venerdì 30 settembre 2016

Generation future

Già da ora Carson Wentz e Dak Prescott sono il futuro di Philadelphia e Dallas.

di Michele Serra







“Buttali nell’acqua alta, e vedi se sanno nuotare”, dice il detto. Praticamente è quello che è successo a Dak Prescott e Carson Wentz, QB titolari nella squadra più popolare d’America (o quasi) l’uno e in quella coi tifosi più esigenti della NFL (o quasi) l’altro. La strada che li ha portati a ricevere i galloni da titolare è diversa, ma in comune hanno gli ottimi risultati ottenuti in questo primissimo scorcio di stagione. Come sempre vale la pena ricordare che il sample size è molto piccolo, ma allo stesso tempo i due ragazzi hanno risposto alla grande di fronte alle difficoltà a cui, volenti o nolenti, sono stati messi di fronte.

"The easiest job in America"
Questa citazione è di Ezekiel Elliott, rookie RB dei Cowboys interrogato su quello che sarebbe stato il suo impatto con le difese NFL. Il virgolettato può essere in un qualche modo attribuito anche a Prescott stesso: il fatto di essere capitato in un attacco così ben oliato come quello di Dallas, per giunta protetto dalla migliore o-line del football, è sicuramente un bel vantaggio per l’ex Mississippi State. 

Avere un duo come Elliott e Morris permette a Dallas di mantenere il focus sul gioco palla a terra, mentre attorno a Prescott è stato disegnato un sistema efficace e peraltro molto comune nella NFL attuale, quello che viene definito dink and dunk, passaggi corti e veloci per mantenere alto il ritmo offensivo e la difesa sulle spine. Per adesso, il numero 4 è rimasto pressoché al sicuro e, nonostante alcune forzature - comprensibili, visto anche il risultato e il tempo a disposizione - sul finale di partita contro i Giants, le statistiche dicono 99 passaggi senza un intercetto: meglio di lui, nelle prime tre partite in carriera, solo Warren Moon (103), Case Keenum e Carson Wentz (102).

Come detto, il game plan ha molto a che fare con il rendimento del giocatore, soprattutto perché dei 99 passaggi tentati, solo 18 sono considerati profondi (cioè di almeno 20 yard), come riporta NFL Savant, anche se si è visto un cambiamento di trend nella partita contro i Bears, in cui Prescott ha cercato più di una volta di spingere il pallone a fondocampo.

Non è un caso che i migliori amici di Prescott si chiamino Jason Witten (14 target nella sconfitta contro NY) e soprattutto Cole Beasley.


Questo è uno dei temi ricorrenti dell’attacco di Dallas. Traccia corta di Witten, comeback per creare separazione e “sedersi” con lo sguardo al QB per dargli un riferimento comodo in termini di guadagno e sicurezza nel lancio (è quello che fa spesso anche Antonio Gates nell’attacco di San Diego).

Discorso simile per Cole Beasley. Lo slot receiver da SMU è il miglior route runner della squadra e l’uomo di riferimento per Prescott quando si tratta di chiudere un down. I Cowboys sono attualmente la squadra con la percentuale di conversioni su terzo down più alta della NFL con oltre il 52%, e Beasley da solo ha già guadagnato 12 primi down (in classifica fianco a fianco con nomi ben più altisonanti, come Alshon Jeffery e DeAndre Hopkins).


Come i comeback per Witten, così le crossing route sono il pane per Beasley, che ha già messo a segno 20 ricezioni su 25 target ricevuti - il che, proiettato su 16 partite, lo porterebbe ad essere il bersaglio di oltre 100 palloni, ben al di sopra dei 75 dello scorso anno (con un 69% di catch rate contro l’ 80% attuale).

Con Chicago, come detto, abbiamo visto Dallas spingere il pallone più lontano approfittando delle evidenti lacune nella difesa degli ospiti; lacune che sono state rese ancora più evidenti quando, in molte occasioni, l’attacco si è schierato in una spread formation, e cioè con quanto più personale possibile ai lati della LOS, per aprire il campo e costringere Chicago a ridurre la pass rush per infoltire la secondaria, con il chiaro obiettivo di dare più tempo a Prescott di lanciare.


Qui un esempio, con Beasley che viene fatto spostare da Prescott dalla parte opposta della linea. Il diretto marcatore, Jordy Glenn - undrafted rookie nel 2015 - non fa in tempo a raggiungere la sua nuova posizione che già deve ripartire all’inseguimento di Beasley. Il piccolo ricevitore viene anche aiutato dalla traccia di Witten, che passa davanti a Glenn, quasi effettuando un blocco stile basket e fa perdere l’attimo al giocatore di Chicago. La velocità di Beasley sulla go route - quella totalmente verticale - fa il resto, e apparecchia la tavola per il TD su corsa di Dunbar.

Probabilmente la scalata di Prescott al ruolo di QB titolare fisso si interromperà una volta tornato Romo. Jerry Jones ha già detto che, non appena il veterano sarà pronto, si riprenderà lo scettro. Probabilmente però, anche per via del fisico di cristallo del numero 9, non dovremmo attendere molto per vedere Prescott stabilmente dietro a Travis Frederick.

"Like a freakin' hall of famer"
Altro giro, altra cit. Questa volta le parole sono di Cameron Hayward, DE degli Steelers dopo il massacro di Pittsburgh in quel di Philadelphia, teatro della più pesante sconfitta dei giallo-neri in quasi 30 anni. Se dopo le vittorie arrivate contro due delle peggiori squadre NFL come Cleveland e Chicago c’era ancora un minimo di riserbo sopra le capacità del ragazzo da North Dakota State, adesso ecco che pian piano il coro di consensi va crescendo.

