Il Napoli impone il proprio dominio a San Siro e legittima i dubbi sul futuro dell'Inter di Pioli
di Emanuele Mongiardo
Inter e Napoli giungono allo scontro di domenica sera dopo
una giornata di campionato favorevole ad entrambe: i nerazzurri possono
sfruttare il pareggio del Milan a Crotone per agganciare i cugini e raggiungere
i preliminari di Europa League. Il Napoli invece ha l’occasione per rosicchiare
punti alla Roma e riaprire definitivamente la corsa alla qualificazione diretta
in Champions League. Ecco perché il match di San Siro ammette sia per Sarri che
per Pioli un solo risultato utile: la vittoria.
Sarri si affida al consueto 4-3-3 con i soliti ballottaggi
prima delle partite: mentre sulla corsia di sinistra sembra terminato il
periodo di alternanza Strinic-Ghoulam in favore di quest’ultimo, a centrocampo
persiste il dualismo Jorginho-Diawara, con chiara influenza sulla scelta della
mezzala destra: alla fine Sarri schiera il giovane guineano (naturalizziamolo al
più presto!!!) preferendo, di riflesso, il più offensivo Zielinski ad Allan.
Pioli invece stavolta non rischia la difesa a tre proposta
contro le altre big del campionato e opta per il 4-2-3-1. Nagatomo a sinistra
sostituisce l’infortunato Ansaldi, mentre la coppia centrale, orfana di Miranda
alle prese con problemi muscolari, è composta da Medel e Murillo. D’ambrosio
occupa lo slot di terzino destro. I due mediani sono Brozovic e Gagliardini,
davanti a loro agiscono Candreva, Joao Mario e Eder preferito a Perisic. La
punta non c’è bisogno di menzionarla.
Come non marcare a
uomo
Già dal calcio d’inizio, come da copione, il Napoli
costringe l’Inter nella propria metà campo, soprattutto riaggredendo gli
avversari non appena perso il pallone. Per contrastare gli azzurri Pioli
dispone un sistema di marcature orientate sull’uomo, ispirato probabilmente dal
piano gara vincente dell’Atalanta di Gasperini che per ben due volte ha avuto
la meglio sugli uomini di Sarri. Così come i bergamaschi, anche i nerazzurri applicano
la propria aggressione sull’uomo già dal primo possesso: Icardi solitamente
prende in consegna Albiol, con Candreva che si alza su Koulibaly. D’ambrosio
quindi si occupa di Ghoulam, mentre sul lato opposto Eder segue Hysaj. A
centrocampo il triangolo con vertice alto dell’Inter combacia con la mediana
ospite, per cui Joao Mario gravita in zona Diawara, mentre Brozovic e
Gagliardini si accoppiano rispettivamente a Zielinski e Hamsik.
Ma il piano gara di Pioli fatto di marcature aggressive
volte a cercare sempre l’anticipo sul portatore di palla per avere magari un recupero
alto del pallone resta tale solo sulla carta. L’Inter non riesce quasi mai a
impensierire il possesso palla del Napoli, nemmeno in situazioni statiche di
rimessa dal fondo: Reina eventualmente decide sempre di rinviare nella zona di
Callejon marcato da Nagatomo, non proprio un gigante. Soprattutto la perdita
temporanea del possesso dopo il rinvio non è un danno così grave per gli uomini
di Sarri, anzi in un certo senso sortisce un vantaggio: l’Inter è costretta a
coinvolgere i propri difensori nel giro palla, esponendoli alla riaggressione
di Mertens e compagni. In questo modo il Napoli riesce spesso a riconquistare il
possesso a ridosso della metà campo e a consolidarlo sulla trequarti
avversaria, difatti vincendo in maniera indiretta la sfida dell’impostazione
dal basso.
