martedì 17 novembre 2015

Scacchiera verde-oro

Nico Rosberg sta recuperando l'autostima del 2014. Dal Brasile emerge, però, la gara più noiosa dell'anno. Che non impedisce in ogni caso di ricavare complicate ma preziose informazioni sulle strategie Ferrari-Mercedes. E qualche altra chicca...

di Federico Principi






Da quando nel 2004 il Gran Premio del Brasile (fedelissimo al tracciato di Interlagos, intitolato a Carlos Pace) fu spostato nelle fasi finali del calendario del Campionato del Mondo di Formula 1, le attese, quasi sempre rispettate, sono cresciute di pari passo con estenuanti lotte per il titolo mondiale, non sempre ristrette a soli due contendenti. E proprio la patria dei pentacampeao mundial, ma di pallone, ha spesso sancito il turning point decisivo per un posto negli albi d'oro. Lo spettacolo in pista, avulso da quello strategico-tecnologico che non sconfinfera più di tanto al pubblico di massa, è quasi sempre salito in primo piano, di prepotenza.

Così Raikkonen riuscì a ribaltare la situazione ed aggiudicarsi un titolo che appena tre settimane prima dell'ultimo giorno di scuola, sotto il cielo carioca, pareva irrimediabilmente compromesso. Quello di Hamilton nel 2008 lo era invece fino a due curve dalla fine: ma Glock, che con la sua mancata sosta - evitando di montare le gomme da bagnato - poteva passare alla storia come ago della bilancia decisivo per regalare a Massa la gioia più grande sotto il suo pubblico, era in realtà troppo lento con le slick e fu facilmente passato da tutti. All'ultima curva. Senza dimenticarci un Vettel in testacoda, tamponato come gli sfigati presi di mira agli autoscontri e clamorosamente ripartito, senza danni rilevanti, alla rincorsa verso la rimonta più dolce della sua carriera. Verso il titolo del 2012: il più sofferto, forse.

Rocambolesco finale di Mondiale 2008.


Aspettative
La conquista dei due titoli mondiali, ufficializzata da ormai un mesettoha ridimensionato il significato storico ed emotivo della nuova edizione del Gran Premio del Brasile, che dal 2005 al 2012 ha aritmeticamente assegnato i successi nel Campionato del Mondo in ben sei stagioni. Senza intaccarne il valore tecnico che da sempre, e senza eccezioni, riveste grande importanza nell'economia dell'immagazzinamento dati, utili per ingegneri e appassionati anche se dedotti da una gara di fine campionato, e senza più verdetti da emettere.

Tralasciando le ormai consuete previsioni di pioggia puntualmente sconfessate (chissà chi è l'artefice di tutto questo), era emerso un chiaro dato dalle prove libere che solo Paul Hembery, in palese malafede, aveva provato a nascondere sotto la sabbia. Per una volta, una vera rarità in un Mondiale caratterizzato da mescole piuttosto dure, il degrado degli pneumatici annunciato per la gara era discretamente alto. Marc Gené aveva magistralmente spiegato, in telecronaca, quanto calore tendesse ad assorbire l'asfalto di Interlagos, molto nero e quindi estremamente soggetto a trattenere la canicola. E nonostante le temperature ambientali in gara non siano state stratosfericamente alte (confrontare Gran Premio della Malesia), le previsioni sul degrado - non quelle di Hembery - sono state azzeccate.

In uno scenario simile, nonostante la differenza di velocità Mercedes-Ferrari abbastanza netta, come ormai consuetudine, in qualifica (ed amplificata dall'ormai celebre extra-power dei tedeschi nella Q3), il telaio piuttosto conservativo della SF15-T poteva alimentare grandi speranze su un passo gara che avrebbe contenuto molto efficacemente il consumo dei battistrada Pirelli. Le abituali grafiche proposte nel pre-gara dalla FOM non lasciavano molti dubbi sul fatto che la strategia adottata dalla Ferrari sarebbe stata quella delle due soste. Con il doppio utilizzo della mescola media, che nelle simulazioni dei long run del venerdì aveva mostrato di essere la gomma giusta da gara, anche per una vettura che generalmente predilige i compound più morbidi.

Le previsioni pre-gara della regia internazionale.


Realtà
Una volta preso atto che la partenza non aveva portato ad un progresso nelle posizioni in pista (e per Raikkonen era in realtà un dato positivo, vista la perentorietà dello scatto di Bottas), le Ferrari, e Vettel in particolar modo, sapevano che potevano giocarsi una posta più alta solo attraverso le strategie.