Non è circondato dalle armi offensive di cui dispone Prescott, ma anche la o-line di Wentz sta facendo un buon lavoro, pur non avendo ancora incontrato pass rush particolarmente efficaci (ma per quello ci sarà tempo, viste le partite contro Vikings e Seahawks, per citarne due): sono solo 19 le pressioni concesse.

Guardate qui ad esempio quanto tempo il numero 11 abbia per trovare il bersaglio.


Quel che colpisce a prima vista è la calma con cui gestisce le situazioni di gioco. Rimane alto e fermo nella tasca, come abbiamo visto sopra, non si fa prendere dal panico, ha un rilascio piuttosto veloce e fluido e, soprattutto, pare abbastanza comunicativo pre-snap. I grandi QB sanno analizzare la difesa ancora prima che l’azione parta, e Wentz ha già dimostrato più volte di saperlo fare, come qui sotto.


Come detto per Prescott, il sistema di Philadelphia è fatto per agevolare la transizione tra i pro del ragazzo, e l’head coach Doug Pederson sa come si fa, avendo fatto rendere - assieme ad Andy Reid - un QB che appare decisamente meno talentuoso di Wentz in prospettiva come Alex Smith.
Delle oltre 700 yard che Wentz ha macinato finora, 423 sono arrivate after the catch. Dalla partita contro Pittsburgh, il TD di Darren Sproles condensa quanto detto finora.


La pressione della difesa si fa sentire - una delle poche volte in cui il front seven degli Steelers, privo di Bud Dupree, Lawrence Timmons e Ryan Shazier, si è palesato domenica - Wentz esce dalla tasca con disinvoltura, aspetta che l’ex Chargers e Saints completi la traccia e l’abilità dopo la ricezione del piccolo RB fa il resto.

Come detto, Wentz non è una macchina da highlight (ancora), ma sta facendo tutto quello che il gameplan prevede, evitando le palle perse (0 intercetti) e completando il 64% dei passaggi tentati (14esimo, con un QBR di 103, ottavo tra i passatori con almeno 50 lanci tentati).

Non che al nostro manchi il braccio per le big plays, i passaggi da almeno 20 yard. In questa situazione Wentz è attualmente 7-14, come si può vedere nella foto...


...e nella gif qui sotto, il TD in week 1 per Nelson Agholor.


La finta a rientrare del numero 17 è fondamentale per prendere il tempo a Philip Gaines, e poi il ball placement di Wentz fa il resto.

Lo hanno paragonato a Peyton Manning per come gestisce la fase pre-snap e a Rodgers per come gioca. Paragoni eccessivi e anche inutili. Per adesso, agli esigenti tifosi Eagles, Carson Wentz va bene così com’è.


Articolo a cura di Michele Serra

martedì 20 settembre 2016

Upset


L'Inter sfrutta le incertezze juventine e porta a casa il derby d'Italia

di Emanuele Mongiardo



Nelle ultime settimane una delle questioni più frequenti tra giornalisti sportivi e opinionisti in Italia è stata il valore della Juventus 2016/17: con la cessione di Pogba e gli acquisti di quest'estate, Higuain e Pjanic su tutti, la squadra si è rinforzata o si è indebolita? Allegri ha provato a rispondere, offrendo agli addetti ai lavori uno spunto piuttosto interessante: tra le mani ha una rosa che sicuramente è diversa da quella dell'anno scorso. Sulla diversità il tecnico livornese dovrà lavorare per raffinare ulteriormente la propria creatura, cercando di scoprire e limare il più possibile i difetti ed esaltarne invece i pregi. L'Inter ha saputo colpire i giusti punti di pressione dell'avversario, basti pensare al gol di Icardi, il terzo subito da corner per i bianconeri, e ha portato a casa i tre punti contro ogni pronostico.

Il derby d’Italia correva il rischio di porre il campionato di fronte ad un bivio decisivo già alla quarta giornata: un’eventuale vittoria della Juventus avrebbe rafforzato ulteriormente lo status di super favorita della Vecchia Signora, che a quel punto avrebbe dimostrato la propria superiorità anche nei confronti di una potenziale concorrente come l’Inter. I nerazzurri sarebbero invece scivolati in quella spirale di negatività che ormai da troppe stagioni avvolge la squadra, un rischio quanto mai concreto, specie dopo l’ultima sconfitta in Europa League contro gli israeliani dell’Hapoel Beer Sheva. 

Allegri deve rinunciare a Dani Alves per via di un infortunio alla coscia rimediato contro il Siviglia. Schiera comunque il solito 3-5-2 con Buffon tra i pali presidiato dal terzetto Benatia-Bonucci-Chiellini. A centrocampo per la prima volta Pjanic veste i panni del regista basso. Le mezzali sono Asamoah a sinistra e Khedira a destra. Sulle fasce agiscono Lichsteiner ed Alex Sandro, mentre in avanti Higuain si accomoda in panchina per far spazio a Mandzukic come partner di Dybala.

De Boer opta invece per un 4-3-3 di partenza in cui ad affiancare le tre certezze Handanovic, Murillo e Miranda ci sono D’Ambrosio a destra e Santon a sinistra. Medel in mediana ha il compito di coprire le spalle a Joao Mario e Banega. In avanti, oltre a Icardi, il tecnico olandese punta a destra su Candreva e a sinistra su Eder, preferito questa volta a Perisic.