Quando invece il Napoli ritorna dai difensori, emerge la
debolezza delle marcature a uomo interiste, evidentemente interpretate senza la
sufficiente dose di aggressività: a fine partita i nerazzurri avranno
recuperato soltanto la miseria di due palloni nella metà campo avversaria. Una
prestazione figlia sia dei demeriti propri che della bravura altrui. Vi sono
infatti situazioni in cui i giocatori non hanno ben chiaro quando cambiare uomo
di riferimento e fino a che punto spingersi con le marcature. Ad esempio quando
a Icardi tocca pressare Koulibaly invece di Albiol, è spesso Joao Mario ad alzarsi
sul centrale spagnolo in caso di passaggio da un difensore all’altro. Il
portoghese però è sempre indeciso sul da farsi e spesso attacca troppo in
ritardo l’ex Valencia. In questi casi la pressione, oltre che inutile, è
deleteria: una delle mezzali infatti si abbassa per offrire ad Albiol una nuova
alternativa di passaggio che non può essere coperta da Joao Mario (l’unica
controffensiva potrebbe essere l’anticipo da dietro, ma Gagliardini e Brozovic
non sono mai aggressivi a sufficienza) e che gode anche di un appoggio facile
su Diawara rimasto smarcato.
In questo modo il Napoli riesce spesso a dominare il centro
del campo, dove crea superiorità numerica anche grazie ai movimenti incontro di
Mertens. Né Medel né Murillo riescono mai ad avere la meglio sul belga che con
i suoi repentini cambi di direzione spalle alla porta salta sistematicamente il
diretto marcatore. Inoltre questi movimenti attirano fuori posizione uno dei
due centrali, lasciando campo libero ai tagli di Insigne e agli inserimenti di
Hamsik.
Qui Insigne viene incontro, riceve e cambia versante, facendo saltare il
pressing sul lato palla dell’Inter. Con Albiol in possesso Joao Mario non sa
che fare: prima abbozza un pressing su Hamsik non seguito da Gagliardini
(strano per un ex giocatore di Gasperini), poi decide di salire su Albiol. A
quel punto però Diawara e Hamsik hanno formato un triangolo col centrale
spagnolo e per il Napoli è facile eludere la pressione. Poi Hamsik innesca
Mertens che lascia sul posto Murillo e serve il taglio di Insigne. Non è
possibile concedere così facilmente agli azzurri il controllo del centro
Il gol vittoria di Callejon nasce proprio da un’azione in
cui Icardi è in pressione su Koulibaly e Joao Mario preferisce restare in zona
Diawara. La palla giunge ad Albiol che è libero di avanzare nella metà campo
avversaria; a quel punto l’ex Sporting Lisbona accenna un timido pressing sul
difensore in possesso, ma non fa in tempo a staccarsi dal proprio uomo che il
napoletano ha già cambiato gioco su Insigne largo a sinistra. Da quella zona di
campo scatta il solito meccanismo del lancio a rientrare per il taglio in
backdoor di Callejon. Nagatomo sembra leggerlo bene, ma una sbavatura tecnica
regala il pallone all’andaluso che insacca.
Ma il gol dell’1 a 0 è solo una delle tante situazioni che
l’Inter non interpreta in maniera adeguata. Anche quando il pressing nerazzurro
riesce a indirizzare il possesso sulla fascia, il Napoli non perde la lucidità
e resta una minaccia costante grazie agli interscambi continui dei propri
giocatori senza palla che smuovono il sistema difensivo avversario. In
particolare nel match di San Siro gli uomini della catena di destra si dimostrano
all’altezza dei colleghi del lato opposto. I movimenti incontro di Callejon
attirano sempre Nagatomo, creando voragini alle sue spalle; una situazione
favorevole sia per gli inserimenti di Zielinski, mai letti da Brozovic, che per
Callejon, abile a tessere scambi corti con terzino e mezzala per poi attaccare
lo spazio creato in precedenza e sfruttare i filtranti di un verticalizzatore
nato come Zielinski.
