di Nicola Santolini
Una delle cose
più belle del calcio è che le emozioni che suscita in tutti noi col tempo
diventano ricordi, e anche a distanza di anni, a volte serve davvero poco per
farli riaffiorare. Spesso basta un'immagine, il titolo di un articolo, un
servizio alla TV per riportare alla mente ricordi anche lontani nel tempo, ma
non per questo meno emozionanti. Indubbiamente il ricordo più dolce degli
ultimi anni per il tifoso interista è il triplete
del 2010: a volte basta fare riferimento a quell'anno, senza nemmeno parlare di
calcio, per riportare alla mente del tifoso l'immagine di Diego Milito disteso
sul prato di Madrid con gli occhi lucidi dopo aver segnato. Allo stesso modo
molti tifosi interisti in questi giorni avranno appreso la notizia del ritiro
di Walter Samuel (da due stagioni in Svizzera al Basilea), con il
conseguente riaffiorare di ricordi ed emozioni mai del tutto sopiti.
Dei tanti legati all'argentino che mi sono tornati
alla mente quello più forte è, curiosamente, legato a una partita poi persa
dall'Inter, la semifinale di ritorno a Barcellona. Si tratta di qualcosa che
dubito potrò mai dimenticare: Samuel che si rialza e ruggisce, con i glaciali
occhi azzurri completamente trasfigurati dalla battaglia, dopo aver fermato in
scivolata un certo Lionel Messi. E anche se come detto a conti fatti si trattò
di una sconfitta, il tifoso non può che ricordare con gioia quella partita che
comunque aprì le porte della finale, ma soprattutto con orgoglio, perché se mai
una squadra è stata davvero eroica, quella sera l'Inter indubbiamente lo fu.
Una squadra consapevole che avrebbe dovuto giocare una partita di sofferenza,
ma che si ritrovò a dover affrontare un vero e proprio assedio dopo la celebre
pantomima di Busquets, ritrovandosi a dover resistere in inferiorità numerica a
quella che era universalmente riconosciuta come la squadra di calcio più forte del
pianeta. Si tratta di una partita in cui, da un certo punto in poi, saltarono
completamente tutti gli schemi (Piqué stabilmente in attacco, Eto'o terzino) ed
emersero davvero non solo i giocatori, ma anche e soprattutto gli uomini, nella
loro più pura forma di gambe, cuore, mente e spirito. E questo è solo il
prologo di questo viaggio attraverso la carriera di Walter Samuel,
semplicemente “The Wall”.
Le origini
Il 23 marzo 1978
a Firmat, nel cuore dell'Argentina, nasce Walter Lujàn, un nome che ai più non
ricorda nulla. Col passare degli anni, a seguito di problemi col padre, il
ragazzo deciderà di lasciare il suo cognome, appena in tempo per passare alla
storia come Walter Samuel.
Il racconto
dell'infanzia di Samuel non è particolarmente originale, ma c'è un piccolo
particolare che, a posteriori, risulta interessante: il sogno del giovane
Walter era di diventare un calciatore ed un grande attaccante. Dopo aver
iniziato a giocare nella squadra della sua città, non ci volle molto prima che
il suo talento lo facesse ben presto arretrare al centro della difesa.
La carriera di
Samuel prosegue velocemente, e dopo due stagioni al Newell's Old Boys, arriva
l'approdo al Boca. Nonostante non abbia ancora vent'anni quando arriva a Buenos
Aires, Walter ci mette poco a diventare un pilastro imprescindibile della
difesa, e nelle tre stagioni alla Bombonera contribuisce alla conquista di due
campionati – uno di Apertura e uno di Clausura - e soprattutto di una Copa
Libertadores.
Un giovanissimo Samuel con la maglia "Xeneize"
Samuel è ancora
giovane, ma ha già messo in mostra grandi doti tecniche e fisiche, e la grinta
del possibile campione: in molti vogliono portarlo in Europa, e la Roma ci
riesce, strappandolo al Boca per oltre trenta miliardi di lire. Diventa ben
presto un punto fermo della difesa giallorossa, e la sua prima stagione nella
capitale è anche quella dell'ultimo Scudetto della Roma. Ed è proprio a Roma
che Walter Samuel diventa “The Wall”. Le quattro stagioni in giallorosso sono
di altissimo livello, e permettono a Samuel di guadagnarsi il posto fisso anche
in nazionale ed emergere come uno dei difensori più interessanti d'Europa. E
Walter a volte sembra davvero un muro invalicabile.
