mercoledì 25 febbraio 2015

Gabbiadini e la selezione naturale

Quando la versatilità tecnica e l'intelligenza tattica "condannano" a giocare fuori ruolo. Analisi di uno dei migliori attaccanti italiani.

di AER






Se Charles Darwin, padre della teoria dell'evoluzione, fosse stato un giornalista sportivo contemporaneo avrebbe detto, parafrasando uno dei presupposti fondamentali della sua teoria, una cosa del genere:
"Gabbiadini è un po' il simbolo della selezione naturale del calcio italiano: punta vera, che sia prima o seconda, costretto a giocare largo sulla fascia. Nel calcio italiano esiste una lotta continua tra i giocatori giovani per emergere dallo spietato gruppo delle giovani promesse e per conquistarsi un posto da titolare in serie A. Nella lotta sopravvivono i calciatori che più riescono ad adattarsi, cioè quelli che meglio sfruttano le risorse e i bisogni dell'ambiente e che riescono a tirar fuori le proprie qualità in contesti tecnico-tattici non appropriati alle proprie caratteristiche."


Manolo Gabbiadini ha trascorso la sua intera carriera da attaccante della serie A giocando non da attaccante. Dopo i trascorsi all'Atalanta , a Bologna veniva schierato abitualmente da esterno destro del 4-2-3-1, nella Samp si è alternato tra attaccante esterno del 4-3-3 e di nuovo esterno nel 4-2-3-1.
Senza alcun dubbio le scelte degli allenatori di Gabbiadini sono oggettivamente sbagliate, ma non per un discorso puramente legato al giocatore ma anche al contesto della squadra in sé che avrebbe come obiettivo quello di riuscire a beneficiare al massimo delle qualità individuali dei singoli, ma non lo fa.
D'altronde, come si fa a schierare lontano dalla porta un attaccante che riesce a spostarsi la palla sul sinistro e a calciare in diagonale con forza e precisione in una frazione di secondo? Quanti attaccanti della serie A hanno un tiro comparabile? Quanti calciatori italiani hanno un'essenzialità e una pulizia tecnica del genere?
Nelle Nazionali giovanili è stato stabilmente l'attaccante titolare e i suoi numeri sono veramente impressionanti: 2 gol in 3 partite con l'Under-20 e 12 in 24 partite con l'Under-21, terzo marcatore di sempre dell'Under-21 dopo Gilardino (19) e Pirlo (16).

Il repertorio offensivo di Gabbiadini è vastissimo ed è impressionante vedere come riesca ad essere pericoloso da ogni posizione all'interno e nei pressi dell'area di rigore.


Durante il periodo trascorso alla Sampdoria, l'arsenale offensivo di Gabbiadini si arricchisce di un'altra pericolosissima arma: il tiro direttamente da calcio di punizione. La sua tipologia di tiro, secca e precisa, è particolarmente adatta ai calci da fermo ed è molto affascinante pensare che sotto la guida di Siniša Mihajlović sia emersa questa sua predisposizione. Più realisticamente ci siamo resi conto della sua attitudine a trasformare calci di punizione perché ha iniziato tirarli. La sua posizione di esterno nel 4-2-3-1 alla Samp, nonostante lo relegasse ad una fase difensiva molto profonda e all'aiuto in raddoppio di marcatura al terzino, gli consentiva di avere molto spazio per i tiri dal limite dell'area durante lo schema di gioco offensivo principale della squadra allenata dal tecnico serbo, cioè le transizioni. Non è un caso che un'ideale classifica dei suoi gol più belli in maglia blucerchiata sia composta da tiri da fuori e punizioni.


Nei due gol da fuori area è evidente la sua intelligenza nel sistemarsi "spazialmente" e nel prepararsi con il corpo per ricevere palla, controllare e calciare nel minor tempo possibile e con il miglior risultato possibile.

In un'intervista rilasciata a maggio del 2012, alla fine del suo primo vero anno di A all'Atalanta, Gabbiadini fa trasparire due grandi qualità che sono coerenti con il suo modo di giocare. Prima di tutto riconosce che le poche possibilità che ha avuto di giocare sono abbastanza, anzi si rimprovera per non aver segnato di più, e successivamente indica il suo modello di giocatore: si ispira a Diego Milito. La conoscenza delle proprie caratteristiche è difficile da ritrovare in un ragazzo di quell'età ed è sorprendente che Gabbiadini (in campo, naturalmente) assomigli realmente in molte cose al Principe del Bernal. Ed è ancora più strano che la cosa che assomiglia di più a Milito vista in questi ultimi tempi sia costretta a latitare su una fascia laterale...

L'attenzione mediatica nei confronti di Manolo Gabbiadini cresce con il suo arrivo a Napoli nello scorso mercato di gennaio. 

