di Michele Serra
“Buttali nell’acqua alta, e vedi se sanno
nuotare”, dice il detto. Praticamente è quello che è successo a Dak Prescott e
Carson Wentz, QB titolari nella squadra più popolare d’America (o quasi) l’uno
e in quella coi tifosi più esigenti della NFL (o quasi) l’altro. La strada che
li ha portati a ricevere i galloni da titolare è diversa, ma in comune hanno
gli ottimi risultati ottenuti in questo primissimo scorcio di stagione. Come
sempre vale la pena ricordare che il sample size è molto piccolo, ma allo
stesso tempo i due ragazzi hanno risposto alla grande di fronte alle difficoltà
a cui, volenti o nolenti, sono stati messi di fronte.
"The easiest job in America"
Questa citazione
è di Ezekiel Elliott, rookie RB dei Cowboys interrogato su quello che sarebbe
stato il suo impatto con le difese NFL. Il virgolettato può essere in un
qualche modo attribuito anche a Prescott stesso: il fatto di essere capitato in
un attacco così ben oliato come quello di Dallas, per giunta protetto dalla
migliore o-line del football, è sicuramente un bel vantaggio per l’ex
Mississippi State.
Avere un duo come Elliott e Morris permette a Dallas di
mantenere il focus sul gioco palla a terra, mentre attorno a Prescott è stato
disegnato un sistema efficace e peraltro molto comune nella NFL attuale, quello
che viene definito dink and dunk, passaggi corti e veloci per mantenere
alto il ritmo offensivo e la difesa sulle spine. Per adesso, il numero 4 è
rimasto pressoché al sicuro e, nonostante alcune forzature - comprensibili,
visto anche il risultato e il tempo a disposizione - sul finale di partita
contro i Giants, le statistiche dicono 99 passaggi senza un intercetto: meglio
di lui, nelle prime tre partite in carriera, solo Warren Moon (103), Case
Keenum e Carson Wentz (102).
Come detto, il game plan ha molto a che
fare con il rendimento del giocatore, soprattutto perché dei 99 passaggi
tentati, solo 18 sono considerati profondi (cioè di almeno 20 yard), come riporta
NFL Savant, anche se si è visto un cambiamento di trend nella partita contro i
Bears, in cui Prescott ha cercato più di una volta di spingere il pallone a
fondocampo.
Non è un caso che i migliori amici di
Prescott si chiamino Jason Witten (14 target nella sconfitta contro NY) e
soprattutto Cole Beasley.
Questo è uno dei temi ricorrenti
dell’attacco di Dallas. Traccia corta di Witten, comeback per creare
separazione e “sedersi” con lo sguardo al QB per dargli un riferimento comodo
in termini di guadagno e sicurezza nel lancio (è quello che fa spesso anche
Antonio Gates nell’attacco di San Diego).
Discorso simile per Cole Beasley. Lo slot
receiver da SMU è il miglior route runner della squadra e l’uomo di riferimento
per Prescott quando si tratta di chiudere un down. I Cowboys sono attualmente
la squadra con la percentuale di conversioni su terzo down più alta della NFL
con oltre il 52%, e Beasley da solo ha già guadagnato 12 primi down (in
classifica fianco a fianco con nomi ben più altisonanti, come Alshon Jeffery e
DeAndre Hopkins).
Come i comeback per Witten, così
le crossing route sono il pane per Beasley, che ha già messo a segno 20
ricezioni su 25 target ricevuti - il che, proiettato su 16 partite, lo
porterebbe ad essere il bersaglio di oltre 100 palloni, ben al di sopra dei 75
dello scorso anno (con un 69% di catch rate contro l’ 80% attuale).
Con Chicago, come detto, abbiamo visto
Dallas spingere il pallone più lontano approfittando delle evidenti lacune
nella difesa degli ospiti; lacune che sono state rese ancora più evidenti
quando, in molte occasioni, l’attacco si è schierato in una spread formation,
e cioè con quanto più personale possibile ai lati della LOS, per aprire il
campo e costringere Chicago a ridurre la pass rush per infoltire la secondaria,
con il chiaro obiettivo di dare più tempo a Prescott di lanciare.
