Il tramonto di Abu Dhabi, come ormai tradizione, chiude un'altra stagione di Formula Uno. E un'altra gara piena di interessanti congetture sulle strategie, azzeccate o meno.
di Federico Principi
Mi sono fatto male da solo, in queste fredde, freddissime serate marchigiane, decidendo di rivedere il Gran Premio di Abu Dhabi 2010. L'ultimo, in ordine cronologico, nel quale la Ferrari si presentava alla vigilia dell'ultima gara in testa al Mondiale, con Fernando Alonso.
Quasi tutti sanno com'è andata. Aritmeticamente erano quattro i piloti (QUATTRO) ancora in corsa per il titolo, con una sola gara da percorrere. Per la prima e unica volta nella storia. Hamilton con la sua McLaren doveva però pregare che si abbattesse un'epidemia generale, e la Red Bull presentava ancora entrambi i suoi alfieri. Nonostante Alonso fosse in testa alla classifica, le lattine austriache non avevano dato alcun ordine di scuderia a Vettel, nelle gare precedenti, per favorire Webber nella rincorsa all'asturiano: l'obiettivo, non dichiarato, era in realtà quello di far vincere il Mondiale proprio a Sebastian Vettel.
Se le Red Bull, come sembrava scontato in un tracciato tortuoso, si fossero qualificate entrambe in prima fila, Mateschitz e Marko avrebbero però dovuto rassegnarsi a lasciar vincere il Mondiale all'australiano, che era piuttosto davanti al tedesco in classifica. Vettel per vincere il titolo avrebbe invece dovuto imporsi in gara, con Alonso non meglio di quinto.
Non sapremo mai se quella chiamata al box di Webber fosse una trappola per la Ferrari. L'australiano Red Bull - in quinta posizione e subito dietro ad un Alonso in quel momento Campione - sfiorò un muretto (senza conseguenze) nell'ultimo settore. Il pit stop fu immediato, ma fuori dalla finestra ideale. La Ferrari pensò di marcare a uomo Webber, fermandosi per l'unica sosta nel giro successivo. Accadde che Alonso si ritrovò davanti allo stesso Webber ma dietro un plotone di vetture, tra le quali vi erano la Mercedes di Rosberg e soprattutto la Renault di Petrov, che si erano fermate al primo giro con la Safety Car e non avrebbero più fatto comparsata ai box. La Renault con il suo F-Duct si allontanava in rettilineo, guadagnando una decina di chilometri orari in velocità di punta, e quello di Abu Dhabi 2010 fu l'ultimo storico Gran Premio privo di DRS. Risultato finale: Alonso, alle spalle di Petrov per tutta la gara, conclude settimo. Webber è alle sue spalle, e Vettel è Campione.
Discretamente emozionante.
Perseverare autem diabolicum
Il glamour di Abu Dhabi, o magari il tramonto, danno evidentemente un certo fastidio agli strateghi Ferrari, che sono recidivi. Nelle ultime qualifiche è stato suggerito a Vettel (che era già uscito ai box con le super-soft per l'ultimo banale tentativo di passaggio del taglio della Q1) di alzare il piede dopo tre curve. Tutti convinti che la prestazione ottenuta con le soft fosse sufficiente, e che non ci sarebbero stati abbastanza avversari in grado di togliergli un posto nei primi quindici. Che non può non spettargli di diritto.
La cecità del box Ferrari è stata imbarazzante, tenendo soprattutto in conto il livello che certi strateghi dovrebbero avere per ricoprire quel ruolo così prestigioso e invidiato. Con l'obiettivo di limitare il chilometraggio di un treno di gomme super-soft in vista della gara, al muretto hanno calcolato (clamorosamente male) che Vettel avrebbe comunque passato il taglio della Q1 e lo hanno rallentato. Raikkonen, con le soft, aveva stampato un tempo migliore di quello di Sebastian, a parità di gomma. Una vera rarità, che aveva costretto il tedesco a tornare nuovamente in pista lasciando invece Kimi tranquillo ai box.
