lunedì 21 novembre 2016

Il treno per il Meisterschale

Tuchel sceglie uomini e sistema adeguati e resta avvinghiato alla battaglia per il primo posto.

di Emanuele Mongiardo






In un’intervista al Guardian pochi giorni prima della finale di Champions del 2013 Klopp aveva rilasciato, tra le altre, un’interessante dichiarazione su Sacchi e sulla sua idea di calcio: «Ai tempi del Mainz guardavamo video di esercitazioni difensive del Milan, con Maldini, Baresi e Albertini che ripetevano per 500 volte gli stessi movimenti senza la palla. Prima di conoscere Sacchi pensavamo che se gli avversari erano più forti, allora avremmo perso. Ma dopo abbiamo capito che con la tattica si può battere qualsiasi squadra»

A distanza di tre anni dalla sconfitta di Wembley il copione della Bundesliga non sembra essere cambiato: il Bayern continua a interpretare il ruolo del cattivo di James Bond e tocca al Borussia Dortmund provare a spodestarlo dal trono. Aldilà delle differenze nei principi di gioco, anche Tuchel come Klopp ha ben assimilato la lezione del vate di Fusignano e affidandosi a un piano gara studiato in ogni minimo dettaglio è riuscito nell'impresa di infliggere al Bayern di Carlo Ancelotti la prima sconfitta in campionato. 

La sfida coi bavaresi rappresentava un crocevia fondamentale per la stagione dei gialloneri, già distanti sei punti dai rivali. Una sconfitta avrebbe compromesso definitivamente il cammino verso il Meisterschale. Tuchel, come un sarto, ha tessuto la formazione su misura del proprio avversario, optando per una difesa a 3 (o a 5, lo aveva già fatto nello scorso campionato). Il terzetto davanti a Burki è composto da Ginter, Sokratis e Bartra. Sulle fasce si affida a due fedelissimi di Klopp, Pisczek e Schmelzer, mentre a centrocampo gli specialisti del pressing di scuola tedesca Gotze e Schurrle vengono preferiti al talento di Mor e Dembele per affiancare Weigl. In avanti accanto ad Aubameyang prende posto Ramos, altro giocatore votato all’aggressione alta dell’avversario. 

Ancelotti invece cavalca le proprie certezze e schiera la formazione migliore possibile, considerando gli acciacchi di Robben e il jet leg di Douglas Costa di ritorno dal Sud America. Lahm, Boateng, Hummels e Alaba presidiano la porta di Neuer. Thiago e Kimmich affiancano Xabi Alonso mentre in avanti Ribery a sinistra e Muller a destra supportano Lewandowski. 



Ruthless aggression

Dalle prime battute si intuisce come le chiavi della partita saranno il recupero palla e la capacità delle due squadre di negare all'avversario un’uscita pulita del pallone dal basso. Entrambe vogliono aggredire il lato forte non appena la palla giunge al terzino. La differenza però sta nell'efficacia con cui viene portato il pressing. 

Il Borussia innanzitutto cerca di sporcare la costruzione bassa sfruttando la struttura posizionale degli avversari: il Bayern inizia l’azione alternativamente con i due centrali o con i due centrali più Alonso. Se lo spagnolo resta a centrocampo, allora gli ospiti adottano il 2-4-2-2, con Kimmich e Ribery che stringono in mezzo e Thiago e Xabi che si allineano. Se l’ex madridista invece si abbassa, allora Kimmich scala dietro per affiancare Thiago. Quando ad impostare vi sono solo i due centrali, Ramos e Aubameyang si alzano su di loro. 




Quando invece Xabi Alonso si abbassa tra Boateng ed Hummels, a seconda del lato una punta va sul centrale di fascia, mentre l’altra copre il basco, schermando così contemporaneamente anche il passaggio sull’altro centrale di fascia. A centrocampo Schurrle e Gotze possono sfruttare i due riferimenti avversari (Alonso-Thiago o Kimmich-Thiago). Non appena il centrale trasmette palla al terzino, tocca a una delle due mezzali attaccare il possessore a seconda del lato, oscurando contemporaneamente la linea di passaggio per il mediano più vicino; l’altra mezzala ovviamente deve stringere nella direzione del pressing. Il Bayern in questo modo è in apnea: il Borussia vuole provare a recuperare il pallone prima possibile nelle zone più alte del campo. 


Ramos scherma Alonso, Aubameyang attacca Hummels e Gotze stringe su Thiago; il numero dieci riesce facilmente a recuperare palla. Da notare come Ribery provi ad abbassarsi per ricevere. La difesa a tre però permette al Borussia di mandare uno dei difensori esterni alto a difendere (in questo caso Ginter).



Il Bayern invece varia la struttura del pressing a seconda del lato, sempre con l’obiettivo di stringere il più possibile il campo degli avversari. Se il pallone transita a sinistra, Muller va sul difensore di quel lato (Bartra), Lewandowski marca il difensore centrale (Sokratis), Kimmich esce sul terzino sinistro (Schmelzer) e uno tra Thiago si alza per pressare Weigl, formando una sorta di 4-1-3-2. Anche Ribery stringe sul lato forte e va nella zona di Gotze, mentre Xabi Alonso si alza su Schurrle. 

Quando la palla va al difensore di destra (Ginter), Ribery si alza su di lui, Lewandowski scala su Sokratis e Muller scherma Weigl.




Ma per quasi tutto il primo tempo il pressing del Bayern risulta troppo blando per impensierire il Borussia che spesso non ha difficoltà nell’uscire palla a terra. 


Ribery e Lewandowski pigri in pressione. Il Borussia riesce facilmente a far circolare la palla da un lato all'altro della difesa. Bartra è libero di avanzare e cambiare gioco sul lato scoperto, dove Gotze e Pisczek possono avanzare per via del precedente e vano tentativo di pressare il Dortmund sul lato palla.

Nella propria metà campo i bavaresi difendono invece con un più canonico 4-4-2, con Kimmich e Ribery nel ruolo di esterni. 


Creare gli spazi

Nel tentativo di aggirare le linee avversarie gli uomini chiave della fase offensiva di Tuchel sono senz'altro le due mezzali, scelte oltre che per l’abilità nel pressing anche per la loro capacità di leggere gli spazi e attaccarli. Il Borussia adotta un 3-1-4-2 con i terzini larghi sulla linea laterale quasi all'altezza di Gotze e Schurrle per tenere impegnati Alaba e Lahm, mentre invece le punte giocano vicine per poter combinare una volta ricevuta palla e, soprattutto, per impedire diagonali verso l’esterno a Hummels e Boateng: difatti ai fianchi dei due centrali devono inserirsi Gotze e Schurrle. Come detto, quando il Borussia giunge nella metà campo avversaria i due terzini si posizionano all’altezza delle mezzali. In questo modo Lahm e Alaba sono costretti a uscire alti su di loro. Si crea uno spazio alle loro spalle in cui due giocatori come Gotze e Schurrle possono inserirsi facilmente, sfruttando anche l’incapacità di Thiago e Xabi Alonso di difendere all’indietro. 

La combinazione di pressing alto e inserimenti delle mezzali alle spalle di centrocampisti e terzini determina anche le circostanze dell’1 a 0. Al nono minuto il Bayern è costretto a riciclare il possesso su Hummels. Aubameyang lo attacca, mentre Ramos copre Xabi Alonso in salida lavolpiana. Gotze e Schurrle pressano Thiago e Ribery. Il Dortmund recupera il possesso dapprima col proprio numero dieci, poi, pochi secondi dopo un tentativo di cross sventato da Xabi, è Pisczek a rubare ancora il pallone ad Alaba all’altezza della trequarti avversaria. 