Callejon viene incontro e attira Nagatomo, dopodichè i movimenti
combinati con Hysaj permettono a Zielinski
di rientrare verso il centro del campo col pallone. Callejon
circumnaviga i suoi compagni e sbuca alle spalle della difesa pronto a ricevere
il bel pallone del polacco
Cosa fare col
pallone?
Se c’è una costante nel sistema dell’Inter di Pioli, quella
è l’abnorme numero di cross a partita. In effetti i giocatori più influenti sul
gioco nerazzurro sembrano essere Candreva e Perisic. Anche stavolta la squadra
non si smentisce effettuando ben 34 cross, più del doppio di quelli del Napoli
(15). La ricerca dello sfondamento sulle fasce anche con le sovrapposizioni dei
terzini può essere vantaggiosa contro squadre chiuse che preferiscono addensare
il centro del campo per coprire la propria area; situazioni in cui pertanto le
corsie laterali restano l’unica zona percorribile e conveniente da sfruttare.
Ecco perché contro squadre tecnicamente inferiori l’Inter è riuscita ad avere
la meglio piantando le tende nella metà campo avversaria e inondando l’area di
cross.
Di conseguenza, questo spiega anche perché contro squadre di
talento pari se non superiore (Juventus, Roma e Napoli per intenderci) contro
cui non è possibile attaccare per novanta minuti effettuando un numero spropositato
di cross, l’Inter di Pioli ha rimediato quattro sconfitte segnando solamente un
gol.
Difficoltà esasperate poi dalle caratteristiche del Napoli che
con la sua aggressività impedisce agli avversari di raggiungere agevolmente la
propria trequarti anche variando gli uomini addetti alla pressione alta a
seconda delle situazioni.
Pioli coinvolge nella costruzione dal basso i due centrali
di difesa e i due mediani che restano a ridosso dell’area di rigore. I terzini
si alzano e vengono coinvolti solo in un secondo momento nel possesso. Sui
rinvii dal fondo il Napoli schiera i propri tre attaccanti all’altezza dei
centrocampisti, invitando quindi Handanovic ad appoggiarsi a uno tra Murillo e
Medel. A seconda del lato una delle due ali si sgancia e va sul difensore in
possesso coprendo contemporaneamente il passaggio sul mediano più vicino,
mentre la punta scala sul centrocampista del lato palla; contemporaneamente le
mezzali scivolano sul proprio terzino sempre in funzione della posizione della
palla. l’Inter perciò è costretta a far abbassare il terzino per offrire una
linea di passaggio immediata al centrale in possesso. Per il Napoli è più
facile riuscire a riconquistare palla pressando con la mezzala il terzino
chiuso alle spalle dalla linea laterale. L’unica alternativa per i difensori è
un passaggio taglialinee verso Joao Mario, unico vero appoggio mobile per i
padroni di casa nella metà campo avversaria.
I vettori della pressione napoletana.
Fuori inquadratura Hamsik si avvicina a D’Ambrosio
In situazioni dinamiche invece, spesso l’Inter è costretta a
tornare dai propri difensori; in questo caso Mertens pressa il centrale in
possesso, mentre tocca ad Hamsik o Zielinski salire a seconda del lato in caso
di passaggio tra Medel e Murillo. Insigne e Callejon si occupano invece dei
terzini.
Ad ogni modo, anche quando l’Inter riesce a raggiungere
palleggiando la metà campo avversaria, i giocatori sembrano sempre indecisi sul
da farsi e decidono di affidarsi ai cross. Per poterli sfruttare al meglio
Pioli prova a portare più uomini possibile in area, autorizzando sempre Eder e
Joao Mario ad affiancare Icardi. Il problema è che spesso non ci sono i
presupposti per creare reali pericoli, vuoi perché ancora l’area non è stata
occupata, vuoi perché spesso non si prova neanche a creare superiorità numerica
in fascia prima del cross. L’unica occasione interista del primo tempo è un
colpo di testa di Icardi sugli sviluppi di un calcio d’angolo.