Dopo il primo tentativo della Q1, Vettel era distante di quattro decimi e due sole posizioni da Raikkonen. Mercedes e Lotus erano già andate con le super-soft, a differenza della Ferrari.
In quei quattro decimi, un gap apparentemente ridotto su una pista con un tempo sul giro abbastanza alto, si sono infilati molti piloti che successivamente hanno effettuato il proprio secondo tentativo, il primo con le super-soft, molto più veloci delle gialle soft. Non molti hanno invece scalzato Kimi, sicuro di chiudere in top 15 con quel tempo stampato con le soft e deciso a risparmiare un treno di super-soft nuove per la gara, a differenza delle Mercedes che fin dalla qualifica hanno invece chiaramente mostrato di puntare sulla soft per la domenica.
Vettel è invece uscito dai box con le super-soft, deciso a non rischiare l'eliminazione. Quando il tedesco ha tagliato il traguardo prima della bandiera a scacchi era in tredicesima posizione: tra Seb e Kimi, oltre al già visto Maldonado, si erano nel frattempo infilati Kvyat, Bottas, Verstappen e Sainz. Alonso ed Ericsson, che potevano minacciare il tedesco, avevano avuto differenti problemi tecnici (foratura e problema imprecisato, rispettivamente) tali da impedire loro di effettuare l'ultimo tentativo. Restavano alle spalle di Vettel, nell'ordine, Grosjean, Nasr e Button. Tutti e tre avevano già effettuato un tentativo con la super-soft, e ovviamente si sarebbero ri-lanciati con la stessa mescola negli ultimi secondi per tentare la disperata caccia alla Q2.
Questo è il momento esatto in cui Gené, in telecronaca, annuncia che Vettel abbia alzato il piede dopo poche curve. Pochi istanti prima Alonso aveva rallentato, in preda a una foratura che solo gli occhi più vispi (si vede in realtà dalla foto, sulla posteriore sinistra) avevano notato.
I tecnici Ferrari hanno probabilmente sottovalutato il fattore "pista gommata": dubitando che abbiano problemi di calcolo aritmetico nel contare le vetture che avrebbero potuto minacciare Vettel, non si immaginavano un miglioramento della pista tale da permettere soprattutto a Nasr e Button di scalzare il ferrarista. La grafica precedente mostra infatti che il brasiliano della Sauber e il vecchio Campione del Mondo fossero distanti rispettivamente di 5 e 7 decimi da Vettel. Eppure guardando i tempi finali della Q1 il progresso di entrambi è stato clamoroso: Nasr ha abbassato di oltre mezzo secondo il limite rispetto al suo precedente tentativo con le super-soft e Button sembrava addirittura aver montato una mescola ancora più morbida, avendo migliorato di oltre un secondo il suo precedente tempo. Vettel è rientrato mestamente ai box, giustamente sbigottito.
Le posizioni sono un po' scombussolate per via del fatto che la griglia (dal dodicesimo al quindicesimo) è stabilita dai risultati della Q2. I tempi delle foto sono comunque quelli della Q1 e, confrontandoli con quelli dei tentativi precedenti, è evidente quanto la pista sia migliorata nelle ultime fasi della Q1 stessa.
Strategy review, part 1
Partire dalla quindicesima casella (con una piazzola guadagnata per la penalizzazione a Grosjean) obbligava ovviamente il muretto Ferrari a rivedere completamente la strategia per quello che, per una volta, non si è potuto rivelare l'uomo di punta del team. A partire dagli pneumatici, con l'opportunità di poter scegliere il compound con cui iniziare la gara a differenza dei top 10, obbligati a montare la mescola del miglior tempo della Q2. Vettel ha optato per le soft, le più dure ad Abu Dhabi, per allungare il primo stint.