Il Bayern perde palla nella stessa zona per due volte nel giro di dieci secondi.

A quel punto il Bayern si è schiacciato troppo per difendere e il Borussia può consolidare il possesso nella metà campo avversaria avvalendosi del contributo di Bartra e Ginter. Dopo un minuto abbondante di possesso proprio un appoggio di Ginter su Pisczek innesca l’uscita in pressing di Alaba. Alle sue spalle si fionda Gotze che riceve dal terzino polacco. Thiago prova a seguirlo ma senza troppa convinzione, anche perché l’ex compagno riceve parecchio defilato e può solo crossare. 




Ma sul traversone dopo una serie di rimpalli Aubameyang di tacco riesce a servire Schurrle proprio nella zona che Alcantara avrebbe dovuto presidiare se solo non avesse provato a seguire Gotze. L’ex blaugrana allora prova ad andare incontro all'avversario, ma anche Alaba decide di uscire. Così Gotze si trova da solo sul vertice destro dell’area, riceve e confeziona l’assist per l’uno a zero di Aubameyang, su cui Boateng ha la colpa di non scalare. 

Il Bayern prova a rimediare affidandosi alle proprie direttrici offensive. Ancelotti vuole sfondare principalmente per vie centrali sfruttando il movimento incontro di Ribery per innescare una serie di spostamenti difensivi di cui potrebbe approfittare Lewandowski. Mentre l’anno scorso Guardiola imponeva ai suoi esterni di stare larghi e alti per smagliare la difesa avversaria e, in alternativa, inondare l’area di cross, quest’anno il francese in particolare ha maggiori responsabilità con e senza palla. Deve stringere verso il centro, posizionarsi se possibile alle spalle del centrocampo avversario e ricevere nell’half space o comunque costringere il difensore centrale di turno ad alzarsi su di lui. Si crea così un buco nella linea difensiva avversaria in cui può inserirsi Lewandowski. A quel punto tocca ai centrocampisti o ai difensori innescare il polacco. Una situazione che ha generato, per esempio, il momentaneo 2 a 0 contro il Werder Brema alla prima giornata. 

Anche contro il Borussia Ancelotti punta su questo particolare schema. Tuchel con la difesa a tre altissima aveva proprio intenzione di utilizzare i centrali esterni per seguire i movimenti degli avversari negli half spaces e non è raro vedere Ginter seguire Ribery anche fino al centrocampo. In questo modo i fianchi di Weigl non sono più scoperti. Tuttavia questo facilita l’esecuzione dell’imbucata su Lewandowski da parte del Bayern che se riesce a consolidare il possesso può sfruttare i traccianti millimetrici dei propri difensori centrali e di Xabi Alonso. Più volte sul lato sinistro Ribery attira l’uomo e Hummels lancia Lewandowski che si ritrova in situazione di uno contro uno con Sokratis. 




Ginter si alza su Ribery e Lewandowski detta il passaggio alle sue spalle. Il lancio di Hummels è ben calibrato, ma lo stop del polacco è difettoso.



A destra invece Muller sembra spaesato: Ancelotti gli chiede di stazionare a metà tra terzino sinistro e centrale sinistro, probabilmente per permettere a Kimmich di ricevere alle spalle del centrocampo. Ma da quel lato il Bayern è troppo prevedibile e verso la fine del primo tempo Muller e Lewandowski iniziano a scambiare la posizione: il polacco dovrebbe in teoria riprodurre i movimenti incontro di Ribery per creare spazio e permettere al compagno di inserirsi alle spalle della difesa. 



Quando non è possibile tentare il passaggio oltre la linea difensiva, i bavaresi provano a sfondare sulle fasce, arrivando spesso al cross in particolare sulla catena di sinistra (a destra Kimmich non è un esterno di ruolo e Lahm tende a rimanere più basso rispetto ad Alaba anche per aiutare la costruzione). Tuttavia i soli Lewandowski e Muller non bastano ad impensierire i tre centrali difensivi avversari, spesso coadiuvati da Weigl o dal terzino del lato opposto. 



Il Bayern non riesce a creare grosse occasioni; Ancelotti allora invita Thiago e Kimmich ad inserirsi con più frequenza in occasione dei traversoni dalla fascia e impone un pressing più aggressivo e preciso. 



Il ritorno del Bayern

Già dalla fine del primo tempo gli ospiti costringono Burki al rinvio lungo. Per limitare i danni e cercare di mantenere più possessi possibile anche con i rinvii lunghi, Tuchel nel secondo tempo cambia la disposizione dei suoi. Si passa dal 5-3-2 al 5-2-3: al momento del lancio del portiere Aubameyang resta tra i centrali, mentre Schurrle e Ramos si alzano sul terzino di riferimento per contendere il pallone di testa (di norma Schurrle su Lahm e Ramos su Alaba, ma vi sono anche degli scambi di lato; si vuole sfruttare il mismatch con Lahm prima e Rafinha poi); Gotze ha il compito di staccarsi dal centrocampo e aggredire la seconda palla, mentre i terzini hanno il compito di schermare il passaggio sul trequartista avversario che occupa l’half space (Ribery o Muller). 


Qui Schurrle non riesce a contendere in tempo il pallone a Lahm, che appoggia su Alonso. Gotze attacca subito lo spagnolo che ritorna dal capitano. Lahm prova a servire Muller nell'half space ma Schmelzer è bravo ad intercettare

In generale nel secondo tempo il Bayern occupa stabilmente la metà campo avversaria e il Borussia si affida alle transizioni, adottando un 5-4-1 in fase di non possesso con Ramos largo a destra e Aubameyang riferimento centrale pronto a scatenarsi in velocità. 

Al minuto 57 Ancelotti inserisce Douglas Costa per Kimmich. Con l’ingresso del brasiliano la catena laterale destra inizia ad avere un’efficienza pari a quella della catena di sinistra. Anche Lahm inizia a sganciarsi di più dalla difesa: rispetto a Kimmich Costa ama anche ricevere larghissimo a destra; a quel punto Lahm può avanzare più facilmente e agire anche da mezzala. Diventa frequente il due contro due con Schurrle e Schmelzer, anche perché ora Lahm, partendo più avanzato e centrale può sfruttare i tagli interno-esterno per sovrapporsi. 

La partita prosegue secondo questo canovaccio fino al novantesimo. Il Borussia vince e Ancelotti incassa la sua prima sconfitta in Bundesliga. La classifica vede ora il Lipsia in testa a tre punti proprio dai bavaresi, mentre i gialloneri mantengono invariato il distacco dal primo posto. A questo punto l’esito del campionato è meno scontato di quanto si potesse pensare un mese fa: il Bayern di Ancelotti non è dominante come quello di Guardiola e di partita in partita gli avversari trovano il modo di metterlo in difficoltà. Il Lipsia è in uno stato di forma smagliante che senz'altro aiuta la buona riuscita dei principi di gioco intenso, verticale e votato al pressing di Hassenhuttl. 

Se il Borussia dovesse riuscire a mantenere un rendimento più costante potrebbe sfruttare questo clima di incertezza per riconquistare il Meisterschale a cinque stagioni di distanza dall’ultima volta.