Il suo enorme talento difensivo gli permette di ambientarsi in fretta anche nel calcio italiano, così diverso tatticamente da quello argentino, e in cui la fase difensiva è fondamentale. E “talento difensivo” è probabilmente la miglior definizione possibile per descrivere le capacità di Samuel, per spiegare il successo di un giocatore che poteva sembrare normale, ma faceva capire in fretta quanto fosse straordinario. Dal punto di vista strettamente atletico Samuel poteva infatti apparire un difensore nella media: velocità discreta ma non straordinaria, grande forza fisica e ottima elevazione. Ma ancora una volta, in campo non contano solo le gambe, ed è proprio grazie a testa, cuore e spirito che Samuel non è diventato un difensore “nella media”.
Il suo enorme talento difensivo gli permette di ambientarsi in fretta anche nel calcio italiano, così diverso tatticamente da quello argentino, e in cui la fase difensiva è fondamentale. E “talento difensivo” è probabilmente la miglior definizione possibile per descrivere le capacità di Samuel, per spiegare il successo di un giocatore che poteva sembrare normale, ma faceva capire in fretta quanto fosse straordinario. Dal punto di vista strettamente atletico Samuel poteva infatti apparire un difensore nella media: velocità discreta ma non straordinaria, grande forza fisica e ottima elevazione. Ma ancora una volta, in campo non contano solo le gambe, ed è proprio grazie a testa, cuore e spirito che Samuel non è diventato un difensore “nella media”.
Semplicemente "The Wall"
Solidità mentale
Una delle qualità che hanno
maggiormente permesso a Samuel di imporsi è la sua eccezionale mentalità
difensiva. Come detto si è integrato perfettamente nei tatticismi del calcio
italiano, e si è sempre distinto per la sua grande intelligenza in campo:
abilissimo in marcatura e nel prendere sempre la decisione migliore, ha fin da
subito mostrato anche le doti di leadership necessarie a guidare il compagno di
reparto e tutta la difesa.
Samuel però è anche l'esempio lampante di quanto, al di là delle qualità tecniche e fisiche, siano concentrazione e attenzione a fare la differenza quando di mestiere si fa il difensore centrale.
Provando a fare un parallelo con un ragazzo che, nelle speranze di molti, avrebbe dovuto garantire col tempo un adeguato ricambio all'argentino, ovvero Juan Jesus, si scopre che dal punto di vista atletico il brasiliano ha poco da invidiare a Samuel, avendo i due una struttura fisica non troppo diversa, con pochi centimetri e chili di differenza. Jesus può anzi indubbiamente vantare una velocità nettamente superiore anche a quella di un Samuel nel fiore degli anni. Nonostante questo nessuno si sognerebbe mai di paragonare il brasiliano all'argentino. E non si tratta di una questione di esperienza: semplicemente Jesus non è dotato della grande solidità mentale innata in Samuel, e mentre lui condisce le sue partite con svarioni e distrazioni, quelle commesse dall'argentino in anni di carriera probabilmente si contano sulle dita di una mano.
Samuel però è anche l'esempio lampante di quanto, al di là delle qualità tecniche e fisiche, siano concentrazione e attenzione a fare la differenza quando di mestiere si fa il difensore centrale.
Provando a fare un parallelo con un ragazzo che, nelle speranze di molti, avrebbe dovuto garantire col tempo un adeguato ricambio all'argentino, ovvero Juan Jesus, si scopre che dal punto di vista atletico il brasiliano ha poco da invidiare a Samuel, avendo i due una struttura fisica non troppo diversa, con pochi centimetri e chili di differenza. Jesus può anzi indubbiamente vantare una velocità nettamente superiore anche a quella di un Samuel nel fiore degli anni. Nonostante questo nessuno si sognerebbe mai di paragonare il brasiliano all'argentino. E non si tratta di una questione di esperienza: semplicemente Jesus non è dotato della grande solidità mentale innata in Samuel, e mentre lui condisce le sue partite con svarioni e distrazioni, quelle commesse dall'argentino in anni di carriera probabilmente si contano sulle dita di una mano.