Il terreno della velocità secca sul giro, sia in qualifica che in gara, è un campo nel quale la Rossa ha avuto la meglio esclusivamente a SingaporeInterlagos ha mantenuto la tradizione e Vettel ha accumulato più di quattro secondi di ritardo dalla testa della corsa dopo sette giri completati.

Sette giri completati e Vettel è già stato seminato a sufficienza, per il momento, dalle Mercedes.

Non dispongo del grafico dei tempi sul giro, ma sarebbe uno strumento perfetto per evidenziare ciò che in più occasioni abbiamo rimarcato nel corso della stagione, e che possiamo comunque mostrare con chiarezza anche attraverso le screenshot degli stessi tempi sul giro: la Ferrari manda in temperatura con qualche ritardo gli pneumatici, ma li degrada con lo stesso ritardo. A partire dall'ottavo passaggio, infatti, Vettel riesce a percorrere tre-quattro giri sugli stessi tempi dei piloti Mercedes, evidentemente già soggetti ad una prima fase di leggero degrado.

Nel nono passaggio Vettel è addirittura più veloce dei Mercedes. Nella fase centrale del primo stint, in generale, le prestazioni dei tre di testa sostanzialmente si equivalgono.

La stessa fase di degrado arriva, inevitabilmente, anche sulle soft montate da VettelDopo quei quattro giri sui tempi Mercedes, il tedesco ricomincia a subire il ritmo di Rosberg ed Hamilton, e prima della prima sosta, contemporanea a quella di Nico al termine del tredicesimo passaggio, il suo gap ricomincia a crescere:

I tempi di Vettel si alzano e i due piloti tedeschi vanno in tandem ai box.

Stesso scenario, all'incirca, nel secondo stint. Le Mercedes, a parità di mescola (media), hanno immediatamente scacciato Vettel ancora più lontano nei primissimi giri dopo la sosta, nonostante il cambio gomme del ferrarista sia stato di quasi un secondo più veloce di quello di Hamilton e all'incirca due secondi più rapido di quello di Rosberg. Successivamente, intorno al ventiduesimo giro, il ritmo dei tre davanti si è nuovamente stabilizzato in una zona di equilibrio, ma con Seb ormai a distanza di sicurezza.

Come nel primo, anche nelle fasi centrali del secondo stint la Mercedes subisce una leggera anticipazione della fase di degrado rispetto a Vettel, che a distanza tiene perfettamente il ritmo di Rosberg ed Hamilton in questa fase.

Distanza di sicurezza che, come nel primo stint, aumenta in una manciata di giri prima della sosta ai box:

A fine secondo stint le Mercedes sono tornate ad essere più veloci. Vettel va ai box con un gap che è tornato a crescere in questa fase.

Con la seconda sosta effettuata al termine del giro trentadue, rimanevano da coprire ancora trentanove passaggi sul traguardo. Ovviamente Vettel sarebbe rientrato un'altra volta in pit lane, ma la strategia delle tre soste non era più una sorpresa già dopo l'anticipazione del primo pit rispetto alle previsioni. Abbastanza in linea con le caratteristiche della SF15-T, invece, la scelta di tornare sulle soft per il terzo stint: con pista gommata e vettura più scarica di benzina, Vettel avrebbe potuto percorrere una quindicina di giri con la morbida per poi concludere gli ultimi venticinque con la media. Seb ha infatti spiegato a fine gara quanto si sia trovato a proprio agio con la soft nella parte centrale di gara. Diversa scelta effettuata dai piloti Mercedes, che hanno invece dimostrato di volersi smarcare subito dalla soft dopo il primo stint per percorrere il resto della gara con le medie.

Grafica chiarissima sulla strategia delle Mercedes.

In questo senso, la nota estremamente positiva emersa da una corsa monopolizzata dalla casa di Stoccarda è il timore reverenziale che la Ferrari suscita sugli strateghi delle frecce d'argento, nonostante la differenza di passo sia ancora evidente. Se ci fosse anche il grafico di Vettel ad incastrarsi sull'immagine qui sopra, noteremmo come sia per la seconda che per la terza sosta gli uomini Mercedes abbiano marcato a uomo il tedesco della Ferrari, scongiurando qualsiasi rischio di undercut e conseguentemente di trovarselo tra i piedi. Anche percorrendo un cortissimo stint con le medie, il terzo, fin troppo breve rispetto al secondo e clamorosamente in controtendenza, ma perfettamente in linea con la strategia di Vettel. Che con un passo inferiore ha solamente potuto passeggiare verso il tredicesimo podio stagionale.