Prendere e non dare

Nelle prime battute del match De Boer si serve dell’avversario come punto di riferimento per il proprio schieramento. Se Allegri confida nel 3-5-2, il 4-3-3 di De Boer è pronto a diventare 4-2-3-1 o 4-2-1-3 per creare una serie di duelli individuali lungo tutto il campo. L’ex allenatore dell’Ajax sembra voler sfruttare nell’arco dei novanta minuti diverse gradazioni di pressing. Inizialmente l’Inter prova ad alzare il ritmo pressando alta la Juventus: gli attaccanti prendono in consegna il terzetto difensivo bianconero (Eder-Benatia, Icardi-Bonucci, Candreva-Chiellini); Pjanic prova ad abbassarsi per dar manforte alla costruzione bassa, ma uno tra Joao Mario e Banega lo segue fino a ridosso dell’area di Buffon; i due centrocampisti rimasti si accoppiano con le mezzali bianconere mentre la difesa ha il compito di aggredire i propri uomini di riferimento (i terzini seguono gli esterni e i difensori centrali le due punte).


Fuori inquadratura: Joao Mario segue Asamoah e Medel va su Khedira; D’Ambrosio e Santon marcano rispettivamente A.Sandro e Lichsteiner; Murillo e Miranda sono subito aggressivi sulle due punte


Col passare dei minuti l’intensità del pressing alto nerazzurro cala e il centrocampo abbassa il proprio baricentro. Anche in questo caso si ha un 4-2-3-1 in cui le possibilità di recupero palla sono garantite dalla parità numerica con gli uomini coinvolti nella costruzione della Juve. I bianconeri oltre che col rombo basso, provano a consolidare il possesso con un rombo a centrocampo che prevede l’abbassamento di Dybala; rombo a cui si somma il difensore in possesso di palla per un totale di cinque uomini coinvolti. L’Inter a sua volta stringe Eder e Candreva mandandoli in marcatura sul centrocampista di riferimento. Icardi resta nei pressi di Bonucci. Quando la palla giunge a Benatia o a Chiellini tutti i bianconeri a centrocampo sono coperti ed uno tra Eder e Candreva, a seconda del lato, può attaccare il difensore in possesso, provando a bloccare sia rombo di centrocampo che di difesa.



Medel-Banega vs Dybala-Khedira, Eder controlla Pjanic e Joao Mario segue Asamoah. Quando il ghanese serve Chiellini Candreva può uscire in pressione, costringendo il difensore a lanciare nel vuoto


Ma se in fase di non possesso De Boer vuole prendere le misure uno per uno agli avversari, col pallone tra i piedi prova invece a sfuggire all’apparato difensivo di Allegri. Difatti il centrocampo è fluido e può variare dai tre uomini al doble pivote, con uno tra Joao Mario e Banega che va a cercare spazio dietro le linee. In attacco, come da pronostico, lo schieramento è asimmetrico per via delle differenti caratteristiche di Eder e Candreva. L’italobrasiliano prova ad agire il più possibile vicino ad Icardi, magari per tentare qualche combinazione nello stretto, senza però mai riuscire nell’intento. Tuttavia è sempre bravo a cercare lo spazio tra le linee alle spalle del centrocampo avversario, zona in cui spesso agisce di fianco alla mezzala che si alza. Candreva invece, nonostante qualche volta provi a ricevere in zone più interne di campo, preferisce muoversi vicino alla fascia.




Una delle occasioni in cui Candreva entra dentro il campo. Medel trova Banega tra Pjanic e Khedira. Eder si muove in profondità per attirare Benatia ed allargare ulteriormente l’half space in cui può inserirsi Candreva


Entrambi gli esterni offensivi dell’Inter hanno il compito di posizionarsi tra terzo centrale ed esterno, anche per tenere quest’ultimo il più basso possibile. Se Eder ama muoversi negli half spaces, Candreva prova invece più spesso ad attaccare la profondità in contemporanea con i movimenti di Icardi. Spesso infatti la manovra al centro è bloccata per via dell’abilità della Juve a coprire quella zona di campo e la difesa prova a lanciare in direzione dell’argentino.



Certezze bianconere

E’ una soluzione di lettura elementare per la Juve che fa di tutto per costringere l’Inter a questo tipo di giocata. Allegri confida nelle certezze granitiche del 3-5-2 e ne ripropone lo spartito in fase difensiva pur con alcune varianti atte a sfruttare le caratteristiche particolari dei propri uomini. L’intensità del pressing è stabilita da Mandzukic che può decidere di pressare il difensore sulla prima costruzione o di schermare il mediano avversario. Più fluida invece è la posizione di Asamoah che si avvale del proprio atletismo per uscire verso l’esterno e pressare alternativamente D’Ambrosio o Candreva.

Il blocco centrale juventino nel primo tempo riesce a negare spazio tra le linee ai giocatori dell’Inter. La compattezza del 3-5-2, come detto, è determinata dalle punte che possono decidere di alzare o meno la pressione, seguiti dal resto della squadra. Questo permette di mascherare anche alcune pecche dovute alle inclinazioni naturali dei giocatori. Khedira ad esempio ama difendere in avanti; tuttavia alcune sue uscite non sono state del tutto puntuali, permettendo all’Inter di trovare l’uomo tra le linee.



Khedira esce in pressione su Murillo. Joao Mario attacca lo spazio alle spalle del tedesco e lo indica al compagno. Dopo aver ricevuto scambia con Eder che conclude di poco a lato


Anche la pressione verso l’esterno di Asamoah se effettuata col tempismo sbagliato può scoprire le spalle del centrocampo. Ecco che allora Allegri effettua un piccolo accorgimento atto probabilmente anche a non lasciare solo Pjanic in mediana. La Juve si avvale dell’aiuto di Dybala in fase di non possesso per creare due linee di centrocampo che formano una sorta di parallelogramma, i cui lati maggiori sono formati rispettivamente dai due centrocampisti che restano in mediana e da Dybala+la mezzala che si alza.