Qui un esempio, con Beasley che viene
fatto spostare da Prescott dalla parte opposta della linea. Il diretto
marcatore, Jordy Glenn - undrafted rookie nel 2015 - non fa in tempo a
raggiungere la sua nuova posizione che già deve ripartire all’inseguimento di
Beasley. Il piccolo ricevitore viene anche aiutato dalla traccia di Witten, che
passa davanti a Glenn, quasi effettuando un blocco stile basket e fa perdere
l’attimo al giocatore di Chicago. La velocità di Beasley sulla go route -
quella totalmente verticale - fa il resto, e apparecchia la tavola per il TD su
corsa di Dunbar.
Probabilmente la scalata di Prescott al
ruolo di QB titolare fisso si interromperà una volta tornato Romo. Jerry Jones
ha già detto che, non appena il veterano sarà pronto, si riprenderà lo scettro.
Probabilmente però, anche per via del fisico di cristallo del numero 9, non
dovremmo attendere molto per vedere Prescott stabilmente dietro a Travis
Frederick.
"Like a freakin' hall of famer"
Altro giro, altra
cit. Questa volta le parole sono di Cameron Hayward, DE degli Steelers dopo il
massacro di Pittsburgh in quel di Philadelphia, teatro della più pesante
sconfitta dei giallo-neri in quasi 30 anni. Se dopo le vittorie arrivate contro
due delle peggiori squadre NFL come Cleveland e Chicago c’era ancora un minimo
di riserbo sopra le capacità del ragazzo da North Dakota State, adesso ecco che
pian piano il coro di consensi va crescendo.
Non è circondato dalle armi offensive di
cui dispone Prescott, ma anche la o-line di Wentz sta facendo un buon lavoro,
pur non avendo ancora incontrato pass rush particolarmente efficaci (ma per
quello ci sarà tempo, viste le partite contro Vikings e Seahawks, per citarne
due): sono solo 19 le pressioni concesse.
Guardate qui ad esempio quanto tempo il numero 11 abbia per trovare il bersaglio.
Quel che colpisce a prima vista è la
calma con cui gestisce le situazioni di gioco. Rimane alto e fermo nella tasca,
come abbiamo visto sopra, non si fa prendere dal panico, ha un rilascio
piuttosto veloce e fluido e, soprattutto, pare abbastanza comunicativo
pre-snap. I grandi QB sanno analizzare la difesa ancora prima che l’azione
parta, e Wentz ha già dimostrato più volte di saperlo fare, come qui sotto.
Come detto per Prescott, il sistema di
Philadelphia è fatto per agevolare la transizione tra i pro del ragazzo, e l’head
coach Doug Pederson sa come si fa, avendo fatto rendere - assieme ad Andy Reid
- un QB che appare decisamente meno talentuoso di Wentz in prospettiva come
Alex Smith.
Delle oltre 700 yard che Wentz ha
macinato finora, 423 sono arrivate after the catch. Dalla partita contro
Pittsburgh, il TD di Darren Sproles condensa quanto detto finora.
La pressione della difesa si fa sentire -
una delle poche volte in cui il front seven degli Steelers, privo di Bud
Dupree, Lawrence Timmons e Ryan Shazier, si è palesato domenica - Wentz esce
dalla tasca con disinvoltura, aspetta che l’ex Chargers e Saints completi la
traccia e l’abilità dopo la ricezione del piccolo RB fa il resto.
Come detto, Wentz non è una macchina da
highlight (ancora), ma sta facendo tutto quello che il gameplan prevede,
evitando le palle perse (0 intercetti) e completando il 64% dei passaggi
tentati (14esimo, con un QBR di 103, ottavo tra i passatori con almeno 50 lanci
tentati).
Non che al nostro manchi il braccio per
le big plays, i passaggi da almeno 20 yard. In questa situazione Wentz è
attualmente 7-14, come si può vedere nella foto...
...e nella gif qui sotto, il TD in week 1
per Nelson Agholor.
La finta a rientrare del numero 17 è
fondamentale per prendere il tempo a Philip Gaines, e poi il ball placement di
Wentz fa il resto.
Lo hanno paragonato a Peyton Manning per
come gestisce la fase pre-snap e a Rodgers per come gioca. Paragoni eccessivi e
anche inutili. Per adesso, agli esigenti tifosi Eagles, Carson Wentz va bene
così com’è.
Articolo a cura di Michele Serra
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