Eurobasket 2015 preview: Francia. di Marco Braini in collaborazione con Pick&Pop Culture
Il roster
La stella: Tony Parker Il franco-belga ha vissuto una stagione NBA a dir poco travagliata, culminata con dei playoff da 10 punti a partita e 36% dal campo, e ora, dopo essersi riposato, proverà a togliersi un’altra soddisfazione con la nazionale. Un girone piuttosto agevole gli permetterà di carburare: il pick and roll di Parker è ancora quanto di più illegale si possa trovare in ambito FIBA (figurarsi poi se giocato col "compagno di merende" Boris Diaw).
Una statistica semplice e veloce per quantificare l’impatto del play degli Spurs: nelle ultime quattro edizioni di Eurobasket viaggia a 19 punti di media ad ogni allacciata di scarpe…
Parker vs Spagna. Eurobasket 2013, semifinale.
Il coach: Vincent Collet
La carriera di Collet sulla panchina francese è stata un’autentica escalation di successi: argento ad Euro2011, oro ad Euro2013 (il primo di sempre dell’equipe de France) e un impronosticabile bronzo agli scorsi mondiali, mostrando la solita incredibile capacità di adattarsi ai "12" a sua disposizione. Per la prima volta potrà usufruire del roster completo, e provare anche un assetto con due lunghi veri (Lauvergne da PF ad esempio) oltre allo small ball con Batum o Gelabale da 4, tanto caro al coach dello Strasburgo.
Il quintetto base
Anche Nicolas Batum come TP9 ha dovuto fare i conti con gli infortuni. Dopo aver concluso i mondiali in modo clamoroso (35 punti rifilati ai serbi in semifinale e 27 alla Lituania nella finale di consolazione) ha vissuto, a sua detta, la sua peggior stagione NBA da quando è sbarcato oltreoceano. Nonostante ciò, lui e Mickael Gelabale restano due giocatori in grado di "riempire" il tabellino in ogni voce statistica, e colpire con regolarità da tre punti.
Boris Diaw è una certezza, una point forward capace di leggere le situazioni in attacco come un play e di difendere su tre ruoli è un lusso che poche nazionali si possono permettere (e "Bobo" si sta già allenando duramente…).
Il quintetto è quindi il solito, con l’unica differenza di Rudy Gobert al posto di Noah (rinuncia dovuta a "precarie condizioni fisiche"). Il lungo degli Utah Jazz è salito alla ribalta la scorsa estate, confermandosi ad alti livelli anche con la squadra di club: 9.5 rimbalzi e più di 2 stoppate a partita, e il 40% concesso al ferro agli avversari. Nell’area francese non si tirerà…
La panchina
…anche perchè il suo cambio sarà il giovanissimo Mouhammadou Jaiteh, prospetto NBA che a soli 20 anni ha già in bacheca una coppa di Francia ed un’Eurochallenge; chiude il pacchetto lunghi un Joffrey Lauvergne pronto a garantire fisicità e sportellate sotto le plance e pericolosità dal perimetro.
L’unico, piccolissimo punto debole della Francia potrebbe essere la mancanza di un vero e proprio numero 3: per non stremare Batum e Gelabale, sarà costretto a fare gli straordinari in questo "spot" Evan Fournier. Arrivato ad Orlando sostanzialmente in cambio di Arron Afflalo, ha vissuto una fine di 2014 esaltante, calando poi la sua produzione offensiva conseguentemente a problemi fisici e al ritorno in quintetto base di Oladipo.
I cambi del cosiddetto "backcourt" fanno letteralmente impressione:
– Nando de Colo, che dopo essere stato psicologicamente distrutto dal sergente Gregg Popovich, ha zittito i tanti critici con una stagione di Eurolega balisticamente clamorosa (50% da due, 47% da tre e 92% ai liberi);
– Antoine Diot, uno degli ultimi esemplari di vero e proprio playmaker rimasti sul pianeta Terra. Il nuovo play del Valencia è un uomo fidato di Collet, tanto da preferirlo nei "12" ad una pedina fondamentale nella conquista del bronzo mondiale come Thomas Heurtel.
Il pronostico Fisici e profondi come nessuno, ai francesi non basterà vincere il girone per evitare un accoppiamento durissimo agli ottavi (Italia? Germania?), ma se supereranno questo scoglio la strada verso la "zona medaglia" sarà piuttosto agevole. Detto questo si punta all’oro, senza se e senza ma.
La sbornia ungherese è già smaltita: a Spa è doppietta Mercedes.
Non manca però lo spettacolo: ecco tutti gli spunti offerti dalla gara belga. Compresa l’esplosione dello pneumatico di Vettel…
di Federico Principi
Quando poche settimane
fa abbiamo iniziato il nostro percorso sulla Formula 1, il capo mi ha chiesto
di dare un nome alla rubrica di analisi post-gara. Non ho trovato una sigla
migliore (e per altro neanche troppo originale) di “A motori spenti”. Ecco,
d’ora in poi sappiate che nel blog potrete trovare le mie pallosissime (ma mi
auguro azzeccate ed accurate) disquisizioni sul Gran Premio appena trascorso
proprio sotto quella dicitura: “A motori spenti”.
A motori spenti nel
calcio, cioè con le gambe rinfrescate dalla doccia post-partita, molto (troppo)
spesso si accendono le polemiche. Consuetudine fortunatamente limitata nella
quantità in uno sport decisamente più borghese come l’automobilismo, e
sicuramente più moderata nei modi e nei toni. La faccia di Vettel nelle
interviste a fine corsa era tuttavia fin troppo indicativa dello stato d’animo
che un pilota può avere dopo lo scoppio di uno pneumatico a due giri dalla
fine, che gli ha pregiudicato un podio meritato e costruito con una tenacia
sensazionale.
Supremazia tecnologica tedesca
Era lo slogan di un
famoso spot pubblicitario, lontano dai tempi della dittatura Mercedes in
Formula 1 e Volkswagen nei rally. Si pensava con un certo fondamento che la
pista di Spa fosse una delle migliori in assoluto per Hamilton e Rosberg: una
vettura veloce sia nel dritto, grazie al propulsore, sia nei lunghi curvoni
delle Ardenne, amatissimi da piloti ed appassionati, grazie all’efficienza del
telaio e al carico aerodinamico oltre che ad una nuova ala posteriore. La più
facile e sicura doppietta dell’anno, forse: quando la Ferrari non era stata
competitiva, a Silverstone, ci aveva pensato la Williams ad infilare i due
piloti davanti nei primi giri. Nonostante una partenza di Rosberg simile a
quelle che facevo io nelle prime due guide con mio padre quando avevo
diciassette anni, nessuno ha mai messo in realtà in discussione la doppietta
argentata.
Alle spalle dei due
carri armati, un plotone di motorizzati Mercedes ha invaso la Q3. Di
conseguenza, ovviamente, hanno disturbato la gara delle più guidabili ma meno
potenti Ferrari e Red Bull, e il sospetto è che a Monza questo potere derivante
dai cavalli si amplificherà ulteriormente. Red Bull ha infatti compensato la
straordinaria agilità nel settore centrale, derivante dal sempiterno telaio
Newey, con un abbassamento del profilo dell’ala posteriore che ha decisamente
aumentato la competitività anche nei tratti più veloci della pista, molto
lunghi e fondamentali per i sorpassi. Tutto ciò ha permesso a Daniel Ricciardo
di essere l’unico nelle prime quattro file dello schieramento (per tempi in
qualifica, anche se poi Grosjean sarà penalizzato per la sostituzione del
cambio) a non montare un motore con la stella a tre punte. A Monza però avranno
tutti lo stesso assetto, col minimo carico possibile, e di conseguenza la
potenza dei propulsori Mercedes potrebbe sbaragliare la concorrenza. Motore Mercedes
che i più informati sostengono che in Red Bull avranno nella prossima stagione.
