domenica 28 febbraio 2016

Regressione verso la media

Ripercorriamo la stagione della squadra nerazzurra fino a questo momento, analizzandone l'andamento e i risultati, con uno sguardo al futuro.

di Nicola Santolini







La regressione lineare o verso la media è un concetto matematico che, applicato all'esistenza umana, sostanzialmente sostiene che nella vita le cose per quanto possano andare, anche per lunghi periodi, molto bene o molto male, con l'andare del tempo si controbilanciano raggiungendo un equilibrio. Dal punto di vista psicologico si può traslare il concetto matematico alla filosofia di quelle persone che quando vivono momenti positivi iniziano a temere sventure o di quelle che quando invece sono in difficoltà sono sempre fiduciose e ottimiste. 

È curioso come si possa applicare un simile concetto all'andamento della stagione dell'Inter. Nella prima parte di stagione i risultati della squadra nerazzurra sono stati ottimi,da primato, anche se la squadra palesemente non lo era.  Ora i risultati sono al limite del pessimo, anche facendo la tara di fattori esterni o aleatori come condizione fisica, stato di forma, mercato o banalmente la fortuna. 


Parabola ascendente
I nerazzurri hanno avuto un inizio di stagione molto positivo, ben oltre le attese. L'Inter aveva vinto le prime cinque partite, anche se era difficile non notare con quanta fortuna e casualità o più semplicemente col favore degli episodi. C'era poi stata la disfatta contro la Fiorentina (unica partita veramente no di Handanovic, coincidenze?), e dopo qualche turno un po' incerto l'Inter aveva ripreso la sua marcia piuttosto spedita, condita da reiterati 1-0 (eccezion fatta per gli exploit abbastanza estemporanei contro Frosinone e Udinese), ed era addirittura uscita rafforzata dalla sconfitta contro il Napoli, perché il divario immenso che tutti si aspettavano emergesse dal confronto tra una squadra dal gioco spettacolare - e con una anomalia statistica come centravanti - e una che era ritenuta semplicemente fortunata e con un portiere in grado di sovvertire alcune leggi fisiche, non si era visto, e anzi il famoso doppio palo nel recupero stava per attestare davvero l'autorità nerazzurra.

 I due legni nel finale del San Paolo.

Dal punto di vista statistico, alla diciassettesima giornata (ultima partita dell'anno solare) l'Inter era prima in classifica con una media  di 2,11 punti a partita, 1,35 gol fatti e solo 0,64 subiti. Ad una prima analisi questi numeri fanno pensare a una squadra che a dispetto di statistiche offensive modeste riusciva comunque a conquistare molti punti, grazie ai pochissimi gol subiti. Se invece si analizza con più attenzione l'andamento della squadra emergono altri aspetti interessanti. In primo luogo la tanto sbandierata solidità della squadra di Mancini va osservata con più attenzione. Indubbiamente la coppia difensiva Miranda-Murillo, almeno per la prima parte di stagione, è stata una delle migliori del campionato. I due si completano bene, con il brasiliano che con la sua esperienza e leadership compensa l'irruenza e la sfrontatezza del colombiano, che ricambia con generosità e grandi doti atletiche. Come detto i due sono stati piuttosto solidi, ma non esenti da sbavature, e i pochi gol subiti dall'Inter sono stati una diretta conseguenza anche di un atteggiamento generale di squadra inizialmente molto attento e soprattutto delle prestazioni completamente fuori scala di Handanovic (oltre che di una buona dose di fortuna). 

