lunedì 8 giugno 2015

Superare se stessi. Impressioni dalla finale.


di AER

Nel calcio - e negli sport di squadra in generale - per avere la meglio su un avversario di valore assoluto maggiore e quindi più "forte" c'è bisogno di "superarsi". Superarsi individualmente e collettivamente, andare oltre il massimo potenziale che si può esprimere rimanendo fedeli a se stessi. Non basta essere perfetti nella propria unicità, si deve sfiorare la molteplicità. Non basta esaltare i propri punti di forza e limitare i propri difetti, si devono minimizzare le qualità dell'avversario e sfruttarne i limiti. Quando, a mente fredda e lucida, i complimenti e gli onori giustamente tributati alla Juventus, capace di giocare un'ottima partita, svaniscono ecco che restano altre domande. Si poteva fare qualcosa di diverso? Si poteva fare qualcosa di più efficace? Prima di tutto analizziamo quello che è stato fatto e conseguentemente ne prenderemo spunto per provare ad individuare quello che si poteva fare.





Allegri non rinnega le scelte che lo hanno portato in finale e che possono essere identificate principalmente in due sfumature: 4-3-1-2 mimetico -  4-4-2 in fase di non possesso - e profonda libertà decisionale ai due attaccanti, Tevez monotematico con ricerca dello spazio centrale tra le linee di difesa e centrocampo avversario e Morata più vario con gamma di movimenti leggermente più vasta.

Nessuna sorpresa neanche nella formazione iniziale dei catalani: 4-3-3 per Lucho. 
Il Barcellona palesa sin dall'inizio le solite difficoltà nella trasmissione di palla in difesa sulla prima pressione. Quando i difensori blaugrana mantengono il possesso, Morata si allarga sino a pressare Jordi Alba, mentre Vidal segue Busquets. Non appena la circolazione giunge a ridosso del centrocampo, il cileno si affianca a Pirlo, disegnando il solito 4-4-2 in fase difensiva.

Nei primissimi minuti la trasformazione del centrocampo da "rombo" a "linea" sembra incepparsi anche a causa di letture errate di Vidal. Proprio da un errore del guerriero nasce il primo gol del Barcellona.



Con il Barcellona in possesso della sfera Vidal abbandona la mediana per posizionarsi dietro le punte, pur non pressando nessuno, quindi Marchisio è costretto ad accentrarsi; Jordi Alba è completamente libero sulla fascia e Messi, in posizione di regista, lo serve con un cambio gioco, evidenziando il più grande difetto strutturale del 4-3-1-2. Lo spagnolo lascia l’incombenza del possesso a Neymar; la Juve vuole evitare di concedere l’1 vs 1 al brasiliano, che potrebbe raggiungere il fondo o convergere per tirare. Barzagli, Lichsteiner e Marchisio escono in marcatura, ma Vidal è in ritardo e Iniesta è libero di inserirsi. Bonucci è costretto ad andargli incontro, lasciando uno spazio al centro, occupato prontamente da Rakitic (straordinario nel dettare nuove linee di passaggio) perso completamente da Pogba: 1 a 0 alla prima disattenzione.


Nonostante lo svantaggio, i bianconeri riescono a mantenere un piano tattico; la tenuta mentale in questo senso è decisiva. I rischi comunque non mancano, specie nella situazione più ricorrente: quella del cambio gioco sul lato debole. E’ un meccanismo puntuale, inesorabile, che scocca non appena Messi guadagna il centro del campo ed agisce "alla Pirlo".



Primo gol del Barcellona. Il rombo non permette la copertura completa dell'ampiezza, basta un preciso cambio di gioco fatto con i tempi giusti per sfruttare l'enorme spazio attaccabile da Neymar.

Questo è un punto fondamentale da analizzare. Avevamo già discusso e preannunciato le difficoltà della Juventus a contrastare i cambi di gioco avversari a causa dello spazio concesso agli avversari sul lato debole (qui...). A mio avviso la soluzione migliore e preferibile era quella di difendere con un più efficace 4-5-1 - o 4-3-3 che dir si voglia - chiedendo a uno tra Morata e Tevez a turno di allargarsi e coprire la zona laterale e dando lo stesso compito a Vidal sull'altro lato. Questo accorgimento avrebbe senza dubbio limitato le tantissime soluzioni in ampiezza del Barcellona.



Altro giro, altra azione, stesso risultato. Cambio di gioco, il terzino esce lasciando spazio centrale attaccabile. Principio elementare, esecuzione perfetta.


Inoltre, la stessa scelta tattica sarebbe stata ideale per controllare meglio le catene laterali avversarie. Marchisio e Pogba, per quanto sia pregevole la loro abnegazione, rimangono pur sempre centrocampisti centrali e/o mezzali adattate a difendere sulle fasce. A ciò si aggiunge lo straordinario talento dei dirimpettai, Neymar-Jordi Alba da una parte e Messi-Dani Alves dall'altra. Proprio il brasiliano, nonostante i 32 anni all'anagrafe, resta il miglior terzino del mondo, con un'interpretazione totale del ruolo: spesso lo si vede agire per vie centrali, con Messi più largo di lui, nel tentativo di costruire quei triangoli (Alves-Rakitic-Messi a destra, Alba-Iniesta-Neymar a sinistra) fondamentali nello sviluppo del gioco di Luis Enrique e del 4-3-3 in generale. Al mondo non esistono un argentino ed un brasiliano tanto affiatati come il dieci e il ventidue del Barcellona.