Ci sarà da tremare…
Trova l’intruso: è Nico
Hulkenberg l’unico Mercedes out dai primi 8 al sabato. Addirittura eliminato in
Q2 con l’undicesimo tempo, una sorpresa enorme vista l’altissima competitività
che la Force India ha mostrato fin dalle prove libere e che ha poi confermato
con Sergio Perez. Forse i problemi alla power unit avuti dal tedesco nel giro
di formazione potrebbero essere riconducibili direttamente alla qualifica? Il
calo di potenza durante la ricognizione è stato intermittente, non è da
escludere che l’ultimo giro della Q2 sia stato parzialmente condizionato da
lievi inefficienze meccaniche.
Silverstone, Spa,
Suzuka: trittico terribile per la Ferrari, almeno secondo Arrivabene. Tracciati
piuttosto simili, con i lunghi curvoni che tanto piacciono in Red Bull, con
l’aggiunta delle gomme hard in Inghilterra che da sempre la Rossa ha grossi
problemi a mandare in temperatura, che deve avere un range molto ristretto. A
giudicare dalle prestazioni sul circuito britannico la vera antagonista della
Mercedes in Belgio avrebbe dovuto essere la Williams, anch’essa ovviamente
equipaggiata Mercedes. Tremendamente deludenti invece sia le prestazioni in
qualifica, sia il passo alla domenica, sempre dietro a Force India e Lotus: con
l’aggiunta del comico episodio capitato a Bottas, di cui parleremo più avanti,
il brutto avvio del finlandese e la perenne mancanza di ritmo di Massa, il
weekend di Sir Frank è stato terribilmente agitato. Molti danno la Williams
favorita a Monza, per via del bassissimo carico della FW37: le velocità di
punta più alte in Belgio le ha registrate la Force India, chissà quanto incide
il muso con le narici in questi rilevamenti. E chissà se in Italia la Williams
tornerà ad essere la vettura più veloce.
Un kit esplosivo
Simili a quelli dei
kamikaze, pronti ad esplodere da un momento all’altro: così i treni di gomme
portati dalla Pirelli in Belgio. Esattamente il motivo per cui abbiamo parlato
in precedenza di un Vettel scuro in volto: avrebbe volentieri scambiato il
proprio incidente con quello avuto da Rosberg nelle libere. Il pilota della
Mercedes aveva riportato un taglio nello pneumatico che aveva iniziato a
sfilacciarne la carcassa e a perdere aria sin dall’uscita del Raidillon, prima
di cedere violentemente poco prima del veloce curvone Blanchimont. Vettel ha
invece assistito all’improvvisa e sicuramente non preannunciata esplosione della
stessa gomma, posteriore destra, ma nel momento clou della gara. E sempre
all’uscita del Raidillon.
Sopra l’esplosione capitata a Rosberg. Si vede già dal Kemmel come la
gomma stia perdendo aria e si stia lentamente sfilacciando fino a scoppiare
prima del Blanchimont.
Sotto, l’esplosione di Vettel in gara.
La polemica
innescatasi, accennata nella nostra introduzione, ha surriscaldato il
post-gara: Sebastian non ha avuto alcuna remora nell’indicazione dei tecnici
Pirelli come unici responsabili dell’infortunio, precisando che qualora
l’esplosione si fosse verificata 200 metri in anticipo Seb avrebbe avuto grosse
conseguenze a minare la propria incolumità. Ponzio Pilato Hembery si è
affrettato ad incolpare invece i tecnici Ferrari per aver permesso una
strategia (gli unici in gara) con una sola sosta, con lo pneumatico medio
costretto a 28 giri di lavoro. Smascherato da Sky, durante la gara aveva invece
detto che «i problemi non saranno di
usura, ma di decadimento della prestazione». Decadimento della prestazione
che altro non è che la traduzione del termine “degrado”, concetto differente
dall’”usura” fisica di uno pneumatico. È avvenuto l’esatto contrario, col
vecchio volpone Paul prontissimo a cambiare radicalmente idea dopo la gara.
Hembery ha inoltre
tirato fuori un vecchio documento che attestava l’intenzione di Pirelli di
porre un limite all’uso di un treno di gomme nell’ordine del 30% della gara per
le mescole più morbide e del 50% per le più dure, non approvato e
conseguentemente non sottoscritto dalle squadre. Percentuale superata in Belgio
da Vettel con le medie. L’ingegnere Adami aveva ripetutamente chiesto a Seb
informazioni riguardo lo stato degli pneumatici: «Tyres are ok» la risposta, proprio quella che voleva sentire.
Anche se Grosjean stava riducendo il gap in maniera consistente, con la stessa
mescola però più giovane di 7 giri, la strategia di Vettel pareva corretta e
supportata dai dati: «Siamo la Ferrari,
non faremmo mai una strategia che mette a rischio la salute del pilota. Avevamo
dei dati confortanti». Parole di Arrivabene. Scelta favorita anche da un paio
di passaggi sotto Virtual Safety Car (a proposito, ne parleremo
dettagliatamente nelle pagelle), nei quali si è notevolmente ridotto il
degrado, dal rischio pioggia paventato per la parte finale di gara e
dall’abbassamento della temperatura dell’aria nella seconda metà della corsa:
tutto sembrava dare ragione alla Ferrari, che più volte ha dimostrato maggiore
capacità di contenere il consumo gomme rispetto a tutti gli altri. In Malesia
in particolare…
Rosberg si è schierato
con Vettel nelle perplessità sull’affidabilità degli pneumatici Pirelli, Toto
Wolff ha invece sollevato incredulità parlando di detriti in pista.
Aggiungendo, e questa suona quasi come una presa in giro, che in Mercedes
avevano messo in conto i rischi e per questo motivo si sono sentiti in dovere
di impostare una strategia su due soste. Parlare a posteriori è facilissimo,
specie dopo una comodissima doppietta vissuta sull’amaca. Soprattutto perché
uno pneumatico usurato dovrebbe dare segnali ben visibili da ingegneri e pilota
prima di esplodere: Vettel stava invece contenendo la rimonta di Grosjean,
uscendo addirittura più forte dalle prime curve La Source e Eau Rouge.
Sfruttando il suo manico di qualità, nonché una vettura più bilanciata rispetto
alla Lotus. Ed anche gomme ancora performanti, altroché.
Minuto 1.38:25. Marc Gené: «Vettel fa benissimo Eau Rouge».
“Onde statiche”:
materiale per i fisici che ci seguono. Un fenomeno normale, ma che a Spa
avrebbe avuto dimensioni esagerate e con effetti decisamente incontrollabili.
Dopo l’esplosione del venerdì in Mercedes avrebbero cambiato qualcosa del fondo
della vettura, riconducendo le cause dell’evento a qualche anomalia di
progettazione, facilmente correggibile. Quella delle onde statiche è invece
un’ipotesi ulteriore: la deformazione degli pneumatici nei curvoni veloci è un
fatto decisamente usuale e per nulla preoccupante, ma molti si sono chiesti se
il fenomeno non abbia preso una piega eccessiva durante il weekend belga,
arrivando ovviamente alla conclusione che i treni di gomme Pirelli non fossero
sufficientemente adeguati ai parametri di sicurezza.