Il portiere sloveno ha primeggiato (almeno fino alla pausa invernale) a livello europeo in quasi tutte le statistiche, e definirlo decisivo in questa stagione risulta quasi riduttivo: mentre le altre squadre di vertice (Napoli, Juventus e Fiorentina) sono agli ultimi tre posti nella classifica dei tiri in porta concessi e parate effettuate dai loro portieri, lo stesso non vale per l'Inter, il che ci dà già una prima idea di quanto lavoro in più rispetto ai colleghi Handanovic sia chiamato a fare. Lo sloveno inoltre si è reso più volte protagonista di parate davvero straordinarie e decisive, che hanno in molte occasioni letteralmente salvato e condizionato i risultati dell'Inter, che infatti nella prima parte di stagione ha subito l'unica vera bastosta nella partita di andata contro la Fiorentina, soprattutto a causa di una prima mezz'ora di totale blackout del suo portiere.

L'incredibile stagione di Handanovic.

Il vero problema della squadra nerazzurra, sottolineato ripetutamente dagli addetti ai lavori e palesato dalla striscia di vittorie per 1-0, sono i pochi gol segnati, non certo figli della mancanza di validi attaccanti, ma dalla latitanza di una parvenza di gioco di squadra. Nella prima parte di stagione, a parte contro Frosinone e Udinese (con due assist dei friulani serviti ad Icardi), l'Inter non è quasi mai riuscita a segnare più di un gol, e in diverse occasioni ha potuto conquistare i tre punti nonostante prestazioni davvero deludenti dal punto di vista del gioco grazie a episodi favorevoli. L'esempio più eclatante è forse la vittoria per 1-0 contro un Bologna (ancora allenato da Delio Rossi) totalmente inerme, ma che l'Inter era riuscita a domare, dopo una partita giocata malissimo, solo grazie a un errore quasi dilettantistico di Ferrari, rischiando poi di subire il gol del pareggio nel recupero, ma salvandosi grazie alla combinazione di un Handanovic strepitoso e una condizione mentale di Destro al limite del patologico.

Da sottolineare la casualità del gol di Icardi (sopra) e dell'errore finale di Destro (sotto).

Ma il punto focale rimane uno: al di là delle vittorie, una totale mancanza di gioco, con una fase offensiva demandata alle sole giocate individuali di Ljajic, Perisic, Jovetic o a palloni casualmente transitanti per l'area di rigore e incontrati da Icardi. Fine. Niente di più di questo, e per giunta senza nessun cenno di crescita da una partita all'altra. Uno sviluppo del gioco reso difficile anche dalla tendenza di Mancini a variare spesso la formazione, cercando di schierarsi sempre a specchio rispetto agli avversari, probabilmente ritenendola una scelta utile ad agevolare la fase difensiva, e la mancata individuazione (a parte il trio Handanovic-Miranda-Murillo) di veri e propri titolari. Lo stesso Icardi non si può definire un titolare inamovibile, e fece scalpore la sua esclusione contro la Roma (così come quella nel derby), che in quel momento era uno scontro al vertice, in favore di Jovetic. In quella stessa partita fu sorprendente anche la scelta di schierare la coppia di terzini D'Ambrosio-Nagatomo, entrambi a conti fatti all'esordio visto che fino a quel momento a destra aveva sempre giocato Santon e a sinistra si erano alternati Telles e Juan Jesus. Anche a centrocampo, schierato a 2 o a 3 a seconda degli avversari, la rotazione tra Medel, Melo, Guarin, Kondogbia e Brozovic è apparsa sempre abbastanza casuale. Curioso anche il caso di Ljajic, sostanzialmente non pervenuto nelle prime giornate e poi diventato gradualmente un insostituibile da novembre in poi, per poi riaccomodarsi gradualmente in panchina. Anche a livello tattico la gestione di Mancini ha quindi suscitato qualche perplessità, soprattutto per l'apparente assenza di una direzione precisa, e di uno sviluppo futuro.

Alla vigilia della pausa invernale, l'Inter era da sola in vetta alla classifica, inseguita dal Napoli e dalla Fiorentina, oltre che dalla rincorsa partita da lontano della Juventus, mentre la Roma che nelle prime giornate era sembrata la rivale più pericolosa, aveva già iniziato il tracollo culminato con l'esonero di Garcia. A questo punto però è arrivato il vero punto di svolta della stagione nerazzurra.


