sabato 28 maggio 2016

The Wall

All'indomani del ritiro, un racconto e un ritratto di Walter Samuel.

di Nicola Santolini







Una delle cose più belle del calcio è che le emozioni che suscita in tutti noi col tempo diventano ricordi, e anche a distanza di anni, a volte serve davvero poco per farli riaffiorare. Spesso basta un'immagine, il titolo di un articolo, un servizio alla TV per riportare alla mente ricordi anche lontani nel tempo, ma non per questo meno emozionanti. Indubbiamente il ricordo più dolce degli ultimi anni per il tifoso interista è il triplete del 2010: a volte basta fare riferimento a quell'anno, senza nemmeno parlare di calcio, per riportare alla mente del tifoso l'immagine di Diego Milito disteso sul prato di Madrid con gli occhi lucidi dopo aver segnato. Allo stesso modo molti tifosi interisti in questi giorni avranno appreso la notizia del ritiro di Walter Samuel (da due stagioni in Svizzera al Basilea), con il conseguente riaffiorare di ricordi ed emozioni mai del tutto sopiti.

Dei tanti legati all'argentino che mi sono tornati alla mente quello più forte è, curiosamente, legato a una partita poi persa dall'Inter, la semifinale di ritorno a Barcellona. Si tratta di qualcosa che dubito potrò mai dimenticare: Samuel che si rialza e ruggisce, con i glaciali occhi azzurri completamente trasfigurati dalla battaglia, dopo aver fermato in scivolata un certo Lionel Messi. E anche se come detto a conti fatti si trattò di una sconfitta, il tifoso non può che ricordare con gioia quella partita che comunque aprì le porte della finale, ma soprattutto con orgoglio, perché se mai una squadra è stata davvero eroica, quella sera l'Inter indubbiamente lo fu. Una squadra consapevole che avrebbe dovuto giocare una partita di sofferenza, ma che si ritrovò a dover affrontare un vero e proprio assedio dopo la celebre pantomima di Busquets, ritrovandosi a dover resistere in inferiorità numerica a quella che era universalmente riconosciuta come la squadra di calcio più forte del pianeta. Si tratta di una partita in cui, da un certo punto in poi, saltarono completamente tutti gli schemi (Piqué stabilmente in attacco, Eto'o terzino) ed emersero davvero non solo i giocatori, ma anche e soprattutto gli uomini, nella loro più pura forma di gambe, cuore, mente e spirito. E questo è solo il prologo di questo viaggio attraverso la carriera di Walter Samuel, semplicemente “The Wall”.

Le origini
Il 23 marzo 1978 a Firmat, nel cuore dell'Argentina, nasce Walter Lujàn, un nome che ai più non ricorda nulla. Col passare degli anni, a seguito di problemi col padre, il ragazzo deciderà di lasciare il suo cognome, appena in tempo per passare alla storia come Walter Samuel.

Il racconto dell'infanzia di Samuel non è particolarmente originale, ma c'è un piccolo particolare che, a posteriori, risulta interessante: il sogno del giovane Walter era di diventare un calciatore ed un grande attaccante. Dopo aver iniziato a giocare nella squadra della sua città, non ci volle molto prima che il suo talento lo facesse ben presto arretrare al centro della difesa.

La carriera di Samuel prosegue velocemente, e dopo due stagioni al Newell's Old Boys, arriva l'approdo al Boca. Nonostante non abbia ancora vent'anni quando arriva a Buenos Aires, Walter ci mette poco a diventare un pilastro imprescindibile della difesa, e nelle tre stagioni alla Bombonera contribuisce alla conquista di due campionati – uno di Apertura e uno di Clausura - e soprattutto di una Copa Libertadores.

Un giovanissimo Samuel con la maglia "Xeneize"

Samuel è ancora giovane, ma ha già messo in mostra grandi doti tecniche e fisiche, e la grinta del possibile campione: in molti vogliono portarlo in Europa, e la Roma ci riesce, strappandolo al Boca per oltre trenta miliardi di lire. Diventa ben presto un punto fermo della difesa giallorossa, e la sua prima stagione nella capitale è anche quella dell'ultimo Scudetto della Roma. Ed è proprio a Roma che Walter Samuel diventa “The Wall”. Le quattro stagioni in giallorosso sono di altissimo livello, e permettono a Samuel di guadagnarsi il posto fisso anche in nazionale ed emergere come uno dei difensori più interessanti d'Europa. E Walter a volte sembra davvero un muro invalicabile.

