martedì 9 agosto 2016

L'ossessione dell'oro

Il Brasile non ha mai vinto l'oro olimpico nel calcio. Nonostante alcuni problemi e due pareggi iniziali, non può fallire nell'appuntamento casalingo di Rio de Janeiro.

di Federico Principi







La disciplina del calcio ai Giochi Olimpici è stata introdotta nella seconda edizione delle Olimpiadi moderne a Parigi nel 1900 e da lì sempre inclusa nel programma, ad eccezione di Los Angeles 1932. 

La prima partecipazione del Brasile si registra a Helsinki 1952, due anni dopo il terrificante Maracanazo dei Mondiali casalinghi ad opera dei rivali dell'Uruguay. Il Brasile non va oltre i quarti di finale e non entra in zona medaglia. Per tornare ad avere possibilità di indossare un metallo al collo i verdeoro dovranno aspettare Montréal 1976, ma cederanno all'Unione Sovietica nella finale per il bronzo. 

Da Los Angeles 1984 - ad eccezione delle edizioni 1992 e 2004 in cui non si qualifica - il Brasile tornerà sempre ad ambire alla medaglia d'oro, senza riuscirci: due argenti nel 1984 e nel 1988 (sconfitte rispettivamente contro Francia e di nuovo Unione Sovietica), bronzo ad Atlanta 1996, quarti di finale a Sydney 2000, di nuovo bronzo a Pechino 2008 fino al sanguinosissimo argento di Londra 2012, condannati alla disfatta dal Messico dopo aver portato ai giochi perfino Thiago Silva e Marcelo come fuoriquota.

Il Messico piega il Brasile a Wembley, a sorpresa.

Il Brasile si presenta quindi ai giochi di Rio condannato a vincere, nella prima Olimpiade ospitata in patria, due anni dopo la seconda competizione mondiale persa in casa dopo il terribile 7-1 subìto dalla Germania. Per evitare la terza delusione in un torneo globale organizzato dal Paese carioca, il Brasile si è dotato di due fuoriquota di alto livello (Renato Augusto e soprattutto Neymar) e di under 23 già blasonati come Marquinhos e Felipe Anderson e altri finiti nell'occhio del ciclone in questa ultima sessione di mercato come Gabriel Barbosa (conosciuto da tutti come Gabigol) e Gabriel Jesus, appena acquistato dal Manchester City di Guardiola.

Le difficoltà contro il Sudafrica
La partita inaugurale di una manifestazione per Nazionali - soprattutto rappresentando la Nazione di casa - si può trasformare in alcuni casi in una passerella particolarmente trionfale, in altri in un'esibizione contratta e condizionata dal contesto in cui si fa fatica ancora a rompere il ghiaccio. Al di là dell'emozione e del risultato sicuramente negativo (uno 0-0 contro una selezione decisamente inferiore a livello di organico), il Brasile ha comunque evidenziato al suo esordio alcune lacune che ne hanno fortemente condizionato la prestazione.

Con un roster formato da gente con i piedi buoni in tutte le zone del campo la conseguenza naturale è che il Brasile ha quasi sempre il possesso in mano. Fin dalla costruzione bassa, però, si sono palesate alcune incongruenze che impediscono ai verdeoro di sfruttare tutto il proprio potenziale.

Il Brasile si è schierato con un vero e proprio 4-3-3, con Felipe Anderson mezzala destra a tutti gli effetti a fianco del mediano Thiago Maia e dell'altra mezzala Renato Augusto. Gli elementi offensivi erano Neymar e Gabigol esterni a piede invertito e Gabriel Jesus schierato di base come prima punta, ma in realtà più volte libero di scambiarsi la propria posizione proprio con Gabigol.

In questo modo in fase di possesso i terzini della linea a 4 avrebbero dovuto sfruttare le capacità nel dribbling di Neymar e Gabigol per attaccare in ampiezza, complice anche il fatto che nessuno dei due esterni offensivi abbia la tendenza ad andare sul fondo con il piede debole e che le marcature del Sudafrica fossero estremamente orientate all'uomo e quindi propense a lasciare spazi in ampiezza nel momento in cui un esterno offensivo rientrava verso il centro. In realtà la posizione dei terzini era estremamente timida fin da inizio azione, probabilmente per paura di lasciare ampi spazi alle spalle in caso di (molto molto improbabile) perdita del pallone o comunque per lasciare l'opzione di scaricare lateralmente la costruzione bassa.

