L'Italia di Di Biagio supera la Germania e centra le semifinali
di Emanuele Mongiardo
di Emanuele Mongiardo
La partita con la
Germania rappresenta per l'Italia di Di Biagio l'ultima spiaggia per
evitare di abbandonare anzitempo la Polonia. Un destino beffardo per
il CT romano, messo spalle al muro da una sconfitta inaspettata
proprio come due anni fa: allora era stata la Svezia a infliggere un
sorprendente K.O. agli azzurrini, stavolta è toccato alla Repubblica
Ceca. Così come nel 2015 dunque il destino dell'Italia è nelle mani
di un'altra squadra: un'eventuale vittoria di Schick e compagni
contro la Danimarca costringerebbe la nazionale a superare la
Germania con almeno due gol di scarto.
L'Italia insomma è
sull'orlo del baratro, vittima di un format estremamente elitario che
sembra essere una reazione uguale e contraria (e dunque parimenti
sbagliata) alle formule iper inclusive adottate da UEFA e FIFA a
partire dagli scorsi Europei di Francia. Di Biagio in conferenza
stampa aveva manifestato comunque una certa fiducia nel contesto
tattico di Repubblica Ceca-Danimarca, in cui gli uomini di Lavicka
avrebbero avuto per la prima volta nel corso del torneo il controllo
di pallone e ritmi di gioco.
L'obiettivo degli
azzurri dunque è vincere contro i tedeschi, quantomeno per
raggiungere la soglia minima di sopravvivenza. Per farlo Di Biagio
punta tutto sulla batteria di trequartisti e ali a sua disposizione,
sacrificando Petagna che diventa ufficialmente il Thiago Motta della
nazionale under 21 in quanto bersaglio numero uno di critica e
tifosi. Per il resto giocano i titolarissimi nel consueto 4-3-3, con
Gagliardini forse un po' snaturato nel ruolo di vertice basso di
centrocampo.
La Germania invece,
forte di due sonore vittorie contro Repubblica Ceca e Danimarca, vive
una situazione di classifica piuttosto ambigua: rischia
l'eliminazione in caso di vittoria dei cechi e contemporanea
sconfitta con due gol di scarto, ma in caso di vittoria è certa di
incontrare la Spagna di Saul e Asensio. Con la vittoria della
Danimarca potrebbe però permettersi un passo falso con gli azzurri,
assicurandosi la semifinale contro la meno temibile Inghilterra.
Nel dubbio il CT
tedesco Kuntz si affida al suo undici di riferimento: Pollersbeck tra
i pali, difesa a quattro con Kempf e Stark centrali di difesa e
Gerhardt e Toljan terzini rispettivamente a sinistra e a destra.
Dahoud e capitan Arnold compongono il doble pivote in mediana davanti
a cui giostrano i trequartisti Gnabry, Meyer e Weiser. La punta è
Selke, tecnico e creativo nonostante la stazza imponente alla Mario
Gomez.
Si tratta la
classica partita in cui entrambe le squadre puntano gli occhi sul
campo e le orecchie sulla radiolina o sulle informazioni degli
inviati Rai a bordocampo.
German style
Nonostante la posta in palio entrambe le squadre continuano a seguire
il proprio spartito. La Germania cerca costantemente di creare
superiorità numerica attorno al pallone, risalendo il campo
coinvolgendo più uomini possibile nel palleggio. L'Italia invece è
meno legata a un gioco di tipo posizionale e prova a sviluppare
soprattutto sulle fasce con le combinazioni terzino-mezzala-ala.
Uno dei pochi punti di contatto tra le due squadre è la scelta di
pressare alto.
Di Biagio in fase di non possesso sistema i suoi in un 4-1-4-1 con
Bernardeschi prima punta. Inizialmente il trequartista della
Fiorentina copre il centro per intervenire su un eventuale passaggio
a Dahoud o Arnold. Sui mediani tedeschi si orientano le mezzali
azzurre. Chiesa e Berardi devono invece attaccare il terzino di
riferimento quando in possesso. Il passaggio da centrale a terzino
rappresenta nelle prime fasi di gioco il momento in cui l'Italia
scatena il pressing. L'ala del lato palla attacca il terzino mentre
Bernardeschi si fionda sul centrale più vicino per escluderlo dal
possesso. Contemporaneamente Pellegrini e Benassi attaccano il doble
pivote avversario.
le linee azzurre indicano le direttrici del pressing italiano
Può accadere però che il pressing non sia eseguito con tempi
perfetti e allora Bernardeschi resti tagliato fuori perché c'è
stato il passaggio da un difensore all'altro. E' una situazione
pericolosa perché sia Stark che Kempf, come quasi tutti i centrali
tedeschi di ultima generazione d'altronde, sono dotati di ottimi
piedi e visione di gioco e possono innescare Meyer o una delle due
ali rientranti verso il centro. Di Biagio rimedia autorizzando una
delle due mezzali a seconda del lato palla ad abbandonare il mediano
di riferimento per uscire in pressione sul difensore in possesso,
sempre cercando di oscurare la traccia verso i due centrocampisti
avversari.
