venerdì 13 marzo 2015

Perdere aiuta a perdere, sbagliare aiuta a sbagliare


È già tutto finito? Il sipario sull'avventura dell'Inter in Europa League è già stato calato?


Le perplessità e la confusione dipinte sul volto di Roberto Mancini

Eppure l'inizio era stato uno di quelli profetici che faceva pensare ad una grande impresa.
Mancini schiera un ottimo 4-3-3, l'Inter difende bene e contrattacca. Le fasce laterali sono la chiave del buon primo tempo della squadra neroazzurra. La catena di destra D'Ambrosio - Shaqiri funziona molto bene nella fase di non possesso soprattutto per merito dello svizzero, sempre ordinato e concentrato. Discorso diverso sull'altro lato del campo dove Palacio fatica a mantenere la giusta posizione rimanendo spesso troppo alto: il posizionamento errato dell'argentino tiene Vieirinha, uno dei principali pericoli avversari, un po' più basso però comporta enormi difficoltà per Santon che si trova sempre in inferiorità numerica e, preoccupato dallo spazio davanti a lui e facendosi attirare verso quel vuoto, perde un paio di volte Caligiuri bravo a tagliare alle sue spalle.



Nonostante questo l'Inter riesce a coprire abbastanza bene il campo in ampiezza ovviando al problema intrinseco del rombo che Mancini schiera abitualmente in campionato.
Nel primo tempo l'Inter riesce ad alternare con profitto un accenno di pressing offensivo efficace, come nel caso del gol di Palacio, ad una buona difesa di posizione non concedendo praticamente niente ai tedeschi prima del gol di Naldo che arriva in un momento di apparente controllo neroazzurro.
Tutto cambia ad inizio ripresa. Il Wolfsburg esce più convinto dagli spogliatoi e alza ritmo e baricentro. L'Inter dimostra limiti di gestione del possesso palla a centrocampo ( Medel e Guarin) e sbaglia qualche pallone in uscita (cancro del gioco neroazzuro): tutto questo, però, senza subire troppo.
Ad anticipare il possibile adattamento al nuovo tipo di partita, però, c'è un cambiamento tattico inaspettato. Ecco che “sale in cattedra” Roberto Mancini con uno dei suoi acclamati bigliettini: 3-4-1-2, Vidic per Hernanes. Il tanto inedito quanto fragile modulo regala completamente le fasce agli avversari, fa arretrare ancora di più la squadra, che adesso conta su 5 difensori più Medel, impedendo una circolazione di palla nella zona centrale del campo e condannando l'Inter a difendere all'interno della propria area. Il risultato è una formazione spezzata in due (con i tre davanti che escono dalla partita), nulla sulle fasce e disorganizzata centralmente.
Sarebbe bastato un cambio di uomini e non di modulo, inserendo un centrocampista fresco in grado di dare energia in mezzo al campo migliorando sia le coperture che il possesso palla.

Hecking arricchisce la partita con la mossa che sembra decisiva ma che sfrutta soltanto gli errori dell'Inter: fuori Schurrle e dentro Trash con Vieirinha alto a destra e Caligiuri che si sposta sull'altro versante.
Prima della doppietta di De Bruyne, giocatore dall'essenzialità e dall'energia molto importanti, Palacio fa in tempo a divorarsi una rete già fatta. La faccia di Palacio è il ritratto dell'Inter. La faccia di chi vorrebbe ma non può. La faccia di chi si impegna ma non basta. I limiti che oscurano le possibilità.

Palacio dopo la grande occasione sprecata

Ai limiti tecnici individuali dei calciatori si aggiunge la scelta folle di un allenatore che rinnega una delle decisioni migliori prese da quando è tornato all'Inter (4-3-3 di partenza) per abbracciare un 3-4-1-2 che diventa inesorabilmente un 5-2-0 in fase di non possesso e che profuma di suicidio tattico.

La strada per la creazione di una cultura vincente è lunghissima e in salita, un'altra possibile occasione di crescita è stata sprecata. Brutte notizie insomma.

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