lunedì 27 febbraio 2017

Dodici mesi dopo

Il Milan vince per la prima volta al Mapei Stadium, un anno dopo aver perso il treno per l'Europa League proprio a vantaggio del Sassuolo.

di Federico Principi







Il recente esonero di Claudio Ranieri, appena nove mesi dopo aver compiuto l'impresa più incredibile della storia del calcio, ha ricordato nuovamente quanto fugaci siano le gioie terrene ed effimeri i momenti sportivi di gloria. Il Sassuolo lo scorso maggio aveva conquistato un prezioso posto in Europa League dalla quale è però uscito nella fase a gironi, e in Serie A in questa stagione ha mostrato un andamento (30 punti in 26 partite) che in un campionato a ritmi salvezza più serrati lo obbligherebbe a lottare con diversi patemi per non retrocedere.

Il Milan dal canto suo doveva rispondere alla clamorosa vittoria dell'Atalanta al San Paolo per continuare la corsa a quell'Europa League che fu proprio il Sassuolo a raggiungere ai danni dei rossoneri lo scorso maggio. Le due formazioni si presentavano con i loro schemi apparentemente a specchio, con il 4-3-3 ormai consolidato per entrambe ma eseguito in maniera differente.

Stesso spartito, diversa interpretazione
Da diverse settimane ormai il Milan sta virando verso un'interpretazione più classica del 4-3-3, ma non per questo meno efficace e anzi più dinamica e imprevedibile. Contro il Sassuolo è tornato titolare Bertolacci sul centro-sinistra, più propenso rispetto a Pasalic a tagliare in verticale nello spazio aperto da Deulofeu, che fa spesso ristagnare il pallone tra i piedi vicino alla linea laterale per andare in uno-contro-uno aspettando il taglio interno della mezzala. Da un inserimento di Bertolacci, molto attivo soprattutto nel primo tempo in entrambe le fasi, nasce il rigore del gol vittoria.

Ma il Milan nel frattempo è diventato più imprevedibile sul lato destro grazie a continue rotazioni, le stesse che venivano staticamente effettuate sul lato sinistro a inizio stagione. Contro il Sassuolo, i rossoneri hanno continuato a sfruttare soprattutto i movimenti di Suso con conseguenti contromovimenti della mezzala o di Abate ad arrivare in corsa nell'half-space o sulla fascia, in ogni caso nello spazio lasciato libero da Suso. Il Milan riusciva così a portare cinque uomini in zone avanzate, costringendo il mediano Aquilani ai ripiegamenti interni o gli esterni alti ai raddoppi sulle fasce.

Suso taglia dentro, Abate vede lo spazio e si sovrappone sulla fascia, Kucka completa la rotazione venendo incontro a Zapata e sostituendosi ad Abate.

In ogni caso il Sassuolo proteggeva bene il centro lasciando sempre i tre centrocampisti in posizione centrale e bastava un minimo di pressione per ostruire la costruzione bassa del Milan, davvero poco reattivo negli smarcamenti centrali ad eccezione dei tagli interni di Suso. In questo modo i rossoneri hanno frequentemente cercato le ali sulle quali non sempre arrivava il raddoppio dell'esterno di competenza. Ma in generale il Milan ha mosso la palla troppo lentamente: in alternativa i rossoneri ricorrevano frequentemente ai lanci lunghi, ma dopo la partenza di Niang, con un centravanti come Bacca e con poca preparazione sulle seconde palle i rinvii troppo spesso coincidevano con altrettante palle perse.

A conferma della ricerca delle ali e della difficoltà nella costruzione centrale, le tracce più ricercate dalla manovra del Milan (esclusa quelle orizzontali tra difensori) erano quelle da Abate a Suso e da Sosa a Suso, entrambe eseguite 12 volte ciascuna, seguite da quella da Vangioni a Deulofeu eseguita 9 volte. Non c'è traccia di eventuali passaggi dai difensori ai centrocampisti tra le direttrici percorse più di frequente dai rossoneri, sintomo evidente che il Milan verticale di Montella di inizio stagione ha cambiato modalità di esecuzione di un copione che però fa ancora fatica a proporre con continuità un calcio più fraseggiato, condizionato anche dalla prolungata assenza dei due registi arretrati (Romagnoli e Montolivo).