Ipotesi
Tornando al discorso affrontato nel paragrafo "aspettative", potremmo analizzare - con il quanto mai comodo senno del poi - che cosa sarebbe potuto succedere se Vettel avesse invece scelto di fermarsi per due volte ai box. Il tutto facilitato dal fatto che Raikkonen, che ha corso in maniera piuttosto anonima ma principalmente non per sua colpa, abbia poi realmente attuato questa strategia.

La prima considerazione da fare è piuttosto rilevante: la strategia a due soste avrebbe funzionato solo se il primo pit stop fosse stato effettuato con qualche giro di ritardo dai due ferraristi rispetto a quanto è poi realmente accaduto in pista. Raikkonen e il suo ingegnere avevano però fondate preoccupazioni che Bottas, già ai box dopo undici giri, potesse riuscire in un undercut che sarebbe stato devastante per Kimi, data l'impossibilità di passare una Williams soprattutto in un tracciato complesso come Interlagos.

Bottas entra ai box al termine dell'undicesimo giro ed è distante circa 4 secondi da Raikkonen. Il ferrarista ha problemi con il grip degli pneumatici (gira molto più lento rispetto a Vettel) e decide di marcare il connazionale della Williams fermandosi nel giro successivo e proteggendo la quarta posizione.

La clamorosa anticipazione della prima sosta ha evidentemente compromesso qualsiasi tipo di ambizione (già di per sé ridimensionata dalla poca competitività generale) della gara di Raikkonen. Il finlandese aveva già montato una power unit vecchia e con un chilometraggio sicuramente superiore e ha affermato di aver sofferto per buona parte della gara scarso grip con le gomme anteriori.

Come in occasione della prima sosta, Kimi è rientrato ai box con un giro di anticipo rispetto a Vettel anche al momento del suo secondo pit stop. La grande differenza sta nel fatto che per Seb non si trattava della seconda, ma della terza fermata. Un interminabile stint di 33 passaggi con le medie per il finlandese, costantemente più lento nei tempi sul giro rispetto a Vettel ma con i 25 secondi risparmiati per la sosta in meno effettuata. Eppure il gap è, nel frattempo, cresciuto:

Come confermato dalla precedente grafica, prima del primo cambio gomme Kimi era distante di 4 secondi da Vettel. Nel momento in cui entra per la seconda sosta, contemporanea alla terza di Seb, il gap tra i ferraristi è cresciuto oltre gli 11 secondi. Il tutto nonostante Vettel nel frattempo si sia fermato una volta in più.

Un rapido e superficiale comparison ci suggerirebbe che la strategia migliore, in realtà, fosse quella di Sebastian e di ben 7 secondi. Questa analisi parallela non tiene conto però di due fattori fondamentali:

- Come già spiegato precedentemente, Vettel e Raikkonen non correvano in parità di condizione tecnica. Il motore di Kimi era più logoro e sicuramente meno efficace nella spinta in salita verso il traguardo. Nonostante tutto Raikkonen perdeva scientificamente due o tre decimi dal compagno anche nel settore centrale, estremamente lento e guidato, principalmente per mancanza di ritmo dovuta ai problemi di grip sulle gomme anteriori;

- La prima sosta di Raikkonen era stata effettuata perfino in anticipo rispetto a Vettel e alle Mercedes, che sarebbero a quel punto sicuramente andati verso il triplo pit stop. Lo stint centrale di Kimi si è quindi esageratamente allungato oltre i trenta giri, compromettendo il passo gara per non stressare eccessivamente gli pneumatici. L'ultima grafica mostra infatti come, con gomme ormai logore, Raikkonen fosse più lento di Vettel di oltre un secondo al giro. Ma anche nella grafica precedente, nella quale si illustrava il momento nel secondo stint in cui Vettel teneva il passo Mercedes, Kimi era già 6 o 7 decimi più lento del tedesco. Nonostante fosse soltanto a un terzo del suo interminabile secondo stint.

La conclusione del ragionamento ci porta a pensare che non fosse per nulla così errata l'eventuale scelta di Vettel di tagliare la terza sosta: guardando la comparazione con Raikkonen dei tempi di primo ed ultimo stint, corsi a parità di strategie, emerge una differenza media che si aggira intorno al mezzo secondo al giro. Trapiantando la stessa tattica di gara al pilota tedesco, ridimensionandola nei momenti delle chiamate (senza quindi accodarsi a Rosberg nel primo pit stop, ma aspettando un paio di passaggi), Vettel avrebbe potuto perfino accorciare leggermente il gap dalle Mercedes. Raikkonen ha concluso a 47 secondi da Rosberg: togliendo mezzo secondo al giro i secondi di ritardo diventano 12, contro i 14 effettivi registrati da Vettel sotto la bandiera a scacchi. La Ferrari non aveva chance di vittoria, ma anche una tattica a due soste sarebbe comunque risultata una strategia efficace per Seb.