La ruota sparita
Sono abbastanza
giovane, ma abbastanza vecchio per ricordare (dai primissimi anni in cui
seguivo la Formula 1) il famoso episodio della “ruota sparita”. Eddie Irvine,
Nürburgring 1999: l’irlandese si giocava il titolo con Hakkinen, ma in un
famoso pit stop subì un interminabile ed incolpevole ritardo. La posteriore
destra era scomparsa. Non fu in realtà quello il turning point decisivo della gara, né tantomeno quello del
campionato che l’irlandese perse per colpa dell’ennesima partenza alla moviola di
Schumacher, a Suzuka.
Minuto 10:17: inizia il pit stop di Irvine. Nonché lo sdegno dei
meccanici che presto si accorgono che qualcuno (con ogni probabilità l’addetto
alla posteriore destra) non ha provveduto a portare la ruota.
A un certo punto della
diretta, dopo la prima tranche di pit
stop, è apparso un replay abbastanza inquietante della sosta di Bottas, da ambo
i lati della vettura. Il momento di titubanza di commentatori e appassionati si
è concluso nell’istante in cui è stato scoperto che al finlandese avevano
montato tre soft ed una media, la posteriore destra, per un clamoroso errore di
un meccanico rimasto lì a guardare a distanza con la ruota in mano. La stessa
posteriore destra che arrivò con un diverso fuso orario nella famosa sosta di
Eddie Irvine.
Quel meccanico là davanti cosa guarda? Ecco tutto il “caso Bottas”,
fino al “drive through”.
Quali erano stati gli
pneumatici esplosi a Rosberg e Vettel? I posteriori destri, naturalmente. La
scelta Williams era stata consapevole per limitare il degrado in quel
particolare lato della macchina? Manovra da Campionato Endurance, o da
Motomondiale, ma che in Formula 1 è decisamente vietata. La mossa degli uomini
Williams era stata tuttavia tanto sbadata e assolutamente casuale quanto
inconsapevolmente intelligente, andando (per errore) a proteggere il lato più
debole della vettura. Per questo motivo, nonostante abbiano poi scontato una
penalità, hanno lasciato in pista Bottas con quel treno “misto” di gomme: i
tempi non erano per niente male. Simile discorso si potrebbe fare per
rinforzare l’anteriore sinistra nel Gran Premio della Cina, la più sollecitata
in assoluto sulla pista di Shanghai: ma ciò non impedirebbe a Charlie Whiting
di comminare un drive through come
nel caso di Bottas. Ingegneri, fate il vostro gioco.
Le pagelle di Fuori dagli Schemi
Le avevamo introdotte
per la prima volta per l’Ungheria, le riproponiamo per Spa: severi, puntuali,
rigorosi, meritocratici. Con un pizzico di sana ironia che non travalica la
serietà delle analisi.
10 E LODE – al
CIRCUITO: Mi sono innamorato di Spa-Franchorchamps giocando ad un vecchio
videogame del 1997, il primo della mia vita. Nonostante la tenera età di 5 anni
avevo già intuito le difficoltà e il fascino che la pista delle Ardenne
propongono. Curve di tutti i tipi, dal tornantino di La Source, passando per la
violentissima decelerazione della nuova Bus Stop, attraverso le “S”
estremamente veloci e in continui cambiamenti di pendenza: salita verso Eau
Rouge, discesa alla lunga Rivage. Doppia velocissima chiamata Pouhon, fino al
punto che tuttora in un realistico simulatore di una sala giochi mi resta
decisamente antipatico: Blanchimont. “Curva” che Hamilton in qualifica ha
affrontato in pieno ad oltre 320 km/h, ma che in gara (con 100 kg di carburante
addosso) non è per nulla semplice da gestire, dovendo alzare il piede e
soprattutto badare con grande attenzione all’angolo di sterzata e allo
scorrimento della vettura. Per non perdere troppa velocità di punta,
fondamentale anche per i sorpassi alla Bus Stop. Un vero capolavoro di
progettazione, non si offenda Hermann Tilke.
La meravigliosa pole di Lewis.
LEWIS HAMILTON oltre ad aver compiuto un giro pressoché perfetto
(proprio questo qui sopra) ha aggiunto una performance inattaccabile la
domenica. Dopo aver sofferto in partenza praticamente in ogni occasione
precedente, l’inglese ha tratto giovamento dal cambio della procedura dello
start, reso ora interamente nelle mani del pilota senza aiuti elettronici.
Vittoria indiscutibile, eccezion fatta per la fase di Virtual Safety Car nella
quale Rosberg gli ha mangiato un secondo abbondante, e della qual circostanza
l’inglese si è stavolta giustamente lamentato. Ripristinando poi dopo la
ripartenza le gerarchie interne, senza discussioni.
Massimo dei voti anche
per la SPAVALDERIA DI VERSTAPPEN: «Ho un po’ abbassato il mio limite»
aveva detto il teenager della Toro Rosso dopo lo spaventoso incidente di
Montecarlo. Per fortuna… Max sembra aver perfino oltrepassato i confini
esplorati dall’aggressività di Perez e Maldonado, ma con una sicurezza e una
confidenza nei propri mezzi nettamente superiori, per arrivare a parlare perfino
di presunzione. L’attacco a Nasr all’esterno al Blanchimont è da folli,
soprattutto dopo aver visto 24 ore prima uno spaventoso incidente capitato a De
Jong in GP2 proprio per lo stesso motivo. Lo stesso Nasr poteva a più riprese
difendere la posizione in modo più deciso ed aggressivo, ma forse ha preferito
lasciare andare una vettura più veloce, evitando qualsiasi tipo di pericolo.
Senza timori reverenziali Verstappen si è lanciato anche in una crociata contro
il vecchio campione Raikkonen, ma ha sporto troppo il petto staccando lungo a
Les Combes e restituendo la posizione. Vettel stava compiendo un capolavoro con
una sola sosta, Verstappen ne ha compiuto un altro ma fermandosi per ben tre
volte.
Sopra, tutti gli highlights di Verstappen fin dalla partenza. Paurosi i
sorpassi su Alonso e Nasr, rispettivamente all’interno e all’esterno del Blanchimont.
Da brividi.
Sotto, l’incidente di De Jong che non ha per nulla spaventato
Verstappen, che ha ripetuto la stessa identica manovra su Nasr.
Chiudiamo col bacio
accademico anche per i CAVALLI MERCEDES:
due stagioni di monopolio motoristico, accentuate nei tracciati con lunghi
rettilinei. Per ulteriori approfondimenti vedere la prima parte dell’articolo.
10 –a SEBASTIAN
VETTEL: Lo avevamo eccessivamente lodato nel nostro articolo recente? Lo
abbiamo addirittura gufato? In qualifica forse per la prima volta commette un
errore, in staccata alla Bus Stop, perdendo decimi preziosi. Un nono tempo che
diventa ottavo posto in griglia per la sostituzione del cambio di Grosejan, unica pecca
del weekend del tetra-campione del Mondo. Un’altra gara capolavoro: la partenza
eccezionale, il violento cambio di direzione verso La Source che lo proietta
qualche posizione in avanti, la capacità fuori dal comune di contenere il
consumo delle gomme soft prima e medie poi. Vettel sta facendo l’Alonso degli
scorsi anni, accendendo a massimo regime il cervello oltre che il motore. Nel
finale meriterebbe il podio, scacciando a distanza di sicurezza Grosjean
uscendo più forte sia da La Source che dal complesso Eau Rouge-Raidillon. Del
caos Pirelli potete trovare spiegazioni approfondite sopra.