Spirito guerriero
Un'altra peculiarità di Walter
Samuel e del suo gioco la individuerei nel suo spirito guerriero. Perché Walter è
sempre stato un difensore grintoso e aggressivo, anche duro a volte. E non
sempre questo è stato apprezzato quanto meritava. Nel 2004 Samuel si
trasferisce al Real Madrid per 25 milioni di euro. Si tratta probabilmente
della stagione meno positiva della sua carriera, a parte quelle caratterizzate
da particolari infortuni. Ma non certo perché il muro fosse crollato,
semplicemente quello non era il suo calcio. Il pubblico del Bernabeu non
apprezzò mai veramente il modo di giocare di Samuel. Troppo rozzo, ruvido,
aggressivo, quel ragazzo davvero stonava in mezzo ai Galacticos, non era nel
suo DNA e non era uno dei "Los buenos" che il pubblico madridista pretende.
"Ma dove sono finito?"
Non ha mai avuto l'eleganza di
Maldini o la tecnica di Nesta, ma non per questo deve essere considerato
strettamente inferiore, semplicemente un difensore diverso. Anche perché
sarebbe un errore definire Samuel come un centrale poco dotato tecnicamente. Indubbiamente
non si è mai distinto per l'eleganza palla al piede e nel controllo, ma allo
stesso tempo si è sempre dimostrato un buon passatore, aiutato anche dalla
sopracitata solidità mentale che gli concedeva grande sicurezza, mantenendo
sempre la calma anche in situazioni difficili o di pressing.
Inoltre, pur non potendolo definire un vero e proprio regista difensivo, non si limitava solo all'appoggio semplice al compagno vicino o alla soluzione più banale: in particolare negli anni nerazzurri una sua specialità divenne il cambio gioco, col mancino, sulla fascia opposta, generalmente per Maicon. Samuel infatti non ha mai avuto paura di sfoderare il suo sinistro, a volte con aperture e lanci anche piuttosto lunghi, a vantaggio del terzino brasiliano. Ma nonostante questo l'argentino non era a suo agio in un tipo di calcio come quello spagnolo. Uno come lui, che poteva sembrare un difensore italiano tanto era grande la sua abnegazione tattica, l’amore per il corpo a corpo, lo spirito combattente, non poteva sentirsi realizzato in un calcio in cui la prerogativa fosse quella di dare spettacolo e segnare ancora un altro gol, e pazienza se così se ne subiva sempre almeno uno; per questo si sentiva così a suo agio in Serie A, dove cercare di non prendere gol era ancora tra le priorità.
Inoltre, pur non potendolo definire un vero e proprio regista difensivo, non si limitava solo all'appoggio semplice al compagno vicino o alla soluzione più banale: in particolare negli anni nerazzurri una sua specialità divenne il cambio gioco, col mancino, sulla fascia opposta, generalmente per Maicon. Samuel infatti non ha mai avuto paura di sfoderare il suo sinistro, a volte con aperture e lanci anche piuttosto lunghi, a vantaggio del terzino brasiliano. Ma nonostante questo l'argentino non era a suo agio in un tipo di calcio come quello spagnolo. Uno come lui, che poteva sembrare un difensore italiano tanto era grande la sua abnegazione tattica, l’amore per il corpo a corpo, lo spirito combattente, non poteva sentirsi realizzato in un calcio in cui la prerogativa fosse quella di dare spettacolo e segnare ancora un altro gol, e pazienza se così se ne subiva sempre almeno uno; per questo si sentiva così a suo agio in Serie A, dove cercare di non prendere gol era ancora tra le priorità.
“Ho sempre odiato prendere gol, anche in allenamento. Mai
abituato all’idea, non ci riesco. Detesto vedere la palla che entra nella mia
porta”
Sembra piuttosto naturale che uno
che la pensa così non sia mai riuscito ad ambientarsi davvero nella Liga. Dopo
una sola stagione in Spagna, Walter decide di ritornare in Serie A, e viene
acquistato dall'Inter.
Cuor di leone
Samuel arriva a Milano a 27 anni,
nel pieno della sua carriera, e anche se viene da una stagione un po'
appannata può considerarsi uno dei migliori difensori d'Europa e può vantare
già un discreto palmares. Ma probabilmente nemmeno lui avrebbe mai pensato di
vincere così tanto con i nerazzurri e di diventare un giocatore così
determinante. Perché all'Inter Samuel non è semplicemente “The Wall”: trova un
ambiente ospitale nella grande famiglia interista e argentina della Pinetina, e
ne diventa un leader, per quanto spesso silenzioso.