Articolo a cura di Emanuele Mongiardo

Great Expectations

I Lakers hanno trovato le fondamenta su cui ricostruire.

di Michele Serra























Da  quando nel 2012 Mitch Kupchak ha ipotecato il futuro della franchigia nel nome di un presente fatto di lustrini e paillettes più o meno brillanti, i Los Angeles Lakers hanno via via perso quell’aura mistica che li rendeva LA squadra NBA, quella più riconoscibile in tutto il mondo e immune a qualsiasi processo di ricostruzione. Questo perché non c’era mai stato bisogno di ripartire da zero, ma solo di rinfrescare la squadra - perenne contender ad eccezione di alcune sporadiche annate - in genere pescando tra i free agent: le scelte al draft, quando c’erano, erano piuttosto basse, e non si sono mai tramutate in solidi giocatori di rotazione, mentre la fila per giocarsi il titolo ad Hollywood nella squadra di Shaq, Kobe e Gasol (per rimanere nel nuovo millennio) era motivazione abbastanza grande per attirare l’attenzione dei migliori giocatori disponibili sul mercato anno dopo anno.  

Il fallimento dell’esperienza Nash-Howard-Kobe, e la sfilza di infortuni patiti da quest’ultimo hanno accelerato il declino di una squadra crollata inesorabilmente nell’arco di tre stagioni. Se non altro, la protezione delle scelte coinvolte nelle trade per il play dei Suns e il centro dei Magic è servita da paracadute, tanto che la sofferenza della franchigia e della fan base non possono essere considerate vane. Tra prime e seconde scelte, Kupchak e la dirigenza paiono aver trovato finalmente i giocatori su cui impostare il nuovo corso agli ordini di Luke Walton, emergente coach tornato alla base - dove aveva giocato fino al 2012 - dopo due anni di apprendistato alla corte di Steve Kerr e dei Warriors, con cui si è laureato campione NBA. 

La squadra ha iniziato la stagione con un record di 7-5 e finalmente inizia a vedersi la luce in fondo a quel tunnel fatto di scelte dirigenziali sciagurate, figlie di una programmazione inesistente e di una visione fin troppo antica della NBA, che dal 2010 - anno dell’ultimo titolo di LA - ad oggi è cambiata incredibilmente, lasciando a piedi chi non aveva il coraggio di seguirla. 


Top player

Posto che il tempo per capire quanto un giocatore giovane possa valere tra i pro è piuttosto lungo, chi sembra davvero aver fatto svoltare la squadra da subito è proprio Walton. Una volta ingaggiato, da lui nessuno si sarebbe aspettato neanche lontanamente dei risultati concreti in termini di vittorie e sconfitte, in questa stagione. L’obiettivo era, ed è tutt’ora, quello di creare una nuova cultura grazie alle idee maturate a Golden State e di portarle in uno spogliatoio precedentemente dominato da un’ex stella che non si rassegnava all’idea di aver perso il tocco magico e da un allenatore ormai fuori moda per la NBA attuale e che per giunta non sapeva minimamente rapportarsi con i giovani. 

I giocatori sono entusiasti di coach Walton (che ogni tanto li sfida in partitella o in uno contro uno in allenamento) e dei suoi metodi di lavoro, e farebbero di tutto per lui, come ha dichiarato Lou Williams, uno di quelli che ha maggiormente beneficiato della cura Walton. 

un punto di vista puramente tattico, l’ex giocatore dei Lakers vuole tanto movimento del pallone e dei giocatori off-the ball, per tenere la difesa sulle spine e cercare di costruire tiri aperti e/o in ritmo. La squadra produce tanti punti (107 di Off.Rating, buono per il decimo posto nella Lega), ma c’è ancora tanto lavoro da fare, chiaramente, a partire dalla questione dei passaggi. Walton ha recentemente dichiarato di voler arrivare a circa 300 a partita, quanti se ne facevano agli Warriors. I Lakers ad oggi mettono a referto 285 passaggi a partita, 26esimi in questa classifica. Di contro, sono 12esimi per percentuale di isolamenti giocati a partita, situazione in cui sono però i migliori della Lega, con 1.13 punti per possesso, segno che c’è parecchio da fare in termini di costruzione del gioco, ma gli uomini con punti nelle mani non mancano. E allora quali sono i punti di forza nell’attacco dei gialloviola? Innanzitutto, la velocità di esecuzione. Sono quarti per possessi a partita (102.8, contro i 97.9 dello scorso anno, sedicesimi), e sono molto efficaci in transizione (1.15 punti, top 10, e 66.4% di efg , terzi). Ma soprattutto quest’anno tutti i giocatori sono attivi lontano dalla palla, in particolar modo con i cosiddetti pin-down, i blocchi portati lontano dalla palla, che sono uno dei cardini dell’attacco di Golden State, e non solo (e infatti sono 10.4 gli screen assist a partita, decimi in questa classifica)

Tutti i giocatori sono coinvolti, e ad essere liberati per la conclusione possono anche essere protagonisti inaspettati, tipo Mozgov, che qui riceve il blocco da Nick Young e segna il piazzato.




Tutti i giocatori sembrano aver beneficiato dell’arrivo di Walton, in primis Julius Randle. Fin dall’arrivo dell’ex assistente degli Warriors, in tanti hanno iniziato ad azzardare paragoni tra lui e Draymond Green, cresciuto esponenzialmente dai primi anni di NBA e diventato un’arma totale su entrambi i lati del campo. In attesa di capire che tipo di giocatore diventerà Randle, va detto che l’ex Kentucky ha tutto per diventare una vera point forward, capace - dopo un rimbalzo difensivo preso - di dare via al contropiede, concludendo a canestro o servendo un compagno. In questo inizio di stagione, Randle ha già mostrato di saper fare entrambe le cose, ed anche a difesa schierata le sue letture sono notevoli, come si vede in questo passaggio schiacciato a terra per Russell.




Non è un caso che Randle sia secondo in squadra per numero di passaggi a partita effettuati (43.2) ed assist a partita (3.8), dietro solo a Russell. Un difetto del numero 30 di LA - che nel frattempo ha anche dimostrato di poter essere un difensore competente nonostante gli orrori mostrati lo scorso anno - è la sua mancanza di confidenza con la mano destra. Quando si butta a testa bassa in penetrazione, il difensore sa che concluderà a sinistra; altrimenti, piuttosto che tirare con la mano debole, Randle si prenderà un tiro scoordinato con la amata mancina, precludendosi però la possibilità di segnare, come vediamo qui sotto.




Il ragazzo di Dallas comunque tira con un eccellente 78% al ferro, mentre il resto del suo gioco offensivo latita ancora. Ma su questo, così come sullo scarso uso della mano destra, ci sarà tempo di lavorarci. 

La stagione di D’Angelo Russell, invece, procede ancora per alti e bassi. Il ragazzo ha tantissimo talento offensivo, la partita contro i Nets ne è stata una riprova, ma ancora non convince in termini di letture, e a volte è fin troppo aggressivo nel cercare un tiro quando altre soluzioni sarebbero preferibili.
Tra i giocatori con almeno 50 possessi giocati col p&r, Russell ha la media punti per possesso più bassa (0.59), e nel 21.8% dei casi perde palla: solo 5 giocatori, tra quelli coi requisiti di cui sopra, hanno fatto peggio. 
Russell, come detto, ha comunque del talento innato, che gli permettono di fare cose come questa:






e questa, con l’unica differenza che questo è un tiro mal consigliato, perché preso senza grosso ritmo e senza nessun giocatore a rimbalzo. Per fortuna di LA è andato a bersaglio, ma la sostanza non cambia.





