giovedì 4 maggio 2017

Cambio di marcia

Qualche osservazione sulla vittoria degli Spurs in gara 2.

di Michele Serra (
@ElTrenza93)








Gara 2 tra San Antonio e Houston era un misto di curiosità e attesa per capire se, e come, gli Spurs si sarebbero rialzati dopo la batosta di gara 1, in cui hanno dato l’impressione di non potersela giocare con i loro avversari. Houston è squadra che corre e che produce tanto da situazioni di pick and roll (0.93 punti per possesso in questa situazione per il portatore di palla in regular season, addirittura 1 nei playoff), e ciò sulla carta non si sposa bene contro questi Spurs: la squadra di Pop non ha un rim protector - per la verità nemmeno lunghi in grado di rimanere incollati alla guardia su un cambio, ad eccezione di Aldridge, forse, che però non vive un gran momento di forma - e, tolto Leonard, nessun giocatore in grado di rispondere colpo su colpo all’attacco dei Rockets. Gara 1 è stata un massacro, con gli Spurs precipitati a meno 30 senza riuscire a giocare il loro basket fatto di movimento di palla alla ricerca del tiro migliore (solo 19 assist contro i 30 di Houston). All'intervallo, Kawhi aveva segnato 21 punti su 19 possessi, mentre i suoi compagni erano rimasti a guardare: i titolari solo 27 punti su 42 possessi giocati.

Gara 2 è stata decisamente diversa, fin dall’inizio. Tanti Spurs sono riusciti a trovare il canestro, da Danny Green (4-4 nel primo quarto, con anche 3 assist) a Tony Parker e anche Aldridge. L’ex Blazers ha giocato una gara complessivamente sufficiente, con 15 punti (6-14 al tiro) e 8 rimbalzi. Il tiro dalla media fatica ad entrare, ma almeno è migliorato nelle letture e nella velocità di esecuzione rispetto al primo episodio della serie, evitando di attirare i raddoppi spalle a canestro, concludendo prima o servendo i compagni sul perimetro.

 

Un grosso problema per gli Spurs, in gara 1, sono state le palle perse, 15, che hanno scatenato i Rockets in transizione. La squadra di D’Antoni non è necessariamente elite, in questa situazione di gioco, anzi: in stagione regolare era seconda per la frequenza con cui questa arma veniva utilizzata (18% a partita), ma solo nel 45esimo percentile, nella metà bassa. I tiratori però non mancano, ai Rockets, e disporsi male in transizione può voler dire lasciare spazio dall’arco ad una delle tante armi a loro disposizione. Ieri notte sono riusciti ad evitarlo, soprattutto nel primo tempo: all’intervallo, gli Spurs avevano perso solo un pallone, che però era risultato in una tripla comoda per Anderson (che nelle ultime 3 gare sta tirando da tre con il 44%).

 

Popovich ha fatto anche qualche aggiustamento, ad esempio spostando Danny Green su Ryan Anderson e Leonard su Harden; l’ex San Diego State è rimasto il più possibile su di lui anche attraverso i blocchi, evitando mismatch favorevoli a Houston, che in gara 1 avevano creato non pochi problemi alla squadra di casa, soprattutto quando veniva coinvolto nel pick and roll l’uomo marcato da David Lee.

 

Qui Leonard passa sopra due blocchi, evitando di cambiare e lasciare Aldridge o, ancora peggio, Lee contro Harden, arrivando a contestare il tiro al Barba. Harden che ha tirato solo 3-17 e solo a tratti è riuscito a mettere in ritmo i compagni: ha finito la partita con 10 assist (5 solo nel terzo quarto quando Houston è arrivata anche a -3). Nel secondo tempo, l’impatto della panchina è calato drasticamente, con Eric Gordon che ha messo a segno solo 3 punti nel secondo periodo (sui 15 totali), mentre Lou Williams ha litigato col canestro tutta la sera (2-7 e 2 palle perse) e Nenè non ha dato l’impatto avuto nelle precedenti gare di playoff.

Particolarmente rilevante ai fini del risultato è stata la scelta di Popovich di far entrare dalla panchina David Lee, il bersaglio preferito dei suoi strali in gara 1, per la sua difesa passiva sui pick and roll e in situazioni di aiuto sulle penetrazioni. Al suo posto in quintetto Pau Gasol, che in attacco ha tirato molto male (3-11) soffrendo la fisicità di Capela sotto canestro, ma che ha dato una enorme mano nella propria metà campo, con 13 rimbalzi catturati e ben 4 stoppate, sfruttando la sua lunghezza di braccia e la sua difesa posizionale che è ancora sufficiente. Qui lo vediamo stoppare un tentativo a canestro di Harden e far ripartire il contropiede, ultimato da Parker con un canestro da tre.

 

Per quanto riguarda invece Leonard, Kawhi è stato ancora una volta mostruoso, il migliore dei suoi, finendo con 34 punti, 8 assist, 3 palle rubate con 13-16 dal campo (e un irreale 91% di effective fg). Il numero 2 degli Spurs sta diventando pian piano un eccellente giocatore in isolamento e chiaramente nei playoff gli Spurs lo stanno cavalcando ancora di più per sopperire alla mancanza di ulteriori creatori di gioco dal nulla (la sua percentuale di isolamenti è passata dal 12.6 della regular season a oltre il 21%, con un leggero calo dei punti per possesso: da 0.94 a 0.88). Ciò in cui si sta specializzando è mettere in ritmo i compagni, e in gara 2 abbiamo visto i miglioramenti che ha compiuto fin qui sotto questo punto di vista.


Di sicuro, anche gli altri giocatori gli hanno dato una mano, come detto, in particolare Tony Parker, che, nonostante l’età, ha ancora al proprio arco partite in cui alza il rendimento offensivo, rivelandosi la seconda opzione per gli Spurs, adesso che Aldridge sta attraversando il momento peggiore della sua avventura in Texas. Purtroppo le notizie arrivate non sono buone: l’infortunio, che è al quadricipite e non al ginocchio, come inizialmente pareva, lo costringerà a guardare dalla panchina il resto dei playoff. Dopo l’uscita del franco-belga, gli Spurs hanno messo a segno un parziale di 14-5 chiudendo definitivamente i conti, ma è innegabile che la sua assenza peserà tantissimo, specie se il suo rendimento fosse stato (vicino a) quello fatto vedere ieri notte. Miglior realizzatore dalla panchina è stato Jonathan Simmons, che finalmente ha avuto un minutaggio consistente (20 minuti), dando freschezza su entrambi i lati del campo. Il suo atletismo e la giovane età possono essere un fattore in difesa, per marcare una delle guardie della second unit dei Rockets, così come la capacità di muoversi lontano dalla palla e di finire al ferro. Gli ampi differenziali delle prime due gare raccontano solo una parte della storia: abbiamo a tutti gli effetti una serie, e sarà molto divertente.



Articolo a cura di Michele Serra

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