I due terzini, Zeca a destra e Douglas Santos a sinistra, sopra la linea dei centrali ma comunque abbastanza bassi. La prima linea di pressing dei due attaccanti sudafricani è piuttosto bassa e poco aggressiva e Thiago Maia non ha bisogno di allinearsi a Marquinhos e Rodrigo Caio per evitare un ipotetico 2vs2 delle punte sudafricane contro i centrali brasiliani.

Con una pressione poco convinta da parte delle due punte avversarie la salida lavolpiana formata dall'abbassamento di Thiago Maia non era necessaria, ma date le difficoltà del Brasile ad aprire il campo in ampiezza l'allargamento dei due centrali avrebbe permesso ai terzini di sentirsi molto più liberi di spingersi in avanti dando una mano agli esterni offensivi e allargando la difesa avversaria, senza dover per forza sviluppare azioni sempre in zone piuttosto centrali.

Anche in questo caso Thiago Maia rimane un po' più avanzato dei centrali che rimangono stretti, ma con la mezzala Renato Augusto che si apre lateralmente, Douglas Santos si sente molto più libero di avanzare a metà campo mentre Zeca rimane invece molto basso. Se i centrali si aprissero molto di più, non sarebbe necessario l'allargamento di una mezzala per rassicurare il terzino ad abbandonare la propria posizione sicura a protezione.

Il problema del mancato sfruttamento dell'ampiezza è diventato una certezza in più nelle mani del Sudafrica che in questo modo ha avuto più facilità a difendere, concentrandosi principalmente nelle zone centrali ben sapendo che sarebbero state quelle quasi esclusivamente attaccate dal Brasile.

Da poco più di mezz'ora dal fischio finale i verdeoro hanno anche avuto l'opportunità di sfruttare la superiorità numerica per l'espulsione del mediano sudafricano Mvala. Con la pressione che saliva per un risultato che non arrivava, il Brasile si è però affidato principalmente a combinazioni strette tra i solisti con Neymar sempre coinvolto (grazie a una di queste, Gabigol ha sfiorato il gol del vantaggio), attaccando in questo modo la difesa schierata del Sudafrica e senza cercare una più prevedibile ampia circolazione del pallone alla ricerca di uno spazio o un uomo inevitabilmente liberi. I "Bafana Bafana", nonostante l'inferiorità numerica, si sono così chiusi centralmente sapendo che il target dell'azione verdeoro sarebbe stato proprio quello.

La mezzala Luan, subentrato a Felipe Anderson, chiede l'uno-due a Neymar che gli restituisce il pallone. Al Sudafrica basta tenere due uomini su Luan e in generale 5 uomini sui 4 offensivi del Brasile per neutralizzare la manovra. La linea sudafricana è strettissima e ci sarebbe un'autostrada per il terzino Douglas Santos, timido ad attaccare lo spazio e per di più ignorato dai compagni offensivi che vogliono fare tutto da soli, anticipati nelle intenzioni dai difensori del Sudafrica.

Negli ultimissimi minuti, infatti, con il Sudafrica ormai schiacciatissimo i terzini carioca si sono finalmente presi libertà di attaccare gli spazi, senza più paura di difendere, e hanno così allargato le maglie della difesa avversaria approfittando dell'accentramento degli esterni. Era comunque ormai troppo tardi per realizzare il gol del vantaggio.

Con Neymar che viene molto dentro, Zeca (passato a sinistra dopo l'uscita dal campo di Douglas Santos) si alza e finalmente disordina e allarga la linea sudafricana. Con Gabigol e Gabriel Jesus marcati nuovamente a uomo, ci sarebbe lo spazio per la rifinitura di Rafinha sia verso Zeca sulla corsa, sia soprattutto verso Luan che attacca lo spazio intermedio, ma il centrocampista del Barça (subentrato anche lui) ignorerà la possibilità di aprire il gioco verso quella zona di campo.

Un altro problema che ha limitato le capacità del Brasile di creare occasioni da gol contro una difesa schierata è stato l'assenza di prime punte di ruolo. Nessuno tra Neymar, Gabigol e Gabriel Jesus possiede in quello di centravanti il proprio ruolo naturale e Micale ha dovuto adattare principalmente proprio Gabriel Jesus in quella posizione, alternandolo in alcuni casi con Gabigol che però serviva nel suo piano come esterno destro mancino. Il neo-acquisto del City ha mostrato un'ottima tendenza a tagliare in verticale solo in situazioni dinamiche, non disordinando praticamente mai la difesa sudafricana con movimenti sull'asse verticale o in diagonale (sia a venire incontro per portare via un uomo - viste anche le spiccate marcature a uomo del Sudafrica - sia ad andare in profondità per allungare le spaziature) nel momento in cui la linea del Sudafrica era schierata in situazioni statiche, come per gran parte del secondo tempo.