In difesa, invece, il lavoro da fare per renderlo un giocatore presentabile è ancora lungo. Off the ball si distrae facilmente, e a volte è fin troppo aggressivo nei raddoppi dal lato debole, che i Lakers portano con buona frequenza contro attaccanti di un certo livello (si è visto per esempio contro Paul George, Boogie Cousins, Brook Lopez ed Anthony Davis, addirittura triplicato). 

Da segnalare anche un sorprendente Nick Young, che tira con il 57% di Efg (Effective Field Goal %, la statistica che riunisce tiro da 2 e da 3, attribuendo più valore a quest’ultimo), miglior dato in carriera. Inserito nel sistema di Walton, Young è un attaccante più controllato e molto più efficace, perché si risparmia conclusioni affrettate ed è diventato uno tiratore da spot-up (il 58% delle sue conclusioni sono arrivate senza aver messo il pallone per terra) e il maggior movimento di palla della squadra gli libera più spazi per il tiro (il 39.5% dei suoi tiri sono definiti “open” da NBA.com, contro il 34 dello scorso anno). Ancora più incredibile è lo sforzo che sta facendo nell’altra metà campo: ad un passo dal taglio, l’ex Wizards è stato convinto da Walton ad impegnarsi maggiormente in difesa se avesse voluto mantenere il posto in squadra. Questa transizione lo ha portato a diventare un titolare più che affidabile (anche se la sua utilità a lungo termine è da vedere).


Contributi inaspettti

Buona parte del merito per questo inizio oltre le aspettative, però, va ascritto sorprendentemente alla panchina. La second unit dei Lakers segna 50 punti a partita, tranquillamente il miglior dato della Lega, con un net rating di 18.9. Lou Williams sembra tornato ai livelli di due anni fa, quando si è laureato sesto uomo dell’anno. Anche in quanto veterano del gruppo, Williams ha preso in mano il secondo quintetto di LA garantendo punti veloci in più modi e facendo registrare massimi in carriera per punti (15.6), efg% (52.9) e percentuale da 3 (39.3%), il tutto in soli 22 minuti di utilizzo a partita. É anche un eccellente giocatore di pick and roll, con i suoi 0.95 punti per possesso - davanti a top del ruolo come Kyrie, Westbrook e John Wall. Discorso simile va fatto per Jordan Clarkson. Il ragazzo da San Antonio ha firmato un contratto da 50 milioni in 4 anni, in estate, ma nonostante ciò ha saputo reinventarsi come sesto uomo, approfittando delle sue eccellenti doti offensive. La sua zona di campo preferita sembra essere il mid-range (tira 19-36 in quest’area), quella che ormai è diventata terreno minato nella NBA attuale, mentre la percentuale da 3 (31%) e al ferro (51, sotto la media di Lega, fissata al 54) dimostrano che, anche in questo caso, ci sono ampi margini di miglioramento, non solo in termini percentuali, ma anche nella selezione di tiro.

Quello che rende tale la second unit dei Lakers è anche il lavoro svolto nella metà campo difensiva. Deng e Mozgov non hanno ancora dato molto da questo punto di vista. Mozgov concede il 47% al ferro su 12 tentativi a partita, non esattamente dati da rim protector; l’ex Bulls invece concede al diretto marcatore il 50% dal campo, e anche in attacco latita (36% di efg). Al contrario, tutti gli elementi del secondo quintetto hanno un buonissimo def.rating (ampiamente sotto il 100 eccetto Clarkson) e la squadra sta avendo minuti di qualità da Brandon Ingram, Larry Nance Jr. e Tarik Black. Ingram, che pure sta comprensibilmente faticando nella metà campo offensiva, ha braccia lunghissime per intromettersi sulle linee di passaggio e disturbare i tiri; Nance, pur non essendo molto alto, ha grande atletismo e mobilità che gli consentono di cambiare sui blocchi e rimanere con i piccoli avversari, mentre Tarik Black, pur se anch’egli non molto alto, garantisce difesa del ferro (42% concesso agli avversari su poco meno di 8 tentativi a partita), rimbalzi (13 di media per 36 minuti) ed è titolare del miglior def.rating di squadra tra i giocatori con almeno 100 minuti in campo (94.3). 

Qui, un esempio di quanto detto sopra, con Indiana che muove il pallone senza trovare un tiro comodo, grazie al movimento continuo e ai raddoppi portati con puntualità da tutti i membri del quintetto.





Anche qui, ci sono tante cose da sistemare, come la comunicazione tra compagni che più volte manca, specie in transizione, dove LA concede 1.15 punti per possesso (quinti a parimerito con altre tre squadre), con il 67% di efg (terzi). Qui vediamo come, in tutta tranquillità, concedano un tiro spalancato ai Pelicans sul finire dl quarto, tiro per loro fortuna sbagliato. A voi capire perché abbiano lasciato Solomon Hill completamente indisturbato.





Molte di queste mancanze sono dettate da inesperienza, errori di gioventù e semplice necessità di assimilare i dettami di Walton. Pensare che una squadra così giovane possa mantenere un livello di rendimento così sorprendente forse è troppo: adesso l’importante è far crescere bene le nuove leve, e per contare vittorie e sconfitte ci sarà tempo.
Se i Lakers sapranno continuare su questa falsariga, però, questo momento potrebbe essere più vicino di quanto ci si potesse aspettare. 


Articolo a cura di Michele Serra

mercoledì 26 ottobre 2016

A piccoli passi

Nico Rosberg non ha fretta: limita i danni e si avvicina lentamente al suo primo Mondiale.

di Federico Principi







Nell'attesa di tornare nei luoghi (Messico, Brasile e Abu Dhabi) che permisero lo scorso anno a Rosberg di ritrovare quell'autostima forse decisiva per il sempre più probabile titolo di quest'anno, Lewis Hamilton poteva fregarsi le mani di avere l'opportunità di accorciare in classifica nel tracciato dove aveva vinto 3 volte su 4 (la prima nel 2012 in McLaren, poi nelle ultime due stagioni) in quella che è la sua terra preferita: gli Stati Uniti.

E come in quasi tutti i Gran Premi è comparsa anche ad Austin una mescola uno step più morbida rispetto a quelle dello scorso anno, e come in altre occasioni alcune scelte prima del weekend hanno lasciato perplessi (su tutte, la Red Bull che ha puntato fortissimo sulle medie, meno solo della Renault e più della Force India, e poco sulle super-soft nonostante la RB12 sia forse la migliore nel risparmio delle gomme) e altre - come quella della Ferrari di puntare sulle super-soft e scartare completamente la media - hanno invece confermato le tendenze.

La Force India stavolta è stata invece quella più orientata di tutti sulle super-soft.