ROMAIN GROSJEAN mancava sul podio da Austin 2013. Ci volevano la
power unit Mercedes, una vettura piuttosto scarica che (guarda caso) in Canada e
Austria aveva ottenuto le migliori performance. Ci volevano soprattutto un
ritmo martellante, la fortuna di rientrare per il secondo cambio gomme sotto la
Virtual Safety Car. Compensata però dalla scarogna di dover sostituire il
cambio e perdere così la seconda fila meritatamente conquistata con il tempo
della Q3. Romain aveva confidato di aver «parlato»
con l’entourage della Ferrari per spodestare Raikkonen, ma contatti veri
non ce ne sono stati. Pilota aggressivo e da sempre talentuoso, non sempre
costante, con l’esperienza ha smussato le spigolosità della sua guida senza
compromessi. Meritata la felicità del post-gara.
9 – a MAX
VERSTAPPEN: «Your ambition is more
than your talent», disse Casey Stoner infuriato nei confronti di un
Valentino Rossi che scivolando sull’asfalto viscido di Jerez, aveva tirato giù
anche l’australiano durante un tentativo di sorpasso. Decisamente esagerata, e
forse anche da gran presuntuoso, la citazione di Stoner andrebbe invece
ricordata e riportata a qualche personaggio che in passato (ma anche nel
presente) ha calcato le piste della Formula 1. Kamikaze Sato, lo stesso
Grosjean che tre anni fa fu squalificato per un Gran Premio dopo reiterati
speronamenti (ma dai quali ha poi tratto insegnamento anche grazie ad una psicologa), Pastor Maldonado.
Qualcuno ha provato a far rientrare in questa categoria anche Max Verstappen:
Felipe Massa, dopo Monaco, ha pesantemente apostrofato l’olandese e il suo
comportamento in pista, chissà quanto sinceramente e quanto invece a scopo
intimidatorio nei confronti di un minorenne. Il problema è che questo ragazzo
va veramente forte, e con una strategia a tre soste conclude la gara come
ultimo vagone del trenino con Perez-Massa-Raikkonen. Tutti con vetture più
performanti della sua, tutti partiti decisamente più avanti. Qualcuno sospetta
un investimento Ferrari su di lui entro un paio d’anni…
DANIEL RICCIARDO: è lui lo sbirro infiltrato per controllare da
vicino tutte le power unit Mercedes sullo schieramento di partenza. Annientato
il compagno in qualifica, stavolta l’australiano non ha problemi in partenza,
suo storico tallone d’Achille. Al momento del ritiro è in quinta posizione
davanti a Vettel: verosimilmente sarebbe stato quello il suo risultato finale
ma con Vettel davanti e Perez dietro. Sarebbe diventato quarto posto dopo il
problema alla gomma di Sebastian, chiudendo davanti a Kvyat che gli mangia
invece punti preziosi nella lotta interna, scavalcandolo.
Minuto 59:58: on board con Ricciardo che va in panne all’improvviso,
ritirandosi.
8 – a SERGIO
PEREZ: Fulminato il compagno in qualifica, uccellati Bottas e Rosberg in
partenza, arriva addirittura in cima alla classifica del primo intertempo del
primo giro che compare in alto a sinistra. Semplicemente aveva affiancato
Hamilton nel Kemmel, prima di essere rispedito in purgatorio dal Campione del
Mondo con una staccata che lascia poche discussioni. Le gomme sulla sua Force
India si degradano più velocemente delle Big Babol ma nonostante tutto riesce
ad attuare una strategia di due soste. Che lo penalizza nel finale, quando
Kvyat ha più ritmo e lo svernicia con pochi convenevoli.
DANIIL KVYAT come già detto prima ha sorpassato Ricciardo nella
classifica mondiale. Non è certo questa la fattispecie che mina la pulizia
della fedina penale di un australiano non sempre concentrato durante l’arco
della stagione. Kvyat ha tuttavia mostrato una sfrontatezza e un’abilità fuori
dal comune per un ragazzo della sua età su un tracciato come quello di Spa,
vero e proprio sudoku della Formula 1. Dove l’esperienza dovrebbe invece
giocare un ruolo chiave. I sorpassi nel finale hanno divertito il pubblico e il
pilota russo, palesando una confidenza in se stesso e nella vettura che nella
prima parte di stagione latitava considerevolmente.
7 –a KIMI
RAIKKONEN: Ci si aspettava un team radio pieno di “bip” quando la SF15-T ha
deciso di abbandonare il finlandese in Q2. Quattro volte vincitore nelle
Ardenne, con un’altra gara in mano buttata nel 2008, dopo la fantastica
prestazione a Budapest e il rinnovo di contratto alla vigilia Kimi era
piuttosto carico. Partire dalla sedicesima piazzola era decisamente fuori dai
piani del finlandese e degli ingegneri, che per toglierlo dal traffico hanno
deciso di aggiungere una sosta rispetto al compagno Vettel, equiparandolo a
tutti i rivali e permettendogli di sfruttare fino in fondo il proprio ritmo
gara. Alla fine si accoda a gente come Massa e perfino Perez, che nel primo
giro aveva addirittura seriamente minacciato Hamilton…
Il problema avuto da Kimi in qualifica: bruttissimo il rumore
proveniente dalla vettura.
Era raggiante in volto
ai microfoni CARLOS SAINZ dopo la
qualifica: «Non era nei nostri piani
ottimistici entrare in Q3». Battuto di nuovo Verstappen nonché Hulkenberg dotato
di una cavalleria di altre categorie, e perfino il pilota della sorella
maggiore, Kvyat. Un giro perfetto punito da qualche astro che vuole davvero
male allo spagnolino, appiedato per il terzo Gran Premio consecutivo da
problemi tecnici. Per quanto Verstappen si stia dimostrando coriaceo ma anche di
qualità, la differenza tra i due in termini di punti non rende giustizia al
talento di entrambi. Diverso, Max più aggressivo e sfrontato e Carlos più
costante e più abile nel set-up, ma ugualmente efficace e potenzialmente da
campioni.
6 – a MARCUS
ERICSSON: Non sappiamo se per meriti propri o crisi di identità del
compagno di squadra, che ha comunque sofferto con i freni durante tutta la
gara, ma i cronometri continuano a piazzare il suo nome sopra quello di Nasr in
tutte le occasioni che contano. Sarà un errore del software? Lo svedese
ringrazia e si porta a casa un altro punto, fondamentale per tenere a debita
distanza la McLaren nel Mondiale Costruttori
ROBERTO MERHI vince ancora nella categoria GT, portandosi in
vantaggio sul compagno Stevens per 6-4: soffre ancora in qualifica ma il passo
gara sembra su livelli comunque troppo elevati per l’inglese. Forse la
contemporanea partecipazione alla Formula Renault 3.5 favorisce lo spagnolo
nell’abitudine al ritmo nel weekend di gara? Non è dato sapere. Per ora continuiamo
a gustarci questo appassionante duello intestino alla malandata Manor Marussia.