Il quadrilatero del centrocampo juventino in fase difensiva. Questa doppia dislocazione permette eventualmente a Pjanic di scalare su Banega e coprire lo spazio alle spalle di Khedira


Le difficoltà comunque nascono in fase offensiva, sia per merito degli avversari (il già citato blocco dei rombi di costruzione), sia a causa di prestazioni individuali non all’altezza. La Juve riesce ad arrivare agevolmente sulla trequarti solo quando un giocatore dell’Inter esce col tempo sbagliato in pressione. Un difetto questo che colpisce perlopiù i terzini e che permette ai bianconeri di impostare dalla fascia. Se uno dei due esterni riesce a ricevere e girarsi, il centrocampo dell’Inter prova a muoversi verso l’esterno. Così facendo Dybala e Asamoah/Khedira possono attaccare lo spazio alle spalle di intermedi e terzini avversari, sfruttandone anche la lentezza nel recuperare all’indietro; a quel punto l’esterno può servire i trequartisti e far arrivare la palla in zone pericolose.


Santon esce in ritardo su Lichsteiner. Dybala attacca lasciato dal terzino alle spalle di Banega; l’argentino riesce a ricevere e servire Pjanic per il tiro





Qui, dopo aver recuperato palla con Lichsteiner, la Juve trasla il rombo di costruzione sulla fascia grazie ai movimenti di Pjanic e Bonucci. E’ una delle poche uscite pulite dal basso dei bianconeri durante la partita e porterà al colpo di testa di Khedira, forse la più pericolosa occasione del primo tempo



Il coraggio del secondo tempo

Per provare ad innalzare la propria pericolosità, nel secondo tempo Allegri autorizza i terzini ad avanzare il più possibile. Il nuovo raggio d’azione degli esterni ha i suoi effetti collaterali. Nel corso degli ultimi venti minuti la BBC sarà costretta ad affrontare transizioni negative difendendo difatti in parità numerica contro gli attaccanti avversari.

Tuttavia migliora alcuni meccanismi offensivi che favoriscono gli inserimenti di uomini nelle mezze posizioni, avendo il merito di impedire ai terzini interisti di accorciare sui propri centrocampisti. Anche l’azione del gol di Lichsteiner, se vogliamo, è figlia dell’avanzamento di Alex Sandro e dello svizzero. La Juve beneficia di una punizione a centrocampo, l’Inter è compattata in un 4-5-1. Icardi è in inferiorità contro Khedira e Pjanic. Il bosniaco può avanzare mentre Alex Sandro tiene occupato D’Ambrosio. Si apre uno spazio alle spalle di Joao Mario occupato prontamente da Asamoah.  D’Ambrosio scala su Asamoah e Candreva va su Alex Sandro. L’ex terzino del Torino prova ad arginare il ghanese che però riesce a servire A.Sandro. A quel punto l’indecisione di Candreva sulla marcatura fa la differenza e D’Ambrosio si vede costretto ad inseguire anche il brasiliano, superiore sul piano tecnico e atletico. Di fatti l’ex Porto riesce a crossare per il momentaneo vantaggio di Lichsteiner.

Il gol sa di beffa per gli uomini di De Boer, probabilmente nel loro momento migliore del match. Anche l’olandese all’uscita dagli spogliatoi prova ad aumentare il volume della propria proposta offensiva. In particolare capita spesso che entrambe le mezzali si alzino alle spalle del centrocampo avversario. L’Inter prova ad eludere la pressione avversaria, in particolare quella di Khedira. Una volta scavalcata la prima linea di pressione del quadrilatero bianconero, la palla arriva in direzione della seconda linea bianconera, formata da due uomini. I movimenti incontro di Eder però, combinati con la salita contemporanea di Joao Mario e Banega permettono all’Inter di sfruttare una situazione di tre contro due.



Khedira-Asamoah VS Joao Mario-Eder-Banega. In questo caso Joao è costretto a rientrare e la Juve può recuperare


Anche l’atteggiamento dei terzini diventa più propositivo: Santon e D’Ambrosio provano ad approfittare dell’ampio spazio garantito dalla posizione bassa di A.Sandro e Lichsteiner nel 5-3-2 a difesa schierata della Juventus. Proprio un filtrante di Santon propizia l’angolo da cui nasce il pareggio di Icardi.

Subito dopo la rete dell’argentino De Boer effettua la sostituzione decisiva, inserendo Perisic al posto di Eder. Ovviamente il croato ama partire più largo e l’Inter ora preferisce cercare il suo lato di campo piuttosto che la superiorità numerica tra le linee. Perisic mette diverse volte in difficoltà Barzagli e Lichsteiner attaccando lo spazio alle loro spalle, riuscendo poi a ricevere e a puntare in dribbling il proprio uomo. L’ex Wolfsburg ha il merito di farsi trovare pronto sul servizio di Icardi, convertendo nel 2 a 1 finale un errore in appoggio di Asamoah.



Prospettive sulla stagione in corso

Inter Juventus insegna, qualora ce ne fosse bisogno, che ogni partita ha una storia a sé e che la proprietà transitiva nel calcio vale poco o nulla. Allegri dovrà cogliere l’occasione per raffinare ulteriormente il materiale a disposizione, in attesa ovviamente del ritorno di Marchisio che dovrebbe permettere anche a Pjanic di elevare il livello delle proprie prestazioni. De Boer invece, ancora alla ricerca del miglior abito per la sua Inter, sa di poter contare su elementi di prestigio riconosciuto. Miranda, Joao Mario e Banega restano a mio avviso i valori aggiunti di questa squadra: si sono dimostrati all’altezza dei campioni d’Italia e la loro personalità nel confronto con l’avversario ha saputo trascinare anche i compagni verso una vittoria che mancava a San Siro ormai dal 2010. Aldilà di quanto scontato possa essere l’esito finale, la Serie A 2016/17 dimostra ancora di più di poter essere uno dei laboratori più interessanti d’Europa.


