venerdì 30 settembre 2016

Generation future

Già da ora Carson Wentz e Dak Prescott sono il futuro di Philadelphia e Dallas.

di Michele Serra







“Buttali nell’acqua alta, e vedi se sanno nuotare”, dice il detto. Praticamente è quello che è successo a Dak Prescott e Carson Wentz, QB titolari nella squadra più popolare d’America (o quasi) l’uno e in quella coi tifosi più esigenti della NFL (o quasi) l’altro. La strada che li ha portati a ricevere i galloni da titolare è diversa, ma in comune hanno gli ottimi risultati ottenuti in questo primissimo scorcio di stagione. Come sempre vale la pena ricordare che il sample size è molto piccolo, ma allo stesso tempo i due ragazzi hanno risposto alla grande di fronte alle difficoltà a cui, volenti o nolenti, sono stati messi di fronte.

"The easiest job in America"
Questa citazione è di Ezekiel Elliott, rookie RB dei Cowboys interrogato su quello che sarebbe stato il suo impatto con le difese NFL. Il virgolettato può essere in un qualche modo attribuito anche a Prescott stesso: il fatto di essere capitato in un attacco così ben oliato come quello di Dallas, per giunta protetto dalla migliore o-line del football, è sicuramente un bel vantaggio per l’ex Mississippi State. 

Avere un duo come Elliott e Morris permette a Dallas di mantenere il focus sul gioco palla a terra, mentre attorno a Prescott è stato disegnato un sistema efficace e peraltro molto comune nella NFL attuale, quello che viene definito dink and dunk, passaggi corti e veloci per mantenere alto il ritmo offensivo e la difesa sulle spine. Per adesso, il numero 4 è rimasto pressoché al sicuro e, nonostante alcune forzature - comprensibili, visto anche il risultato e il tempo a disposizione - sul finale di partita contro i Giants, le statistiche dicono 99 passaggi senza un intercetto: meglio di lui, nelle prime tre partite in carriera, solo Warren Moon (103), Case Keenum e Carson Wentz (102).

Come detto, il game plan ha molto a che fare con il rendimento del giocatore, soprattutto perché dei 99 passaggi tentati, solo 18 sono considerati profondi (cioè di almeno 20 yard), come riporta NFL Savant, anche se si è visto un cambiamento di trend nella partita contro i Bears, in cui Prescott ha cercato più di una volta di spingere il pallone a fondocampo.

Non è un caso che i migliori amici di Prescott si chiamino Jason Witten (14 target nella sconfitta contro NY) e soprattutto Cole Beasley.


Questo è uno dei temi ricorrenti dell’attacco di Dallas. Traccia corta di Witten, comeback per creare separazione e “sedersi” con lo sguardo al QB per dargli un riferimento comodo in termini di guadagno e sicurezza nel lancio (è quello che fa spesso anche Antonio Gates nell’attacco di San Diego).

Discorso simile per Cole Beasley. Lo slot receiver da SMU è il miglior route runner della squadra e l’uomo di riferimento per Prescott quando si tratta di chiudere un down. I Cowboys sono attualmente la squadra con la percentuale di conversioni su terzo down più alta della NFL con oltre il 52%, e Beasley da solo ha già guadagnato 12 primi down (in classifica fianco a fianco con nomi ben più altisonanti, come Alshon Jeffery e DeAndre Hopkins).


Come i comeback per Witten, così le crossing route sono il pane per Beasley, che ha già messo a segno 20 ricezioni su 25 target ricevuti - il che, proiettato su 16 partite, lo porterebbe ad essere il bersaglio di oltre 100 palloni, ben al di sopra dei 75 dello scorso anno (con un 69% di catch rate contro l’ 80% attuale).

Con Chicago, come detto, abbiamo visto Dallas spingere il pallone più lontano approfittando delle evidenti lacune nella difesa degli ospiti; lacune che sono state rese ancora più evidenti quando, in molte occasioni, l’attacco si è schierato in una spread formation, e cioè con quanto più personale possibile ai lati della LOS, per aprire il campo e costringere Chicago a ridurre la pass rush per infoltire la secondaria, con il chiaro obiettivo di dare più tempo a Prescott di lanciare.