Il Sassuolo aveva invece il diktat di ricercare gli esterni d'attacco attraverso grande verticalità, ma differentemente dal Milan i neroverdi cercavano costantemente una ricezione dinamica dell'esterno alto. Se quest'ultimo veniva incontro si creava spazio per il taglio della mezzala di parte alle spalle del terzino del Milan che sistematicamente seguiva l'esterno alto del Sassuolo anche in zone lontane da quella di competenza. Particolarmente aggressiva in questo senso è stata la partita di Leonel Vangioni, autore di 3 contrasti (più di lui solo Sosa, 4) e 2 palloni intercettati, una prova tutto sommato positiva e che ha contribuito a neutralizzare la strategia di Di Francesco.

Lo stesso Berardi, che a lungo ha stazionato nella zona di Vangioni, è stato insieme a Duncan e a Dell'Orco (che però gravitavano nel lato opposto) l'uomo del Sassuolo con più dribbling falliti (3), anche se è stato quello che ha effettuato più tiri (5) e tiri nello specchio (2). In generale però la brillantezza delle scorse stagioni sembra ancora una chimera per l'attaccante neroverde, che paga ancora la lunga assenza dal campo per tutto il girone d'andata, e questo ne ha condizionato il rendimento nel duello individuale con Vangioni che doveva essere una delle chiavi della vittoria per il Sassuolo.

Ma proprio da un taglio in profondità della mezzala è nato il calcio di rigore con cui Berardi avrebbe potuto portare in vantaggio il Sassuolo: Kucka si è fatto sorprendere e ha sofferto la fisicità di Duncan, in quella come in altre situazioni in cui hanno ingaggiato il duello individuale. La partita del centrocampista slovacco non è stata di grande livello.

Politano viene incontro e viene seguito lontano da Abate: Duncan taglia alle spalle e viene seguito da Kucka, ma lo batte fisicamente e si conquista il rigore.

Con un taglio interno di Berardi o Politano a ricevere, si creava invece lo spazio anche eventualmente per una sovrapposizione del terzino che veniva seguito dall'esterno del Milan. Deulofeu - dopo aver mostrato una condizione atletica precaria nelle prime partite e in particolar modo in quella contro l'Udinese - questa volta ha dimostrato di aver lavorato a lungo in questi termini e di avere anche grande spirito di sacrificio che gli ha consentito di lavorare a lungo in ripiegamento sulle sovrapposizioni di Gazzola. Dopo i due difensori centrali, Deulofeu è stato il giocatore che ha intercettato più palloni (3), segno di un'ottima prestazione difensiva.

Lancio per Berardi: Vangioni esce, Deulofeu segue la sovrapposizione di Gazzola. Il recupero del catalano permette il decisivo rallentamento di un tempo di gioco del terzino neroverde.

Adattarsi
Per evitare che il Sassuolo cercasse di attuare il suo piano preferito, ossia verticalizzare subito verso gli esterni, Montella inizialmente ha previsto una marcatura a uomo di Bertolacci su Aquilani simile a quella di Poli su Biglia di qualche settimana fa. In questo modo il tecnico campano cercava di bloccare l'uomo di maggior qualità nelle verticalizzazioni, non ha impedito che la linea di passaggio più frequente del Sassuolo fosse proprio quella da Acerbi ad Aquilani (10 volte) ma di sicuro ne ha limitato l'efficacia, anche se lo stesso Aquilani è stato l'uomo con più passaggi lunghi effettuati (12, due in più di Consigli).

Qui, come in altre situazioni, Sosa da mediano scala in avanti al posto di Bertolacci per coprirne l'uscita a uomo su Aquilani.

Nel secondo tempo, però, il Milan non ha più avuto la stessa forza di cercare di schermare Aquilani, il quale - muovendosi sempre più spesso nella zona di Kucka - approfittava anche della giornata non brillantissima dello slovacco per ricevere più spesso possibile palloni puliti e abbassare il baricentro del Milan. Solo l'ingresso di Pasalic, che fino alla fine non rinunciava ad alzarsi a ostruire la costruzione bassa neroverde, ha alimentato ancora le energie del Milan per non schiacciarsi negli ultimi minuti.