Punto critico
In matematica, per semplificare, nella rappresentazione grafica di una funzione si definisce punto critico quello in cui avviene un cambiamento di tendenza, inteso come passaggio da funzione crescente a decrescente o viceversa.

Immaginando l'iniziale andamento di stagione dell'Inter come una parabola ascendente come abbiamo fatto, il punto critico è rappresentato dall'ultima partita dell'anno solare, il 20 dicembre a San Siro contro la Lazio. Le due squadre arrivavano alla partita con stati d'animo diametralmente opposti. La Lazio reduce da una serie preoccupante di sconfitte e prestazioni deludenti era quasi all'ultima spiaggia, e prevedibilmente spinta da grande motivazione. L'Inter invece viveva l'euforia di un primo posto inaspettato e in settimana si era vociferato di cali di tensione e concentrazione a causa di cene natalizie e selfie pieni di sorrisi che avevano spopolato sul web. Definite queste premesse, la partita è stata fortemente episodica. Mancini mischia nuovamente le carte e schiera un 4-4-2 che poi diventa più simile a un 4-2-3-1 vista la tendenza di Jovetic a non giocare accanto a Icardi ma a svariare con la solita anarchia tattica; il due centrali di centrocampo sono Medel e Melo mentre la catena di destra è totalmente inedita con il poco impiegato Biabiany e a sorpresa il redivivo Montoya, probabilmente testato in partita per decidere se cederlo o meno durante il mercato di gennaio. Pioli schiera Matri come riferimento offensivo, Candreva e Anderson larghi e il centrocampo virtualmente a 3 vede la posizione di Milinkovic-Savic intelligentemente avanzata rispetto a quelle di Parolo e Biglia, con il serbo spesso in disturbo dei due mediani nerazzuri, già di per sé in difficoltà in fase di impostazione. La Lazio parte veramente forte e mette subito in mostra la grande rabbia e voglia di vincere che in molti si aspettavano, l'Inter, avvezza per sua natura a tenere il baricentro molto basso, viene subito schiacciata nella sua metà campo. Al quinto minuto, su un calcio d'angolo per i biancocelesti l'Inter è tutta racchiusa all'interno dell'area di rigore, la palla viene giocata (con un passaggio largamente prevedibile) all'indietro per un Candreva lasciato clamorosamente libero, che calcia al volo e indovina l'angolino basso con Handanovic immobile. 

Tutti e dieci i giocatori di movimento dell'Inter all'interno dell'area a marcare cinque saltatori avversari, con tre giocatori completamente liberi e con largo spazio per concludere o inserirsi in terzo tempo.

Oggettivamente un grande gol del laziale, ma aiutato da una disattenzione colossale della difesa dell'Inter che rimane tutta all'interno dell'area lasciando diversi tiratori liberi e tarda ad uscire per chiudere sulla conclusione, per altro anche fortuita visto che attraversa indenne un grande gruppo di giocatori che oscurano completamente la visuale ad Handanovic. 

L'Inter si trova così a dover affrontare una situazione di svantaggio come raramente accaduto nel corso della stagione. Nonostante le consuete difficoltà a gestire il pallone e imbastire trame interessanti per raggiungere Icardi, la squadra produce una mole di gioco superiore a quanto visto mediamente fino a quel punto della stagione, e riesce a mettere un po' di pressione alla Lazio, non senza correre qualche rischio. Poi al minuto 61 Murillo anticipa Matri a metà campo, la gioca subito per Perisic in un'anomala posizione centrale e il croato, di prima, verticalizza splendidamente per Icardi che sul filo del fuorigioco riceve in mezzo ai due centrali biancocelesti, punta la porta e davanti a Berisha non sbaglia. Partita apertissima, non fosse che un Felipe Melo già vistosamente nervoso decide di fare harakiri nel giro di pochi minuti, causando prima un rigore sciocco ed evitabilissimo (parato ma poi ribattuto da Candreva), concludendo poi con brutto intervento su Biglia con conseguente rosso diretto e partita finita. A fine partita Mancini appare deluso e arrabbiato (presumibilmente con Melo), nonostante una partita giocata sicuramente meglio rispetto a molte altre e persa più che altro per episodi sfavorevoli. 

