Dimentichiamo per qualche minuto le classiche e attuali discussioni sul derby decaduto e scadente dei nostri giorni, dimentichiamo la confusione societaria dei due club, dimentichiamo le proteste dei tifosi e concentriamoci su quello che abbiamo visto in campo. Non possiamo però decontestualizzare il match di ieri sera dalla classifica, anzi. Quella che rimane una delle partite più affascinanti del nostro calcio si è ritrovata all'improvviso come una battaglia senza posta in palio ma soprattutto si è autodefinita come una sfida senza idee e senza uomini di alto valore tecnico.
Partiamo dal Milan.
Inzaghi ha schierato i rossoneri con un basico 4-3-3.
La ricerca di una solidità
tanto astratta quanto teorica si evidenzia soprattutto con la
possibilità di avere due linee molto omogenee (quella di difesa a 4
e quella di centrocampo a 5 in fase di non possesso). A tratti il
Milan ci è riuscito.
È fisiologico che, in
questa situazione, il perno del gioco rossonero sia Menez che come
sempre alterna grandi giocate individuali ad assenze incomprensibili
nel corso della partita. Il francese avrebbe potuto e dovuto
sfruttare il grande movimento del lanciatissimo Suso. La partita
dello spagnolo è stata molto intelligente tatticamente: è riuscito
a bilanciare molto bene le percussioni centrali per arrivare al tiro,
le sovrapposizioni di Abate per prendere spazio, le carenze di Juan
Jesus da terzino. Ha efficacemente infierito sulla fascia anche
grazie alla fase difensiva orrenda di Kovacic, completamente ignaro
di cosa significhino copertura, marcatura preventiva e raddoppio.
Suso in 1vs1 con Juan Jesus. Costante della partita. |
Resta il rammarico di non aver potuto vedere nessuna combinazione con
Menez che ha preferito, da prima donna e solista, spostarsi
costantemente sulla fascia opposta per ricevere il pallone e
costruire le sue azioni individuali.
Mappa statistica di Suso. Si notano i cambi di gioco verso l'altro esterno d'attacco e le combinazioni cross-tiro e percussione verso il centro - attacco del fondo. |
Intelligentemente il Milan
ha cercato ripetutamente di cambiare lato del campo con Suso,
Bonaventura, Van Ginkel, De Jong. L'idea di mettere in difficoltà
così il rombo dell'Inter era tanto semplice quanto efficace ma non
sempre i rossoneri ci sono riusciti. Spesso i cambi di gioco sono
stati intercettati e quando sono andati a buon fine sono rimasti
eterei e fini a se stessi: allargare il gioco e i tre centrocampisti
avversari senza poi cercare lo spazio centrale che si è così
liberato è stato completamente inutile.
Il merito della catastrofe
evitata va dato anche a Medel, sempre attento e mai in ritardo.
L'unico nerazzurro capace di interpretare ed assorbire, esaltandosi,
la carica emotiva ed emozionale di una partita del genere.
Medel ha giganteggiato a centrocampo, riuscendo a coprire ovunque. Il cileno è indispensabile nella confusione tattica dell'Inter in fase difensiva. |
La presenza di Medel in
mezzo al campo è stata fondamentale per l'equilibrio tattico dei
nerazzuri visto che il rombo impone una fase difensiva ad handicap
con i tre davanti (il trequartista e le due punte) che difendono poco
e male sia per attitudine e che per posizione. Con l'aiuto di Vidic e
Ranocchia, Medel ha difeso molto bene anche su Menez stringendo
all'indietro togliendo al francese lo spazio dopo il primo dribbling
o controllo che lo rende letale.
Medel e il derby |
Mancini ha schierato
l'Inter con il solito rombo a centrocampo quindi soliti difetti,
soliti errori individuali che vengono amplificati dalla confusione
tattica, solita manovra offensiva troppo dipendente dal trequartista,
solito lavoro disumano dei terzini che poi si trovano poco lucidi
nelle situazioni chiave (di Maicon ce ne è stato solo uno).
I nerazzurri soffrono
terribilmente la fascia destra del Milan perchè non riescono a
raddoppiare e a stringere il campo per merito dei rossoneri che
tengono Bonaventura molto largo sulla fascia opposta anche a costo di
toglierlo dal vivo del gioco. La manovra offensiva (se di manovra
offensiva si può parlare) è unicamente causata da errori del Milan
nella costruzione del gioco e nell'uscita della palla.
Hernanes contro De Jong è stato il duello chiave della partita. A tratti il brasiliano è stato immarcabile, a tratti troppo confusionario. |
Quando, durante queste
transizioni, Hernanes riesce a liberarsi del proprio uomo, girarsi e
puntare verso la porta allora l'Inter diventa pericolosa. Spesso
Palacio e Icardi sbagliano i tempi dei movimenti o i movimenti
stessi, qualche altra volta Hernanes non riesce a leggere lucidamente
la situazione, altre volte i terzini non danno ampiezza. Il risultato
è che di queste numerosissime transizioni (alte sulla trequarti o
basse a centrocampo) pochissime si trasformano in azioni pericolose.
Mappa di calore di Hernanes. Punto di riferimento in transizioni, punto di riferimento per il possesso palla. |
L'asse centrale è
sicuramente la nota più positiva della partita nerazzurra,
Medel-Hernanes. Kovacic e i due attaccanti sicuramente la più
negativa.
Kovacic, l'uomo delle
infinite possibilità mai realizzate, potrebbe essere il perfetto
protagonista de “Le notti bianche” di Dostoevskij: Mateo è un un
sognatore, isolato dalla realtà, che per alcuni istanti della
partita decide di giocare a calcio e inizia a toccare il pallone con
un'eleganza e un'agilità divina facendo lo slalom tra gli avversari
che sembrano restare senza parole e pietrificati. Nell'istante
successivo, Mateo, capisce che è tutto inutile e riscivola nella sua
tana, nella solitudine dei sogni, sbagliando il passaggio filtrante
che potrebbe mettere un proprio compagno solo davanti al portiere.
Non riuscire a disciplinare tatticamente un giocatore del genere è
una colpa che deve essere attribuita all'allenatore, al di là
dell'indole svogliata e nervosa del ragazzo che lo limita e lo
limiterà vistosamente.
"Un gol nel derby per il rinnovo" titolavano i giornali. Niente gol quindi niente rinnovo? |
Adesso possiamo finalmente ricondurci
al discorso di un derby povero di idee e contenuti, un derby buio e
senza luce. Un derby di una stagione che doveva servire a gettare la
base per la ricostruzione del calcio di Milano, fondamentale per fare
da traino ad una rinascita del calcio italiano e che invece non è
altro che un'altra inesorabile tappa della profonda involuzione di
Milan e Inter. I vuoti e ridicoli proclami che hanno accompagnato la
stagione sono stati controproducenti, immaginare le due squadre
milanesi ad alto livello è pura utopia. Ed è altrettanto difficile
identificare nelle due squadre idee e uomini su cui ripartire. Un
vero e proprio fallimento: riconoscere questo con umiltà e prenderne
coscienza sarebbe il primo e fondamentale passo. Mancini e Inzaghi e
le due dirigenze attuali sono le persone giuste? Tendiamo a
propendere verso la risposta negativa.
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