5 –ai PILOTI
McLAREN: Dopo la qualifica Button sostiene di aver compiuto uno dei
migliori giri della sua vita, ma nonostante tutto (e c’era da aspettarselo) il
taglio della Q1 è ancora un ostacolo insormontabile, per lo meno sulle piste
veloci, a dispetto dei tre gettoni spesi da Honda. Fernando Alonso becca mezzo
secondo in qualifica, ma in gara scatta meglio e almeno si aggiudica la competizione interna. Ah, dimenticavo: insieme hanno totalizzato 105 posizioni di penalità
in griglia. Inutile rimarcare che questo è un nuovo record, vale la pena invece
soffermarsi sull’assurdità del regolamento sul cambio delle power unit.
VALTTERI BOTTAS aveva per una volta stupito anche i più scettici,
facendo segnare il primo tempo degli umani in qualifica. La locomotiva di un
trenino racchiuso in una manciata di centesimi dietro Lewis e Nico. Scatta
male, scalzando l’immobile Rosberg ma facendosi risucchiare da Perez e un
Ricciardo che non ti aspetti sui blocchi di partenza. Quando viene attaccato
dal tedesco della Mercedes, Valtteri dimostra poca intelligenza: tentando una
difesa strenua e perfino un impossibile controsorpasso a La Source, il
finlandese si fa infilare anche da Vettel. Che doveva essere il suo compagno di
squadra l’anno prossimo… La delusione c’è. Totalmente incolpevole, ovviamente,
nell’episodio del pit stop con le due mescole montate, ottiene il minimo
sindacale piazzandosi nono davanti alle due lente Sauber.
Dal minuto 22:27 il duello Rosberg-Bottas. Il finlandese finisce per
essere scavalcato anche da Vettel.
4 –a FELIPE MASSA:
Semplicemente non ha il passo. Si fa battere da un motore Renault al sabato
e la domenica non è mai competitivo. Conclude dietro gli scarichi di un Perez
velocissimo in termini di prestazione ma altrettanto rapido nel bruciare gli
pneumatici, ma sotto la bandiera a scacchi vede nitidamente gli sponsor sulla
livrea rossa di Kimi Raikkonen che era partito dieci posizioni più indietro. Un
vero disastro, comparato a quello che aveva invece fatto vedere sulla pista di
Silverstone, piuttosto simile, dove in caso di gara totalmente asciutta avrebbe
persino dovuto vincere. Se però al suo box ci fosse gente con competenza ed
intelligenza su valori medi.
3 –ai GETTONI
HONDA: Quando la Honda ha annunciato il proprio ritorno in Formula 1
accanto ad un marchio ricco e prestigioso come McLaren, era abbastanza
automatico collegare le immagini di Button e Alonso con quelle di Prost e
Senna, che hanno scritto pagine di storia, senza per forza equipararne talento
e capacità di guida. La McLaren ci ha giocato ovviamente a livello di
marketing, accostando Fernando alla storica vettura del 1988. Quella delle 15
vittorie su 16 Gran Premi, per intenderci, percentuale perfino superiore alle
Mercedes attuali. Non sappiamo quanto effetto boomerang abbia invece scatenato
questo matrimonio in pompa magna: un po’ come quelli sfarzosi delle case reali,
i riflettori sono sempre pronti a fotografarne successivamente ogni singolo
istante. Nessuno aveva probabilmente notato invece quanto il più recente
passato di Honda in Formula 1, come costruttore integrale, fosse stato
decisamente fallimentare: ad una stagione 2006 di buon livello, con la
rocambolesca vittoria dello stesso Button in Ungheria, seguiranno altre due
annate mediocri. Il ritorno con le nuove power unit, di una complessità disarmante,
a livello di risultati è stato ancora più traumatico. In molti, come vi avevamo
già specificato, pensano che lo schema proposto da Honda sia talmente avanzato
da essere perfino più competitivo potenzialmente di quello Mercedes. Nonostante
questo, Alonso ha più volte mostrato scetticismo sulla competenza dei
giapponesi: anche se lo spagnolo non è nuovo e nemmeno disabituato a continue
lamentele. Honda portava un’evoluzione della power unit che prevedeva l’impiego
di ulteriori tre gettoni, ma contemporanea penalizzazione: Alonso e Button sono
all’ottavo motore termico. Honda aveva ottenuto una deroga di un’ulteriore
power unit utilizzabile in stagione, cinque contro le quattro degli altri
costruttori. Con i tre gettoni, in Giappone hanno modificato camere di
combustione, condotti di aspirazione e disegno degli scarichi. Ma il gap non si
è minimamente ridotto.
2 –alle
PRESTAZIONI DELLA WILLIAMS: Dov’è finita la Williams, dragster
insuperabile? Velocità di punta più alta da oltre un anno a questa parte,
minaccia costante perfino per la Mercedes su piste veloci? Il sospetto che gli
uomini di Sir Frank abbiano caricato un pochino l’aerodinamica, forti della
potenza del motore Mercedes, c’è. Force India e perfino Lotus apparivano
decisamente più rapide in fondo al Kemmel e la bianca inglese è riuscita a fare
a malapena il solletico a Red Bull e Ferrari. Un tentativo di migliorare
l’efficienza sui tratti guidati che ha ucciso quello che invece era il vero
punto di forza della FW37, compromettendone la competitività a Spa. Seconda
forza lo scorso anno a Monza, da tempo si indicava perfino come principale
favorita in Italia in questa stagione: andrà rivisto sicuramente qualcosa.
FELIPE NASR è da tempo ormai sul banco degli imputati. Nuove
lamentele, stavolta riguardanti lo sbilanciamento dell’impianto frenante,
confermato tuttavia dal team ma solo a partire dai primi giri della gara fino
alla fine. In qualifica aveva già beccato quattro decimi da Ericsson, che per
antonomasia molti considerano il pilota pagante per eccellenza. Per non dire
“scarso”. Urgono prestazioni convincenti e punti per scacciare un eventuale
ritorno della McLaren nel Mondiale Costruttori.
1 – a NICO
ROSBERG: Stiamo scendendo negli inferi delle nostre valutazioni e troviamo
il belloccio biondone, prossimo papà. Che continua ancora a sostenere ai
microfoni di essere piuttosto vicino nelle prestazioni a Lewis, dimostrando un
fegato di prima qualità. La realtà è che si prende un altro mezzo secondo in
qualifica e fa una partenza da neopatentato, rischiando lo stallo come i
principianti. La sua rimonta al secondo posto, considerando la superiorità
generale della vettura accentuata enormemente su questo tracciato, è più
prevedibile di un passaggio in orizzontale di Poulsen. Si avvicina a Hamilton
solo in regime di Virtual Safety Car: forse è a quel frangente che si riferisce
quando afferma di essere vicino alle prestazioni di Hamilton. Il Mondiale,
giustamente, si allontana.
