lunedì 26 giugno 2017

Scampato pericolo

L'Italia di Di Biagio supera la Germania e centra le semifinali

di Emanuele Mongiardo




La partita con la Germania rappresenta per l'Italia di Di Biagio l'ultima spiaggia per evitare di abbandonare anzitempo la Polonia. Un destino beffardo per il CT romano, messo spalle al muro da una sconfitta inaspettata proprio come due anni fa: allora era stata la Svezia a infliggere un sorprendente K.O. agli azzurrini, stavolta è toccato alla Repubblica Ceca. Così come nel 2015 dunque il destino dell'Italia è nelle mani di un'altra squadra: un'eventuale vittoria di Schick e compagni contro la Danimarca costringerebbe la nazionale a superare la Germania con almeno due gol di scarto.

L'Italia insomma è sull'orlo del baratro, vittima di un format estremamente elitario che sembra essere una reazione uguale e contraria (e dunque parimenti sbagliata) alle formule iper inclusive adottate da UEFA e FIFA a partire dagli scorsi Europei di Francia. Di Biagio in conferenza stampa aveva manifestato comunque una certa fiducia nel contesto tattico di Repubblica Ceca-Danimarca, in cui gli uomini di Lavicka avrebbero avuto per la prima volta nel corso del torneo il controllo di pallone e ritmi di gioco.

L'obiettivo degli azzurri dunque è vincere contro i tedeschi, quantomeno per raggiungere la soglia minima di sopravvivenza. Per farlo Di Biagio punta tutto sulla batteria di trequartisti e ali a sua disposizione, sacrificando Petagna che diventa ufficialmente il Thiago Motta della nazionale under 21 in quanto bersaglio numero uno di critica e tifosi. Per il resto giocano i titolarissimi nel consueto 4-3-3, con Gagliardini forse un po' snaturato nel ruolo di vertice basso di centrocampo.

La Germania invece, forte di due sonore vittorie contro Repubblica Ceca e Danimarca, vive una situazione di classifica piuttosto ambigua: rischia l'eliminazione in caso di vittoria dei cechi e contemporanea sconfitta con due gol di scarto, ma in caso di vittoria è certa di incontrare la Spagna di Saul e Asensio. Con la vittoria della Danimarca potrebbe però permettersi un passo falso con gli azzurri, assicurandosi la semifinale contro la meno temibile Inghilterra.

Nel dubbio il CT tedesco Kuntz si affida al suo undici di riferimento: Pollersbeck tra i pali, difesa a quattro con Kempf e Stark centrali di difesa e Gerhardt e Toljan terzini rispettivamente a sinistra e a destra. Dahoud e capitan Arnold compongono il doble pivote in mediana davanti a cui giostrano i trequartisti Gnabry, Meyer e Weiser. La punta è Selke, tecnico e creativo nonostante la stazza imponente alla Mario Gomez.

Si tratta la classica partita in cui entrambe le squadre puntano gli occhi sul campo e le orecchie sulla radiolina o sulle informazioni degli inviati Rai a bordocampo.



German style

Nonostante la posta in palio entrambe le squadre continuano a seguire il proprio spartito. La Germania cerca costantemente di creare superiorità numerica attorno al pallone, risalendo il campo coinvolgendo più uomini possibile nel palleggio. L'Italia invece è meno legata a un gioco di tipo posizionale e prova a sviluppare soprattutto sulle fasce con le combinazioni terzino-mezzala-ala.

Uno dei pochi punti di contatto tra le due squadre è la scelta di pressare alto.

Di Biagio in fase di non possesso sistema i suoi in un 4-1-4-1 con Bernardeschi prima punta. Inizialmente il trequartista della Fiorentina copre il centro per intervenire su un eventuale passaggio a Dahoud o Arnold. Sui mediani tedeschi si orientano le mezzali azzurre. Chiesa e Berardi devono invece attaccare il terzino di riferimento quando in possesso. Il passaggio da centrale a terzino rappresenta nelle prime fasi di gioco il momento in cui l'Italia scatena il pressing. L'ala del lato palla attacca il terzino mentre Bernardeschi si fionda sul centrale più vicino per escluderlo dal possesso. Contemporaneamente Pellegrini e Benassi attaccano il doble pivote avversario.

le linee azzurre indicano le direttrici del pressing italiano

Può accadere però che il pressing non sia eseguito con tempi perfetti e allora Bernardeschi resti tagliato fuori perché c'è stato il passaggio da un difensore all'altro. E' una situazione pericolosa perché sia Stark che Kempf, come quasi tutti i centrali tedeschi di ultima generazione d'altronde, sono dotati di ottimi piedi e visione di gioco e possono innescare Meyer o una delle due ali rientranti verso il centro. Di Biagio rimedia autorizzando una delle due mezzali a seconda del lato palla ad abbandonare il mediano di riferimento per uscire in pressione sul difensore in possesso, sempre cercando di oscurare la traccia verso i due centrocampisti avversari.