Nei nove anni in nerazzurro Samuel affina ulteriormente le sue capacità, e con sempre più esperienza guadagnata sul campo raggiunge davvero l'apice della sua carriera. Conquista in fretta il cuore dei tifosi di San Siro, e come dargli torto: oltre alla concentrazione, le qualità e la grinta già note, dimostra di aver raggiunto una consapevolezza ed esperienza tali da riuscire a sembrare quasi inossidabile rispetto allo scorrere del tempo, nonostante alcuni infortuni molto gravi al ginocchio. Anche quando la condizione fisica non era eccellente, o il peso degli anni iniziava a gravare sulla rapidità, Samuel con grinta, talento nell'anticipo, abilità nel corpo a corpo e una necessaria dose di durezza, è sempre riuscito a rimanere il muro che tutti conoscevano trovando il modo di sopperire alle fisiologiche mancanze.
Nei nove anni in nerazzurro Samuel affina ulteriormente le sue capacità, e con sempre più esperienza guadagnata sul campo raggiunge davvero l'apice della sua carriera. Conquista in fretta il cuore dei tifosi di San Siro, e come dargli torto: oltre alla concentrazione, le qualità e la grinta già note, dimostra di aver raggiunto una consapevolezza ed esperienza tali da riuscire a sembrare quasi inossidabile rispetto allo scorrere del tempo, nonostante alcuni infortuni molto gravi al ginocchio. Anche quando la condizione fisica non era eccellente, o il peso degli anni iniziava a gravare sulla rapidità, Samuel con grinta, talento nell'anticipo, abilità nel corpo a corpo e una necessaria dose di durezza, è sempre riuscito a rimanere il muro che tutti conoscevano trovando il modo di sopperire alle fisiologiche mancanze.
Le sue prime stagioni in nerazzurro, complici anche gli eventi ben noti del
2006, sono vincenti - almeno in Italia - ma quando tutti potevano pensare che
superati i trent'anni (con tanti campionati vinti in bacheca) la carriera di
Samuel potesse aver già raggiunto e superato il punto più alto, ecco che
l'Argentino ha ancora qualcosa di importante da dire. La stagione 2009/2010 è
davvero monumentale. In quell'anno, complice anche l'arrivo di Lùcio, l'Inter
compone quella che si rivelerà, a conti fatti, la coppia centrale più forte del
mondo, almeno in quella stagione. L'Inter di Mourinho è una macchina
difensivamente eccellente, ma il modo di giocare dei due centrali è qualcosa
che esula da semplici logiche tecniche e tattiche, la sublimazione del duello
attaccante-difensore in qualcosa di più simile a una tenzone o un incontro di
lotta greco-romana. Samuel in particolare si è sempre dimostrato ancora più
affidabile e sicuro del comunque ottimo Lùcio, dovendone a volte anche coprire
le fughe palla al piede piuttosto estemporanee.
Il riferimento corre di nuovo
alla sfida di ritorno a Barcellona: quella sera Samuel fu davvero la
personificazione del muro su cui si infrangevano gli attacchi dei vari Messi,
Ibrahimovic, Pedro, Iniesta, Xavi, tutti pronti a sfidare l'argentino in duelli che
puntualmente li vedevano uscire sconfitti. Inutile dire che poi anche in finale
a Madrid il muro si erse di nuovo anche davanti al Bayern Monaco, per
conquistare anche quella Champions League e quel Triplete che hanno trasformato
una carriera vincente come era quella di Samuel, in una straordinaria.
Sogni di bambino
Anche se non è un aspetto
fondamentale per un difensore centrale, Samuel può vantare un discreto score in
carriera, con più di 30 gol segnati, con un exploit alla Roma di cinque reti
realizzate in un solo campionato. Walter è un ottimo esempio di difensore
talmente abile da sfruttare le sue conoscenze per avere la meglio dei suoi
colleghi: difficile da marcare sui calci piazzati, forte fisicamente e dotato
di grande elevazione, è facile intuire che la maggior parte dei suoi gol siano
arrivati grazie al gioco aereo. Ma uno in particolare esula da questa logica:
In un freddo pomeriggio di
gennaio, a pochi minuti dalla fine, l'Inter sta perdendo a San Siro per 3 a 2
contro il Siena. Al minuto 43 del secondo tempo i nerazzurri agguantano il
pareggio con Sneijder; per i più la partita potrebbe concludersi così, ma
l'Inter di quella stagione è davvero una squadra che ci crede fino in fondo.