Articolo a cura di Emanuele Mongiardo

lunedì 19 settembre 2016

Controsorpasso

A Singapore Nico Rosberg doma la rimonta di Ricciardo, surclassa Hamilton e si riporta di prepotenza in testa al Mondiale.

di Federico Principi







Nel 2014 la Mercedes aveva perso 3 Gran Premi (Canada, Ungheria e Belgio) dove però erano state più che altro alcune circostanze favorevoli a decidere le corse. Il Gran Premio di Singapore era stato in realtà l'appuntamento in cui Hamilton e Rosberg avevano faticato di più fin dalla qualifica (Bottas ottavo a solo mezzo secondo). Tornati di nuovo nel Paese del Sud-est asiatico 12 mesi più tardi, gli uomini con la tuta argento avevano clamorosamente mancato le prime due file dello schieramento, senza mai mostrare competitività e chiudendo con un anonimo quarto posto di Rosberg lontanissimo dal podio.

Il 2016 è forse l'anno migliore della Mercedes, nel quale le frecce d'argento hanno perso una sola gara (in Spagna) solo per colpa dell'incidente fratricida al primo giro, e avrebbero in realtà dovuto perdere a Montecarlo, graziati dall'errore del box Red Bull al pit stop di Ricciardo. Singapore ha però ancora messo in dubbio le certezze degli uomini Mercedes: le alte temperature hanno messo in crisi i freni della W07 e la configurazione tortuosa del tracciato avrebbe esaltato il telaio Red Bull, oltre a quello Ferrari migliorato nel carico aerodinamico dopo la modifica al diffusore al Gran Premio del Belgio.

Quale gomma?
La gomma super-soft nel 2015, dopo l'elevamento delle pressioni, era andata in surriscaldamento e aveva subito degrado sulla Mercedes, attanagliata anche da alcuni problemi di direzionalità. Nel 2016 la Pirelli si è presentata per giunta con la ultra-soft per complicare ancora di più i piani alle scuderie e rendere ancora più interessante il weekend.

Come al solito è stata la Ferrari a fare il pieno di treni delle gomme più morbide (Raikkonen con un solo treno di soft addirittura, troppo poco) e la Force India invece a fare il pieno di treni della mescola più dura.

Con le pressioni elevatissime e uno step più morbido di mescola rispetto al 2015, le valutazioni sul degrado si complicavano. La ultra-soft mostrava la tendenza a degradare intorno al settimo-ottavo passaggio in presenza di un run con un tempo di attacco non aggressivo, quella che di solito è la strategia della Mercedes che spesso è più preoccupata di gestire il degrado delle gomme più morbide rispetto a Ferrari e Red Bull.

Il tempo di attacco di Palmer non è relativamente buonissimo e questo gli consente di conservare la ultra-soft fino al primo calo intorno al giro 7-8 dello stint di simulazione.

Viceversa, in presenza di tempi inaugurali dello stint molto più bassi, la gomma ultra-soft subiva un degrado importante già intorno al quinto passaggio e ovviamente in questo modo avrebbe reso impossibile la strategia a 2 soste che era un po' il target per tutti durante il weekend.

Hülkenberg solitamente parte sempre molto cauto nelle sue simulazioni: questa volta ha svolto un lavoro differente in cui ha provato a spingere subito con un 1:49, ma poi la sua ultra-soft è calata immediatamente e verticalmente.

Il paragone tra i piloti delle 3 case di vertice, tutti molto vicini, avrebbe dovuto chiarire chi sarebbe stato favorito con la ultra-soft e, conseguentemente invece, chi avrebbe deciso eventualmente di eliminarla in gara passando da Q2 a Q3 con la super-soft. Dei piloti di testa è sembrato infatti proprio Rosberg quello più in difficoltà con la ultra-soft, messo in crisi dalle temperature e dalle pressioni elevate, e il run di Raikkonen con la stessa mescola poteva invece far sognare in grande i tifosi ferraristi. 

Col senno di poi tuttavia, dopo aver osservato i tempi in gara, nessuno dei piloti di vertice ha effettuato le simulazioni nelle FP2 col pieno di benzina e resta quindi l'incognita se siano state comunque effettuate con un carico sostanzialmente uguale per tutti o se invece i valori fossero difformi. La Red Bull ha infatti deciso poi di partire con le super-soft e Ricciardo nelle FP2 ha effettuato il long run con le ultra-soft nel secondo stint, dopo uno stint di super-soft: eppure i suoi tempi erano simili a quelli di Verstappen, e quindi anche l'olandese potrebbe aver effettuato il run con le ultra-soft con meno carico di benzina.

Il grafico di "Funo Analisi Tecnica" mostra come Rosberg abbia il tempo medio più alto dei piloti di vertice e non scenda mai sotto l'1:50. Ricciardo compie troppi passaggi lenti per via del traffico, Verstappen spinge subito ma degrada subito e quello più in forma sembra Raikkonen, che all'ottavo e al nono giro ancora stampa degli 1:49.

Ma mentre la soft sembrava la gomma della sicurezza in gara, anche la super-soft dava più o meno gli stessi problemi di degrado della ultra-soft. Le pressioni elevate mettevano alla frusta anche la mescola "media" del weekend e, in assenza delle gare di GP2, GP3 e Porsche Supercup, la pista non si sarebbe gommata più di tanto nelle sessioni successive, contenendo in quel caso il degrado evidenziato nel venerdì. 

