lunedì 20 aprile 2015

Dentro il tunnel, senza via di uscita


Dimentichiamo per qualche minuto le classiche e attuali discussioni sul derby decaduto e scadente dei nostri giorni, dimentichiamo la confusione societaria dei due club, dimentichiamo le proteste dei tifosi e concentriamoci su quello che abbiamo visto in campo. Non possiamo però decontestualizzare il match di ieri sera dalla classifica, anzi. Quella che rimane una delle partite più affascinanti del nostro calcio si è ritrovata all'improvviso come una battaglia senza posta in palio ma soprattutto si è autodefinita come una sfida senza idee e senza uomini di alto valore tecnico.




Partiamo dal Milan. Inzaghi ha schierato i rossoneri con un basico 4-3-3.



La ricerca di una solidità tanto astratta quanto teorica si evidenzia soprattutto con la possibilità di avere due linee molto omogenee (quella di difesa a 4 e quella di centrocampo a 5 in fase di non possesso). A tratti il Milan ci è riuscito.


La mappa dei palloni recuperati dimostra una ricerca da parte del Milan di una fase di non possesso molto omogenea e simmetrica. Specificamente nella fase di non possesso (tranne nelle transizioni, che sono state un incubo) il Milan è stato estremamente ordinato.


È fisiologico che, in questa situazione, il perno del gioco rossonero sia Menez che come sempre alterna grandi giocate individuali ad assenze incomprensibili nel corso della partita. Il francese avrebbe potuto e dovuto sfruttare il grande movimento del lanciatissimo Suso. La partita dello spagnolo è stata molto intelligente tatticamente: è riuscito a bilanciare molto bene le percussioni centrali per arrivare al tiro, le sovrapposizioni di Abate per prendere spazio, le carenze di Juan Jesus da terzino. Ha efficacemente infierito sulla fascia anche grazie alla fase difensiva orrenda di Kovacic, completamente ignaro di cosa significhino copertura, marcatura preventiva e raddoppio. 


Suso in 1vs1 con Juan Jesus. Costante della partita.


Resta il rammarico di non aver potuto vedere nessuna combinazione con Menez che ha preferito, da prima donna e solista, spostarsi costantemente sulla fascia opposta per ricevere il pallone e costruire le sue azioni individuali.


Mappa statistica di Suso. Si notano i cambi di gioco verso l'altro esterno d'attacco e le combinazioni cross-tiro e percussione verso il centro - attacco del fondo.

Intelligentemente il Milan ha cercato ripetutamente di cambiare lato del campo con Suso, Bonaventura, Van Ginkel, De Jong. L'idea di mettere in difficoltà così il rombo dell'Inter era tanto semplice quanto efficace ma non sempre i rossoneri ci sono riusciti. Spesso i cambi di gioco sono stati intercettati e quando sono andati a buon fine sono rimasti eterei e fini a se stessi: allargare il gioco e i tre centrocampisti avversari senza poi cercare lo spazio centrale che si è così liberato è stato completamente inutile.
Il merito della catastrofe evitata va dato anche a Medel, sempre attento e mai in ritardo. L'unico nerazzurro capace di interpretare ed assorbire, esaltandosi, la carica emotiva ed emozionale di una partita del genere.


Medel ha giganteggiato a centrocampo, riuscendo a coprire ovunque. Il cileno è indispensabile nella confusione tattica dell'Inter in fase difensiva. 


La presenza di Medel in mezzo al campo è stata fondamentale per l'equilibrio tattico dei nerazzuri visto che il rombo impone una fase difensiva ad handicap con i tre davanti (il trequartista e le due punte) che difendono poco e male sia per attitudine e che per posizione. Con l'aiuto di Vidic e Ranocchia, Medel ha difeso molto bene anche su Menez stringendo all'indietro togliendo al francese lo spazio dopo il primo dribbling o controllo che lo rende letale.


Medel e il derby


Mancini ha schierato l'Inter con il solito rombo a centrocampo quindi soliti difetti, soliti errori individuali che vengono amplificati dalla confusione tattica, solita manovra offensiva troppo dipendente dal trequartista, solito lavoro disumano dei terzini che poi si trovano poco lucidi nelle situazioni chiave (di Maicon ce ne è stato solo uno).




I nerazzurri soffrono terribilmente la fascia destra del Milan perchè non riescono a raddoppiare e a stringere il campo per merito dei rossoneri che tengono Bonaventura molto largo sulla fascia opposta anche a costo di toglierlo dal vivo del gioco. La manovra offensiva (se di manovra offensiva si può parlare) è unicamente causata da errori del Milan nella costruzione del gioco e nell'uscita della palla.


Hernanes contro De Jong è stato il duello chiave della partita. A tratti il brasiliano è stato immarcabile, a tratti troppo confusionario.


Quando, durante queste transizioni, Hernanes riesce a liberarsi del proprio uomo, girarsi e puntare verso la porta allora l'Inter diventa pericolosa. Spesso Palacio e Icardi sbagliano i tempi dei movimenti o i movimenti stessi, qualche altra volta Hernanes non riesce a leggere lucidamente la situazione, altre volte i terzini non danno ampiezza. Il risultato è che di queste numerosissime transizioni (alte sulla trequarti o basse a centrocampo) pochissime si trasformano in azioni pericolose.


Mappa di calore di Hernanes. Punto di riferimento in transizioni, punto di riferimento per il possesso palla.

L'asse centrale è sicuramente la nota più positiva della partita nerazzurra, Medel-Hernanes. Kovacic e i due attaccanti sicuramente la più negativa.
Kovacic, l'uomo delle infinite possibilità mai realizzate, potrebbe essere il perfetto protagonista de “Le notti bianche” di Dostoevskij: Mateo è un un sognatore, isolato dalla realtà, che per alcuni istanti della partita decide di giocare a calcio e inizia a toccare il pallone con un'eleganza e un'agilità divina facendo lo slalom tra gli avversari che sembrano restare senza parole e pietrificati. Nell'istante successivo, Mateo, capisce che è tutto inutile e riscivola nella sua tana, nella solitudine dei sogni, sbagliando il passaggio filtrante che potrebbe mettere un proprio compagno solo davanti al portiere. Non riuscire a disciplinare tatticamente un giocatore del genere è una colpa che deve essere attribuita all'allenatore, al di là dell'indole svogliata e nervosa del ragazzo che lo limita e lo limiterà vistosamente.



"Un gol nel derby per il rinnovo" titolavano i giornali. Niente gol quindi niente rinnovo?


Adesso possiamo finalmente ricondurci al discorso di un derby povero di idee e contenuti, un derby buio e senza luce. Un derby di una stagione che doveva servire a gettare la base per la ricostruzione del calcio di Milano, fondamentale per fare da traino ad una rinascita del calcio italiano e che invece non è altro che un'altra inesorabile tappa della profonda involuzione di Milan e Inter. I vuoti e ridicoli proclami che hanno accompagnato la stagione sono stati controproducenti, immaginare le due squadre milanesi ad alto livello è pura utopia. Ed è altrettanto difficile identificare nelle due squadre idee e uomini su cui ripartire. Un vero e proprio fallimento: riconoscere questo con umiltà e prenderne coscienza sarebbe il primo e fondamentale passo. Mancini e Inzaghi e le due dirigenze attuali sono le persone giuste? Tendiamo a propendere verso la risposta negativa.  

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