Il più grosso problema, e non era difficile da preventivare, sarebbe stato il traffico. In un solo giro di percorrenza dopo il via, Vettel aveva già dieci-secondi-dieci di ritardo da Rosberg. In una partenza "normale", dalla terza o quarta casella, il gap dalla Mercedes di testa non avrebbe probabilmente superato i due secondi dopo il primo passaggio.
E il traffico non comporta certo esclusivamente problemi di distanze dal vertice che si allargano, ma anche dei veri e propri rischi per l'incolumità della propria gara. Vettel allo start si è dovuto guardare da un Alonso in versione-Maldonado-al-luna-park, che ha tamponato lo stesso Maldonado. L'irruenza dello spagnolo è parsa talmente evidente che sembrava volesse farla pagare al venezuelano per qualche ipotetica scaramuccia passata. O forse voleva staccare aggressivo e stare davanti a Vettel alla prima curva, una sorta di gratificazione del proprio ego, ma l'ha combinata grossa. Anche se a fine gara è emersa una responsabilità del non inquadrato Nasr nella vicenda.
Vettel ha proseguito molto guardingo il proprio primo stint, con la consapevolezza di necessitare di allungarlo per smaltire più traffico possibile. Ha aspettato che nei primi otto passaggi tutti si fermassero per la prima sosta e si è ritrovato finalmente in quarta posizione quando Bottas, all'ottavo giro, ha preso la via dei box. In questo apparentemente breve lasso di tempo, il tedesco della Ferrari ha accumulato qualcosa come 23 secondi di distacco dalla testa della corsa. Che, tradotto, significa che entrambe le Mercedes avessero un pit stop di vantaggio su Sebastian.
Bottas è l'ultimo rimasto ad ostacolare Vettel nei primi otto giri. Lo scandinavo va ai box e la pista si sgombra, finalmente, per il tedesco. Ma 23 secondi sono veramente tanti.
Una volta allineato - si fa per dire - al trenino di testa, restava da capire che cosa avrebbe fatto Vettel della sua gara. Se sarebbe riuscito a compiere due soli pit stop, sperando che almeno i Mercedes sarebbero rientrati ai box una volta in più, soffrendo magari di un graining maggiore rispetto alle Ferrari. Ovviamente il fatto che Vettel indossasse la gomma soft nel primo stint ha impedito una comparazione diretta della sua strategia rispetto a quelle dei tre piloti di testa.
Le previsioni pre-gara della regia internazionale non contemplavano la scelta di Vettel di partire con le soft, ma si basavano solo sulle possibili strategie dei primi in griglia.
Questa grafica non è in realtà inutile per valutare la tattica di gara di Vettel. La FOM ha infatti illustrato come gli stint previsti con le soft - in caso di strategia a due soste - fossero lunghi rispettivamente 22 e 23 giri nelle parti centrale e finale. Quello iniziale, invece (con macchina più pesante e pista meno gommata), avrebbe dovuto essere più breve. Nonostante tutto Vettel ha deciso di rientrare per la prima volta al termine del ventiquattresimo giro: apparentemente un errore, ma vedendo i tempi sul giro la scelta si è invece rivelata corretta. Nonostante un numero maggiore di giri sul battistrada rispetto agli inseguitori, Sebastian continuava ad essere più veloce di tutti gli altri, ad esclusione dei primi tre. Per smaltire il traffico ed avvicinarsi ad un'ormai quasi assicurata quarta posizione finale, era quindi necessario allungare la prima parte di gara.
Vettel va ai box per la prima volta, completando un lungo stint di 24 giri. Guardando i tempi, il tedesco è più lento dei primi tre (ha pneumatici molto più usurati) ma più veloce degli inseguitori. Il tempo perso per la sosta - 21 secondi circa - gli permette di rientrare davanti ad Hulkenberg e dietro a Ricciardo, che con motore Renault è più facile da sorpassare rispetto al tedesco della Force India.