Magnussen degrada la super-soft già intorno al giro 6-7

Anche la super-soft era destinata quindi inizialmente ad essere trattata con i guanti di velluto nei primi passaggi. La Mercedes, complici i problemi idraulici alla macchina di Hamilton nelle FP2, non ha potuto provare questa mescola e le due Red Bull hanno svolto un lavoro differente per valutarne il degrado con più precisione. Anche da qui nasce la scelta di partire in gara proprio con la super-soft.

Grafico "Funo Analisi Tecnica": i tempi medi sono sporcati da alcuni passaggi particolarmente lenti per colpa del traffico. Da notare comunque come Verstappen e Raikkonen, che realizzano tempi di attacco sotto l'1:50 (1:49.1 addirittura per l'olandese) vadano poi in calo proprio dai giri 6-7-8, come Magnussen. Ricciardo esordisce con un tranquillo 1:50.5 e realizza infatti 6 tempi consecutivi sotto l'1:51, tolto quell'1:58 di traffico in mezzo.

Il pilota fa la differenza in qualifica
Il giro da qualifica a Singapore è forse uno dei banchi di prova più severi per un pilota di Formula 1. Non è probabilmente un caso che due anni fa ben 8 piloti fossero racchiusi in mezzo secondo, e che lo scorso anno ci sia stata una netta differenza di prestazione sia in qualifica che in gara tra Vettel, Ricciardo alle sue spalle e Raikkonen in terza posizione, compagno di Vettel ma mai vicino ai primi due. La Ferrari non mostrava quindi una chiara superiorità sulla Red Bull ma Vettel faceva più la differenza insieme a Ricciardo su Raikkonen, sia in qualifica che in gara.

In qualifica quest'anno è avvenuto esattamente lo stesso. Hamilton si è presentato in Q1 senza essere mai riuscito a compiere un giro di simulazione qualifica con le ultra-soft prima di quel momento: in Q3 non ha trovato il giusto feeling ed è stato nettamente battuto da Ricciardo, a sua volta messo in seconda posizione senza troppi problemi da un Rosberg in forma straripante. Verstappen quarto e Raikkonen quinto chiudevano il conto della qualifica dei migliori, orfana di Vettel bloccato in Q1 dalla rottura della barra anti-rollio posteriore che gli toglieva praticamente tutta la direzionalità e lo lasciava su 3 ruote in appoggio a ogni curva.

Duello on board tra Rosberg e Ricciardo. Rosberg fantastico nei primi due settori, aiutato anche dalla power unit Mercedes sui non lunghissimi rettilinei.

La Renault si è presentata con un aggiornamento da 3 gettoni che secondo alcune voci avrebbe permesso alla power unit di avere finalmente l'extra-power in dotazione già di Ferrari e Mercedes, che per soli 2 giri da qualifica avrebbe sprigionato 1000 cavalli di potenza. I 2 giri presi in questione sono sicuramente quello del Q2, nel quale i Red Bull hanno sforzato al massimo la macchina per qualificarsi al Q3 con le super-soft, e soltanto il secondo tentativo del Q3, nel quale Ricciardo e Verstappen hanno abbassato il tempo di oltre mezzo secondo rispetto al primo tentativo.

La Ferrari usa l'extra-power solo in Q3 (migliora di 6 decimi rispetto al Q2) mentre il miglioramento delle Red Bull tra Q2 e Q3 è ovviamente motivato dal cambio di mescola. Quelli che abbassano di meno il tempo sono i due Mercedes e Hülkenberg (già al massimo della potenza in Q2, guardare che spaventoso miglioramento rispetto al Q1) e Toro Rosso e McLaren dotate di propulsori (Ferrari 2015 e Honda) senza extra-power. Perez in Q2 migliora di poco perché l'ultimo tempo lo realizza con bandiera gialla.

C'è però da dire che se Renault fa trapelare di aver toccato la soglia dei 1000 cavalli, Mercedes dovrebbe averla superata già da tempo a giudicare sia da un nuovo monopolio delle prime 8 posizioni nelle velocità massime in qualifica su un tracciato cittadino (dopo Montecarlo), sia dai tempi del primo settore (il più veloce) rapportati a quelli degli altri punti della pista.

Raikkonen si inserisce tra le due Red Bull nel primo settore, monopolizzato dalla Mercedes. Non è un caso che i più lenti in quel punto siano Toro Rosso e McLaren. Nel terzo settore invece (il più guidato) Ricciardo è il migliore e Verstappen è terzo, e dietro i primi 5 ci sono le due Toro Rosso (anche nel settore centrale): il telaio della monoposto di Faenza si è dimostrato fortissimo.

Al netto degli assetti, la Mercedes si dimostra ancora imbattibile a coniugare trazione e potenza con la propria power unit. I 1000 cavalli del TAG Heuer ancora non si vedono, anche se va detto che forse Alonso aveva un assetto molto più scarico.

La creazione del trenino
Tra il venerdì e il sabato mattina la Pirelli ha abbassato di 1 psi la pressione sugli pneumatici posteriori, ovviamente su tutte le vetture. Una scelta del genere incoraggiava ancora di più l'utilizzo dell'ultra-soft, che si sarebbe surriscaldata e degradata molto meno, e complice anche l'andamento non troppo dissimile della super-soft i due Mercedes hanno scelto così di partire con la ultra-soft. Raikkonen ha fatto lo stesso, mentre le due Red Bull - forse per tentare una strategia differente dalla Mercedes e provare a battagliare - hanno scelto le super-soft. Vettel nel frattempo, in ultima posizione, optava per la soft nuova per compiere uno stint più lungo possibile, incoraggiato dal lungo run nelle FP2 senza degrado.

 Grafico "Funo Analisi Tecnica": il run di Vettel con la soft nelle FP2 dove dopo 14 giri è ancora sull'1:52.1, prestazioni comunque lontane da quelle di Rosberg ma Vettel sarebbe dovuto partire in fondo e quindi con grande traffico davanti. La differenza di prestazione con le mescole più dure è ancora marcata tra Ferrari e Mercedes, ma il degrado veniva gestito molto bene.

