In un periodo cruciale della stagione il derby è un'occasione per entrambe le squadre di conoscere a fondo se stesse, prendere atto delle proprie lacune e consolidare le proprie certezze.
di Emanuele Mongiardo
Da anni ormai il derby di Milano non ammalia più come una volta. Le ambizioni delle società sono ridimensionate, la caratura dei calciatori in campo non è quella di una decina di anni fa (e non occorre che le varie pagine satirico-calcistiche di Facebook ce lo rinfaccino con la solita foto di Maldini e Zanetti). A partire dalla stagione 2012/2013 il risultato di tutte le stracittadine è stato under, accompagnato da un desolante senso di decadenza, al netto di coreografie spesso sbalorditive. E forse, in tempi di vacche magre, l’importanza di una partita come questa è ancora maggiore, potenzialmente uno dei pochi momenti di gloria in una stagione di stenti. Per entrambe le squadre è il momento della verità: il Milan vuole capire se è quello di Empoli o quello della vittoria casalinga contro la Fiorentina; l’Inter deve provare a salire sull’ultimo treno disponibile per la corsa scudetto, o comunque vuole tentare di superare i viola e distanziare Roma e rossoneri stessi.
di Emanuele Mongiardo
Da anni ormai il derby di Milano non ammalia più come una volta. Le ambizioni delle società sono ridimensionate, la caratura dei calciatori in campo non è quella di una decina di anni fa (e non occorre che le varie pagine satirico-calcistiche di Facebook ce lo rinfaccino con la solita foto di Maldini e Zanetti). A partire dalla stagione 2012/2013 il risultato di tutte le stracittadine è stato under, accompagnato da un desolante senso di decadenza, al netto di coreografie spesso sbalorditive. E forse, in tempi di vacche magre, l’importanza di una partita come questa è ancora maggiore, potenzialmente uno dei pochi momenti di gloria in una stagione di stenti. Per entrambe le squadre è il momento della verità: il Milan vuole capire se è quello di Empoli o quello della vittoria casalinga contro la Fiorentina; l’Inter deve provare a salire sull’ultimo treno disponibile per la corsa scudetto, o comunque vuole tentare di superare i viola e distanziare Roma e rossoneri stessi.
Mihajlovic schiera l’ormai canonico 4-4-2. Davanti a
Donnarumma Alex affianca Romagnoli con Abate terzino destro, mentre Antonelli a
sinistra sembra aver soppiantato definitivamente De Sciglio. Kucka e Montolivo
sono la coppia di centrocampo, coadiuvati da Honda a destra e Bonaventura a
sinistra. In avanti c’è Niang a supporto di Bacca.
Mancini invece per l’ennesima volta rimescola uomini e
moduli, con un 4-4-2 ai confini del 4-2-3-1: le uniche certezze sono Handanovic
tra i pali e Miranda-Murillo centrali di difesa. Per il resto sceglie l’inedita
coppia di terzini Juan Jesus-Santon, mentre a centrocampo opta per il doble
pivote Brozovic-Medel. Sulle fasce libero sfogo agli slavi Perisic e Ljajic, a
sostegno della coppia Jovetic-Eder.
L’atteggiamento dei contendenti nel primo tempo non è aggressivo,
sembra si stiano studiando in attesa del momento propizio. Mihajlovic adotta un
sistema di marcature a uomo in fase di non possesso facilitato dallo
schieramento a specchio dei giocatori dell’Inter.
Altra scelta in comune:Mancini delle volte autorizza Brozovic
ad alzarsi in occasione del primo pressing. Nel Milan per tutta la partita a
turno uno tra Kucka e Montolivo si alzerà tra i centrali di centrocampo
avversari. Nella prima immagine Handanovic per evitare qualunque rischio
chiederà ai suoi di avanzare, costringendo i difendenti del Milan a seguire i
propri uomini.
Mancini dal canto suo prova ad eludere il sistema difensivo
del rivale concedendo ampie libertà agli attaccanti: nessuno ha una posizione
fissa, Perisic cambia più volte lato, spesso Ljajic agisce a ridosso di Jovetic
o Eder. In particolare quest’ultimo offre una nuova variabile al tema offensivo
dell’Inter: la sua rapidità e i suoi tagli alle spalle della difesa possono
creare problemi ai difensori, difatti il lancio in profondità in direzione del
brasiliano non è una soluzione così sporadica. L’alternativa alla ricerca dello
spazio di Eder restano i tentativi di smarcamento tra le linee di Jovetic e
Ljajic. Spesso inoltre l’Inter tenta lo sfondamento sulla destra arrivando al
cross rasoterra a seguito di incursioni solitarie di Perisic o Ljajic; tuttavia
ogni speranza viene frustrata dal senso della posizione di Alex e dall’assenza
di uomini nerazzurri in area.