Già da diversi minuti Samuel staziona stabilmente davanti, non solo sui calci
piazzati. Ed ecco che al 93' succede l'incredibile: Lucio la gioca per
Arnautovic che la spizza per Milito, palla al limite per Pandev che di prima la
mette per Samuel. La ricezione è sul filo del fuorigioco, la girata repentina e
il tiro un sinistro preciso, teso, da attaccante vero. Un gesto così naturale,
istintivo, pulito, da far pensare che forse in quel momento lo spirito del
giovane Walter Lujàn avesse preso il sopravvento. Samuel che esulta correndo
senza maglia sotto la curva, come nei suoi sogni di bambino, è una delle tante
belle pagine di storia scritte grazie a lui.
Fallo alla Samuel
"Quando un attaccante ti
vuole umiliare con dribbling,veroniche e slalom, fagli sentire lo spessore dei
tacchetti sullo stinco"
Dopo la vittoria del Triplete,
come se improvvisamente avesse guardato la data di nascita sulla carta
d'identità, Samuel pare tornare a essere umano e diventare repentinamente molto
più simile a un difensore ultratrentenne. Qualcosa pare spegnersi in lui, e
anche a causa di sempre più frequenti problemi fisici, millantati eredi e un
naturale recupero sempre più lento dagli sforzi, nelle ultime quattro stagioni
in nerazzurro il numero di presenze cala drasticamente, anche se la qualità
rimane mediamente buona, e innegabilmente la sua assenza si fa sentire.
E proprio in queste ultime stagioni, complice anche l'avanzare degli anni, diventa sempre più una costante quello che molti definiscono il “fallo alla Samuel”. Quell'intervento sempre dopo due o tre minuti dall'inizio, duro, autoritario e spesso da dietro, per far capire al centravanti avversario con chi si avrebbe avuto a che fare quel giorno. Molto spesso nemmeno necessario per evitare un pericolo o fermare un'azione, ma importante anche solo a livello psicologico per mantenere tale l'aura di forza e sacralità che sempre meno accompagnava Samuel.
E proprio in queste ultime stagioni, complice anche l'avanzare degli anni, diventa sempre più una costante quello che molti definiscono il “fallo alla Samuel”. Quell'intervento sempre dopo due o tre minuti dall'inizio, duro, autoritario e spesso da dietro, per far capire al centravanti avversario con chi si avrebbe avuto a che fare quel giorno. Molto spesso nemmeno necessario per evitare un pericolo o fermare un'azione, ma importante anche solo a livello psicologico per mantenere tale l'aura di forza e sacralità che sempre meno accompagnava Samuel.
Il muro che non crolla
Al termine della stagione
2013/14, con quello che doveva essere il grande cambio generazionale
dell'Inter, Walter segue i compagni e connazionali Zanetti, Cambiasso e Milito
e lascia i nerazzurri con un toccante saluto collettivo. Forse un
po' dispiaciuto per la mancata possibilità di giocare un altro anno a Milano,
ma senza una lamentela, come nel suo stile, Samuel lascia l'Inter.
L'addio dello zoccolo duro argentino.
Essendo però ancora convinto di poter giocare e di sentirsi bene fisicamente, tra le numerose offerte ricevute, Samuel decide di accasarsi al Basilea. Nuovamente però diversi problemi fisici limitano ulteriormente il numero di presenze che può reggere, e anche se il contratto gli è stato rinnovato anche per la stagione appena conclusa, le apparizioni in campo sono state 28 nella sua esperienza svizzera. Walter Samuel, conscio di aver ormai raggiunto i limiti del suo fisico, decide quindi di ritirarsi ufficialmente.
In passato ha dichiarato di voler
intraprendere la carriera da allenatore una volta appesi gli scarpini al chiodo,
e contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un ex difensore, ha aggiunto
che gli piacerebbe proporre un calcio votato all'attacco e molto offensivo. Un
finale che avrebbe qualcosa di quasi poetico per uno che da bambino si faceva
chiamare Walter Lujàn e sognava di fare l'attaccante, e poi è passato alla
storia come Walter Samuel, semplicemente “The Wall”.
Articolo a cura di Nicola Santolini
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