Una sconfitta da molti derubricata come un incidente di percorso, motivato dalle maggiori motivazioni di una squadra negli episodi chiave rispetto a un'altra forse un po' distratta e con la testa già alle vacanze. In pochi l'avevano interpretato come un primo scricchiolio, a cui sarebbe seguito un crollo abbastanza violento.


Parabola discendente
A questo punto qualcosa si è rotto (o semplicemente non è mai funzionato davvero?) e i risultati sono calati vertiginosamente. Basta guardare i numeri: la media punti nel 2016 è di 1,33 a partita (prima della pausa era di 2,11) e i gol subiti sono mediamente 1,34 (più che raddoppiati rispetto ai precedenti 0,64). Per quanto riguarda la media dei gol fatti tra prima e seconda parte di stagione invece i numeri sono praticamente gli stessi, con un calo dello 0,1 circa. Risulta quindi piuttosto lampante che l'Inter continua a segnare poco, ma subendo più del doppio dei gol a partita i risultati sono peggiorati molto. Il corposo aumento dei gol subiti è sicuramente il dato più evidente, ed è conseguenza del calo del rendimento della difesa (in particolare di Murillo), ma anche dell'attenzione in fase difensiva di tutta la squadra. Ma l'Inter è stata anche punita da alcuni episodi: basti pensare alla sconfitta contro il Sassuolo o ai pareggi contro Carpi e Verona. 

Contro i neroverdi ad esempio l'Inter ha giocato una delle sue migliori partite, e non è riuscita a portarsi in vantaggio anche a causa di alcuni errori clamorosi di Ljajic e buone parate di Consigli, per essere poi punita nel recupero a causa di una grave disattenzione di Murillo. 

Tutto ciò si potrebbe interpretare come un caso di regressione verso la media: l'Inter dopo un inizio di stagione in cui grazie ad episodi favorevoli conquistava più punti di quelli che meritava, ora sta controbilanciando la sua stagione con risultati negativi a volte anche immeritati sempre a causa di episodi, ma questa volta sfavorevoli: qualcuno potrebbe chiamare in causa il Karma. Ma un aspetto interessante è un altro: contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, anche se i risultati dell'Inter sono fortemente peggiorati, a livello di gioco, a parte alcune situazioni particolari, l'Inter è migliorata, e sono stati proprio gli episodi a punirla. Pausa. Non sto dicendo che dalla sconfitta contro la Lazio in poi l'Inter ha smesso di vincere ma ha iniziato a giocare bene, neanche discretamente: ma a livello di gioco proposto qualche passettino in avanti e stato fatto, mandato però a monte da episodi e da un calo vertiginoso dell'attenzione in fase difensiva. La partita con il Sassuolo, come detto, ne è un esempio, poichè al di là del risultato l'Inter ha creato molto. Contro il Carpi sia prima che dopo il gol di Perisic, l'Inter ha costruito diverse occasioni, salvo poi sbagliarle abbastanza clamorosamente e farsi affondare nel finale per una colossale disattenzione di Juan Jesus. 