Il suo enorme talento difensivo gli permette di ambientarsi in fretta anche nel calcio italiano, così diverso tatticamente da quello argentino, e in cui la fase difensiva è fondamentale. E “talento difensivo” è probabilmente la miglior definizione possibile per descrivere le capacità di Samuel, per spiegare il successo di un giocatore che poteva sembrare normale, ma faceva capire in fretta quanto fosse straordinario. Dal punto di vista strettamente atletico Samuel poteva infatti apparire un difensore nella media: velocità discreta ma non straordinaria, grande forza fisica e ottima elevazione. Ma ancora una volta, in campo non contano solo le gambe, ed è proprio grazie a testa, cuore e spirito che Samuel non è diventato un difensore “nella media”.

Semplicemente "The Wall"

Solidità mentale
Una delle qualità che hanno maggiormente permesso a Samuel di imporsi è la sua eccezionale mentalità difensiva. Come detto si è integrato perfettamente nei tatticismi del calcio italiano, e si è sempre distinto per la sua grande intelligenza in campo: abilissimo in marcatura e nel prendere sempre la decisione migliore, ha fin da subito mostrato anche le doti di leadership necessarie a guidare il compagno di reparto e tutta la difesa.

Samuel però è anche l'esempio lampante di quanto, al di là delle qualità tecniche e fisiche, siano concentrazione e attenzione a fare la differenza quando di mestiere si fa il difensore centrale.

Provando a fare un parallelo con un ragazzo che, nelle speranze di molti, avrebbe dovuto garantire col tempo un adeguato ricambio all'argentino, ovvero Juan Jesus, si scopre che dal punto di vista atletico il brasiliano ha poco da invidiare a Samuel, avendo i due una struttura fisica non troppo diversa, con pochi centimetri e chili di differenza. Jesus può anzi indubbiamente vantare una velocità nettamente superiore anche a quella di un Samuel nel fiore degli anni. Nonostante questo nessuno si sognerebbe mai di paragonare il brasiliano all'argentino. E non si tratta di una questione di esperienza: semplicemente Jesus non è dotato della grande solidità mentale innata in Samuel, e mentre lui condisce le sue partite con svarioni e distrazioni, quelle commesse dall'argentino in anni di carriera probabilmente si contano sulle dita di una mano.

Spirito guerriero
Un'altra peculiarità di Walter Samuel e del suo gioco la individuerei nel suo spirito guerriero. Perché Walter è sempre stato un difensore grintoso e aggressivo, anche duro a volte. E non sempre questo è stato apprezzato quanto meritava. Nel 2004 Samuel si trasferisce al Real Madrid per 25 milioni di euro. Si tratta probabilmente della stagione meno positiva della sua carriera, a parte quelle caratterizzate da particolari infortuni. Ma non certo perché il muro fosse crollato, semplicemente quello non era il suo calcio. Il pubblico del Bernabeu non apprezzò mai veramente il modo di giocare di Samuel. Troppo rozzo, ruvido, aggressivo, quel ragazzo davvero stonava in mezzo ai Galacticos, non era nel suo DNA e non era uno dei "Los buenos" che il pubblico madridista pretende.

"Ma dove sono finito?"

Non ha mai avuto l'eleganza di Maldini o la tecnica di Nesta, ma non per questo deve essere considerato strettamente inferiore, semplicemente un difensore diverso. Anche perché sarebbe un errore definire Samuel come un centrale poco dotato tecnicamente. Indubbiamente non si è mai distinto per l'eleganza palla al piede e nel controllo, ma allo stesso tempo si è sempre dimostrato un buon passatore, aiutato anche dalla sopracitata solidità mentale che gli concedeva grande sicurezza, mantenendo sempre la calma anche in situazioni difficili o di pressing.