Catapultatosi di nuovo repentinamente in quarta posizione, restava da capire cosa avrebbe fatto Vettel della sua gara e dei restanti 31 giri. Il tedesco ha ancora una volta confermato quanto lui stesso e la sua vettura si sentano a proprio agio, mediamente più degli avversari, con le mescole più morbide. Sebastian ha suddiviso la sua parte finale in due stint, inframmezzati dalla seconda ed ultima sosta al termine del quarantesimo giro: un brevissimo stint (16 passaggi) con la soft ed un altro apparentemente lungo (15 giri) con la più morbida super-soft nel finale. A prima vista sembrerebbe un mostruoso controsenso, se si pensa che il primo stint sia durato ben 8 giri in più del secondo, senza Safety Car, con molta più benzina a bordo e con lo stesso compound. Ma come avevamo già spiegato in precedenza, nella prima parte di gara l'obiettivo di Vettel era quello di smaltire il traffico. Estremamente indicativa invece la scelta di correre per ben 15 giri con la super-soft, senza apparenti vistosi segnali di degrado: la Ferrari si è ancora una volta mostrata molto competitiva con le gomme morbide.
Già dal venerdì era chiaro che nessuna squadra avrebbe puntato sulla super-soft per la gara. Dalla simulazione di Bottas, ad esempio, emerge un evidente degrado già dopo 6-7 giri. Vettel ha invece voluto aprire il più possibile la propria finestra in gara con la stessa gomma.
Strategy review, part 2
A proposito delle strategie sono sorte parecchie polemiche sugli uomini Mercedes che impedirebbero tattiche di gara differenti per i piloti, cristallizzando di fatto le posizioni di testa che occupano abitualmente. Toto Wolff è parso molto deciso nell'affermare che il pilota non possa decidere la propria strategia perché non possiede la completezza di informazioni detenuta dal muretto box. Sta di fatto che, guarda caso proprio a seguito di dette polemiche, ad Abu Dhabi è stato finalmente permesso a Hamilton di tentare qualcosa di parzialmente differente.
L'inglese non ha però potuto realizzare il suo sogno di decidere in totale autonomia cosa fare della propria gara. Più volte nelle fasi centrali aveva chiesto al proprio ingegnere di tentare l'azzardo impossibile: andare fino in fondo con un'unica sosta. Percorrendo quindi una parte di gara di 44 ipotetici leggendari giri con un unico treno di gomme soft, dopo aver scartato le super-soft al termine dell'undicesimo passaggio in preda all'inevitabile degrado.
Questo è l'on board di Hamilton immediatamente precedente alla sua prima sosta. Si vedono in maniera tangibile i segni del graining e del degrado sulle gomme super-soft anteriori.
Dal box Mercedes hanno insistentemente ripetuto al Campione del Mondo che non fosse possibile arrivare al traguardo con un'unica sosta. Dopo aver infatti copiato la strategia di Rosberg nel primo pit stop, Hamilton e il suo box hanno pensato di tentare qualcosa di differente dalla semplice sosta nel giro successivo a Nico anche nel secondo caso, decidendo di prolungare la parte centrale di gara.
Il problema per Hamilton è che si è venuta a creare una situazione ignava, che non ha per nulla sbloccato la sua gara e ha anzi certificato con maggiore sicurezza la vittoria di Rosberg. La seconda sosta dell'inglese è stata compiuta un giro a seguito di quella di Vettel, ma paradossalmente l'unico dei due a montare la super-soft per la parte finale di gara è stato proprio il tedesco. Non aveva senso per Lewis, arrivato fino a quel punto, decidere di optare di nuovo per le soft: avrebbe sicuramente guadagnato qualcosa su Rosberg, ma certamente non abbastanza per coprire il gap.
Nel momento in cui Hamilton va ai box, Rosberg ha ridotto a 8.6 secondi il suo gap dal compagno di squadra che in quella fase aveva pneumatici, ovviamente, molto più logori.