Il derby, finito in una disfatta, era iniziato con venti minuti di quasi dominio dell'Inter che aveva rischiato di andare in vantaggio, e si era comunque resa pericolosa anche dopo il gol di Alex con l'ingresso di Icardi. Il suo rigore sbagliato ha rappresentato un'enorme sliding door all'interno della partita, dopo il quale di fatto l'Inter ha smesso di giocare. Anche contro il Verona, al di là dell'imbarazzante prestazione della difesa che ha portato ai gol dell'Hellas, l'Inter, con la rabbia e la grinta date dalla volontà di rimontare, ha giocato una delle sue migliori partite a livello offensivo, assediando letteralmente per larghi tratti il Verona (che sì, rimane pur sempre l'ultima in classifica). 

L'Inter che vinceva immeritatamente e con una buona dose di fortuna, giocava peggio di quella attuale che stenta nei risultati, commette gravi errori difensivi, ma ha migliorato un pochino la sua manovra. Insomma regressione verso la media anche in questo caso, ma nel senso opposto rispetto a quella nei risultati. Come se per uno strano scherzo del destino la qualità dei risultati dell'Inter e del suo gioco (offensivo) fossero inversamente proporzionali. Sarebbe curioso sapere se in matematica esistesse un concetto che implica la regressione lineare, o verso la media, rapportata a due variabili distinte: ma questa è un'altra storia. 


Mancini: tra errori e possibili soluzioni
Mancano ancora molte partite alla fine del campionato, ma la situzione dell'Inter, a causa delle pessime prestazioni di gennaio e febbraio, si è fortemente complicata. Se fino a un paio di mesi fa c'era una diffusa consapevolezza che lo scudetto non fosse un obiettivo concreto, aleggiava comunque una certa fiducia riguardo la conquista del terzo posto. Ora invece l'Inter è quinta e ha perso nuovamente lo scontro diretto con la Fiorentina che sembra essere in ripresa, grazie anche ai nuovi innesti, dopo aver avuto un periodo di flessione. Inoltre la Roma con l'arrivo di Spalletti, dopo un paio di fisiologiche giornate di assestamento, sta inanellando vittorie e prestazioni positive, e vista la qualità della rosa nettamente superiore sia ai nerazzurri che ai viola, è probabilmente la candidata più autorevole al terzo posto. E forse l'Inter deve iniziare a preoccuparsi dell'avvicinamento del Milan alle sue spalle, non solo per la brutta sconfitta nel derby ma anche perché la squadra rossonera è una delle più in forma del campionato e sembra avere la possibilità di raggiungere la squadra di Mancini sul lungo periodo. 

Ma cosa può concretamente fare Mancini ora?
Durante l'ultima sessione di mercato ha chiesto e ottenuto l'acquisto di Eder, che però rischia seriamente di rimanere vittima della totale confusione tattica interista. L'oriundo (12 gol nel girone d'andata, zero in 5 partite con l'Inter per ora) è stato fin da subito schierato assieme a Icardi, segno di quanto si aspetti Mancini dal ragazzo (e forse anche una pesante bocciatura per Jovetic). Inoltre nelle ultime giornate abbiamo assistito al ritorno di un redivivo Palacio, che dopo non aver sostanzialmente mai giocato è stato letteralmente rispolverato da Mancini, che si è probabilmente accorto che nonostante tutto il Trenza rimane il più intelligente tatticamente e il più associativo tra i suoi attaccanti. Palacio è stato infatti uno dei più positivi nelle ultime uscite, anche se non si può pensare che questa sia una soluzione a lungo termine, sia per quanto dice la carta di identità dell'argentino, sia perché lasciare a lungo Ljajic, Jovetic e Perisic in panchina non sembra verosimile. 