In un tracciato molto complesso la Ferrari poteva sperare solo nel lungo rettilineo del secondo settore per potersi avvicinare alle Red Bull in qualifica, imprendibili sia nel primo (con molti curvoni veloci) sia nel terzo parziale (con più curve a bassa velocità e più trazione richiesta). Tuttavia recentemente Funo Analisi Tecnica ha svelato che il bottone magico sulla power unit Renault (disponibile per soli 2 giri, in qualifica) dia un incremento di potenza superiore di 5 cavalli rispetto a quello sul motore Ferrari, anche se poi la potenza massima raggiunta rimane superiore di 20 cavalli a favore dell'unità motrice italiana, a sua volta inferiore di 15 cavalli rispetto a Mercedes. In questo modo la Red Bull ha potuto limitare i danni nel secondo settore e ha conquistato abbastanza agevolmente tutta la seconda fila alle spalle delle imprendibili Mercedes, con Hamilton al comando.

 Da tenere d'occhio i miglioramenti dei tempi del Q3 rispetto al Q2: Verstappen è ingiudicabile perché il tempo del Q2 lo stampa con le soft, ma il progresso di Ricciardo (7 decimi) è superiore rispetto a quello dei ferraristi (4 decimi Raikkonen, 1 decimo Vettel). Anche da qui si capisce come il bottone magico Renault sia più incisivo.

Mercedes migliori in ogni settore in qualifica, Red Bull alle spalle nel primo e terzo, mentre nel secondo le due Ferrari riescono a fare meglio solo di Verstappen (e di pochi millesimi) sempre per merito del bottone magico Renault sul rettilineo centrale. Una delle qualifiche più difficili della stagione per le Rosse.

Incertezza sulle mescole, prima parte
Allo start Hamilton ha confermato in pista di aver effettivamente lavorato a casa sulla partenza, come detto prima della gara. Rosberg si è fatto soffiare la seconda posizione da Ricciardo e Verstappen la quarta da Raikkonen. Questo trenino, chiuso da Vettel in sesta posizione, è rimasto tale fino all'ottavo giro nel quale Ricciardo e Raikkonen sono entrati per primi ai box.

C'erano alcune perplessità sulla trazione in partenza delle soft montate dalle Mercedes e da Verstappen, figlie delle scelte strategiche in Q2: non è un caso infatti che solo Hamilton dei 3 abbia mantenuto la posizione, anche perché "coperto alle spalle" da un altro pilota con le soft, vale a dire il suo compagno di squadra.

Se la Red Bull ha scelto di montare le soft in Q2 (e quindi in partenza) solo a Verstappen esclusivamente per motivi di differenziazione strategica (esattamente come successo in Malesia in gara, con il pit stop anticipato dell'olandese che ha confuso i piani a Hamilton), le Mercedes volevano essere sicure per l'ennesima volta di non correre alcun rischio degrado con una gomma, la super-soft, che seppur montata da tutti con carico ridotto di benzina nelle FP2 del venerdì (i tempi oscillavano tra 1:42 e 1:43 nelle libere, contro l'1:44 costante di tutti i battistrada nel primo stint della gara) aveva mostrato un degrado marcato dopo pochissimi giri.

Qui trovate l'analisi completa dei passi gara delle FP2 di Funo Analisi Tecnica. Nella foto il raffronto del run tra Rosberg e Ricciardo: meno benzina rispetto alla partenza della gara (meno di 100 kg) e calo immediato delle prestazioni della super-soft usata.

Nonostante il peso maggiore della vettura, le prestazioni della super-soft usata in gara si sono rivelate migliori rispetto al venerdì a causa di temperature più fredde la domenica. In questo modo è stato possibile vedere come la scelta della soft in partenza si sia rivelata a posteriori errata. Hamilton è stato l'unico ad accelerare il ritmo dal giro 6 in poi, ma questa sembra ormai una sua condotta abituale di gara oltre che una precisa istruzione della Mercedes per non consumare troppo le gomme nei primi giro dello stint a serbatoio più carico. Rosberg non riusciva a scendere sotto il secondo da Ricciardo, Raikkonen era invece sempre sotto al secondo rispetto a Rosberg, Verstappen si manteneva a 2 secondi costanti da Raikkonen e Vettel sembrava quello leggermente più in difficoltà ma ha gestito di più la super-soft per prolungare lo stint. Le temperature più fresche hanno anche aiutato la Ferrari che più di ogni altra quest'anno ha sofferto con il surriscaldamento degli pneumatici.

Grafico "Forix" dei tempi sul giro nel primo stint. Hamilton accelera da metà stint in poi (i 3 pallini fucsia sono i giri veloci, stampati solo al giro 6, 8 e 9), Rosberg è più lontano da Ricciardo di quanto non gli sia vicino Raikkonen da dietro, Verstappen non recupera su Raikkonen. Vettel perde inizialmente qualcosa da Verstappen e Raikkonen ma va più lungo di tutti con la super-soft.

Incertezza sulle mescole, seconda parte
Ricciardo e Raikkonen sono andati ai box al giro 8 e hanno montato la soft nuova. Rosberg ha reagito al tentativo di undercut di Raikkonen solo al giro 10, ma i calcoli del box Mercedes sono stati corretti: il ferrarista ha trovato il traffico della McLaren di Button al giro 9 e dell'altra McLaren di Alonso proprio al giro 10, e per un soffio il leader del Mondiale ha mantenuto la posizione in pista che con le prestazioni così ravvicinate tra Mercedes, Red Bull e Ferrari non sarebbe stata semplice da riagguantare con un sorpasso.

Quel sorpasso che è arrivato nel secondo stint da parte di un Verstappen iper-aggressivo: subito giri veloci ai giri 12 e 13 e proprio al tredicesimo passaggio arriva l'attacco vincente a Raikkonen. Ha poi recuperato tantissimo terreno su Rosberg: al giro 20, nonostante un richiamo del suo ingegnere ad assicurarsi di terminare lo stint, Verstappen ha fatto prevalere l'istinto alla ragione rispondendo: «Non sono qui per finire quarto». Eppure accuserà un notevole degrado nella seconda metà del secondo stint, come temuto dal box, che conferma ancora una volta quanto l'istinto attuale dei piloti di Formula 1 debba necessariamente rimanere represso.

La fase di gara in cui Verstappen recupera molto su Rosberg, fino ad attaccarsi visivamente.

Qui però (grafico "Forix") si vede come le prestazioni di Verstappen crollino successivamente nei confronti dei primi 3 ma anche di Raikkonen e Vettel, che ha un'andatura ridotta ma più costante.

Operazione secondo posto
Tagliato fuori Verstappen prima dal degrado e poi da un problema al cambio, tagliato altrettanto fuori Raikkonen prima da una carenza di passo e poi da una gomma non avvitata in tempo al secondo pit stop, restava solo da capire cosa avrebbe fatto Rosberg della sua gara.

Rosberg si era fermato al giro 10 con 46 passaggi ancora da percorrere: avendo montato la media poteva sembrare un azzardo neanche troppo esagerato quello di andare fino in fondo (ovviamente con la dovuta gestione della gara) considerati i precedenti in questo Mondiale, su tutti Canada e Monza, per costringere Hamilton alla rimonta nell'ultimo stint e puntare addirittura alla vittoria.

La Virtual Safety Car comparsa al giro 31 (e conclusa al giro 33) poteva dare ulteriormente una mano a salvare ancor di più i battistrada, ma come si vede dall'analisi dei tempi Rosberg ha in realtà spinto abbastanza nel secondo stint sia per mettere pressione a Ricciardo, sia per tenere a bada l'indiavolato Verstappen. Appena si è liberato dell'australiano della Red Bull al giro 25 ha provato ad inseguire Hamilton ma ha accusato un calo della media dovuto alla costante scia della Red Bull avanti a sé, che disturbava evidentemente i flussi aerodinamici soprattutto nei curvoni veloci del primo settore. 