Benitez lo presenta così: <<Gabbiadini è difficile da controllare. Può giocare a destra, a sinistra, al centro, in tutti e quattro ruoli in attacco. Non dà punti di riferimento ai difensori>>. Rafa ne sta esaltando la versalità e le qualità da attaccante oppure solo la versalità? Questa presentazione ci lascia un po' con il dubbio se sia riuscito a cogliere in modo ottimale la natura del calciatore anche perché, per un calciatore,  peggio di essere schierato fuori ruolo c'è solo essere schierato fuori ruolo in un sistema così integralista come quello di Benitez (Hamsik docet).



Partiamo dai primi gol di Gabbiadini con la maglia del Napoli per provare a capirne di più.



Chievo - Napoli

Gabbiadini parte dell'inizio come esterno destro offensivo nel 4-2-3-1. La partita centralmente è molto bloccata e Gabbiadini deve essere costantemente un appoggio per la manovra ricevendo spesso la palla spalle alla porta.



Entrambe le squadre si affidano molto all'asse terzino - esterno di centrocampo per portare avanti il pallone e far salire il baricentro, per il Napoli: Strinic - Mertens 16 passaggi e Maggio - Gabbiadini 10 passaggi.



Giocando largo secondo il modulo e basso perché forzato dal tipo di partita, non riesce quasi mai a dialogare con la punta centrale ma spesso scambia il pallone con il mediano di riferimento e con il trequartista.
Essendo attaccante di natura, però, riesce ad avere una visione degli spazi che si aprono dietro i difensori avversari differente da quella di un esterno. Qui ritorna il Darwin giornalista sportivo e la capacità di saper usare le proprie qualità in contesti estranei da quello ideale.
Gabbiadini segue una ripartenza centralmente e riceve il pallone nel cuore dell'area di rigore, quasi spalle alla porta controlla con il sinistro e sempre con lo stesso piede, girandosi improvvisamente, tira sul palo del portiere fulminandolo. Goal.


La velocità e l'esecuzione perfetta danno l'idea di quella linearità di cui abbiamo parlato prima. 


Napoli - Udinese

Gabbiadini ribalta il pensiero di Antoine de Saint-Exupéry ne Il piccolo Principe: l'essenziale non solo è visibile agli occhi ma diventa la soluzione più ovvia ma soprattutto più efficace. Ce ne da dimostrazione nell'azione del gol. 
Il Napoli attacca sul lato sinistro, Gabbiadini è attirato verso la parte centrale del campo e riesce ad intuire perfettamente come andrà a finire l'azione. Il movimento incontro al pallone di Higuian inganna due difensori dell'Udinese e Gabbiadini attacca meravigliosamente lo spazio alle loro spalle. Riesce a prendere il tempo all'esterno dell'Udinese (Pasquale) non per la velocità ma perché intuisce una frazione di secondo prima lo sviluppo dell'azione e durante la corsa riesce anche ad indicare ad Hamsik, con il braccio, i tempi e i giri del pallone che vuole ricevere. Hamsik esegue alla perfezione, Gabbiadini è davanti al portiere. Troppo facile per lui, Manolo è freddo, di ghiaccio: se c'è un'altra dote che balza agli occhi è la sua freddezza. Goal.


La lettura dello spazio è perfetta, sembra che riesca a tenere lo sguardo contemporaneamente sul pallone e sullo spazio da attaccare


Trabzonspor - Napoli


Lettura  degli spazi, capitolo 2. Qui però ci aggiunge un controllo a seguire di un eleganza soprannaturale. Con un solo tocco: stoppa il pallone, evita i difensori, si gira, evita di nuovo i difensori, si prepara a tirare anzi si prepara a tirare sotto le gambe del portiere. E ritorniamo alla semplicità, all'essenzialità, alla linearità, all'efficacia, alla freddezza. Goal.

Higuain si abbassa e lui capisce subito che deve attaccare lo spazio lasciato libero, capisce dove posizionarsi, capisce dove arriverà il pallone e capisce come dovrà controllarlo.


Palermo - Napoli

Il Napoli subisce tremendamente il Palermo, Gabbiadini entra quando i rosanero conducono già per 2 a 0, gioca una quarantina di minuti e fa in tempo a segnare uno dei gol più strani della sua carriera.
La traiettoria della punizione è stranissima e sorprende sia la difesa che l'attacco, sembra sorpreso anche Gabbiadini (stava andando da un'altra parte) ma con la sua consueta "linearità" non si scompone e colpisce la palla delicatamente con il tacco. La palla non cambia direzione e il portiere viene beffato.



Sarebbe bello pensare che per ogni Gabbiadini attaccante messo sulla fascia ci sia un Gabbiadini esterno schierato attaccante. Sarebbe ancora più bello immaginare una selezione naturale al contrario in cui i giovani calciatori non devono adattarsi alle esigenze e alle necessità della squadra ma possono esprimere le proprie qualità al massimo perché messi nelle condizioni ideali per farlo.
Allora potremmo rivolgerci al Darwin giornalista invitandolo a non parlare più di calcio perché ne capisce poco: 
"Sir Charles, la prego, la smetta con questa teoria dell'evoluzione applicata ai giovani nel calcio italiano. Un giorno Gabbiadini diventerà un grandissimo attaccante, deve solo trovare l'allenatore giusto...".


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