Anche la Manor di Wehrlein, la vettura più scarica di aerodinamica e forse quella che meccanicamente sfrutta di più le gomme, trattava comunque bene la soft usata nel long run del venerdì. Vettel sarebbe partito per giunta con soft nuova.

Alla partenza c'è stato solo uno scossone tra i piloti di testa: Verstappen (che poi ha detto che dal box gli avevano già detto che la frizione non avrebbe funzionato a dovere) è rimasto piuttosto fermo, come a Monza, e veniva sfilato dalla McLaren di Alonso e da entrambe le Toro Rosso (uno smacco per lui). Gli altri mantenevano le prime 4 posizioni di testa e Vettel partiva in modo guardingo per evitare qualsiasi rischio di contatto alla prima curva. L'incidente di gara tra Sainz e Hülkenberg costringeva la Safety Car a entrare in pista, ma dopo due giri la corsa riprendeva regolarmente.

La lentezza di Verstappen ha costretto Sainz a scartare l'olandese e il contatto con Hülkenberg è diventato inevitabile.

Nel primo stint Rosberg e Hamilton erano chiamati sia a gestire le temperature dei freni (che si sarebbero consumati eccessivamente con temperature troppo elevate) su un tracciato con rettilinei troppo brevi per raffreddarli, sia a non consumare eccessivamente la gomma ultra-soft nei primi giri di vita per prolungare lo stint con l'obiettivo delle 2 soste. Nonostante tutto, Rosberg teneva a fatica Ricciardo nei primi 4 giri e sembrava che la super-soft funzionasse meglio, ma dal giro 7 in poi il tedesco ha accelerato il passo e alla prima sosta il distacco tra i due era aumentato a oltre 7 secondi, fuori dal rischio undercut.

Rosberg guadagna subito al primo giro dopo la Safety Car: successivamente gestisce la ultra-soft ma torna a guadagnare in prossimità della prima sosta.

Hamilton nel frattempo guadagnava più o meno uniformemente su Raikkonen, mostrando di gestire meglio la ultra-soft. Il giro precedente alla sosta l'inglese aveva 3 secondi netti di vantaggio, il giro successivo a quella del ferrarista (avvenuta 2 passaggi più tardi) il vantaggio era ovviamente salito a 5.5 secondi perché lo stesso Raikkonen aveva percorso 2 giri in più a gomma finita.

Nel primo stint Raikkonen più veloce di Hamilton solo sporadicamente, anche in virtù della gestione dei freni sulla Mercedes.

Dopo la prima sosta le Mercedes si sono ripresentate in pista con le soft, Ricciardo (e anche Verstappen) hanno invece mantenuto le super-soft e Raikkonen stesso ha optato per quest'ultima mescola. L'andamento dei tempi ha dimostrato tuttavia che, almeno a livello prestazionale, la scelta della soft sembrava errata: Ricciardo al giro 18 aveva un distacco di 6.2 da Rosberg, diminuito fino a 3.8 secondi al giro 27. Contestualmente il vantaggio dell'australiano su Hamilton era di 1.9 secondi al giro 16 e di 10 secondi netti sempre al giro 27.

Proprio dal passaggio 27 la gomma super-soft sia di Ricciardo che di Raikkonen ha cominciato un po' a calare, ma aveva comunque già svolto un importante ruolo nell'economia della riduzione del gap sui rispettivi piloti davanti, e alle soste effettuate ai giri 32 e 33 il distacco da Rosberg e Hamilton era comunque molto minore rispetto a inizio stint. 

Grafico "Forix" dell'andamento dei tempi in gara. Se nel primo stint Rosberg e Hamilton vanno via da Ricciardo e Raikkonen rispettivamente, nel secondo i piloti della Red Bull e della Ferrari sono molto più veloci.

Rosberg e Hamilton si sono immediatamente difesi dalle soste anticipate di Ricciardo e Raikkonen rispettivamente, nonostante avessero una gomma che garantiva altri giri, ma non volevano perdere troppo terreno anche perché mancavano ancora 28 e 27 giri rispettivamente ed entrambi sono tornati su gomma soft, scelta anche da Raikkonen e Ricciardo.

Il caos finale
In realtà pochi metri prima della sua seconda sosta Raikkonen aveva sorpassato Hamilton con una fantastica staccata, approfittando di un bloccaggio dell'inglese in preda nuovamente a problemi con la gestione dei freni dopo i tantissimi errori nelle simulazioni di qualifica. Raikkonen si è fermato anche un giro prima di Hamilton per la seconda sosta e sembrava aver messo in cassaforte il podio, facendo anche un bel regalo a Rosberg in classifica.


Avevamo già visto nelle simulazioni con gomme soft la comparazione di performance tra Rosberg e Vettel, impietosa per il pilota della Ferrari. Nel terzo stint Hamilton avrebbe dovuto recuperare molto ma nei primi passaggi, fino al giro 39, aveva complessivamente ridotto il gap di soli 6 decimi fino a 5.7 secondi. Constatata l'impossibilità di superare Raikkonen in pista, l'ingegnere di pista di Hamilton ha detto all'inglese di passare al "piano B": il Campione del Mondo ha subito spinto al massimo ed è rientrato ai box al giro 45 dopo un brevissimo stint di 11 giri con gomma soft. Da quel momento si è scatenato il caos.