Grafico "Forix" della seconda parte di gara: si vede bene come Rosberg in realtà spinga subito più forte di Hamilton per attaccare Ricciardo, poi il gap tra i due Mercedes sale proprio per il disturbo dell'australiano sul leader del Mondiale. Appena si libera la strada Rosberg gira solo 2 volte sul passo di Hamilton (sull'1:43 basso) per poi salire sopra l'1:44 e perdere terreno, accusando il degrado accumulato dietro Ricciardo. Hamilton in completa gestione.

Così appena chiamata la Virtual Safety Car entrambi i Mercedes sono andati ai box. Questo ovviamente poneva la pietra tombale sulle possibilità di vittoria di Rosberg (salvo ipotetica Safety Car reale) perché, anche se fosse rimasto con le medie in pista in testa alla corsa non avrebbe resistito a Hamilton, che oltretutto poteva risparmiare circa 10 secondi sulla sosta effettuandola con Virtual Safety Car. Ma la stessa cosa si può dire per le ambizioni di secondo posto di Ricciardo: in ritardo di 15 secondi da Rosberg al giro 30, dopo la sosta del tedesco le posizioni sono rimaste invariate con il vantaggio del leader del Mondiale sceso, ma fino a 2.5 secondi, anziché essere di 7-8 secondi favorevole a Ricciardo. Questo significa che la Virtual Safety Car ha permesso a Rosberg di perdere solamente 12.5 secondi circa nella sosta, e gli ha consegnato quel secondo posto utilissimo per proseguire con successo la corsa al Mondiale.

La Ferrari ormai terza forza
La Ferrari esce da Austin con le ossa rotte. Su una pista ben divisa in quelle che sono le 3 grandi tipologie di tracciato (lunghi rettilinei e velocità di punta, lunghi curvoni veloci e stabilità aerodinamica, curve lente e trazione) le Rosse hanno ancora manifestato la loro inferiorità in ogni settore della pista. L'unica nota lieta viene da un poderoso secondo stint centrale di Vettel con le soft nuove: più veloce di Raikkonen e delle Red Bull a parità di gomma, più rapido anche di Rosberg che però montava le medie (al giro 15, uscito dalla sua sosta, Vettel aveva 9.8 secondi di ritardo, ridotti a 8.5 il giro precedente alla seconda sosta) e più lento solo di Hamilton a parità di gomma soft (16 secondi di ritardo al giro 15, 17.9 al giro 28).

Grafico "Forix" di tutta la gara: confronto Ricciardo-Vettel. Ferrarista superiore solo nelle fasi centrali con la soft, inferiore sia con le super-soft che con le medie. 

La soft, delle 3 mescole portate dalla Pirelli ad Austin, è quella che necessita di una temperatura maggiore di funzionamento e probabilmente le temperature fredde hanno impedito alla Ferrari di surriscaldarla leggermente come forse potrebbe accadere con mescole che richiedono temperature più basse come la media e la super-soft.

I miglioramenti nei curvoni veloci erano stati evidenti a Spa e a Suzuka dopo le modifiche al diffusore, reso più rotondo per migliorare il carico aerodinamico, ma nel primo settore ad Austin la Ferrari è tornata ad essere nettamente la terza forza, a oltre 2 decimi dalla Red Bull. Fin troppo umiliante la terza sosta nel finale di Vettel, in tutta sicurezza per l'enorme gap accumulato su Sainz, effettuata per montare la super-soft e vincere il "DHL fastest lap award", un premio che definire platonico sarebbe fin troppo generoso. 

In ogni caso continua a destare perplessità la "struttura orizzontale" di tecnici predisposta dall'establishment di Maranello. Luca Baldisserri in una recente intervista ha parlato di un «clima di terrore che crea un gruppo di persone spaventate, che non inventano e non decidono per paura di essere allontanate». La fiducia nell'ambiente da parte dei tifosi sembra ormai ai minimi storici, e se vacilla anche quella su Vettel la spirale negativa sembra sempre più irrimediabilmente vorticosa. 


Articolo a cura di Federico Principi

martedì 4 ottobre 2016

L'imponderabile

A Sepang succede di tutto e le Red Bull centrano la doppietta dopo quasi 3 anni.

di Federico Principi







Dopo Singapore si è tornati di nuovo su uno dei luoghi dei delitti compiuti dalla Ferrari nel 2015. In Malesia lo scorso anno le Rosse avevano approfittato dei grossi problemi di surriscaldamento delle gomme che avevano costretto le Mercedes a una sosta in più, e con un passo gara sostanzialmente simile Vettel aveva vinto comodamente la gara.

Coin il nuovo regolamento la Pirelli sarebbe stata costretta a portare le soft a Sepang, dopo l'alternanza medie-hard del 2015. L'incognita sul degrado poteva essere così molto grande ma la totale riasfaltatura della pista ha creato un tracciato capace di generare un incredibile grip che avrebbe sforzato poco le gomme, oltre che permettere un miglioramento di oltre 6 secondi sui tempi della qualifica dello scorso anno (prendendo in considerazione le fasi asciutte). Il tutto nonostante l'ultima staccata sia stata rivisitata e trasformata in una difficile curva in contropendenza che ha mandato in crisi molti piloti quanto a punto di frenata e traiettoria ideale.

Scelte delle mescole abbastanza uniformi per tutti. Lascia un po' perplessi il treno di gomme soft in meno portato dalla Red Bull rispetto a tutti gli altri top team: solo la Manor ha optato per così pochi treni di gomme (6), ma Red Bull e Manor sono i due estremi opposti nella capacità di contenere il degrado, ovviamente più spiccata nella casa delle lattine.

Hamilton alla riscossa
Nonostante la Mercedes abbia così faticato lo scorso anno con le temperature caldissime dell'asfalto, e nonostante nel 2016 in Malesia siano comparse le soft e per giunta con pressioni più elevate rispetto allo scorso anno, le Mercedes hanno tranquillamente deciso di passare da Q2 a Q3 con le soft e partire con quella gomma. La stessa cosa hanno fatto anche Ferrari e Red Bull, ma ovviamente questo rientra nel loro piano di attacco alla stella a 3 punte. Ferrari e Red Bull oltretutto hanno passato a fatica il Q1 con le medie e molto difficilmente avrebbero potuto optare per una scelta diversa dalla soft nel Q2.

Hamilton ha dimostrato di essere più veloce di Rosberg per il terzo anno consecutivo in Malesia, e il tedesco ha anzi rischiato di partire in quinta posizione dopo un primo brutto tentativo in Q3. Verstappen aveva sentito qualche goccia di pioggia a metà Q3 ma per fortuna del leader del Mondiale la pista si è conservata nelle migliori condizioni per permettergli di riconquistare la prima fila. Le Ferrari perdevano nuovamente il duello contro le Red Bull: la situazione sta diventando sempre più drammatica per gli uomini in Rosso.

Se una Red Bull, quella di Verstappen, va allo stesso passo di Massa nel primo velocissimo settore in qualifica (poco dietro a Raikkonen ma meglio di Vettel) le cose si complicano molto. Anche perché nel settore centrale, quello più guidato, le Red Bull sono più lente solo di Hamilton.