Lo stesso Felipe Anderson, come visto in un'istantanea soprastante, è stato coinvolto molto centralmente nelle fasi di uscita del pallone, sfruttando ovviamente la sua grande tecnica, e molto più raramente ha attaccato l'ampiezza aperta dal movimento di Gabigol verso il centro. Una soluzione che il Brasile avrebbe potuto sfruttare poteva essere infatti quella (favorita dal 4-3-3) di creare catene laterali a 3 uomini con continui interscambi di posizioni e poi sfruttare la superiorità numerica eventuale in quella fascia, o cambiare gioco verso il lato debole trovando l'esterno opposto pronto all'1vs1 isolato. Soprattutto la catena di destra, grazie proprio alla presenza di Felipe Anderson, poteva essere sfruttata maggiormente anche per isolare Neymar sul lato opposto, rendendolo devastante nell'1vs1 nonostante non sembri più esattamente brillante come nei giorni migliori.

Qui in posizione di esterno destro c'è Gabriel Jesus. Seguito a uomo dal terzino Mekoa (da notare quanto si allontana dalla linea difensiva), libera lo spazio attaccato da Felipe Anderson (seguito a uomo dal mediano Mvala) che viene lanciato in un movimento che il laziale è abituato a fare. L'azione comunque è piuttosto individuale e non rientra in un piano tattico di creazione di una catena laterale.

Le correzioni contro l'Iraq
Il Brasile ha ottenuto lo stesso risultato nella seconda partita contro l'Iraq, dopo aver espresso un gioco più fluido e più completo, nonostante tutto. Rogerio Micale ha opportunamente apportato delle modifiche che hanno rivisto il modo di attaccare della sua squadra anche se non le hanno consentito di sbloccare il risultato, ma solo per colpa di circostanze sfortunate.

La formazione di partenza era apparentemente la stessa, ma proprio per cercare di attaccare meglio l'ampiezza Micale ha scambiato di posizione Felipe Anderson e Renato Augusto, portandoli rispettivamente sul centro-sinistra e sul centro-destra.

L'azione partiva dall'uscita di un difensore centrale verso Renato Augusto che nel frattempo raggiungeva praticamente in ogni occasione la linea di Marquinhos e Rodrigo Caio. In alcune occasioni si creava addirittura un rombo con Thiago Maia vertice alto, Marquinhos vertice basso e Renato Augusto e Rodrigo Caio vertici laterali per facilitare l'uscita del pallone, con i terzini più alti (verso la linea di centrocampo) per occupare l'ampiezza.

Il rombo basso che consolida il possesso e permette al resto della squadra di stare più alta.

Nella maggior parte dei casi Renato Augusto veniva invece sul centro-destra per dare modo a Zeca di attaccare lo spazio in avanti, che talvolta era lo spazio interno vista la posizione di Gabigol (ma anche di Gabriel Jesus) non di rado praticamente coincidente alla linea laterale. Zeca insieme all'esterno offensivo di turno allargavano e mettevano in crisi la difesa iraqena sulle scelte da effettuare in copertura e molto spesso il Brasile ha creato occasioni da quel lato, senza tuttavia mai effettuare un cambio di gioco sfruttando il lato debole.

L'avvio della catena di destra, fonte principale delle azioni brasiliane contro l'Iraq. Il giro palla difensivo si conclude con Renato Augusto che viene vicino a Marquinhos, mentre Zeca si alza e occupa lo spazio interno vista la posizione larghissima di Gabigol (fuori inquadratura).

Meno di frequente - e in modo stranamente meno efficace visti gli interpreti (Felipe Anderson e Neymar) - veniva attivata la catena di sinistra, nella quale il terzino Douglas Santos faceva da contraltare all'aggressività di Zeca e rimaneva piuttosto basso, dimostrando di essere meno abile del suo omologo nella proiezione in avanti e per questo meno sollecitato a sganciarsi. Felipe Anderson stavolta non è stato coinvolto spesso attivamente nell'uscita della palla nelle zone centrali e questo la dice lunga sulle intenzioni di Micale di sfruttare molto di più l'ampiezza rispetto alla partita con il Sudafrica.