Di certo Lewis avrebbe potuto spingere al massimo praticamente in ogni giro da lì al termine, ma la gomma soft non gli avrebbe consentito quel surplus di prestazione secca necessaria per riaccodarsi a Rosberg. Il guadagno sul giro che Hamilton ha compiuto sul compagno-rivale era troppo basso per poter seriamente puntare alla vittoria finale a quel punto della gara.
Uscito dai box, Hamilton dovrebbe recuperare oltre 12 secondi in 13 giri. A parità di mescola, anche se con chilometraggio leggermente diverso, è un'impresa impossibile.
Ora facciamo il giochino delle ipotesi. Supponiamo che la Mercedes avesse deciso di lasciare carta bianca alle decisioni strategiche di Hamilton, lasciandolo proseguire fino in fondo con un'unica sosta. Rosberg avrebbe ovviamente dovuto guadagnarsi il sorpasso in pista, ma in un tracciato con due lunghe zone di DRS non sarebbe stata un'impresa impossibile con quella differenza di prestazione. Prima di fermarsi Hamilton era infatti già estremamente più lento del suo compagno di squadra: in che condizioni avrebbe proseguito per altri 15 giri con lo stesso treno di gomme?
Difficile pensare che sarebbe stato corretto non fermarsi nel momento in cui Rosberg sta compiendo una progressione simile, con ancora altri 15 giri davanti.
L'ipotesi della sosta unica come strategia ottimale è quindi scartata. Non solo Rosberg avrebbe fulminato Hamilton in pista nel giro di poche tornate, ma a fine gara l'inglese avrebbe addirittura rischiato di finire più vicino a Raikkonen rispetto a Nico. E se gli pneumatici di Hamilton avessero sofferto in maniera ancora maggiore negli ultimi giri, il Campione in carica avrebbe rischiato anche la seconda posizione.
Resta da stabilire quali alternative percorrere. Quella della super-soft sarebbe sicuramente stata una scelta azzardata: solo Vettel è infatti parso a proprio agio con quel tipo di mescola, anche e soprattutto per le caratteristiche della SF15-T, e lo stesso Hamilton ha sofferto molto degrado nel primo stint, e non aveva treni nuovi di super-soft a disposizione ma solamente usati. Ma si sarebbe comunque rivelata un'opzione sicuramente più intelligente di quella poi effettivamente adottata in pista: almeno nel primi 2-3 giri Hamilton avrebbe recuperato qualcosa come due secondi ad ogni passaggio sul traguardo, per poi assestarsi su un ritmo inferiore. Ma a quel punto non aveva più nulla da perdere.
La scelta più intelligente si sarebbe forse rivelata, invece, quella classica, per una volta. Le critiche alle strategie-fotocopia hanno forse messo un po' di pressione a Lewis e al team sul fatto che, in caso di eventuale seconda posizione in pista, fosse obbligatorio tentare una strategia diversa rispetto a quella di Rosberg. A mente più fredda va invece posto l'accento su un dato importante: Rosberg ha costruito un gap notevole con le super-soft, ma nel secondo stint il più veloce era invece Hamilton, e non di poco.
Quando Rosberg va ai box e si smarca dalla super-soft, ha già scavato un solco di oltre 5 secondi su Hamilton. Con le soft, invece, l'inglese compie una notevole progressione che lo porta a ridosso del tedesco, prima della seconda sosta dello stesso Rosberg.
Per una volta sarebbe forse stato estremamente intelligente e lungimirante seguire Rosberg al box, con un ovvio giro di ritardo. Hamilton avrebbe dovuto sentire la confidenza di essere più forte nel ritmo gara con le gomme soft, e seguendo il compagno nella strategia avrebbe avuto 23 giri a disposizione per attaccare da vicino Nico. Lo stesso discorso del DRS vale anche a parti inverse: se, come facilmente ipotizzabile, Hamilton avesse avuto più ritmo anche nel terzo stint, il sorpasso con l'ala mobile sarebbe stato tutt'altro che impossibile. Così come la quarantaquattresima vittoria, naturale conseguenza.