Dalle velocità in qualifica emerge come Vettel e Raikkonen fossero su due assetti diversi: più scarico quello del finlandese. Rivedendo i tempi sopra si vede infatti come Raikkonen sia più veloce sia nel primo che nel terzo settore (e terzo dietro solo le Mercedes) ma paghi un decimo da Vettel nel settore centrale, quanto basta per partire ultimo tra i 6 piloti di vertice.

Alla partenza le due Mercedes stavano ribadendo le rispettive posizioni e l'egemonia sulle due rivali, ma il caos alle spalle di Rosberg ha scombussolato completamente la gara. Vettel è scattato benissimo, ha immediatamente sfilato Ricciardo ed era più veloce anche di Verstappen: per venire tuttavia a capo della solita straordinaria staccata del teenager, il tedesco è andato troppo lungo e ha pure toccato il cordolo rialzato in ingresso, subendo oltretutto un leggero sottosterzo che lo ha definitivamente proiettato sulla gomma posteriore destra di Rosberg. Con questo inconcepibile errore Vettel si è ritirato, Rosberg è andato in testacoda ed è ripartito dall'ultima posizione e lo stesso Verstappen ha dovuto allargare la traiettoria chiudendo il primo giro in quinta posizione dietro Hamilton, Ricciardo, il sorprendente Perez e Raikkonen.

Vettel firma la sua condanna a morte, e per un momento sembrava avesse firmato anche quella di Rosberg.

Il fascino delle tattiche di gara
La gara è ripartita dopo 2 passaggi con Virtual Safety Car. Verstappen ha sfruttato un buco nel regolamento della Virtual Safety Car, accelerando prima di Raikkonen prima della ripartenza, dopo aver invece preso un po' più di spazio in precedenza, e in questo modo ha sfruttato il maggiore slancio per sorpassarlo sul rettilineo del traguardo. Al giro 3 l'olandese ha passato anche Perez, al giro 4 è toccato a Raikkonen relegare inesorabilmente il messicano della Force India in quinta posizione ristabilendo il trenino di testa Mercedes-Red Bull-Ferrari.

Mentre Hamilton e Ricciardo proseguivano con circospezione con le soft usate, Verstappen recuperava un po' di terreno sul compagno di squadra. Girava 3 decimi più veloce al giro 6, 1 decimo più veloce al giro 7 prima di informare la squadra, in maniera stavolta realistica e non megalomane, del fatto che stesse "perdendo tempo" dietro Ricciardo. La risposta a questi interrogativi è arrivata a breve: quando Grosjean alla fine del giro 8 è finito lungo per problemi ai freni, la nuova Virtual Safety Car ha incoraggiato Verstappen (e Rosberg nelle retrovie) a compiere la prima sosta. Prima di rientrare ai box Verstappen aveva un ritardo da Hamilton di 3.5 secondi, il giro successivo alla sosta il distacco era salito a 16.7 secondi: il cambio gomme su Virtual Safety Car era costato a Verstappen soltanto poco più di 13 secondi, mentre Ricciardo per esempio ne ha persi 24.6 su Verstappen nella sua prima sosta in condizioni normali di gara.

La strategia a 2 soste era già dalla vigilia la certezza un po' per tutti. Il giro 9 non era annunciato come un turning point prematuro per la prima sosta anche se con un giro e mezzo sotto Virtual Safety Car poco dopo la partenza la gomma sarebbe potuta andare un po' più lunga. Quello che ha stupito è che Verstappen si è presentato in pista dopo la sosta con un altro treno di soft usate, non avendone uno nuovo, segnale che la Red Bull non temeva minimamente il degrado nonostante gli oltre 50°C dell'asfalto.

La FOM, per chi partiva con la soft, prendeva in considerazione la strategia a due soste con due stint di hard e lo stint con le soft lungo soli 10 giri.

Guardando le simulazioni gara con le soft si nota infatti un degrado della soft previsto proprio dopo 8-9 giri, e le simulazioni nelle prove libere 2 sono state senza dubbio affrontate con i carichi massimi di carburante, vista la somiglianza di passo gara sull'1:40 sia nei run delle libere che nel primo stint della gara. L'unico ad essere andato più lento rispetto alle libere è Kimi Raikkonen: il ferrarista pare abbia raccolto un pezzo di marbles di gomma sull'ala posteriore e per questo motivo avrebbe perso carico aerodinamico in gara.

Immagine "FUno Analisi Tecnica" dall'analisi dei passi gara: Vettel con le soft va sopra l'1:41 al settimo giro e poi costantemente dopo il nono, Hamilton ugualmente perde passo dopo il nono passaggio così come Verstappen.

Rimane tuttavia probabile il fatto che le Red Bull avessero deciso già in precedenza di differenziare le rispettive strategie dei due piloti (come accaduto in Spagna, ma stavolta con tattiche invertite) per mettere in difficoltà la Mercedes, come detto da Toto Wolff a fine gara. Hamilton ha prolungato fino al giro 20 uno stint in cui ha spinto fortissimo, andando ben 4 giri consecutivi sotto l'1:40 e dimostrando che, rispetto alla Red Bull che può farlo solo in qualifica, la Mercedes possa utilizzare l'over-boost per pochi giri anche in gara. Ricciardo si fermava ai box al giro 21 montando anche lui la hard: vista la fiducia di Verstappen nel percorrere 2/3 di gara con soft usate, si poteva ipotizzare che l'australiano della Red Bull avesse in testa l'idea di percorrere 35 giri con la hard nuova a serbatoio sempre più scarico. Una tentazione non utopistica, nonostante la Pirelli indicasse come 28 il numero massimo di giri potenzialmente percorribili con la hard.

Quel che è certo è che nessuno dei top team avesse in testa l'idea di utilizzare la media. Nelle simulazioni delle FP2 la gomma aveva funzionato solo su Verstappen, ma presentava un'incognita importante in materia di degrado: se le soft ponevano degli interrogativi circa il degrado meccanico della gomma (dalla consistenza più morbida delle altre), le medie erano invece la mescola che più avrebbe sofferto degrado termico in caso di pista caldissima proprio come la domenica. Vale la pena ricordare che la gomma media lavora bene a temperature tra i 5 e i 10°C più basse rispetto alla soft (il range ottimale della media è 90-120°C): con eguale incognita di degrado i piloti (Verstappen in particolare) hanno puntato sulle soft essenzialmente per un discorso prestazionale.

Sempre da "FUno Analisi Tecnica": nei passi gara delle FP2 le medie non funzionano meglio di soft e hard, eccezion fatta per Verstappen che però ha preferito scartarle anche lui.

I colpi di scena
Dopo che Hamilton e Ricciardo avevano fatto la loro prima sosta ai giri 20 e 21, Verstappen effettuava la sua seconda personale al giro 27 e montava le hard con cui coprire gli ultimi 29 passaggi.

A questo punto della gara c'erano grossi punti interrogativi su Hamilton e Ricciardo. Sarebbero riusciti a finire la gara dopo una sola sosta? La Mercedes avrebbe contenuto meglio il degrado in virtù della sua superiorità prestazionale (come a Monza) o il caldo avrebbe favorito la Red Bull nella gestione delle temperature, mandando più in difficoltà Hamilton (come a Singapore per i freni)? Oppure entrambi avrebbero dovuto fermarsi di nuovo e accodarsi alle spalle di Verstappen, provando a sorpassarlo in pista (e ti sembra facile)?