Collegato alla scarsità
delle prestazioni di Rosberg è ovviamente il REGOLAMENTO DELLA VIRTUAL SAFETY CAR: i piloti dovrebbero
rispettare un ormai famoso delta time,
ma le differenze sono notevoli. Nico il furbetto ha ridotto di più di un
secondo il gap da Hamilton, entrambe le Mercedes si sono allontanate di oltre
due secondi da Vettel. Distacchi pesantissimi, confrontati alla lotta sui
decimi e perfino sui centesimi a cui si assiste regolarmente nella moderna
Formula 1. Viene il sospetto che la Virtual Safety Car sia perfino meno
meritocratica della Safety canonica. O forse per l’ennesima volta la Formula 1
deve imparare da altre categorie dell’automobilismo. Come avevamo già detto nel
nostro pezzo sulla morte di Bianchi, si potrebbe prendere spunto dalle “slow zones” di Le Mans, dove solo in
quel particolare punto si attiva un limitatore. O magari dalla GP2, dove invece
lo stesso limitatore di 80 km/h si attiva in tutto il tracciato. Con qualche
perplessità, sollevata ad esempio dal pilota della Ferrari Academy, Raffaele
Marciello: se una vettura è a 300 km/h avrà bisogno di un paio di secondi per
scendere sugli 80, chi si trova già in curva sarà invece svantaggiato. In ogni
caso appaiono soluzioni più chiare e sicuramente migliori dell’attuale
regolamento in Formula 1.
0 – a PAUL
HEMBERY: Per la coerenza. Troppo facile dichiarare nel post-gara ad un
giornalista di Autosprint che «nel caso
di Vettel si è assistito ad un problema di usura». Potete trovare in alto
invece le dichiarazioni durante la gara, rilasciate a Sky, sollecitato sulla
possibilità che Vettel potesse fare una sola sosta: «I problemi non saranno di usura, ma di decadimento della prestazione».
Due evidenti possibilità: o in Pirelli sono effettivamente confusi e cercano
innanzitutto di proteggere l’immagine e successivamente di tentare di scoprire
se e cosa non abbia funzionato, o quello di Hembery è un patetico tentativo di
avvocatura del diavolo. O forse non lo sapremo mai.
Voto
minimo anche per il BOX WILLIAMS:
non bastavano i clamorosi pasticci al GP di Inghilterra che sono costati la preziosa
doppia leadership conquistata in partenza. L’immagine di Bottas su tre soft e
una media è decisamente comica, imbarazzante per un team che fino a poche
settimane fa puntava deciso alla seconda posizione del Mondiale Costruttori. Chissà
che non ce li ritroveremo a Monza con una doppietta…
Riflessioni e aspettative prima del GP di Gran Bretagna. di Leonida Monaco
Il Gran Premio di Silverstone giunge da 2 anni a questa parte a cavallo tra un’onda e il check-in a lavoro, come fosse un post-it giallo fluorescente attaccato sul frigorifero, il quale ci ricorda qualcosa di spiacevole, la visita dal dentista o in questo caso, l’avvicinarsi alla fine della stagione. Entrato a far parte del calendario del motomondiale solo dal 2010 in sostituzione del Donington Park, è stato fin da subito inserito all’unanimità nella leggenda dei GP da tutti i piloti.
Nato nel 1943 come aeroporto militare, Silverstone è situato su due contee, quella del Northamptonshire e quella del Buckinghamshire. Come tutti i maggiori aeroporti costruiti tra gli anni 40 e 50, Silverstone è costituito da 3 piste disposte a triangolo, collegate da curve secche.
L’attuale circuito della MotoGP, è uno dei più lunghi della stagione con i suoi 5.890 m e ben 18 curve. Caratteristiche salienti di questo circuito sono l’ampia carreggiata e l’ottimo mix di curve medie e veloci, unite da alcuni tornantini che spezzano il ritmo. Un circuito che per alcuni tratti può ricordare Termas de Rio Hondo (l’uscita dalla Woodcote che immette sul rettilineo di partenza) e per altri può ricordare Austin, con le curve veloci nella zona Becketts (2, 3, 4, 5 e 6), si adatta molto allo stile fluido di Jorge Lorenzo e alla velocità nei cambi di direzione di Marc Marquez. Inoltre, essendo adagiato su un altopiano, è incline a raffiche di vento che causano repentini cambiamenti metereologici. Tutto questo rappresenta un mix perfetto per poter assistere a gare molto spettacolari.
On board Honda 2013. Si può ben notare la grandissima varietà
di offerta dalla pista di Silverstone.
Il passato: duello spagnolo in
Inghilterra
Nel
2013, Jorge Lorenzo faticò e non poco a tenersi dietro il rookie dell’anno,
Marc Marquez. Il duello spagnolo si è risolto solo all’ultimo tornantino, con
annessa spallata di Jorge nei confronti di Marc. Circa 13 secondi più indietro,
il duello per il podio ha visto trionfare Valentino Rossi dopo una bagarre con
un velocissimo ma incostante Dani Pedrosa e l’attuale duo Aprilia, Stefan Bradl
e Alvaro Bautista. L’anno successivo ha visto gli stessi protagonisti lottare
per la vittoria, questa volta con un risultato diverso. Marc Marquez infatti si
è imposto su Jorge Lorenzo, complice la voglia di riscatto del campione del
mondo dopo la deludente prestazione di Brno (4° posto causato da una gomma
difettosa) e una Yamaha non all’altezza. Con questa vittoria, Marc Marquez
raggiunse e successivamente superò il record di Valentino Rossi , 11 vittorie stagionali.
Che cosa indica Marquez? Le 11 vittorie stagionali (2014) o il pareggio tra gli scontri con Jorge a Silverstone?
Rewind
MotoGP 2013. Lorenzo definì questa gara una delle migliori della sua carriera.
Il presente: Il Martillo vs The Doctor
In questo 2015 Rossi ha dimostrato una costanza di rendimento pari solo ai suoi anni migliori, anni di totale dominio (2003 e 2005), costruendo 11 podi in altrettante gare. Questa costanza però sembra non bastare più. Jorge martillo Lorenzo, dopo un inizio stentato, si è impossessato di una padronanza della moto assoluta, vincendo 5 gare, di cui 4 consecutivamente (121 giri consecutivi in testa). Questa raffica di risultati ha portato il martillo a raggiungere a pari merito Valentino Rossi nella classifica mondiale. Nel dopo Brno, il maiorchino ha affermato che il campionato riparte da zero. Ne siamo così sicuri? La sua costanza nelle zone alte del podio, la prossima gara nel suo fortino, per l’appunto Silverstone e la sua capacità, a detta del suo sfidante per il titolo, di guidare un range più ampio di moto rispetto a Rossi stesso, forniscono a Lorenzo un vantaggio più pratico che teorico, portando gli equilibri del mondiale a pendere più verso lo spagnolo che verso l’italiano. Tuttavia la situazione per Rossi potrebbe non essere così compromessa, sia perché a settembre si correrà a Misano, sia perché Rossi ha sempre dimostrato di saper reagire nel momento in cui serviva, negli anni passati e anche quest’anno.
Anno 2008: il luogo, Laguna seca, l’obiettivo, una vittoria, una dimostrazione di forza. La leggenda della MotoGP, Casey Stoner, arrivò a Laguna dopo un filotto di vittorie impressionante, e si presentò il giorno della gara con un passo mostruoso, 4-5 decimi al giro più veloce di Rossi. Eppure, l’esito della gara e del campionato medesimo, è noto a tutti. Una domanda sorge spontanea:
sarà che forse ci aspettiamo troppo da Valentino?
