domenica 19 luglio 2015

Il Cigno di Fresno

Un giovane dalle belle speranze scopre di avere un dono speciale, ben oltre la pallacanestro. Questo è Isaiah Austin.

di Leo Kevin Fisher




Isaiah è un ragazzotto tutto casa e chiesa.

Nasce a Fresno nel 1993, in quel tranquillo countryside californiano, dove la cosa che spaventa di più gli abitanti è il caldo. Isaiah, il nome è di uno dei cinque maggiori profeti, ed assieme ad Elijia, uno dei più importanti di tutta la Bibbia, ha un dono. Fin da piccolo. Quando odiava il caldo ed andava a giocare al parco a pallacanestro. Perché a Fresno, in California, dove i neri sono meno del 9% della popolazione, i neri giocano a football. Non c'è altro sport, addirittura nel 2003 c’hanno buttato il calcio, a Fresno, poi 7 anni dopo l’hockey, fate vobis.

Quando frequenta la Grace Preparatory Academy, per permettersi di seguire il suo sogno di giocare un giorno assieme ad i grandi di questo sport, e si sposta in Texas, lì fa ancora più caldo. Perché ad Arlington, nel centro del Texas, si muore di caldo.

"Cazzo giochi a basketball, negro", si sentirà dir spesso.



A 14 anni era già quasi due metri, pesante si e no come una lattina schiacciata a terra dalla numerossima confraternita di armeni presenti in città. 
Qui c'è poco di classico film americano, ma tanta vita reale, quella che deve e farà riflettere. 
Isaiah ha un dono. Con i suoi 216 cm e con due braccia chilometriche, veleggia con estrema eleganza per il court e muove la retina in un'università privata chiamata Baylor, un famosissimo college texano dove i cosiddetti negri fanno esultare cotidie tutti gli spettatori in tutte le discipline, dal football al lacrosse. E soprattutto nel football, con quelle splendide divise verde  scuro ed oro, dove svetta la grande scritta BU un po' ovunque. 

L'università costa, ed anche tanto, ma Isaiah ha quel talento per il quale coach Drew, un cristianissimo bianco, spenderebbe volentieri una borsa di studio per lui. Entra la prima volta con i Bears al Ferrell Center nel 2012, e subito stupisce. Da freshman viaggia a 13 punti, 8 rimbalzi ed una stoppata abbondante in meno di 30 minuti
È bello, vederlo giocare, è sublime, dinoccolato ma aggraziato, con il suo classico movimento di piedi che ricorda una ballerina sul dolce legno del palco. Nel 2013 si dichiara al Draft NBA. Ma sfiga vuole che si infortuna ad una spalla, deve saltare il Draft e tornare al college.  Da sophomore va ancora meglio, visto che tutti i 10 mila del palazzo non vedono l’ora di vedere volare quel leggiadro aquilone per il campo.


Altra stagione super, da leader, e finalmente è pronto per essere eletto nell’Olimpo del basket, l’NBA, Draft 2014. Nel quale, poi, non verrà mai scelto. Quella retina la fa muovere tanto e bene, se ne sta accorgendo anche quel volpone di Masai Ujiri, GM dei Toronto Raptors, pronto a dargli subito l’opportunità di vederlo all’opera durante l’estate.
Isaiah ha un dono. Nascosto, ma lui lo chiama comunque un dono di Dio. Perchè lui è fortunato, lo ripete sempre. 

Isaiah ha la sindrome di Marfan, la quale distrugge lentamente tutti i tessuti molli del corpo, nel peggiore dei casi. Il suo. "Mi hanno detto che non avrei potuto continuare a giocare ad alto livello. Hanno trovato il gene in un campione del mio sangue. Mi hanno detto che le arterie del mio cuore si sono allargate e se facessi degli sforzi eccessivi, potrebbero rompersi. Assieme ad ulteriori problemi di salute. A questo punto sogno che il mio nome venga comunque chiamato al Draft. I hope".
Il 24 giugno 2014 si ritira dall'attività agonistica perchè mette a rischio la sua vita. Il ragazzo ha 20 anni. È cieco da un occhio da quando ne aveva 5 ma l'ha sempre tenuto nascosto pur di giocare, e vincere.

Draft 2014. Silver, l’attuale boss del circus NBA, lo invita come ospite speciale. Sarà l'unico caso della storia in uno sport americano dove un atleta ritirato viene scelto. E soprattutto applaudito, amato. Così, tra la 15° e la 16° scelta, il ragazzo che giocava con i negri di Fresno compie il suo sogno. 

I Boston Celtics, durante l’opening night, colpiti dall’amore del ragazzo per il basketball, decidono di ritirargli simbolicamente la canotta. In un tempio, come il Garden, emozionato e raccolto in preghiera.


Oggi Isaiah sta finendo di studiare al college, il futuro non lo vuol sapere. Perchè come ripete spesso, "We are in Gods hands". L'unica cosa che sa è quella di dar una mano al prossimo, grazie anche all'aiuto del movimento NBA nel mondo.

"I want people to know they can push through anything, because I've done it," he said. "I just want them to know they have the power within themselves to do it if they keep faith and a positive attitude."


Isaiah fa capire quanto sia importante crederci, sempre. Aggiungete voi in cosa. 

Isaiah Austin


Articolo a cura di Leo Kevin Fisher

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