La sensazione è che Hamilton, nel dubbio, abbia spinto come un forsennato per effettuare un'altra sosta e a quel punto giocarsi la carta di un altro treno di soft usate per gli ultimi giri. L'inglese ha stampato giri veloci in sequenza ai passaggi 24, 29, 30 e 31. Sceso leggermente di ritmo, al giro 34 ha informato il team che stava "perdendo grip", ma guardando la sequenza di giri stampati successivamente il passo è rimasto lo stesso, prima sull'1:38.8 al giro 35 e successivamente sull1:38.6 per tre passaggi consecutivi (il giro veloce alla tornata numero 31 era 1:38.5). 

Eppure, nonostante la sequenza di giri record di Hamilton, Verstappen teneva abbastanza il passo e con gomme più usate.

Al netto del consumo benzina, che influisce comunque meno della perdita di grip degli pneumatici, non si può non sospettare che Hamilton abbia utilizzato l'over-boost per un'importante serie di giri consecutivi, per compensare il calo della gomma. L'obiettivo era quello di aprire il gap su Ricciardo, apparentemente sulla stessa strategia, proprio mentre l'australiano con una difesa tenace scacciava le velleità di Verstappen. Il gap si era aperto dagli 8.8 secondi del giro 22 fino ai 22.4 del giro 39, ma mancavano tuttavia circa 3 ulteriori secondi per fare la sosta e uscire davanti a tutti. 

Il grafico "Forix" dei passi gara. Hamilton prima del ritiro ha un ritmo costantemente elevato, impossibile da mantenere senza over-boost con una gomma che, a detta sua, aveva perso grip (notare quanto cala invece la soft nello stint precedente). Ricciardo è molto più guardingo ed è probabile che la Red Bull avesse già deciso di farlo arrivare fino in fondo con una sola sosta.

Potrebbe essere stato proprio quindi quest'abuso dell'over-boost a causare la drammatica rottura della power unit che ha riaperto completamente la gara e spalancato clamorosamente a Rosberg un'altra insperata possibilità di guadagnare ulteriori punti. Anche le temperature caldissime sia dell'aria che dell'asfalto potrebbero aver condizionato il raffreddamento delle parti della power unit, rendendolo sempre più complicato. Hamilton contava sul fatto di avere in mano una power unit nuova, con altre già omologate in Belgio e quindi teoricamente senza rischi di penalità fino a fine anno, ma ha forse pagato questa scelta aggressiva.


Rush finale
Pochi chilometri prima della rottura di Hamilton, Verstappen aveva puntato Ricciardo ma l'australiano aveva difeso la posizione da fuoriclasse vero. Uno smacco per un pilota così orgoglioso e forte nei duelli rusticani come il giovane olandese, che non sapeva tuttavia in quel momento di aver gettato l'occasione di vincere la seconda gara della sua carriera.


Il lunghissimo corpo a corpo che premia Ricciardo.

Non appena è stata chiamata la nuova Virtual Safety Car, Raikkonen è stato l'unico dei piloti di testa ad effettuare subito la sosta, la terza per lui. Ha buttato via la gomma hard (usata) dopo appena 8 giri e ha montato una soft usata per gli ultimi 16 passaggi. Al giro seguente le due Red Bull e Rosberg sono entrati ai box contemporaneamente (sempre con la Virtual Safety Car), nonostante per Verstappen non ci fosse bisogno e forse neanche per Ricciardo e Rosberg: la clamorosa perdita della ruota da parte di Gutierrez ha allarmato tutti sul fatto che la Virtual Safety Car si potesse trasformare in Safety Car vera, vista la presenza della ruota smarrita su un cordolo. A quel punto Raikkonen, unico con gomme soft a gruppo compatto, avrebbe potuto sbaragliare tutti e vincere la gara, e in questo modo invece i 3 piloti di testa hanno tenuto il finlandese alla larga.

Lo stranissimo incidente di Gutierrez con la ruota perfettamente sul cordolo.

La gara è ripartita con Ricciardo e Verstappen con una doppietta in vista ma con l'olandese affamato di sorpasso: alla ripartenza, al giro 43 aveva 2.1 secondi di distacco, ridotti a 1.1 al giro 48. Ricciardo è tuttavia riuscito a tenere l'olandese fuori dalla zona di DRS e ha probabilmente gestito anche meglio e con più calma la gomma soft, visto che ha comunque percorso 15 passaggi con quella mescola. L'australiano è stato anche avvantaggiato dal fatto di aver montato un set nuovo risparmiato in qualifica, mentre Verstappen aveva solo set usati e ha rimpianto la scelta Red Bull di portare solo 6 treni di soft per tutto il weekend.

Grafico "Forix". Senza la Virtual Safety Car, o senza le soste, Verstappen sarebbe andato sull'onda lunga della gomma hard più nuova e avrebbe forse vinto il duello con Ricciardo e la gara. Nelle fasi finali invece il copione si ribalta: Ricciardo ha più gomma e la gestisce meglio, e nel finale Verstappen non ne ha più.

Rosberg nel frattempo aveva completato fisicamente la sua rimonta passando Raikkonen al giro 37, ma i commissari hanno valutato eccessivamente duro il suo attacco infliggendogli 10 secondi di penalità sul tempo finale in gara, un'altra penalità più che discutibile. Il tedesco rinunciava così definitivamente alle prime due posizioni ed era costretto ad aprire un gap di oltre 10 secondi su Raikkonen per il podio.


Con una vettura leggermente danneggiata, e già poco competitiva di suo, Raikkonen non poteva tenere il passo di Rosberg che per giunta al giro 49 ha ricevuto l'istruzione di andare "2 giri in full power". Già in quel passaggio il tedesco aveva superato la soglia dei 10 secondi di vantaggio e la corsa al podio si è rivelata fruttuosa senza problemi.

Grafico "Forix" della fase finale di gara dopo Virtual Safety Car. Rosberg utilizza l'over-boost per qualche giro: complessivamente è più veloce delle Red Bull fino al giro 51 (recupera 6.6 secondi a Verstappen in 8 giri), e dopo aver messo in cassaforte il gap per la terza posizione si rilassa. Raikkonen è il più lento dei primi 4 in modo evidente.

Ricciardo ha vinto finalmente la prima gara in stagione, dopo l'errore strategico al box in Spagna e quello meccanico clamoroso al pit stop a Montecarlo. La divertente scena sul podio, in cui ha fatto bere dalla sua scarpa chiunque (compresi Verstappen e Rosberg) ha restituito quell'immagine di carisma alla Formula 1 che secondo alcuni mancava ormai completamente e secondo altri non è altro che la raffigurazione della spocchia che spesso sfocia in scorrettezza.

Notte fonda per Hamilton, schiacciato dall'ansia di battere le Red Bull e inchiodato da una duplice e ambigua strategia delle lattine che lo ha messo di fronte ad amletici dubbi. L'inglese ora deve recuperare 23 punti a Rosberg (il massimo fu di 43 a Sochi, ma mancavano ancora 17 gare) a 5 Gran Premi dal termine, in un Mondiale che dopo Hockenheim sembrava concluso in favore del Campione del Mondo.

Notte fonda anche per Vettel e la Ferrari. Il tedesco è sempre più schiacciato dalla pressione e commette errori, la Rossa deve incassare perfino una doppietta Red Bull totalmente impronosticata. A Maranello sembrano ormai rassegnati alla terza posizione Mondiale, anche in virtù di più circuiti sfavorevoli che favorevoli da qui al termine della stagione.


Articolo a cura di Federico Principi