Dahoud e Arnold provano a uscire dalla zona d'ombra disponendosi in
verticale o in diagonale l'uno rispetto all'altro. Il primo in
particolare riesce quasi sempre a creare col movimento una linea di
passaggio pulita per il difensore, eseguendo nei casi più estremi
anche la salida lavolpiana. Quando il centrocampista del
Moenchengladbach entra in possesso la prima opzione è la
sventagliata su una delle due ali, di solito Gnabry, con licenza di
puntare il terzino.
Si tratta di uno sviluppo estremamente diretto che confida
innanzitutto nel talento sopra la media dei suoi interpreti, ma è comunque di un piano B da adottare quando ogni linea di
passaggio verso il centro è otturata. Il vero intento della Germania
è infatti occupare gli half space ai lati di Gagliardini per poi
attaccare frontalmente la porta di Donnarumma. In questo senso è
fondamentale il contributo di Meyer, una minaccia costante col suo
movimento orizzontale ai fianchi del centrocampista dell'Inter.
Meyer e Selke tra l'altro tornano spesso utili in fase di possesso
quando l'Italia indirizza la prima costruzione della difesa sulla
fascia. A quel punto i due si allargano con movimenti incontro
interno-esterno verso il lato palla, raggiungendo zone basse di campo
in cui Caldara e Rugani preferiscono non addentrarsi. Rappresentano quindi un'opzione di passaggio libera: i difensori centrali
non vogliono seguirli, i terzini sono impegnati con le ali, gli
uomini in pressing hanno ciascuno un avversario di riferimento.
Barreca controlla Weiser, Pellegrini e Chiesa seguono Dahoud e Toljan. Bernardeschi esce in pressione su Stark. Selke viene incontro, riceve il lancio e appoggia per Dahoud che cambia gioco su Gnabry come se fosse la giocata più semplice del mondo
Per raggiungere la trequarti palla a terra e costringere l'Italia a
difendere all'indietro la Germania sfrutta anche i movimenti dei due
mediani. Si è detto di come Dahoud e Arnold si dispongano in maniera
asimmetrica per cercare una zona di luce in cui offrire un appoggio
ai compagni. Di solito il primo si propone ai difensori, mentre il
centrocampista del Wolfsburg si alza. Può capitare che questi decida
di andare oltre allineandosi con Meyer e determinando il passaggio
momentaneo dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Le due mezzali allora occupano lo
spazio ai lati di Gagliardini dietro Pellegrini e Benassi, che devono
restare più avanzati per poter eventualmente uscire in pressione sui
difensori. Stark e Kempf però, come detto, hanno buone doti di
distribuzione e riescono spesso a innescare Meyer e Arnold. A quel
punto però la Germania non riesce a sfondare perché l'Italia è
brava a ricompattarsi e a difendere la propria area di rigore.
il triangolo di centrocampo tedesco con Meyer e Arnold alle spalle delle mezzali avversarie e ai lati di Gagliardini. Qui Dahoud raggiunge Meyer con un laser pass
Oltre i limiti
Sin
dal percorso di qualificazione, passando per l'esordio vincente con
la Danimarca, l'Italia di Di Biagio non ha mai entusiasmato per
fluidità nella costruzione e nella definizione. Non è casuale che
il gol non sia figlio di un possesso ragionato o di una rapida
combinazione tra gli attaccanti, bensì di una fase di pressione alta
molto ben applicata. Alla mezz'ora del primo tempo gli azzurri
ostacolano una rimessa dal fondo tedesca: Bernardeschi copre Dahoud
che si propone, Chiesa e Berardi controllano i terzini.
Le mezzali partono più arretrate, pronte poi come al solito a
scattare sui mediani. Stark riceve dal portiere, allora Chiesa
abbandona Toljan per pressare il centrale che a quel punto va da
Dahoud; il giocatore di origine Siriana è pressato da Bernardeschi e
alle sue spalle da Pellegrini che in tackle recupera palla e spalanca
la porta al proprio numero dieci. Col gol dell'uno a zero l'Italia
viene a capo di una situazione estremamente complicata, grazie anche
alla contemporanea vittoria danese.
Difatti
l'Italia, così come la Germania, con le proprie trame non riesce a
impensierire Pollersbeck. Da allievo di Zeman Di Biagio vuole
costruire principalmente sulle fasce, coinvolgendo terzino, mezzala e
ala. I tre giocatori sono in continua rotazione e si scambiano spesso
la posizione. Il miglior
interprete di queste giocate, forse anche perché abituato ad
eseguirne di simili con Di Francesco, è Berardi: l'ala di Cariati
legge bene i movimenti di mezzala e terzino ed è eccellente nella
protezione di palla spalle alla porta. La sua assenza potrebbe essere
più pesante del previsto contro i terzini della Rojita,
non proprio irreprensibili quando si tratta di orientarsi sull'uomo.