Inoltre, pur non potendolo definire un vero e proprio regista difensivo, non si limitava solo all'appoggio semplice al compagno vicino o alla soluzione più banale: in particolare negli anni nerazzurri una sua specialità divenne il cambio gioco, col mancino, sulla fascia opposta, generalmente per Maicon. Samuel infatti non ha mai avuto paura di sfoderare il suo sinistro, a volte con aperture e lanci anche piuttosto lunghi, a vantaggio del terzino brasiliano. Ma nonostante questo l'argentino non era a suo agio in un tipo di calcio come quello spagnolo. Uno come lui, che poteva sembrare un difensore italiano tanto era grande la sua abnegazione tattica, l’amore per il corpo a corpo, lo spirito combattente, non poteva sentirsi realizzato in un calcio in cui la prerogativa fosse quella di dare spettacolo e segnare ancora un altro gol, e pazienza se così se ne subiva sempre almeno uno; per questo si sentiva così a suo agio in Serie A, dove cercare di non prendere gol era ancora tra le priorità.

Ho sempre odiato prendere gol, anche in allenamento. Mai abituato all’idea, non ci riesco. Detesto vedere la palla che entra nella mia porta”

Sembra piuttosto naturale che uno che la pensa così non sia mai riuscito ad ambientarsi davvero nella Liga. Dopo una sola stagione in Spagna, Walter decide di ritornare in Serie A, e viene acquistato dall'Inter.

Cuor di leone
Samuel arriva a Milano a 27 anni, nel pieno della sua carriera, e anche se viene da una stagione un po' appannata può considerarsi uno dei migliori difensori d'Europa e può vantare già un discreto palmares. Ma probabilmente nemmeno lui avrebbe mai pensato di vincere così tanto con i nerazzurri e di diventare un giocatore così determinante. Perché all'Inter Samuel non è semplicemente “The Wall”: trova un ambiente ospitale nella grande famiglia interista e argentina della Pinetina, e ne diventa un leader, per quanto spesso silenzioso.

Nei nove anni in nerazzurro Samuel affina ulteriormente le sue capacità, e con sempre più esperienza guadagnata sul campo raggiunge davvero l'apice della sua carriera. Conquista in fretta il cuore dei tifosi di San Siro, e come dargli torto: oltre alla concentrazione, le qualità e la grinta già note, dimostra di aver raggiunto una consapevolezza ed esperienza tali da riuscire a sembrare quasi inossidabile rispetto allo scorrere del tempo, nonostante alcuni infortuni molto gravi al ginocchio. Anche quando la condizione fisica non era eccellente, o il peso degli anni iniziava a gravare sulla rapidità, Samuel con grinta, talento nell'anticipo, abilità nel corpo a corpo e una necessaria dose di durezza, è sempre riuscito a rimanere il muro che tutti conoscevano trovando il modo di sopperire alle fisiologiche mancanze.

Le sue prime stagioni in nerazzurro, complici anche gli eventi ben noti del 2006, sono vincenti - almeno in Italia - ma quando tutti potevano pensare che superati i trent'anni (con tanti campionati vinti in bacheca) la carriera di Samuel potesse aver già raggiunto e superato il punto più alto, ecco che l'Argentino ha ancora qualcosa di importante da dire. La stagione 2009/2010 è davvero monumentale. In quell'anno, complice anche l'arrivo di Lùcio, l'Inter compone quella che si rivelerà, a conti fatti, la coppia centrale più forte del mondo, almeno in quella stagione. L'Inter di Mourinho è una macchina difensivamente eccellente, ma il modo di giocare dei due centrali è qualcosa che esula da semplici logiche tecniche e tattiche, la sublimazione del duello attaccante-difensore in qualcosa di più simile a una tenzone o un incontro di lotta greco-romana. Samuel in particolare si è sempre dimostrato ancora più affidabile e sicuro del comunque ottimo Lùcio, dovendone a volte anche coprire le fughe palla al piede piuttosto estemporanee.


Il riferimento corre di nuovo alla sfida di ritorno a Barcellona: quella sera Samuel fu davvero la personificazione del muro su cui si infrangevano gli attacchi dei vari Messi, Ibrahimovic, Pedro, Iniesta, Xavi, tutti pronti a sfidare l'argentino in duelli che puntualmente li vedevano uscire sconfitti. Inutile dire che poi anche in finale a Madrid il muro si erse di nuovo anche davanti al Bayern Monaco, per conquistare anche quella Champions League e quel Triplete che hanno trasformato una carriera vincente come era quella di Samuel, in una straordinaria.