Dahoud e Arnold provano a uscire dalla zona d'ombra disponendosi in verticale o in diagonale l'uno rispetto all'altro. Il primo in particolare riesce quasi sempre a creare col movimento una linea di passaggio pulita per il difensore, eseguendo nei casi più estremi anche la salida lavolpiana. Quando il centrocampista del Moenchengladbach entra in possesso la prima opzione è la sventagliata su una delle due ali, di solito Gnabry, con licenza di puntare il terzino.

Si tratta di uno sviluppo estremamente diretto che confida innanzitutto nel talento sopra la media dei suoi interpreti, ma è comunque di un piano B da adottare quando ogni linea di passaggio verso il centro è otturata. Il vero intento della Germania è infatti occupare gli half space ai lati di Gagliardini per poi attaccare frontalmente la porta di Donnarumma. In questo senso è fondamentale il contributo di Meyer, una minaccia costante col suo movimento orizzontale ai fianchi del centrocampista dell'Inter.

Meyer e Selke tra l'altro tornano spesso utili in fase di possesso quando l'Italia indirizza la prima costruzione della difesa sulla fascia. A quel punto i due si allargano con movimenti incontro interno-esterno verso il lato palla, raggiungendo zone basse di campo in cui Caldara e Rugani preferiscono non addentrarsi. Rappresentano quindi un'opzione di passaggio libera: i difensori centrali non vogliono seguirli, i terzini sono impegnati con le ali, gli uomini in pressing hanno ciascuno un avversario di riferimento.


Barreca controlla Weiser, Pellegrini e Chiesa seguono Dahoud e Toljan. Bernardeschi esce in pressione su Stark. Selke viene incontro, riceve il lancio e appoggia per Dahoud che cambia gioco su Gnabry come se fosse la giocata più semplice del mondo

Per raggiungere la trequarti palla a terra e costringere l'Italia a difendere all'indietro la Germania sfrutta anche i movimenti dei due mediani. Si è detto di come Dahoud e Arnold si dispongano in maniera asimmetrica per cercare una zona di luce in cui offrire un appoggio ai compagni. Di solito il primo si propone ai difensori, mentre il centrocampista del Wolfsburg si alza. Può capitare che questi decida di andare oltre allineandosi con Meyer e determinando il passaggio momentaneo dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Le due mezzali allora occupano lo spazio ai lati di Gagliardini dietro Pellegrini e Benassi, che devono restare più avanzati per poter eventualmente uscire in pressione sui difensori. Stark e Kempf però, come detto, hanno buone doti di distribuzione e riescono spesso a innescare Meyer e Arnold. A quel punto però la Germania non riesce a sfondare perché l'Italia è brava a ricompattarsi e a difendere la propria area di rigore.

il triangolo di centrocampo tedesco con Meyer e Arnold alle spalle delle mezzali avversarie e ai lati di Gagliardini. Qui Dahoud raggiunge Meyer con un laser pass

Oltre i limiti

Sin dal percorso di qualificazione, passando per l'esordio vincente con la Danimarca, l'Italia di Di Biagio non ha mai entusiasmato per fluidità nella costruzione e nella definizione. Non è casuale che il gol non sia figlio di un possesso ragionato o di una rapida combinazione tra gli attaccanti, bensì di una fase di pressione alta molto ben applicata. Alla mezz'ora del primo tempo gli azzurri ostacolano una rimessa dal fondo tedesca: Bernardeschi copre Dahoud che si propone, Chiesa e Berardi controllano i terzini. Le mezzali partono più arretrate, pronte poi come al solito a scattare sui mediani. Stark riceve dal portiere, allora Chiesa abbandona Toljan per pressare il centrale che a quel punto va da Dahoud; il giocatore di origine Siriana è pressato da Bernardeschi e alle sue spalle da Pellegrini che in tackle recupera palla e spalanca la porta al proprio numero dieci. Col gol dell'uno a zero l'Italia viene a capo di una situazione estremamente complicata, grazie anche alla contemporanea vittoria danese.



Difatti l'Italia, così come la Germania, con le proprie trame non riesce a impensierire Pollersbeck. Da allievo di Zeman Di Biagio vuole costruire principalmente sulle fasce, coinvolgendo terzino, mezzala e ala. I tre giocatori sono in continua rotazione e si scambiano spesso la posizione. Il miglior interprete di queste giocate, forse anche perché abituato ad eseguirne di simili con Di Francesco, è Berardi: l'ala di Cariati legge bene i movimenti di mezzala e terzino ed è eccellente nella protezione di palla spalle alla porta. La sua assenza potrebbe essere più pesante del previsto contro i terzini della Rojita, non proprio irreprensibili quando si tratta di orientarsi sull'uomo.