Con Douglas Santos in possesso ma che rimane bloccato, si attiva la catena di sinistra con Neymar che viene incontro e Felipe Anderson che attacca ampiezza e profondità

Non è un caso infatti che Felipe Anderson sia stato richiamato all'intervallo, sostituito nuovamente da Luan che ha preso una posizione più centrale, quasi da trequartista, mentre Douglas Santos attaccava molto più liberamente l'ampiezza rispetto al primo tempo. Come nella catena di destra, anche in quella di sinistra Micale ha schierato un attaccante esterno a piede invertito e un terzino ad attaccare lo spazio con il piede forte per allargare ulteriormente il campo. Nel primo tempo invece (con Douglas Santos più bloccato) sia Neymar che Felipe Anderson attaccavano la fascia sinistra a piede invertito: gli sganciamenti del terzino sinistro nella ripresa hanno permesso così al Brasile di guadagnare un ulteriore uomo in fase offensiva.

Luan attacca lo spazio centrale mentre Douglas Santos attacca l'ampiezza aperta da Neymar che punta l'avversario verso l'interno. Rispetto al primo tempo il Brasile ha un uomo in più nella trequarti avversaria.

Alla fine anche la catena di destra, seppur chiamata in causa molto più spesso di quella di sinistra, non sempre è stata perfetta nei tempi e nelle sincronie nell'occupazione degli spazi. Ovviamente il Brasile Olimpico è una selezione che non possiede movimenti codificati come del resto accade a quasi tutte le altre Nazionali (ad eccezione dell'Italia di Conte, ma lì il contesto era diverso) e anche contro l'Iraq il tentativo di scardinare la difesa asiatica è stato deputato piuttosto spesso a combinazioni centrali tra le 3 punte, con Gabriel Jesus che stavolta è sembrato molto più attivo senza palla anche in situazioni statiche.

Prospettive
La prestazione di esordio contro il Sudafrica è stata piuttosto sconfortante e il modo con cui Micale ha parzialmente aperto in larghezza il campo soltanto tre giorni più tardi potrebbe far pensare che il reale potenziale di questa squadra sia molto più alto rispetto a quello visto in queste prime due partite, nella prima in particolar modo.

Il Brasile possiede anche una discreta organizzazione difensiva nelle situazioni di possesso statico avversario. I verdeoro si schierano con il canonico 4-3-3 di base, piuttosto stretto, nel momento in cui il portiere avversario deve avviare l'azione, per poi ripiegare in un 4-1-4-1 compatto quando il possesso avversario è consolidato. Un sistema che richiede costante sacrificio alle due punte esterne (Neymar da una parte, Gabigol o Gabriel Jesus dall'altra) e soprattutto a Felipe Anderson, costretto a stringersi per coprire le zone centrali quasi come un vero e proprio mediano, anche se con Thiago Maia sempre pronto alle spalle. Il pivot del Santos, accostato al Chelsea di Conte, permette inoltre alle due linee di non appiattirsi eccessivamente in modo da scatenare un'eventuale transizione soprattutto degli esterni alti.

Il 4-3-3 del Brasile a inizio azione avversaria (sopra) diventa un 4-1-4-1 molto organizzato (sotto) quando il possesso avversario è consolidato ed è impossibile recuperare immediatamente il pallone. Si sacrificano gli esterni d'attacco e soprattutto Felipe Anderson.

Oltre all'occupazione dell'ampiezza è emerso anche un piccolo problema nelle transizioni difensive, nelle quali l'uomo più vicino al portatore avversario - e insieme a lui anche i suoi compagni di reparto - ha fatto spesso fatica a capire se attaccare direttamente l'avversario o temporeggiare, finendo per concedere quel tempo di gioco che in una transizione veloce può essere fatale. Anche la linea difensiva non sempre accompagna l'aggressione ai portatori avversari, quando c'è: tende anzi a scappare indietro e in situazioni così dinamiche c'è il rischio che il Brasile si allunghi, anche se a protezione dell'area rimangono quasi sempre almeno 3 uomini (i centrali più Thiago Maia) con l'aggiunta sporadica di un terzino non coinvolto attivamente nelle fasi di possesso.

Le transizioni offensive sono invece un fondamentale che, vista la tecnica e la velocità degli interpreti, dovrebbero rappresentare un'arma letale per il Brasile. La conduzione delle transizioni però è troppo spesso individuale e quasi mai organizzata e questo limita fortemente il potenziale della selezione verdeoro in queste circostanze.

Il Brasile è probabilmente la Nazionale più accreditata alla medaglia d'oro, in virtù principalmente di una rosa fortissima (soprattutto relativamente al contesto), ma ha dimostrato che nel calcio contano ancora organizzazione e disciplina tattica. La vittoria del torneo olimpico sarà molto più complicata del previsto da ottenere e Micale, i giocatori e soprattutto il popolo carioca dovranno sudare freddo per evitare un altro Maracanazo.


Articolo a cura di Federico Principi

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