Per quel che riguarda il maiorchino, tutto pare a suo favore. Dal gran premio di Jerez de la Frontera, Jorge Lorenzo vive un periodo di forma strabiliante, in cui è riuscito a guadagnare ben 28 punti al 9 volte campione del mondo. Ad un occhio poco esperto, questo recupero può essere visto come una concomitanza di fattori che si sono incastrati al momento giusto (rinnovo di contratto poco prima di Jerez e stabilità psicologica raggiunta), ma un’analisi tecnica rivela ben altro: nelle gare in cui ha vinto, Jorge è sempre partito benissimo fin dalle FP1 del venerdì, e questo non può essere solo dovuto al suo miglior adattamento alla moto. Difatti, come ha specificato Valentino Rossi, da Jerez Jorge ha trovato un set up di base che con le dovute differenze, varia lievemente di pista in pista. Al contrario di Rossi, il cui set up non solo viene stravolto di gara in gara ma capita, come successo ad Indianapolis, che il set up di base non soddisfi Rossi e che bisogni ripartire da zero il venerdì pomeriggio nelle FP2, perdendo un turno che al livello attuale non si può più recuperare, neanche con il famoso coniglio dal cilindro. In conclusione possiamo identificare in Jorge Lorenzo un pilota con una velocità pura simile a Valentino, ma la sua capacità di adattarsi meglio alla moto e al circuito, gli consentono e gli consentiranno un vantaggio sia nelle piste a favore come Silverstone e Valencia, che nelle piste teoricamente sfavorevoli, come Misano e Phillip Island. Per quel che riguarda Silverstone quindi dobbiamo aspettarci una gara simile alla precedente, con un Lorenzo ed un Marquez che potrebbero tentar la fuga fin dall’inizio, Rossi e Pedrosa permettendo. Basterebbe, e non è per niente semplice, trovare un settaggio soddisfacente, nemmeno ottimale, per limitare i danni ed agganciarsi al duo spagnolo, attendendo un eventuale errore per passare avanti almeno ad uno dei due, limitando difatti i danni.
Outsider nella lotta mondiale
Parliamo ovviamente di Dani Pedrosa e Marc Marquez. Nonostante la sfortuna continui ad attanagliare il povero Pedrosa, sembra che quest’anno “camomillo” abbia un qualcosa in più che gli consente di reagire al ripresentarsi di dolori e infortuni. Si è visto benissimo sia il sabato nelle qualifiche di Brno sia la domenica in gara. Infatti, il campione del mondo della vecchia 250, è riuscito a guidare sopra il dolore alla caviglia sinistra, andando ad effettuare tutti i suoi sorpassi proprio nei cambi di direzione, punto in cui la caviglia funge da appoggio e si ritrova ad essere sottoposta ad un notevole stress. Questo ci porta a pensare che questo fine settimana potrebbe inserirsi nella lotta per il podio, andando a mettere in difficoltà magari proprio Valentino Rossi, il quale non ama particolarmente la pista di Silverstone, definendola il suo punto debole da ora fino a Valencia. D’altro canto l’attuale campione del mondo non vuol lasciare né il trono né la scena troppo facilmente. Anzi, trova proprio in Silverstone un piacevole alleato, che gli ha fornito 45 dei 50 punti in palio nei 2 anni precedenti. Caratteristica di Silverstone è che si rivela una pista più a favore dei piloti che la amano, rispetto a quelli come Rossi a cui non piace, che una pista a favore di una delle due case nipponiche, come lo era Brno per Yamaha. Infatti nei 5 anni in cui si è corso, 3 sono state le vittorie di Lorenzo alternate da una vittoria di Stoner nel 2011, e l’ultima proprio di Marquez, che ci era arrivato vicinissimo anche nel 2013. Questo dimostra una notevole variabilità tra Honda e Yamaha e la conferma dei due piloti spagnoli, Jorge Lorenzo e Marc Marquez. Questa estrema variabilità nelle zone alte del podio, si deve alla presenza di un mix perfetto tra curve di percorrenza, quali la famosissima Copse, la Stowe la Abbey e la Farm, adatte alla Yamaha, tornanti e curve che vanno spigolate adatte alla Honda, con rettilinei non proprio lunghissimi (il più lungo 760m), in cui il motore non fa la differenza, se non hai una Ducati “Factory Open” Gp15.
Compiti per le vacanze per Ducati
Una stagione iniziata con una Ducati apparentemente ritrovata, ci ha poi visti commentare un improvviso calo nelle prestazioni della Gp15. A posteriori possiamo giudicare il rendimento della Gp15 con cognizione di causa, individuando diversi errori che hanno portato a questo decremento prestazionale:
Avevamo elogiato la furbizia dell’ingegner dall’Igna nello scegliere una classe Factory ma con concessioni Open, poiché la Ducati avrebbe potuto avvicinarsi, grazie ai continui aggiornamenti (che sono comunque avvenuti) di motore, di telaio e di elettronica, alle nipponiche Factory. Tuttavia, questo apparente vantaggio si è ritorto contro, non solo perché i continui sviluppi non si sono dimostrati all’altezza degli aggiornamenti giunti dal Giappone, ma soprattutto perché, in alcune gare la casa di Borgo Panigale ha dovuto utilizzare delle gomme con mescola diversa rispetto alle Factory, limitandone dunque le prestazioni.
Andrea Dovizioso è stato scelto nel 2013 come pilota principale in grado di sviluppare la nuova Ducati, grazie all’esperienza che il forlivese ha accumulato nel corso degli anni, guidando le due moto giapponesi. Questo e l’inserimento di dall’Igna, ha portato allo sviluppo della nuova Gp15. Tuttavia, dopo un apparente iniziale dominio nel duello con l’altro Andrea (Iannone), la situazione si è capovolta. Possiamo spiegare questo capovolgimento abbastanza semplicemente : partendo dal Mugello, ci sono state alcune sfortune o errori di gioventù della moto, che hanno colpito il solo Dovizioso, impedendogli di portare a termine alcune gare. Contemporaneamente, Iannone ha iniziato ad adattarsi alla Gp15, apprezzandone i pregi quali il motore, l’agilità e la capacità di spigolare in maniera simile alla Honda, e comprendendone i limiti come la scarsa trazione in accelerazione e una frenata non sempre impeccabile. Essendo dotato, a mio parere (ma basta guardare i risultati raggiunti dai due Andrea), di più talento del forlivese, il pilota di Vasto è riuscito a maturare molto in fretta e a raccogliere risultati in ogni gran premio con il picco proprio nel Mugello, dietro all’imprendibile Jorge Lorenzo. Ergo, Dovizioso si è sentito quantomeno scavalcato, se non addirittura impotente in alcuni frangenti (Sachsenring e Indianapolis), lasciandosi andare a delusione e frustrazione, emerse sempre nelle sue sincerissime interviste post…cadute e durante i gran premi.
Silverstone potrebbe essere una boa di salvataggio per la Gp15, essendo infatti una pista scorrevole e veloce, con forse solo una frenata importante e poche ripartenze, potrebbe quanto meno mascherare i difetti della moto e portare più fortuna al Dovi che a Iannone. Infatti la pista è molto amata da Andrea Dovizioso, e proprio l’anno scorso si trovò a lottare inaspettatamente per il podio con Rossi e Pedrosa, giungendo 5° ma a solo un secondo dal terzo gradino del podio. Non dimentichiamoci poi che le temperature basse tipiche di Silverstone, potrebbero consentire alla Ducati di combattere ad armi pari con le Factory anche in gara.