Indubbiamente, vista la già notevole abbondanza di giocatori offensivi, e che i problemi della fase offensiva nerazzurra partono da più indietro, l'acquisto di Eder appare l'ennesimo capriccio di mercato di Mancini. L'italo-brasiliano è un buon giocatore, molto duttile, abile sia come seconda punta che come esterno, molto generoso e almeno nella prima parte di stagione anche piuttosto incisivo in zona gol, e potrebbe integrarsi bene con Icardi. Ma con l'incasso della cessione di Guarin (che ci può stare) si poteva intervenire sicuramente in modo migliore, soprattutto cercando un giocatore in grado di innalzare il livello tecnico a centrocampo, in cui nessuno al momento è in grado di farsi carico della regia della squadra. Per valutare l'utilità dell'acquisto dell'attaccante della nazionale basta pensare che per quanto riguarda i giocatori offensivi al momento l'Inter dispone oltre a Eder, di Icardi, Jovetic, Palacio e Ljajic (oltre a Manaj), mentre a centrocampo rimangono solo Medel, Melo, Brozovic, Kondogbia e Gnoukouri, più due esterni di ruolo come Perisic e Biabiany che sono però sicuramente più assimilabili al reparto offensivo: praticamente Mancini ha a disposizione più attaccanti che centrocampisti.  

A questo punto andrebbe aperto un capitolo a parte su Icardi. Si possono muovere diverse critiche all'argentino. È un giocatore poco associativo, e su questo non ci sono dubbi. Non si propone molto al di fuori dell'area di rigore, e anche qui non c'è molto da dire. Poi però ci si dimentica di un semplice dato: su 19 tiri in porta fatti, 11 sono finiti in fondo alla rete. Punto. Non si può affermare che Icardi sia uno dei migliori attaccanti della lega, ma sicuramente che sia al top tra i finalizzatori. Per questo il poter anche solo pensare di prescindere da questo giocatore, o di lanciarsi in uscite poco felici riguardo a suoi errori sotto porta, da parte di Mancini mi sembra un errore clamoroso. Con tutti i suoi limiti, Icardi è la miglior risorsa dell'Inter, e sarebbe compito dell'allenatore cercare di sfruttarla al meglio. 

È sufficiente guardare con attenzione qualche partita dell'Inter per notare la totale assenza di un pressing organizzato, con la squadra che pensa solo ad arretrare e compattarsi quando non è in possesso del pallone, e spesso è proprio il solo Icardi ad accennare un po' di pressione, che però come tutti sanno, se portata individualmente da un solo giocatore e non all'interno di un sistema organizzato risulta totalmente inutile. Nel match di ritorno contro la Fiorentina, ad esempio, è stato abbastanza triste osservare il centravanti argentino sfiancarsi facendo il torello con Gonzalo, Astori e Borja Valero senza nessun compagno in suo appoggio. Senza pensare a estremizzazioni del concetto di pressing (o meglio gegenpressing) stile Klopp o Schmidt nel suo Bayer Leverkusen, una così grande lacuna a livello organizzativo non può che lasciare stupiti per una squadra allenata da un allenatore blasonato come Mancini.

Dando per assodata la necessità di affidarsi a Icardi, e che la coppia Miranda-Murillo non può essere messa in discussione (anche perché la mancata sostituzione di Ranocchia lascia come unica alternativa Juan Jesus, a tratti disastroso), Mancini  deve ancora decidere la coppia di terzini titolari: le scelte a disposizione si sono ridotte viste le partenze di Dodò e Montoya e la prestazione terribile di Santon nel derby (decisione curiosa schierarlo titolare dopo tre mesi proprio in un match del genere). A giocarsi i due posti saranno Telles, D'Ambrosio e Nagatomo, altra situazione bizzarra visto che gli ultimi due non erano mai scesi in campo fino alla partita di andata contro la Roma del 31 ottobre. Telles può giocare solo a sinistra mentre i due compagni sono polivalenti, e penso che Mancini continuerà ad alternarli fino al termine della stagione senza stabilire una vera gerarchia tra i tre. 