Rispetto allo schieramento iniziale Perisic ha
cambiato versante , Eder è largo a destra e Ljajic agisce da punta.
Anche l’Inter
in alcuni accoppiamenti, soprattutto con i terzini, sembra preferire una
marcatura a uomo: passare nel giro di poche ore dallo zonismo estremo di
Napoli-Empoli a questo tipo di partita è un excursus tattico abbastanza
interessante. Il tecnico serbo prova a sfruttare in questo senso due esterni
atipici come Bonaventura ed Honda. Si tratta di trequartisti con una discreta
intelligenza tattica, capaci di offrire appoggio ai compagni anche venendo
dentro il campo, permettendo tra l’altro la sovrapposizione dei terzini. L’apporto
determinante dei due alla fase offensiva lo dimostra anche l’elevato numero di
cross, ben 16 secondo Squawka, una soluzione piuttosto elementare ma necessaria
in un contesto in cerca di certezze come quello milanista. Mancini prova ad
arginare la costruzione laterale rossonera con pressione e raddoppi costanti
sugli esterni, per evitare che questi possano girarsi o innescare uno dei due
attaccanti. In tal caso è importante per il Milan che Bonaventura ed Honda
abbiano sempre un appoggio facile, preferibilmente sul centrocampista di
riferimento.
Da 4-4-2 a 4-2-2-2. Antonelli in questo caso riuscirà
a chiudere la triangolazione con l’ex atalantino.
Proprio in mediana vi è la differenza sostanziale
tra le due squadre. In casa Milan spicca la prestazione di un ritrovato
Montolivo, importante più da opzione di passaggio semplice e sicura per i
compagni che per la qualità delle giocate. In questo senso lo facilita un
modulo ricco di riferimenti geometrici come il 4-4-2. L’ex Fiorentina è
incaricato di verticalizzare il prima possibile e, nonostante l’imprecisione di
alcuni lanci, la presenza di una valvola di sfogo centrale per i passaggi
alleggerisce di responsabilità i compagni: ulteriore ricerca di sicurezza, un
po’ come i già citati cross. A ciò si aggiunga anche un notevole spessore
difensivo, ratificato da ben 5 intercettazioni, secondo solamente ad Alex con
7. Da segnalare di fianco al regista di Caravaggio anche la performance di
Kucka. E’ un motorino, in fase difensiva riesce sempre a muoversi in
riferimento a compagni ed avversari, ma il meglio lo da negli strappi
offensivi: in situazioni di stallo a centrocampo riesce spesso ad infrangere le
linee avversarie con incursioni palla al piede. Di contro, non sembra un
giocatore così intelligente: a ridosso dell’area effettua sempre la scelta
sbagliata, che si tratti di un tiro in curva, di un passaggio fuori misura o di
un dribbling di troppo; elevando il proprio QI potrebbe essere uno dei
centrocampisti più interessanti del campionato. Di sicuro, con lui ed Hamsik la
Slovacchia potrà contare sulla mediana forse più dinamica dell’Europeo.
Nell’Inter invece Medel prova in tutti i modi a
conferire un certo equilibrio al centrocampo, ma Brozovic non sembra essere
molto collaborativo. Inoltre gli attaccanti tendono a rimanere alti e il cileno
è costretto a coprire ampie porzioni di campo. Si sentono spesso critiche nei
confronti del Pitbull, ritenuto inadeguato in quel ruolo: si tratta invece di
uno dei giocatori di maggior acume tattico in Italia e non solo. Il problema
sta nei compagni di reparto, perché Brozovic è troppo indisciplinato per
mantenere una mediana a due, Kondogbia è una interno di centrocampo a 3, non è
adatto al doble pivote, mentre con Melo la qualità in mezzo cala
vistosamente.
Ulteriore differenza tra le due compagini è il
dispiegamento di uomini nella costruzione offensiva. Detto dei soliti isolamenti
dell’Inter, l’unico non attaccante a seguire l’azione è Brozovic; per il resto
neanche i terzini sembrano autorizzati a spingere. Il Milan invece coinvolge
più uomini possibile, proprio come nell’azione precedente il gol di Alex.
