È già tutto finito? Il sipario
sull'avventura dell'Inter in Europa League è già stato calato?
Le perplessità e la confusione dipinte sul volto di Roberto Mancini |
Eppure l'inizio era stato uno di quelli
profetici che faceva pensare ad una grande impresa.
Mancini schiera un ottimo 4-3-3,
l'Inter difende bene e contrattacca. Le fasce laterali sono la
chiave del buon primo tempo della squadra neroazzurra. La catena di
destra D'Ambrosio - Shaqiri funziona molto bene nella fase di non
possesso soprattutto per merito dello svizzero, sempre ordinato e
concentrato. Discorso diverso sull'altro lato del campo dove Palacio
fatica a mantenere la giusta posizione rimanendo spesso troppo alto:
il posizionamento errato dell'argentino tiene Vieirinha, uno dei
principali pericoli avversari, un po' più basso però comporta
enormi difficoltà per Santon che si trova sempre in inferiorità
numerica e, preoccupato dallo spazio davanti a lui e facendosi attirare verso quel vuoto, perde un paio di
volte Caligiuri bravo a tagliare alle sue spalle.
Nonostante questo l'Inter riesce a
coprire abbastanza bene il campo in ampiezza ovviando al problema
intrinseco del rombo che Mancini schiera abitualmente in campionato.
Nel primo tempo l'Inter riesce ad
alternare con profitto un accenno di pressing offensivo efficace,
come nel caso del gol di Palacio, ad una buona difesa di posizione
non concedendo praticamente niente ai tedeschi prima del gol di Naldo
che arriva in un momento di apparente controllo neroazzurro.
Tutto cambia ad inizio ripresa. Il
Wolfsburg esce più convinto dagli spogliatoi e alza ritmo e
baricentro. L'Inter dimostra limiti di gestione del possesso palla a
centrocampo ( Medel e Guarin) e sbaglia qualche pallone in uscita (cancro del gioco neroazzuro): tutto questo, però, senza subire
troppo.
Ad anticipare il possibile adattamento
al nuovo tipo di partita, però, c'è un cambiamento tattico
inaspettato. Ecco che “sale in cattedra” Roberto Mancini con uno dei suoi acclamati bigliettini: 3-4-1-2, Vidic per Hernanes.
Il tanto inedito quanto fragile modulo regala completamente le fasce
agli avversari, fa arretrare ancora di più la squadra, che adesso
conta su 5 difensori più Medel, impedendo una circolazione di palla
nella zona centrale del campo e condannando l'Inter a difendere all'interno della propria area. Il risultato è una formazione spezzata in due (con i tre davanti che escono dalla partita), nulla
sulle fasce e disorganizzata centralmente.
Sarebbe bastato un cambio di uomini e
non di modulo, inserendo un centrocampista fresco in grado di dare
energia in mezzo al campo migliorando sia le coperture che il
possesso palla.
Hecking arricchisce la partita con la
mossa che sembra decisiva ma che sfrutta soltanto gli errori
dell'Inter: fuori Schurrle e dentro Trash con Vieirinha alto a destra
e Caligiuri che si sposta sull'altro versante.
Prima della doppietta di De Bruyne,
giocatore dall'essenzialità e dall'energia molto importanti, Palacio
fa in tempo a divorarsi una rete già fatta. La faccia di Palacio è
il ritratto dell'Inter. La faccia di chi vorrebbe ma non può. La
faccia di chi si impegna ma non basta. I limiti che oscurano le
possibilità.
Palacio dopo la grande occasione sprecata |
Ai limiti tecnici individuali dei
calciatori si aggiunge la scelta folle di un allenatore che
rinnega una delle decisioni migliori prese da quando è tornato
all'Inter (4-3-3 di partenza) per abbracciare un 3-4-1-2 che diventa
inesorabilmente un 5-2-0 in fase di non possesso e che profuma di
suicidio tattico.
La strada per la creazione di una
cultura vincente è lunghissima e in salita, un'altra possibile
occasione di crescita è stata sprecata. Brutte notizie insomma.
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