Il più grande rebus tattico rimane quale sistema di gioco adottare. Un centrocampo a due non offre abbastanza copertura a una difesa in un momento di difficoltà, e aumentare il numero di attaccanti non ha evidenziato miglioramenti nella fase offensiva, infatti le prove di 4-2-3-1 sono state negative e hanno anzi portato a fare anche delle brutte figure. Detto che Icardi ha ormai ristabilito la sua leadership in attacco, e che Eder è stato voluto così fortemente dall'allenatore e si presume giocherà, credo che Mancini abbia principalmente tre alternative: il 4-4-2, il 4-3-3 e il 4-3-1-2. Nel primo caso si sarebbe portati a pensare di vedere Biabiany e Perisic sulle fasce con la coppia Icardi-Eder davanti, e due mediani a scelta tra Medel, Kondogbia, Melo e Brozovic. 
Nel secondo caso oltre ai tre centrocampisti la scelta principale riguarderebbe i due uomini da affiancare a Icardi nel tridente, nelle ultime uscite quando Mancini ha provato questo sistema ha alternato Eder, Perisic, Biabiany e persino Palacio. 

L'ultima opzione non è ancora mai stata provata seriamente, e vedrebbe oltre ai tre centrocampisti, un trequartista (probabilmente Ljajic), alle spalle di Icardi ed Eder: una soluzione sicuramente interessante, ma del tutto incompatibile con Perisic, altro giocatore fortemente voluto dal tecnico in estate e che a conti fatti - anche se non sempre impiegato dal primo minuto - sta facendo una stagione discreta almeno per quanto riguarda gli assist (4, il migliore della squadra), e dovrebbe essere sfruttato il più possibile. C'è poi una quarta possibilità, che a livello personale è quella che mi intriga di più. Per certi versi è simile alla soluzione utilizzata dalla Juventus quando utilizza il 4-4-2 con Cuadrado a destra e Pogba a sinistra, schieramento che poi cambia dinamicamente e in modo fluido diventando all'occorrenza 4-3-3, a seconda della posizione assunta dal colombiano. Con un sistema simile l'Inter potrebbe schierare Perisic a sinistra, Kondogbia e Medel in mezzo e Brozovic come esterno destro (ruolo ricoperto con discreto successo nella partita di andata contro la Juventus), lasciando in avanti la coppia Icardi-Eder. Viste le caratteristiche dei giocatori, in certe fasi della partita questo schieramento potrebbe facilmente diventare un 4-3-3 con l'avanzamento di Perisic e il conseguente spostamento sulla fascia destra di Eder, coperti da Kondogbia e Brozovic nel ruolo di interni nel centrocampo a 3. Va sottolineato come la maggior parte di questi ragionamenti, oltre ad escludere completamente Jovetic (che prevedo diventerà solo una alternativa a Eder da qui al termine della stagione), limitino molto anche l'impiego di Ljajic. Per quanto anche il serbo possa eventualmente giocare come esterno alto, nel corso della stagione ha mostrato di dare il meglio di sé quando schierato in posizione centrale con la possibilità di svariare e fare i suoi classici movimenti che lo vedono allargarsi per partire più decentrato e poi rientrare verso il centro del campo. 

Trovare l'assetto giusto richiede tempo, ed è una fase che nelle prime giornate hanno dovuto affrontare anche squadre più attrezzate come Juventus e Napoli; persino il Milan, dopo mesi di prove, in cui Mihajlovic sul filo del rasoio le ha provate praticamente tutte, pare aver finalmente trovato una soluzione tattica che abbina compattezza e un gioco discreto, per di più in crescita partita dopo partita, di pari passo con l'entusiasmo e la consapevolezza. Un processo che è avvenuto un po' per tentativi ma anche studiando attentamente le caratteristiche dei giocatori a disposizione.

L'unica cosa certa è che da questo punto di vista l'Inter è molto indietro, e visto che non si può contare solo sugli episodi per fare punti, a causa della confusione tattica di Mancini per la squadra nerazzurra potrebbe essere troppo tardi per cercare la formula più efficace. Che a questo punto della stagione sarebbe già dovuta essere stata trovata.


Articolo a cura di Nicola Santolini

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