Nello stint finale, a parità di gomma e di chilometraggio del battistrada, Raikkonen continua a perdere terreno su Vettel come nel primo stint.


Varie ed eventuali
Dopo aver montato un pippone clamoroso sulle strategie, è il momento di qualche pillola che ha allietato un weekend in realtà parecchio noioso. Probabilmente mai così dall'inizio della stagione.

Cominciando con Rosberg, che per la seconda volta consecutiva ha mostrato i muscoli ad Hamilton, dopo aver già realizzato cinque pole consecutive. Un atto di forza che in realtà è più fruttuoso in vista della nuova stagione - da affrontare con un'autostima rinfrancata - piuttosto che per un secondo posto in Classifica Piloti che ha il sapore del contentino. Da censura il comportamento di Lewis, assente alla foto di rito post-qualificaprontissimo a sfoderare la cultura degli alibi tanto "cara" a Velasco. Dopo le presunte - diciamo pure inesistenti - strategie pro-Rosberg in Messico (ma in realtà neanche Nico voleva la seconda sosta, è stato un ordine impartito ad entrambi), ecco che Hamilton si lamenta del fatto che a Interlagos sia impossibile sorpassarePazienza, il prossimo anno fai la pole e tieni la leadership alla prima curva.

Interessante comparazione on board delle pole di Rosberg in Brasile negli ultimi due anni. In questa stagione si è girato circa un secondo più piano: i cordoli sono stati alzati e non è stato possibile tagliarli con decisione come nel 2014.

Verstappen non si ferma più e ha deciso di rendere spettacolare anche una corsa più monotona delle interminabili pubblicità sui canali a tre cifre del digitale terrestre. Non tanto il sorpasso su Nasr (già precedentemente fulminato in maniera altrettanto grandiosa in Belgio e a Monza), quanto quello su Perez ha fatto sobbalzare le coronarie del papà Jos e di tutto il box Toro Rosso. Lasciando senza fiato gli appassionati: il ragazzo si farà. E non ha paura di tirare un calcio di rigore.

Perez è stato corretto, ma la manovra di Verstappen è comunque da pelle d'oca. Bel duello tra due piloti estremamente aggressivi nel corpo a corpo.

La torcida attendeva un solo uomo: Felipe Massa. Dopo il podio dello scorso anno, e le ormai lontane vittorie del 2006 e del 2008, il vice-campione con la Ferrari ha tirato un po' il fiato negli ultimi Gran Premi. Per tutto il weekend di Interlagos ha costantemente lottato con un posteriore estremamente instabile: chissà quanto influenti si siano rivelate le doti da rallysta di Bottas per marcare una differenza così netta di prestazione all'interno del team. A fine gara poi la doccia fredda: squalificato, perché la posteriore destra - misurata dalla FIA prima dello start - risultava di ben 30 gradi centigradi oltre il limite massimo. Sbigottito Rob Smedley, con la Williams che presenterà appello.

Notte fonda in Red Bull, col nuovo motore Renault evoluto portato in pista da Ricciardo che non ha mostrato alcun passo avanti. I gettoni utilizzati, alla fine, sono stati ridotti da undici a sette, ma non hanno impedito all'australiano di perdere clamorosamente di un decimo il confronto con Kvyat in qualifica. Che poi in gara si è tradotto in quattro posizioni di ritardo - cinque in pista, senza la squalifica di Massa - per colpa, oltretutto, di una scellerata strategia che ha previsto il primo pit al terzo giro, oltre che della inevitabile penalizzazione per l'utilizzo della nuova power unit. Dove sono finiti quelli che dicevano che fosse più forte di Vettel?

Ricciardo sostiene che il nuovo motore Renault non abbia portato un rilevante miglioramento di potenza. Intanto sembra aver perso il sorriso...

Non si può non concludere con l'impressionante constatazione che a Interlagos siano stati doppiati tutti, ma proprio tutti, ad eccezione di Ferrari e Mercedes. Il tutto facilitato dall'assenza della Safety Car, vero, ma l'oligopolio della Formula 1 sta probabilmente allontanandosi dal resto della concorrenza. Riportando la categoria ai fasti, probabilmente, dell'antico scontro Ferrari-McLaren: le possibilità di successo sembrano chiuse per chiunque altro.


Articolo a cura di Federico Principi

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