Bonaventura recupera palla sulla fascia sinistra dopo una scivolata infelice di
Brozovic. Niang si allarga sulla fascia (lo farà per tutta la durata del match)
mentre Bacca resta riferimento centrale. In questo frangente i due esterni
provvisori dell’Inter, Ljajic e Perisic, sembrano disinteressati allo
svolgimento dell’azione. Il primo oltretutto non segue la scalata verso destra
e resta largo rispetto ai compagni. Quando Bonaventura serve Bacca il serbo
rientra frettolosamente, applicando una pressione scriteriata sul colombiano
che lo taglia fuori facilmente: il lato sinistro della difesa interista è del
tutto scoperto. Abate vi si incunea ed effettua un traversone insidioso deviato
in angolo dalla difesa. Dal corner nasce l’incornata di Alex per l’1 a 0.
Nel
secondo tempo cresce l’intensità della partita, soprattutto per quel che
riguarda la prima pressione. Ljajic, Perisic, Eder e Jovetic alzano
notevolmente il proprio baricentro, aumentando la lunghezza della squadra;
anche Brozovic sembra avanzare rispetto a Medel. Quando la palla transita nella
metà campo avversaria Mihajlovic sposta più avanti di qualche metro Kucka, in
modo da formare quasi una sorta di 4-1-2-1-2 (prequel di un 4-3-1-2?), in cui è
più facile per lo slovacco convertire la propria energia cinetica in capacità
di recuperare palloni in pressing.
Si tratta però di un’arma a doppio taglio. Ingolosito dalla
possibilità di intercettare un passaggio, il 27 rossonero al 68’ sceglie un
tempo di pressione sbagliato su Medel. L’innalzamento dell’intensità ha indotto
anche il Milan ad allungarsi e Ljajic riesce ad occupare lo spazio alle spalle
di Montolivo ed Honda. Riceve il passaggio di Brozovic ed è libero di avanzare
fronte alla porta. La linea difensiva rossonera preferisce coprire la
profondità con Alex piuttosto che cercare il fuorigioco, ma Icardi è bravo a
tagliare tra il brasiliano e Romagnoli e ad incrociare col destro. In un primo
tempo Donnarumma respinge, ma sul tentativo di ribattuta Alex commette il fallo
da rigore sull’argentino.
Il palo mortifica ogni velleità interista e ne mina
la tenuta psicologica e tattica: i quattro attaccanti abdicano per quel che
riguarda la fase difensiva, mentre si scioglie definitivamente la coppia
Medel-Brozovic, con quest’ultimo sempre più trequartista. Al 71’ addirittura
Honda e Niang hanno a disposizione tutto il fianco destro del campo; in questo
caso la linea interista resta compatta e Juan Jesus riesce a leggere le
intenzioni del francese. Ma il disimpegno in direzione di Brozovic, braccato da
Kucka, viene anticipato da Abate che scatena la transizione offensiva: allarga
per Niang che pennella verso Bacca, liberatosi da Miranda con un movimento alle
spalle da proiettare nelle scuole calcio; il colombiano insacca, 2 a 0. Se il
rigore aveva scavato la fossa, questo gol pone la pietra tombale sulla partita.
La spina è staccata soprattutto a livello mentale:
Santon in pochi minuti perde due palloni all’altezza dei trenta metri. Al secondo recupero palla Bonaventura può puntare la difesa
e servire a destra Niang che in due tempi trafigge Handanovic per il definitivo
3 a 0.
Il
derby sembra rinsaldare le gerarchie del campionato
Per i rossoneri la vittoria è un’iniezione di
fiducia: soprattutto nello spogliatoio sembra vi sia finalmente comunità
d’intenti. Dopo tanto tempo sembra si stiano ritrovando
alcune certezze e forse Mihajlovic potrebbe aver individuato il sistema di gioco
più consono ai suoi. La rivali per la corsa Champions sono più
attrezzate, ma credo che in questo periodo storico per la società di via Turati
sia importante ritrovare delle fondamenta sulle quali costruire il futuro
piuttosto che un risultato immediato e magari casuale. E per verificare ciò
saranno necessarie uscite tatticamente più probanti rispetto a quella di
domenica sera.
L’Inter dal canto suo dovrà guardarsi le spalle
dalle sferzate di Fiorentina e Roma. A Mancini l’arduo compito di ritrovare il
bandolo della matassa per poter dare una sistematicità in senso positivo ai
risultati della propria squadra, riducendo al minimo quella componente di
contingenza legata al talento dei singoli che sembra una pesante eredità della
Premier League. In particolare sarà importante non demoralizzarsi e provare a
valorizzare il talento degli slavi, di Eder e di Icardi: dilapidare tanto
potenziale offensivo sarebbe un peccato mortale.
Articolo a cura di Emanuele Mongiardo