Con il punteggio sfavorevole, Di Francesco ha rivisto i piani e ha sostituito Pellegrini con Matri al 24' del secondo tempo. Matri ha finalmente dato al Sassuolo la possibilità di avere un attaccante che giocasse a muro, visto che Defrel da centravanti ha sofferto per tutta la partita lo scontro fisico contro i difensori centrali rossoneri da condizionarne anche mentalmente la prestazione. 

Il Sassuolo ha finalmente avuto l'opportunità di giocare in verticale anche verso il proprio centravanti, oltre che verso gli esterni, aumentando le possibilità a disposizione. Alle spalle di Matri il Sassuolo poteva riciclare la sua sponda grazie al triangolo creato da Defrel che poteva andare in appoggio a Duncan e Aquilani. Lo stesso Defrel poteva ricevere una verticale più lontano dai difensori centrali e quindi da mismatch fisici.

La sponda di Matri innesca la triangolazione Defrel-Aquilani-Duncan e l'apertura verso Politano. L'obiettivo è sempre cercare l'esterno ma con Matri il Sassuolo ha più opzioni.

Bacca, dall'altra parte, nonostante sia stato il match winner, ha sofferto per l'ennesima volta i nuovi schemi di Montella e il fatto che sia costretto sempre più spesso a ricevere spalle alla porta senza avere più Suso e Niang a ricevere costantemente negli half-spaces per fargli da rifinitori. Per l'attaccante colombiano un'altra prova opaca, simbolo della sua monodimensionalità sempre più evidente che mette a repentaglio la sua permanenza nel progetto tattico del prossimo anno, se Montella dovesse essere confermato.

Nel finale c'è stato tempo solo per l'improvvisazione da centravanti di Abate, rimasto in campo senza una lente a contatto esclusivamente per non lasciare in dieci la squadra. Ma nonostante una prova rivedibile in fase di possesso, il Milan ha raccolto tre punti fondamentali per proseguire la sua corsa verso l'Europa che manca ormai da troppo tempo.

Il Sassuolo è ormai lontano dagli standard dello scorso anno, complici i numerosi problemi di organico della prima parte di stagione, ma sta ancora lavorando sugli schemi e continua a lanciare giovani interessantissimi. Cristian Dell'Orco, che per la prima volta ha giocato due partite consecutive da titolare in Serie A, è solo l'ultimo della lista.

Non è facile infine capire perché il Milan, che sta tendendo sempre più verso un teorico miglioramento nella flessibilità degli schemi, sembra ora una squadra meno pericolosa con la palla tra i piedi. L'assenza di Romagnoli e delle sue verticalizzazioni, sempre più precise, pesa ancora (Zapata e Paletta non hanno mai giocato in verticale), l'assenza di due rifinitori vicino a Bacca come Suso e Niang - esterni ma che fungevano in realtà da trequartisti/seconde punte a inizio stagione - limitano la ricerca della profondità dell'attaccante colombiano che quando riceve spalle alla porta rallenta e rende prevedibile tutto l'assetto tattico.

In ogni caso il Milan vince una partita importantissima, pur non fugando alcune perplessità dell'opinione pubblica sulle sue prestazioni, anche se dal punto di vista difensivo la squadra di Montella si è ben applicata. Per il Sassuolo la salvezza è già garantita dato il passo delle ultime tre, ma è sempre più importante capire a che punto è il ciclo di Di Francesco.


Articolo a cura di Federico Principi


giovedì 23 febbraio 2017

Terremoto

La trade tra Kings e Pelicans ha sconvolto la NBA.

di Michele Serra








Nella notte dell’All Star Game, a rubare la scena è stata la trade messa in atto tra Sacramento Kings e New Orleans Pelicans, che ha portato a NOLA Demarcus Cousins ed Omri Casspi. A fare il percorso inverso sono stati Buddy Hield, Tyreke Evans, Langston Galloway, la prima scelta di New Orleans al prossimo draft (protetta top-3) e una seconda scelta dei Sixers del draft 2019. Che lo scambio sia nettamente sfavorevole per Sacramento, sulla base di quello che hanno ricevuto, è assodato. Vediamo però come cambiano le due squadre e cosa possono portare i nuovi acquisti alle due franchigie.