La Juve, nel primo tempo, è compatta in trenta metri non appena il Barcellona conquista la trequarti. Il centrocampo accorcia a ridosso della difesa, negando spazio tra le linee, con Pirlo e Vidal ad alternarsi nel pressing sul portatore di palla (il duello Pirlo-Messi si ripeterà più volte, chissà se l’Argentino, quando perderà brillantezza atletica, arretrerà e diventerà regista).
La compattezza di difesa e centrocampo juventini a ridosso dell’area può essere visto come un tentativo di impedire a Suarez di attaccare la porta, sia con movimenti in profondità, sia con la palla tra i piedi. Quando l’uruguayano viene incontro per ricevere il passaggio, uno dei due centrali gli si incolla, non disdegnando l’uso del tackle. Nell’unica occasione in cui è libero di girarsi e affrontare faccia a faccia il diretto marcatore, quasi trafigge Buffon con una puntata da calcetto.

Analizziamo adesso i movimenti delle due punte juventine. Capitolo Tevez: l'argentino annusa la vulnerabilità del Barcellona tra le linee dove il solo Busquets non riesce a controllare tutti gli attacchi a quella zona. L'argentino però si fossilizza troppo con questa soluzione e questo tipo di movimenti, da effettuare solo quando l'altro attaccante crea lo spazio ricevendo palla lateralmente e allargando la difesa. Mi sarebbe piaciuto vedere anche il contrario, cioè Tevez ricevere palla con movimenti ad uscire.

Morata invece, giustamente, cerca lo spazio alle spalle dei terzini con lunghissimi movimenti verso l'esterno tagliando il campo. Questo gli permette di creare mismatch favorevoli - con Mascherano in campo aperto ad esempio - e di liberare spazio centralmente per gli inserimenti dei compagni. Questa era una soluzione che doveva essere cercata più spesso, era la chiave per aprire la scatola difensiva catalana. Il tiro dai 30 metri non può essere obiettivo e principale opzione della manovra offensiva. Creare lo spazio per il tiro al limite dell'area deve essere il fine per costruire azioni d'attacco più efficaci. La ricerca dello spazio esterno da parte delle due punte, se effettuata con continuità, con tagli profondi, sarebbe stata anche una buona scelta per tenere più bassi i due terzini avversari.



Sugli sviluppi di una ripartenza bianconera è rintracciabile una vistosa lacuna nella catena di sinistra blaugrana: nell’ultimo terzo della metà campo avversaria Jordi Alba esce in pressione su Marchisio, che innesca immediatamente in verticale Morata, smarcatosi con un ottimo movimento verso l’esterno. Lo spagnolo salta Mascherano con una sterzata "militesca" e serve Vidal, la cui corsa non viene assorbita dai centrocampisti catalani, troppo intenti a seguire la palla piuttosto che l’uomo.


Le occasioni più pericolose della Juventus sono quelle che derivavano da una cosciente ricerca da parte di Morata dello spazio alle spalle dei terzini.
Si poteva e si doveva sfruttare questa opzione di più e meglio.



Morata riceve palla nella zona laterale della difesa blaugrana nello spazio tra centrale e terzino. Di nuovo sterzata dello spagnolo e di nuovo pallone a rimorchio nello spazio al limite dell'area. L'azione si concluderà con un tiro alto di Tevez.


Dopo un primo tempo difficile la Juventus decide di alzare la propria linea di pressione in modo drastico. Il gol nasce proprio da una volontà di attaccare il Barcellona in uscita soprattutto quando la palla è nei piedi dei terzini con il corpo non rivolto verso l'attacco.



Genesi del gol di Morata. Lichtsteiner esce altissimo in pressione su Neymar confortato da una perfetta disposizione difensiva.



Pressione alta. Volontà di giocare sempre la palla senza sprecare nessun possesso. La Juventus del secondo tempo è una squadra che dimostra coraggio che è la causa dell'innalzamento qualitativo della prestazione e si rispecchia in piccole scelte, a volte anche rischiose.


Pericolosissimo 5 contro 3 concesso sugli sviluppi di un calcio d'angolo a favore dove la Juve difendeva la ripartenza con soli due giocatori. Buffon salverà con una parata strepitosa.


Anche le situazioni d'attacco sono eseguite con più convinzione e più energia. Si intravede un movimento molto interessante di Pogba per liberarsi al limite dell'area.


Evra attacca la fascia seguito da un centrocampista, Pogba finta il movimento nella stessa direzione attirando Dani Alves poi improvvisamente si stacca dalla marcatura e inverte il senso del movimento andando ad occupare lo spazio centrale. Evra gli servirà un ottimo assist.


Tuttavia dall'altra parte c'è Messi, l'unico giocatore in grado di far nascere un gol da una decisione  apparentemente "meno giusta": nel secondo gol Suarez scatta verso la porta, liberissimo, in posizione regolare. Messi non avrebbe difficoltà a servirlo con un filtrante ma preferisce portare palla e superare Barzagli in dribbling. L'azione sappiamo tutti come va a finire.

La parte finale della partita è convulsa, spasmodica. Fino al gol del 3-1 a tempo nell'immenso ma breve recupero.





Dietro la finale, dietro quelle maglie bianconere, c'erano tanto lavoro e tanti sacrifici. Dietro le vittorie però c'è anche altro: c'è l'ossessione. La Juventus ha dimostrato, con la preparazione, con l'organizzazione e con la volontà, di poter sfiorare la vittoria. Adesso è arrivato il momento dello step decisivo: c'è bisogno di "superarsi". La cultura sportiva vincente è anche questo, sconfitte che aiutano a migliorarsi e ti preparano a vincere. In Italia abbiamo una squadra che gioca per vincere la Champions. Non è per niente poco.

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