Stessa storia in casa Pramac. Visto l’ottimo risultato di Dovizioso l’anno precedente con la stessa Gp14.2 guidata da Yonny (ma non da Petrucci, il quale guida ancora la vecchia 14.1), potremmo ritrovare una coppia Pramac nei primi 10 in qualifica ed in gara. Quest’anno Petrucci si è dimostrato veramente all’altezza del compagno di squadra, giungendogli quasi sempre davanti e meritando quanto meno una Gp14.2 che però non arriverà. Questo perché a Borgo Panigale stanno lavorando per poter concedere al team esterno due Gp15 per la stagione 2016. L’intero team Ducati giunge in Inghilterra ottimista, sicuro di poter (ri)dimostrare finalmente il proprio potenziale.
Si corre in casa
Il grande assente nelle zone alte della classifica di quest’anno Scott Redding, è chiamato al riscatto almeno in Inghilterra. Si, si trova in un team nuovo ed è difficile per il pilota e per ingegneri elettronici trovare la giusta sintonia in pochissimo tempo, ma è innegabile come lo stile di Scott sia di intralcio in questa MotoGP. Le parole del suo capo meccanico di qualche mese hanno confermato che l’inglese non riesce ancora ad adattarsi alla perfezione alla Honda. Il suo stile di guida troppo estremo, causa un pattinamento eccessivo della gomma posteriore che si ripercuote in un’accelerazione più lenta ed in un consumo repentino della gomma posteriore.
Lo stile della nuova generazione, portato all’estremo da Scott
Redding.
Ancora una volta Silverstone giunge in salvezza di alcuni piloti, poiché pare che dall’anno prossimo Scott Redding abbia firmato per Ducati Pramac andando a sostituire il colombiano Hernandez. Forse questo causerà un decremento nelle prestazioni di Scott in questo 2015, ma siamo sicuri che nel gran premio di casa Scott proverà a riscattare una stagione difficile. Un altro pilota che qui è letteralmente di casa, è Bradley Smith (che abita a soli 30 minuti di auto da Silverstone), pilota molto sottovalutato ma che è stato in grado di ottenere ottimi risultati in prova e soprattutto in gara, lasciando al compagno di squadra, il più blasonato e campione del mondo della Moto 2 Pol Espargaro, solo le briciole. Per rimarcare ciò, qualche giorno fa Smith ha rilasciato questa dichiarazione : “Cerco di viverla come qualsiasi altra gara, ma è molto difficile, l’aspettativa è tanta e non è facile. Voglio un po' di attenzione, sono il leader tra i piloti dei team satelliti e ho fatto meglio del mio compagno di squadra Pol Espargarò, che ha già firmato un nuovo contratto”. Silverstone giunge ancora come una manna dal cielo, poiché, a pochi giorni dal gran premio, il Team Tech 3 ha ufficializzato il rinnovo di contratto per l’inglese.
I rookie dell’anno
La situazione nel più piccolo reparto corse della MotoGP è ottima. I due piloti, il rookie appena ventenne Maverick Vinales e il 26 enne Aleix Espargaro, hanno trovato una moto, anch’essa debuttante, che all’esordio è stata fenomenale. Le peculiarità di questa moto sono un telaio fantastico, che consente rapidi cambi di direzione ed una discreta percorrenza in curva, e un motore poco brillante. Facendo un parallelo con il team ufficiale Ducati, si può ben dire con cognizione di causa, come i due piloti più giovani abbiano preso il sopravvento sui due piloti più esperti. Le aspettative della Suzuki per Silverstone sono di difficile decifrazione, essendo neofiti della pista. Si può intuire però come questo possa portare vantaggio al più talentuoso Vinales, visto che i due compagni partiranno da zero. Sicuramente non soffriranno in rettilineo come hanno sofferto nelle due precedenti gare. Potremmo quindi prevedere una lotta con le due Ducati Pramac, visto che sono due moto all’antitesi l’una rispetto all’altra, i cui di ognuno difetti e pregi vanno a completarsi, giungendo almeno in teoria ad una gara fianco a fianco.
L’apogeo della lotta tra Vinales e A. Espargaro al Sachsenring.
Uno sguardo alla Moto 2 e alla Moto 3
In Moto 2 la situazione sembra essere ben delineata. Con un Zarco imprendibile e tutti gli altri a giocarsi i restanti posti sul podio. Anche Valentino Rossi è rimasto stupido delle prestazioni del francese : “Secondo me, le prestazioni di Johann di quest’anno sono piuttosto impressionanti. La lotta per il mondiale in MotoGP è ancora molto serrata, ma i leader delle classi Moto2 e Moto3 hanno un grosso vantaggio in classifica e sono i chiari favoriti per il titolo. Francamente, non mi aspettavo un tale livello di performance da Zarco ; ha più di 70 punti di vantaggio ! Penso che potrebbe essere forte anche in MotoGP”. Purtroppo sembra che la Ducati Pramac abbia cambiato idea sul portare Zarco in MotoGP a favore di Scott Redding, quindi potrebbe non essere il 2016 l’anno del grande salto del francese. Tuttavia bisogna essere d’accordo con il 9 volte campione del mondo sull’attuale livello raggiunto da Zarco. Bisogna aggiungere che è tutta la Moto2 ad aver aumentato il proprio livello di competitività. Come si è visto a Brno, i primi 3/4 piloti si sono dimostrati in grado di reggere lo stesso ritmo per tuta la gara (Rabat ha perso un secondo nei primi due giri e non è riuscito più a recuperarlo), un po’ come fanno i primi 5/6 piloti in MotoGP. Per Silverstone il favorito per la vittoria resta il francese in testa al campionato, nonostante gli avversari continuino ad aumentare in numero e a migliorare le proprie prestazioni, gara dopo gara. Tuttavia non diamo per sconfitto l’attuale campione del mondo, Rabat, che lo scorso anno vinse in rimonta, e neanche i giovanissimi Alex, Rins e Marquez, i quali hanno sempre ottenuto ottime prestazioni a Silverstone. Infatti dopo la gaffe di Brno, quando si era messo a festeggiare la vittoria del GP quando mancava ancora un giro al termine - lo spagnolo Alex Rins (Estrella Galicia) andò a vincere davanti ad Antonelli e ad Alex Marquez, il quale ha mostrato un notevole salto di qualità in Repubblica Ceca, con un 4° posto davvero convincente. Purtroppo il nostro Franco Morbidelli non sarà della partita, causa una doppia frattura di tibia e perone in un sessione di allenamento in motocross, sarà fuori infatti per almeno un mese.
In Moto 3 la situazione pare analoga, con il pilota di casa Danny Kent a farla da padrone. Alle sue spalle i nostri italiani e alcuni outsider a contendersi i restanti punti. Danny Kent infatti ha portato un nuovo stile di guida, con piccoli accorgimenti nella posizione in moto e nelle traiettorie, che si sono visti molto bene nella gara del Sachsenring. Posizione in moto che permette di avere un avantreno più carico e una velocità in ingresso curva fulminea. Silverstone però potrebbe avere un esito diverso, poiché ci sono 3 rettilinei che si sentono molto per le piccole 250cc 4 tempi. Kent infatti potrebbe non riuscire a fare il vuoto, e potrebbe doversi accontentare di una posizione di rincalzo come fatto a Brno, a favore dei vari Antonelli, Bastianini e Oliveira. In particolare qui Antonelli e il pilota dello Junior Team Go&Fun vanno veramente molto forte.
Intervista a Tito Rabat dopo l’incredibile rimonta a
Silverstone del 2014.
Rewind Moto 3 Silverstone
2014. Una gara come sempre combattutissima.