Hamilton nel giro precedente al rientro aveva 2.1 secondi di ritardo da Raikkonen e aveva recuperato qualcosa anche nel giro del rientro. I meccanici Ferrari erano indecisi se richiamare il finlandese e marcare a uomo Hamilton oppure proseguire fino al termine con la soft. Hamilton però nel solo settore centrale del primo giro dopo la sua sosta aveva recuperato 1 secondo pieno, ma nonostante tutto dal box Ferrari hanno ordinato a Raikkonen di rientrare. Nemmeno un'ottima sosta (2.5 secondi) ha impedito al finlandese di uscire davanti a Hamilton e il podio (assolutamente più probabile per il ferrarista senza la terza sosta) è svanito in quel momento.

Nel frattempo Ricciardo marcava a uomo i primi due e rientrava anche lui per la terza volta, preoccupato dal gap di soli 5 secondi accumulato su Raikkonen prima della terza sosta di Hamilton. Al suo rientro aveva infatti soli 4.4 secondi di margine su Hamilton e 5.7 su Raikkonen. La sua era una mossa allo stesso tempo difensiva e offensiva: Rosberg prima della sosta dell'australiano aveva solo 3 secondi netti di vantaggio e, memori di quanto successo a Raikkonen, gli uomini Mercedes si sono a loro volta ben guardati dal richiamare per la terza volta Rosberg.

Le strategie definitive di tutti.

Ovviamente Ricciardo non si sarebbe mai fermato per la terza volta senza che lo avessero prima fatto i due piloti alle spalle, per ovvie impossibilità di superarli in pista alla fine. Ne è nata quindi un'entusiasmante corsa ad inseguimento dove Raikkonen (con ultra-soft usate) avrebbe dovuto difficilmente passare Hamilton (e il finlandese è anche stato bloccato al penultimo giro da un Gutierrez sempre più scorretto in fatto di doppiaggi) e soprattutto Ricciardo con super-soft nuove (la Red Bull non ha voluto montare le ultra-soft in gara) rientrava prepotentemente su Rosberg. Il tedesco ha però amministrato bene il vantaggio, con degrado gomme e temperatura dei freni da gestire, e solo all'ultimo giro è salito sopra l'1:52 per evitare ogni tipo di rischio.

Grafico "Forix" con l'andamento dei tempi dell'ultima parte di gara. Nonostante l'undercut riuscito a Hamilton, Raikkonen è rimasto attaccato all'inglese fino alla fine. Si vedono anche ovviamente la rimonta entusiasmante di Ricciardo e l'improvvisa accelerazione del passo gara di Hamilton al giro 39, dopo l'ordine di passare al "piano B".

Il Mondiale si arricchisce
Seppur questa sembri la stagione dove la Mercedes sia perfino più forte rispetto agli scorsi anni (nel 2014 a livello prestazionale era imbattibile, ma molto fragile), il Mondiale sta diventando sempre più interessante. Rosberg sembra ai massimi storici quanto a prestazioni sia in qualifica che in gara e le debolezze mostrate da Hamilton per tutto il weekend contribuiscono a rendere il Mondiale molto più aperto di quanto non fosse prima della pausa estiva, dopo un Gran Premio di Hockenheim in cui Rosberg disse di aver trascorso una «giornata pesante. È andato tutto storto fin dal via».

La rimonta di Vettel, fantastico a coprire la prima metà di gara con il treno di soft della partenza e 2 stint con ultra-soft, crea grandi rimpianti in casa Ferrari, vista anche la predilezione storica del pilota tedesco verso questa pista. Singapore esalta lo stile di guida di Vettel che lascia sempre un po' di gas aperto in staccata ed è quindi fantastico ad uscire in trazione dalle curve lente, e vedendo il gap in qualifica con Raikkonen nella scorsa stagione (7 decimi) non è impossibile da sostenere che Vettel avrebbe potuto puntare alla prima fila senza la clamorosa rottura della barra anti-rollio.

La gara è stata arricchita nuovamente dai soliti corpo a corpo di Verstappen. Questa volta è stato Kvyat a mostrare i muscoli, in modo veramente al limite in una circostanza e forse - va detto - anche leggermente oltre, anche se l'olandese stavolta è stato molto diplomatico nell'affermare che non avrebbe voluto ordini di scuderia (parliamo di una Red Bull e una Toro Rosso comunque...) e che Kvyat abbia "difeso bene" la sua posizione. 

C'è da stabilire se in curva 5 Verstappen dovesse accodarsi perché Kvyat era indiscutibilmente all'interno (è forse l'ipotesi più probabile), o se il russo avrebbe comunque dovuto lasciare spazio all'esterno. Anche la seconda staccata consecutiva di Kvyat è però incredibile.

Il russo in questo modo ha però dimostrato che forse la sua avventura nella famiglia Red Bull sia finita, ma sta comunque tirando fuori l'orgoglio per cercare un altro volante (si parla di Renault). Nelle fasi finali ha lasciato passare Verstappen ma solo perché doveva restituire la posizione a Perez sorpassato irregolarmente in curva 5, andando lungo dopo la frenata. Verstappen ha tirato fuori gli artigli anche con Alonso, seppur dotato di una vettura nettamente migliore e gomme più fresche, ma l'olandese si è mostrato nuovamente più in difficoltà con le gomme morbide (le super-soft) costringendo il team a 3 soste e favorendo la rimonta incredibile di Vettel, finitogli davanti.

Singapore poteva essere l'ultima chance di vittoria per la Ferrari. Il prossimo appuntamento si disputerà in Malesia, dove lo scorso anno Vettel ottenne una grande e comoda vittoria approfittando delle Mercedes in crisi di degrado termico su un circuito caldissimo. Le frecce d'argento hanno però risolto tantissimi problemi di surriscaldamento, esclusi in parte i freni, e partiranno comunque favorite a Sepang, ma sarà sicuramente un'altra gara da tenere d'occhio.


Articolo a cura di Federico Principi