Varie ed eventuali
Quella di Abu Dhabi era l'ultima gara della stagione, e come tale avrebbe dovuto emettere gli ultimi definitivi verdetti rimasti. A cominciare da quella quarta posizione nel Mondiale Piloti che sembrava non interessare molto a Raikkonen. Il finlandese doveva recuperare un punto al connazionale Bottas, un compito non impossibile su un tracciato tortuoso che avrebbe messo in grossa crisi l'aerodinamica scarica della Williams. Gli errori del box Ferrari in qualifica con Vettel hanno così permesso a Kimi di completare una corsa estremamente lineare verso il suo terzo podio stagionale. L'errore di Bottas (a detta di Rob Smedley) di non accorgersi dell'arrivo di Button, e il conseguente impatto in pit lane con ala rotta, hanno sotterrato ogni speranza di Valtteri di restare in quarta posizione nel Mondiale.
Era ormai quasi certo aritmeticamente che il confronto interno in Force India sarebbe andato a Sergio Perez. E il messicano, nonostante un vantaggio abbastanza rassicurante di 16 punti su Nico Hulkenberg, si è inventato un altro weekend di altissimo livello a riscattare le opache prestazioni del Gran Premio del Brasile. Perez ha fatto sudare fino all'ultimo a Raikkonen la terza posizione in qualifica, mettendo in riga non solo Hulkenberg, ma anche le Red Bull che, in una pista abbastanza complessa come Abu Dhabi, parevano più competitive della Force India. Non è un caso che Ricciardo, nelle fasi centrali, guadagnasse regolarmente terreno su Hulkenberg, che doveva invece proteggersi dagli attacchi di Massa e Kvyat.
Perez è stato in realtà fortunato nel tenere dietro l'australiano della Red Bull. Questa precedente grafica mostra come Grosjean, partito con le soft e quindi deciso ad allungare molto il primo stint, si sia frapposto tra i due, tappando Ricciardo per qualche passaggio. In precedenza, nella prima parte di gara con le super-soft, Perez si era invece avvalso dello stesso tappo, fornitogli proprio dal compagno di squadra:
Hulkenberg era scattato bene ma aveva meno ritmo di Ricciardo, che lo braccava, e ovviamente del compagno Perez che gli aveva già preso quasi 3 secondi di vantaggio dopo 5 giri completati.
Perez ha in questo modo battuto un avversario dotato, a quanto pare, di un mezzo tecnico superiore, almeno per quello che riguarda la pista degli Emirati. E anche Hulkenberg, ovviamente, che dopo il mezzo secondo di ritardo della qualifica si è presentato sulla bandiera a scacchi 30 secondi dopo il suo compagno di squadra. Uno smacco, per un campione in carica della 24 Ore di Le Mans.
C'è gloria anche per Kvyat, che difende i dieci punti di vantaggio su Ricciardo alla viglia perdendone solamente sette. Il testa a testa intestino è suo. Così come per Button, che dopo aver battuto Hamilton nel 2011 potrà fregiarsi di avere il proprio nome più in alto rispetto a quello di Alonso nella Classifica Mondiale, a parità di macchina.
Will Stevens, per concludere, si è preso una piccola rivincita su Merhi che nel testa a testa in gara era avanti per 7-5. Lo spagnolo aveva lasciato il volante ad Alexander Rossi nei weekend in cui la GP2 era assente, e potrebbe aver sofferto di questa mancanza di ritmo gara. Merhi è infatti stato doppiato una volta in più di Stevens, che ad Abu Dhabi si è aggiudicato il confronto diretto, perdendo però 7-6 quello stagionale. Va malinconicamente constatato che è molto probabile che non rivedremo i due piloti Manor in azione nella prossima stagione: chissà se quella di Abu Dhabi 2015 sia stata la loro ultima chance in carriera, in Formula Uno.
Articolo a cura di Federico Principi
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