Sogni di bambino
Anche se non è un aspetto fondamentale per un difensore centrale, Samuel può vantare un discreto score in carriera, con più di 30 gol segnati, con un exploit alla Roma di cinque reti realizzate in un solo campionato. Walter è un ottimo esempio di difensore talmente abile da sfruttare le sue conoscenze per avere la meglio dei suoi colleghi: difficile da marcare sui calci piazzati, forte fisicamente e dotato di grande elevazione, è facile intuire che la maggior parte dei suoi gol siano arrivati grazie al gioco aereo. Ma uno in particolare esula da questa logica:


In un freddo pomeriggio di gennaio, a pochi minuti dalla fine, l'Inter sta perdendo a San Siro per 3 a 2 contro il Siena. Al minuto 43 del secondo tempo i nerazzurri agguantano il pareggio con Sneijder; per i più la partita potrebbe concludersi così, ma l'Inter di quella stagione è davvero una squadra che ci crede fino in fondo. Già da diversi minuti Samuel staziona stabilmente davanti, non solo sui calci piazzati. Ed ecco che al 93' succede l'incredibile: Lucio la gioca per Arnautovic che la spizza per Milito, palla al limite per Pandev che di prima la mette per Samuel. La ricezione è sul filo del fuorigioco, la girata repentina e il tiro un sinistro preciso, teso, da attaccante vero. Un gesto così naturale, istintivo, pulito, da far pensare che forse in quel momento lo spirito del giovane Walter Lujàn avesse preso il sopravvento. Samuel che esulta correndo senza maglia sotto la curva, come nei suoi sogni di bambino, è una delle tante belle pagine di storia scritte grazie a lui.

Fallo alla Samuel
"Quando un attaccante ti vuole umiliare con dribbling,veroniche e slalom, fagli sentire lo spessore dei tacchetti sullo stinco"

Dopo la vittoria del Triplete, come se improvvisamente avesse guardato la data di nascita sulla carta d'identità, Samuel pare tornare a essere umano e diventare repentinamente molto più simile a un difensore ultratrentenne. Qualcosa pare spegnersi in lui, e anche a causa di sempre più frequenti problemi fisici, millantati eredi e un naturale recupero sempre più lento dagli sforzi, nelle ultime quattro stagioni in nerazzurro il numero di presenze cala drasticamente, anche se la qualità rimane mediamente buona, e innegabilmente la sua assenza si fa sentire.

E proprio in queste ultime stagioni, complice anche l'avanzare degli anni, diventa sempre più una costante quello che molti definiscono il “fallo alla Samuel”. Quell'intervento sempre dopo due o tre minuti dall'inizio, duro, autoritario e spesso da dietro, per far capire al centravanti avversario con chi si avrebbe avuto a che fare quel giorno. Molto spesso nemmeno necessario per evitare un pericolo o fermare un'azione, ma importante anche solo a livello psicologico per mantenere tale l'aura di forza e sacralità che sempre meno accompagnava Samuel.

Il muro che non crolla
Al termine della stagione 2013/14, con quello che doveva essere il grande cambio generazionale dell'Inter, Walter segue i compagni e connazionali Zanetti, Cambiasso e Milito e lascia i nerazzurri con un toccante saluto collettivo. Forse un po' dispiaciuto per la mancata possibilità di giocare un altro anno a Milano, ma senza una lamentela, come nel suo stile, Samuel lascia l'Inter.

L'addio dello zoccolo duro argentino.


Essendo però ancora convinto di poter giocare e di sentirsi bene fisicamente, tra le numerose offerte ricevute, Samuel decide di accasarsi al Basilea. Nuovamente però diversi problemi fisici limitano ulteriormente il numero di presenze che può reggere, e anche se il contratto gli è stato rinnovato anche per la stagione appena conclusa, le apparizioni in campo sono state 28 nella sua esperienza svizzera. Walter Samuel, conscio di aver ormai raggiunto i limiti del suo fisico, decide quindi di ritirarsi ufficialmente.

In passato ha dichiarato di voler intraprendere la carriera da allenatore una volta appesi gli scarpini al chiodo, e contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un ex difensore, ha aggiunto che gli piacerebbe proporre un calcio votato all'attacco e molto offensivo. Un finale che avrebbe qualcosa di quasi poetico per uno che da bambino si faceva chiamare Walter Lujàn e sognava di fare l'attaccante, e poi è passato alla storia come Walter Samuel, semplicemente “The Wall”.


Articolo a cura di Nicola Santolini

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