Twin Towers
Nell’era dello small ball, New Orleans decide di intraprendere la strada opposta, e di scommettere su due lunghi puri come Anthony Davis e Cousins. Si sono viste tante coppie leggendarie sotto la stessa bandiera, nella storia NBA, ma una coppia di lunghi così forte, così assortita e, soprattutto, nel prime della loro carriera, dovevamo ancora vederla. Ciò non significa però che AD e Boogie insieme intasino il campo, anzi. Entrambi si sono adeguati al nuovo stile di gioco che domina l’NBA da alcuni anni, allargando via via il proprio gioco allontanandosi dall’area. Il numero 23 non fa del gioco esterno ancora un punto di forza (tira da 3 con il 30%, quasi esclusivamente above the break, cioè dalla posizione centrale), ma è l’elemento del suo gioco più usato: si è preso finora 432 tiri dal mid-range, contro i 322 nel pitturato, convertiti con il 42%.

Chi invece ha assunto una dimensione decisamente esterna, pur rimanendo anch’egli molto versatile, è Boogie. Solo due stagioni fa il tiro da 3 era una mossa assente dal suo arsenale fatto di penetrazioni a canestro di fisico e dominio in area (solo 8 le conclusioni tentate in un anno), mentre dallo scorso anno ha iniziato a bombardare dalla lunga, con risultati più che discreti, se pensiamo al miglioramento ottenuto da un anno all’altro: 33% lo scorso anno, 35% nell’annata in corso. Quest’anno tira con il 37% i catch and shoot da oltre l’arco, e battezzarlo è diventato un rischio.

Sa però costruirsi i tiri da solo, anche da tre punti, come in questo caso:


...e attacca benissimo il ferro mettendo palla per terra e finendo in maniera acrobatica nonostante la stazza: non esattamente il vostro centro classico.


Oppure, guardate quest’azione, dove Davis esce dai blocchi per prendersi un jumper dalla media:



Immaginate che al posto di Ajinça ci sia Davis - a bloccare - e che al posto di AD ci sia Cousins che può a) tirare dalla media o b) penetrare a canestro sfruttando la forza fisica.
Altra situazione interessante potrebbe essere un p&r con Cousins come ball handler, per sfruttare gli 1.18 punti per possesso in questa situazione, aumentandone al contempo la frequenza (solo l’1,12% delle sue conclusioni arriva in questo modo).

Dove invece i due possono avere più problemi è sicuramente il lato difensivo, dove né Davis, né Cousins eccellono. Entrambi hanno elementi del loro gioco utili da questo punto di vista; Davis è uno pterodattilo in grado di arrivare su qualsiasi pallone (2.5 stoppate a partita), mentre Cousins ha ottimo tempismo per gli sfondamenti (0.33 subiti a partita, quinto in NBA). Nessuno dei due però è un rim protector - concedono entrambi il 50% al ferro agli avversari, non cifre disastrose ma nemmeno da top della specialità. Il loro problema pare essere più che altro di effort, avendo la tendenza a rimanere statici sulle penetrazioni in area degli esterni e in generale tenendo un atteggiamento a volte troppo passivo.

Questa potrebbe essere una situazione che li vedrà coinvolti spesso, con Boogie che salta sulla finta e Davis - qui Koufos - che stoppa la conclusione:


In generale, New Orleans ha scommesso su quello che può essere considerato il miglior centro della Lega ad un prezzo decisamente di saldo, il tutto per convincere AD della bontà del progetto del GM Dell Demps. Occhio però che Cousins sarà unrestricted alla fine della prossima stagione e, come sempre in questi casi, c’è il rischio che, se l’esperimento non è andato bene, possa migrare altrove. Nel frattempo, godiamoci questa coppia.

