoggio facile, preferibilmente sul centrocampista di riferimento.

Da 4-4-2 a 4-2-2-2. Antonelli in questo caso riuscirà a chiudere la triangolazione con l’ex atalantino.

Proprio in mediana vi è la differenza sostanziale tra le due squadre. In casa Milan spicca la prestazione di un ritrovato Montolivo, importante più da opzione di passaggio semplice e sicura per i compagni che per la qualità delle giocate. In questo senso lo facilita un modulo ricco di riferimenti geometrici come il 4-4-2. L’ex Fiorentina è incaricato di verticalizzare il prima possibile e, nonostante l’imprecisione di alcuni lanci, la presenza di una valvola di sfogo centrale per i passaggi alleggerisce di responsabilità i compagni: ulteriore ricerca di sicurezza, un po’ come i già citati cross. A ciò si aggiunga anche un notevole spessore difensivo, ratificato da ben 5 intercettazioni, secondo solamente ad Alex con 7. Da segnalare di fianco al regista di Caravaggio anche la performance di Kucka. E’ un motorino, in fase difensiva riesce sempre a muoversi in riferimento a compagni ed avversari, ma il meglio lo da negli strappi offensivi: in situazioni di stallo a centrocampo riesce spesso ad infrangere le linee avversarie con incursioni palla al piede. Di contro, non sembra un giocatore così intelligente: a ridosso dell’area effettua sempre la scelta sbagliata, che si tratti di un tiro in curva, di un passaggio fuori misura o di un dribbling di troppo; elevando il proprio QI potrebbe essere uno dei centrocampisti più interessanti del campionato. Di sicuro, con lui ed Hamsik la Slovacchia potrà contare sulla mediana forse più dinamica dell’Europeo.

Nell’Inter invece Medel prova in tutti i modi a conferire un certo equilibrio al centrocampo, ma Brozovic non sembra essere molto collaborativo. Inoltre gli attaccanti tendono a rimanere alti e il cileno è costretto a coprire ampie porzioni di campo. Si sentono spesso critiche nei confronti del Pitbull, ritenuto inadeguato in quel ruolo: si tratta invece di uno dei giocatori di maggior acume tattico in Italia e non solo. Il problema sta nei compagni di reparto, perché Brozovic è troppo indisciplinato per mantenere una mediana a due, Kondogbia è una interno di centrocampo a 3, non è adatto al doble pivote, mentre con Melo la qualità in mezzo cala vistosamente.  

Ulteriore differenza tra le due compagini è il dispiegamento di uomini nella costruzione offensiva. Detto dei soliti isolamenti dell’Inter, l’unico non attaccante a seguire l’azione è Brozovic; per il resto neanche i terzini sembrano autorizzati a spingere. Il Milan invece coinvolge più uomini possibile, proprio come nell’azione precedente il gol di Alex. Bonaventura recupera palla sulla fascia sinistra dopo una scivolata infelice di Brozovic. Niang si allarga sulla fascia (lo farà per tutta la durata del match) mentre Bacca resta riferimento centrale. In questo frangente i due esterni provvisori dell’Inter, Ljajic e Perisic, sembrano disinteressati allo svolgimento dell’azione. Il primo oltretutto non segue la scalata verso destra e resta largo rispetto ai compagni. Quando Bonaventura serve Bacca il serbo rientra frettolosamente, applicando una pressione scriteriata sul colombiano che lo taglia fuori facilmente: il lato sinistro della difesa interista è del tutto scoperto. Abate vi si incunea ed effettua un traversone insidioso deviato in angolo dalla difesa. Dal corner nasce l’incornata di Alex per l’1 a 0.


Nel secondo tempo cresce l’intensità della partita, soprattutto per quel che riguarda la prima pressione. Ljajic, Perisic, Eder e Jovetic alzano notevolmente il proprio baricentro, aumentando la lunghezza della squadra; anche Brozovic sembra avanzare rispetto a Medel. Quando la palla transita nella metà campo avversaria Mihajlovic sposta più avanti di qualche metro Kucka, in modo da formare quasi una sorta di 4-1-2-1-2 (prequel di un 4-3-1-2?), in cui è più facile per lo slovacco convertire la propria energia cinetica in capacità di recuperare palloni in pressing. 


Si tratta però di un’arma a doppio taglio. Ingolosito dalla possibilità di intercettare un passaggio, il 27 rossonero al 68’ sceglie un tempo di pressione sbagliato su Medel. L’innalzamento dell’intensità ha indotto anche il Milan ad allungarsi e Ljajic riesce ad occupare lo spazio alle spalle di Montolivo ed Honda. Riceve il passaggio di Brozovic ed è libero di avanzare fronte alla porta. La linea difensiva rossonera preferisce coprire la profondità con Alex piuttosto che cercare il fuorigioco, ma Icardi è bravo a tagliare tra il brasiliano e Romagnoli e ad incrociare col destro. In un primo tempo Donnarumma respinge, ma sul tentativo di ribattuta Alex commette il fallo da rigore sull’argentino.


Il palo mortifica ogni velleità interista e ne mina la tenuta psicologica e tattica: i quattro attaccanti abdicano per quel che riguarda la fase difensiva, mentre si scioglie definitivamente la coppia Medel-Brozovic, con quest’ultimo sempre più trequartista. Al 71’ addirittura Honda e Niang hanno a disposizione tutto il fianco destro del campo; in questo caso la linea interista resta compatta e Juan Jesus riesce a leggere le intenzioni del francese. Ma il disimpegno in direzione di Brozovic, braccato da Kucka, viene anticipato da Abate che scatena la transizione offensiva: allarga per Niang che pennella verso Bacca, liberatosi da Miranda con un movimento alle spalle da proiettare nelle scuole calcio; il colombiano insacca, 2 a 0. Se il rigore aveva scavato la fossa, questo gol pone la pietra tombale sulla partita.

La spina è staccata soprattutto a livello mentale: Santon in pochi minuti perde due palloni all’altezza dei trenta metri. Al secondo recupero palla Bonaventura può puntare la difesa e servire a destra Niang che in due tempi trafigge Handanovic per il definitivo 3 a 0.


Il derby sembra rinsaldare le gerarchie del campionato
Per i rossoneri la vittoria è un’iniezione di fiducia: soprattutto nello spogliatoio sembra vi sia finalmente comunità d’intenti. Dopo tanto tempo sembra si stiano ritrovando alcune certezze e forse Mihajlovic potrebbe aver individuato il sistema di gioco più consono ai suoi. La rivali per la corsa Champions sono più attrezzate, ma credo che in questo periodo storico per la società di via Turati sia importante ritrovare delle fondamenta sulle quali costruire il futuro piuttosto che un risultato immediato e magari casuale. E per verificare ciò saranno necessarie uscite tatticamente più probanti rispetto a quella di domenica sera.

L’Inter dal canto suo dovrà guardarsi le spalle dalle sferzate di Fiorentina e Roma. A Mancini l’arduo compito di ritrovare il bandolo della matassa per poter dare una sistematicità in senso positivo ai risultati della propria squadra, riducendo al minimo quella componente di contingenza legata al talento dei singoli che sembra una pesante eredità della Premier League. In particolare sarà importante non demoralizzarsi e provare a valorizzare il talento degli slavi, di Eder e di Icardi: dilapidare tanto potenziale offensivo sarebbe un peccato mortale.


Articolo a cura di Emanuele Mongiardo


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