Esistono
dunque degli
schemi creati per le catene
laterali che però vengono
eseguiti in maniera acritica dai giocatori, senza capire quando è
conveniente provarli e quando occorre invece
tornare indietro e avanzare in un altro modo. Un'interpretazione
che li rende ripetitivi e per questo facili da leggere per gli
avversari.
Se
si riesce a mantenere il possesso in fascia un'opzione importante è
lo scarico su
Gagliardini che cambia gioco sul lato debole, sfruttando le scalate
del 4-4-2 tedesco in fase di non possesso. A questo punto l'ala che
riceve può decidere di
puntare il diretto marcatore o premiare la sovrapposizione del
terzino.
Anche quando con un passaggio dalla difesa (ottima prestazione di
Rugani e Caldara anche in fase di costruzione) si innescano
centralmente le mezzali, si cerca subito l'appoggio su Berardi e
Chiesa che possono, ancora una volta, rientrare o servire i terzini
sulla corsa.
Spesso l'Italia giunge al cross, portando in area stabilmente
Pellegrini, Benassi e l'ala del lato debole. In questo contesto
l'impatto di Bernardeschi sulla fase di possesso purtroppo è minimo.
Innanzitutto perché la
ricezione tra le linee è diversa da quella tipica della Fiorentina
di Sousa: con i viola Federico rientra dalla fascia e riceve spesso
in movimento, orientando con lo stop conduzione e posizione del
corpo; qui invece deve
abbassarsi e giocare spalle alla porta, situazione in cui può
migliorare sensibilmente ma che spesso lo porta a commettere errori
tecnici per via della
pressione e dell'impatto fisico del difensore.
In più giocando da attaccante centrale non viene coinvolto nelle
interazioni laterali che caratterizzano il gioco dell'Italia. Certo,
l'ex crotonese ha pressato per tutta la partita e ha siglato il gol
vittoria, ma il suo schieramento da prima punta in luogo di Petagna
non ha garantito alcun vantaggio tattico.
Verosimilmente contro la Spagna il nove atalantino tornerà titolare,
con Bernardeschi dirottato nella sua comfort zone. L'ingresso di
Petagna permetterà di appoggiarsi a lui anche con i lanci,
situazione alle volte utile per una squadra con difficoltà nella
risalita palleggiata del campo. Senza dimenticare che nel contesto
delle nazionali under 21 il centravanti orobico ha dimostrato di
saper sfruttare a proprio vantaggio il contatto con difensori acerbi
che si lasciano aggirare dal suo uso del fisico.
pensateci due volte prima di dire che Petagna è scarso
La Rojita è la nazionale con
più talento in questo Europeo. Tuttavia è una squadra che talvota preferisce lasciare il pallone tra i piedi di avversari anche inferiori come la Macedonia. Proprio il match con la
nazionale slava ha palesato le difficoltà della Spagna nel difendere
posizionalmente; i macedoni hanno raggiunto più volte la trequarti
col possesso palla e la difesa ha sofferto particolarmente i tagli
delle ali tra terzino e centrale. Se l'Italia non ama sviluppare il
possesso palla per attaccare gli spazi di mezzo, può comunque contare sui movimenti in profondità dei propri esterni.
Dal punto di vista difensivo sarà
importante non lasciare troppo solo Gagliardini a centrocampo; contro
la Germania le corse all'indietro hanno permesso di isterilire le
ricezioni di Meyer di fianco al nostro numero diciotto, ma contro
Asensio potrebbe non bastare. Per non rinunciare alla pressione delle
mezzali, si potrebbero invitare Caldara o Rugani a uscire in maniera
aggressiva, quando possibile, sull'avversario tra le linee.
Sarà bene concentrare la produzione sulla fascia destra, anche perché a sinistra un
giocatore che punta molto sull'atletismo in conduzione come Chiesa
potrebbe andare in difficoltà con un difensore altrettanto rapido
quale Bellerin. Da tenere d'occhio il duello tra
Bernardeschi e uno tra Jonny Castro e Gaya, spesso
lacunosi dal punto di vista difensivo.
Sulla nostra destra tra l'altro agisce di solito anche un
centrocampista poco propenso a difendere come Suarez senza
dimenticare che Asensio potrebbe essere sgravato di qualche compito
difensivo. Attaccare con costanza la loro catena sinistra potrebbe
essere un dettaglio decisivo, in una partita in cui piccoli
accorgimenti potrebbero fare la differenza.
di Emanuele Mongiardo
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