Harakiri
Lo scambio visto dalla prospettiva dei Sacramento Kings non ha assolutamente senso. Nemmeno dopo le parole del proprietario Vivek Ranadive, che ha paragonato Buddy Hield, il pezzo pregiato (sic) dello scambio a uno Steph Curry in the making, soprattutto perchè era stato sempre lui, al tempo della scelta di Stauskas al draft, a paragonarlo a Curry - ancora - e a Klay Thompson, e no, non è andata esattamente così. Tantomeno dopo le dichiarazioni, inspiegabili, di Vlade Divac, il quale ha ammesso che Sacto aveva ricevuto offerte più vantaggiose di quella dei Pelicans, alcuni giorni prima
Sta di fatto che il front office dei Kings ha visto in Buddy Hield il giocatore per cui sacrificare il grande nemico Cousins che, per uno dei due schieramenti in causa, sarebbe sempre stato il peso che ha zavorrato i Kings ai bassifondi della Lega.

Finora, l’ex Oklahoma University ha mostrato decisamente poco. La sua qualità principale è sicuramente il tiro da tre, che però ha oscillato pericolosamente nei suoi primi mesi in NBA, come peraltro è lecito aspettarsi da un rookie: dal 26% di novembre al 35 di febbraio, passando per il 48 di dicembre. Ai Pels, oltre il 36% delle sue conclusioni è arrivato da catch and shoot (convertiti, oltre l’arco, con il 41%), o piedi per terra, o uscendo da un blocco.

Hield si muove bene senza palla per farsi trovare libero su uno scarico, ma ancora il suo tiro non viene molto rispettato dalle difese avversarie. Il 24% dei suoi tiri da tre è definito open secondo i criteri di NBA.com, cioè arrivato con uno spazio tra i 120 e i 180 cm circa, convertito peraltro con il 40% (38% per i tiri definiti wide open, quindi con almeno 180 cm di spazio tra lui e il marcatore). 

A New Orleans poteva contare su un ottimo play come Jrue Holiday e Anthony Davis, che attirava attenzione su di sè mentre la difesa collassava l’area lasciando più spazio sul perimetro. A Sacramento, invece, non avrà tutto questo, ma sarà verosimilmente la prima opzione offensiva della squadra. Gli si chiederà per forza di creare attacco da solo, e magari con il giusto minutaggio può diventare un buon volume shooter - un giocatore che segna tanto perché si prende altrettanti tiri - da un semplice tiratore spot up - piedi per terra - che è ora. Il resto del suo gioco però è totalmente da inventare. Tira con il 34% dal mid range e con il 45.5% nel pitturato, ben sotto la media di Lega (58.4%).

Qui, per esempio, nonostante la difesa di Porter (tutto fuorché asfissiante), Hield poteva fare molto meglio.

Se migliorasse in questo aspetto del suo gioco, unito alla costruzione di un tiro da tre più continuo, potrebbe arrivare ad avere un gioco in linea con gli standard della NBA attuale e in grado di renderlo doppiamente pericoloso e imprevedibile.

Al di là della netta disparità di talento tra ciò che è partito e quello che è arrivato, Sacramento ha le mani legate anche in sede di draft. Lo scellerato scambio di Stauskas due anni fa comprendeva anche la possibilità per Philadelphia di invertire l’ordine della propria scelta con quella dei Kings, che quindi si troveranno in mano con la peggiore tra le due. Nel 2019, inoltre, la scelta di Sacramento, che sarà verosimilmente tra le peggiori squadre della NBA, finirà senza protezione a Phila. La protezione top 3 della scelta di NOLA nel draft di giugno, poi, non può far dormire sonni tranquilli ai tifosi Kings, che potrebbero uscire ulteriormente impoveriti da questo scambio.


Chiaro, bisogna aspettare di capire quali scelte spetteranno a chi e in che cosa verranno tramutate (anche se il curriculum di Sacramento in sede di draft è davvero pessimo). Quel che è certo, ora, è che senza Boogie i Kings non hanno più distrazioni extra-campo, e potremo capire chi è davvero il male della franchigia: Ranadive e Divac o Cousins. 


Articolo a cura di Michele Serra