Esistono dunque degli schemi creati per le catene laterali che però vengono eseguiti in maniera acritica dai giocatori, senza capire quando è conveniente provarli e quando occorre invece tornare indietro e avanzare in un altro modo. Un'interpretazione che li rende ripetitivi e per questo facili da leggere per gli avversari.



Se si riesce a mantenere il possesso in fascia un'opzione importante è lo scarico su Gagliardini che cambia gioco sul lato debole, sfruttando le scalate del 4-4-2 tedesco in fase di non possesso. A questo punto l'ala che riceve può decidere di puntare il diretto marcatore o premiare la sovrapposizione del terzino.

Anche quando con un passaggio dalla difesa (ottima prestazione di Rugani e Caldara anche in fase di costruzione) si innescano centralmente le mezzali, si cerca subito l'appoggio su Berardi e Chiesa che possono, ancora una volta, rientrare o servire i terzini sulla corsa.

Spesso l'Italia giunge al cross, portando in area stabilmente Pellegrini, Benassi e l'ala del lato debole. In questo contesto l'impatto di Bernardeschi sulla fase di possesso purtroppo è minimo. Innanzitutto perché la ricezione tra le linee è diversa da quella tipica della Fiorentina di Sousa: con i viola Federico rientra dalla fascia e riceve spesso in movimento, orientando con lo stop conduzione e posizione del corpo; qui invece deve abbassarsi e giocare spalle alla porta, situazione in cui può migliorare sensibilmente ma che spesso lo porta a commettere errori tecnici per via della pressione e dell'impatto fisico del difensore. In più giocando da attaccante centrale non viene coinvolto nelle interazioni laterali che caratterizzano il gioco dell'Italia. Certo, l'ex crotonese ha pressato per tutta la partita e ha siglato il gol vittoria, ma il suo schieramento da prima punta in luogo di Petagna non ha garantito alcun vantaggio tattico.

Verosimilmente contro la Spagna il nove atalantino tornerà titolare, con Bernardeschi dirottato nella sua comfort zone. L'ingresso di Petagna permetterà di appoggiarsi a lui anche con i lanci, situazione alle volte utile per una squadra con difficoltà nella risalita palleggiata del campo. Senza dimenticare che nel contesto delle nazionali under 21 il centravanti orobico ha dimostrato di saper sfruttare a proprio vantaggio il contatto con difensori acerbi che si lasciano aggirare dal suo uso del fisico.


pensateci due volte prima di dire che Petagna è scarso


La Rojita è la nazionale con più talento in questo Europeo. Tuttavia è una squadra che talvota preferisce lasciare il pallone tra i piedi di avversari anche inferiori come la Macedonia. Proprio il match con la nazionale slava ha palesato le difficoltà della Spagna nel difendere posizionalmente; i macedoni hanno raggiunto più volte la trequarti col possesso palla e la difesa ha sofferto particolarmente i tagli delle ali tra terzino e centrale. Se l'Italia non ama sviluppare il possesso palla per attaccare gli spazi di mezzo, può comunque contare sui movimenti in profondità dei propri esterni.

Dal punto di vista difensivo sarà importante non lasciare troppo solo Gagliardini a centrocampo; contro la Germania le corse all'indietro hanno permesso di isterilire le ricezioni di Meyer di fianco al nostro numero diciotto, ma contro Asensio potrebbe non bastare. Per non rinunciare alla pressione delle mezzali, si potrebbero invitare Caldara o Rugani a uscire in maniera aggressiva, quando possibile, sull'avversario tra le linee.


Sarà bene concentrare la produzione sulla fascia destra, anche perché a sinistra un giocatore che punta molto sull'atletismo in conduzione come Chiesa potrebbe andare in difficoltà con un difensore altrettanto rapido quale Bellerin. Da tenere d'occhio il duello tra Bernardeschi e uno tra Jonny Castro e Gaya, spesso lacunosi dal punto di vista difensivo. Sulla nostra destra tra l'altro agisce di solito anche un centrocampista poco propenso a difendere come Suarez senza dimenticare che Asensio potrebbe essere sgravato di qualche compito difensivo. Attaccare con costanza la loro catena sinistra potrebbe essere un dettaglio decisivo, in una partita in cui piccoli accorgimenti potrebbero fare la differenza.



di Emanuele Mongiardo

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