Qui un esempio, con Beasley che viene fatto spostare da Prescott dalla parte opposta della linea. Il diretto marcatore, Jordy Glenn - undrafted rookie nel 2015 - non fa in tempo a raggiungere la sua nuova posizione che già deve ripartire all’inseguimento di Beasley. Il piccolo ricevitore viene anche aiutato dalla traccia di Witten, che passa davanti a Glenn, quasi effettuando un blocco stile basket e fa perdere l’attimo al giocatore di Chicago. La velocità di Beasley sulla go route - quella totalmente verticale - fa il resto, e apparecchia la tavola per il TD su corsa di Dunbar.

Probabilmente la scalata di Prescott al ruolo di QB titolare fisso si interromperà una volta tornato Romo. Jerry Jones ha già detto che, non appena il veterano sarà pronto, si riprenderà lo scettro. Probabilmente però, anche per via del fisico di cristallo del numero 9, non dovremmo attendere molto per vedere Prescott stabilmente dietro a Travis Frederick.

"Like a freakin' hall of famer"
Altro giro, altra cit. Questa volta le parole sono di Cameron Hayward, DE degli Steelers dopo il massacro di Pittsburgh in quel di Philadelphia, teatro della più pesante sconfitta dei giallo-neri in quasi 30 anni. Se dopo le vittorie arrivate contro due delle peggiori squadre NFL come Cleveland e Chicago c’era ancora un minimo di riserbo sopra le capacità del ragazzo da North Dakota State, adesso ecco che pian piano il coro di consensi va crescendo.

Non è circondato dalle armi offensive di cui dispone Prescott, ma anche la o-line di Wentz sta facendo un buon lavoro, pur non avendo ancora incontrato pass rush particolarmente efficaci (ma per quello ci sarà tempo, viste le partite contro Vikings e Seahawks, per citarne due): sono solo 19 le pressioni concesse.

Guardate qui ad esempio quanto tempo il numero 11 abbia per trovare il bersaglio.


Quel che colpisce a prima vista è la calma con cui gestisce le situazioni di gioco. Rimane alto e fermo nella tasca, come abbiamo visto sopra, non si fa prendere dal panico, ha un rilascio piuttosto veloce e fluido e, soprattutto, pare abbastanza comunicativo pre-snap. I grandi QB sanno analizzare la difesa ancora prima che l’azione parta, e Wentz ha già dimostrato più volte di saperlo fare, come qui sotto.


Come detto per Prescott, il sistema di Philadelphia è fatto per agevolare la transizione tra i pro del ragazzo, e l’head coach Doug Pederson sa come si fa, avendo fatto rendere - assieme ad Andy Reid - un QB che appare decisamente meno talentuoso di Wentz in prospettiva come Alex Smith.
Delle oltre 700 yard che Wentz ha macinato finora, 423 sono arrivate after the catch. Dalla partita contro Pittsburgh, il TD di Darren Sproles condensa quanto detto finora.


La pressione della difesa si fa sentire - una delle poche volte in cui il front seven degli Steelers, privo di Bud Dupree, Lawrence Timmons e Ryan Shazier, si è palesato domenica - Wentz esce dalla tasca con disinvoltura, aspetta che l’ex Chargers e Saints completi la traccia e l’abilità dopo la ricezione del piccolo RB fa il resto.

Come detto, Wentz non è una macchina da highlight (ancora), ma sta facendo tutto quello che il gameplan prevede, evitando le palle perse (0 intercetti) e completando il 64% dei passaggi tentati (14esimo, con un QBR di 103, ottavo tra i passatori con almeno 50 lanci tentati).

Non che al nostro manchi il braccio per le big plays, i passaggi da almeno 20 yard. In questa situazione Wentz è attualmente 7-14, come si può vedere nella foto...


...e nella gif qui sotto, il TD in week 1 per Nelson Agholor.


La finta a rientrare del numero 17 è fondamentale per prendere il tempo a Philip Gaines, e poi il ball placement di Wentz fa il resto.

Lo hanno paragonato a Peyton Manning per come gestisce la fase pre-snap e a Rodgers per come gioca. Paragoni eccessivi e anche inutili. Per adesso, agli esigenti tifosi Eagles, Carson Wentz va bene così com’è.


Articolo a cura di Michele Serra

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