Nagatomo non sa che fare e, nel dubbio, crossa
Niente sorprese
Nel secondo tempo Sarri sembra disposto ad accettare una
maggior percentuale di possesso palla interista, confidando nelle debolezze
strutturali della manovra offensiva avversaria; soprattutto in questo modo
resta un’intera metà campo da attaccare in transizione, secondo uno spartito
piuttosto simile a quello proposto sempre a San Siro nella vittoria contro il
Milan.
Pioli radicalizza ancor di più il suo sistema sostituendo
Joao Mario con Perisic e avvicinando Eder a Icardi per passare al 4-4-2. Col
nuovo modulo in effetti l’Inter riesce a creare le uniche occasioni della sua
partita: le due punte in linea tengono occupati i centrali, creando un 4 contro
4 e permettendo alle ali di attaccare sul lato debole lo spazio alle spalle del
terzino, la situazione forse più sofferta dal Napoli nel corso di questa
stagione.
D’ambrosio vince il contrasto con
Ghoulam e serve Candreva per la prima volta con campo da attaccare. La presenza
di Icardi e Eder spinge Hysaj a stringere; Perisic attacca lo spazio alle
spalle dell’albanese, riceve il cross ma il tiro è troppo debole
Tuttavia rinunciando a un uomo tra le linee i nerazzurri
difficilmente riescono a risalire il campo: si crea un vero e proprio buco tra
i quattro attaccanti e il resto della squadra. In questo modo anche per il
Napoli è più facile recuperare palla e rendersi insidioso. Ecco perché l’ex
tecnico della Lazio abbandona il 4-4-2 per tornare al 4-2-3-1 con l’ingresso di
Banega al posto di Eder.
Candreva si abbassa a ricevere, ora
l’Inter ha quattro giocatori in linea a centrocampo. Davanti però c’è il vuoto
Ma l’Inter, a parte un colpo di testa piuttosto fiacco di
Nagatomo, non riesce mai a impensierire Reina, anzi è ancora il Napoli a
sfiorare il raddoppio con Insigne e Rog, subentrato a Zielinski.
Dopo più di ottant’anni il Napoli sbanca San Siro in
entrambe le trasferte. In conferenza stampa Sarri ci ha tenuto a ricordare come
tutti i giornalisti avessero pronosticato un’Inter superiore al suo Napoli
prima dell’inizio del campionato, dimenticando una volta di più come il valore
di una squadra sia sempre superiore alla somma dei suoi singoli elementi. Le
vittorie corsare a Milano sono un messaggio per tutti i nostalgici delle milanesi in
Champions League: la storia, anche quella del calcio, è sempre in
divenire, non necessariamente il calcio italiano ha bisogno di Inter e Milan in Europa, perchè quella che gli opinionisti chiamano "mentalità" è solo un concetto astratto che esula qualsiasi analisi calcistica. E d'altronde, come diceva qualcuno, ball don't lie.
L’Inter invece è sembrata una squadra con poche idee
confuse, senza un piano ben preciso al di là di cross statisticamente poco efficienti. Neanche la fase difensiva
è stata all’altezza: le marcature a uomo presuppongono aggressività e ricerca
continua dell’anticipo, l’esatto opposto dell’interpretazione nerazzurra.
Basterebbe citare tutte le volte in cui Murillo si è fatto sorprendere dal
primo controllo di Mertens senza mai riuscire a contendergli il pallone. La
permanenza di Pioli, più che dal numero di vittorie da qui alla fine del
campionato, dovrebbe dipendere dalla capacità di reinventare i propri concetti
di gioco per aprire nuovi orizzonti a una squadra che altrimenti, con questo
sistema, sembra aver raggiunto il proprio margine ultimo di miglioramento.
di Emanuele Mongiardo