lunedì 14 settembre 2015

Tanto rumore per nulla

Grandi aspettative ma tanta delusione. Analisi di tutto quello che c'è stato nei ricami del derby di Milano.

di AER








Ci è stata presentata all'unanimità, da testate giornalistiche e non, come la partita chiave per interpretare il miglioramento in termini generali del calcio italiano. Due squadre “nobili” per caratura e tradizione che, dopo anni di errori catastrofici a 360 gradi, hanno scelto la stagione 2015/2016, questa stagione, per invertire il trend negativo investendo sul mercato e modificando drasticamente il materiale tecnico a disposizione.
In realtà, il derby è stata l'ennesima conferma che la strada delle due milanesi verso un'effettiva riproposizione di quella cultura vincente perduta è ancora lunga. E i dubbi sulla possibilità che siano queste le dirigenze e gli allenatori giusti sono aumentati.

L'allenatore, capitolo Milan
Per motivi diversi le due squadre non hanno minimamente quell'indefinita proprietà, molto spesso noiosamente abusata da chi scrive, comunemente detta “identità di squadra”.
Si è capito che Mihajlovic ha intenzione di schierare contemporaneamente due attaccanti centrali – come non pensarlo se il mercato estivo ti ha regalato Bacca, Luiz Adriano e Balotelli? – e che la manovra offensiva, nelle sue idee, ha come fondamento le interazioni delle punte tra di loro e con il resto della squadra.

L'incognita maggiore è rappresentata dal centrocampo. Che tipo di calciatore vuole davanti alla difesa? Montolivo o De Jong? Che tipo di lavoro vuole dalle mezzali? Anche i principi della fase difensiva sono un rebus. Il Milan, ad oggi, è una squadra che difende alternativamente – malissimo e abbastanza bene – in tutte le situazioni. L'unica situazione che gestisce sempre male è la transizione difensiva ed infatti in quella circostanza ha preso gol. Oltretutto dopo un pressing offensivo orrendo che ha sbilanciato la squadra smascherando tutti i limiti rossoneri.



Se tra le intenzioni del tecnico serbo c'è quella di riproporre a San Siro quello che faceva l'anno scorso la Sampdoria prepariamoci a vedere partite di questo tipo. Una squdra solida mentalmente che con la linea bassa difende benissimo e che può rendersi pericolosa giocando in velocità verticalmente. Una squadra che gioca sempre “contro” gli avversari e mai “per se stessa”. Una squadra “limitata” nel senso più letterale del termine: un progetto tattico con alcune caratteristiche ben precise (sviluppate anche molto bene, eh) ma con altri principi completamente inesplorati.
È indicativa, a questo proposito, “la filosofia del rimprovero” di Sinisa, teorizzata durante la scorsa stagione (http://video.sky.it/sport/calcio-italiano/mihajlovic/v232834.vid): << (…) Abbiamo sbagliato occasioni clamorose (...), ma io non posso prendermela con un giocatore perché sbaglia un gol o un passaggio. Non accetto, invece, quando l'atteggiamento è sbagliato>>.
Non riconoscere che molto spesso gli errori di concetto, di atteggiamento, siano legati alla parte tecnica e viceversa è sintomatico di quello che è Mihajlovic come allenatore. La stessa espressione "non accetto" è il paradigma di una visione dicotomica del suo essere allenatore. Dividere ogni giocata possibile, ogni movimento, ogni scelta in due insiemi: quallo che "si accetta" e quello che "non si accetta". 

Al Milan, alla luce delle dichiarazioni di intenti ufficiali, sono realmente consapevoli di quello che hanno scelto?

L'allenatore, capitolo Inter
Mancini si ripresentò sulla panchina dell'Inter il 23 novembre dello scorso anno – quasi un anno fa ed era sempre un derby – con un 4-5-1 che faceva credere in un'esperienza migliorativa avuta all'estero. Finalmente un'Inter ordinata e ben spaziata in campo. Con il passare del tempo, però, sono ritornati a galla tutti i limiti del tecnico di Jesi.



Nel calcio moderno - quello che si gioca in Europa, ci tengo a specificare - ci sono quattro punti centrali. Alternati e bilanciati con altre soluzioni, certo, ma che sono alla base di un buon gioco collettivo. In base al livello qualitativo d'esecuzione l'efficacia del gioco espresso cambia proporzionalmente. I punti chiave sono: ampiezza (copertura e sviluppo della manovra in ampiezza), capacità di organizzare il pressing offensivo, distanze ridotte tra reparti e singoli calciatori, velocità e precisione dell'uscita del pallone. Analizziamo quello che abbiamo visto stasera in relazione a quanto detto: il modulo – il famosissimo “rombo di centrocampo”, conosciuto e acclamato in tutta Europa (sono ironico) – non permette né ampiezza né pressing offensivo, i limiti dei due tecnici hanno contribuito a produrre squadre lunghissime fin dai primi minuti alla faccia di belle parole come armonia tra i reparti e movimenti sincronizzati, la poca qualità a centrocampo ha compromesso un'uscita del pallone efficace.

Ecco che bisogna trattare con estrema cautela affermazioni del tipo “L'Italia è molto avanti dal punto di vista della tattica” oppure “La Serie A è superiore alla Premier League nella tattica”. Confondere il concetto di “tattica” con quello di “tattica difensiva” è molto pericoloso e può portare ad enormi fraintendimenti.

Le formazioni iniziali e le intenzioni
Perisic trequartista può stupire solo chi non ha riflettuto lucidamente sulla cessione di Shaqiri. Lo svizzero, in sei mesi di permanenza all'Inter, è stato schierato soltanto nel primo tempo della sfida europea contro il Wolfsburg nel suo ruolo naturale, quello di attaccante esterno/ala. Poi quasi solo come trequartista. Stessa sorte avversa spetta al croato. Sarebbe stato interessante condividere i pensieri di Perisic al momento dell'assegnazione del ruolo.

Il croato dovrebbe completare e bilanciare i movimenti di Jovetic: quando il montenegrino si abbassa, il croato affianca Icardi. In fase di non possesso, invece, deve oscurare le linee di passaggio verso Montolivo. L'applicazione è quella giusta, quella di un calciatore maturo tatticamente, ma che finisce per penalizzare le sue caratteristiche principali: la possibilità di ricevere palla sull'esterno e/o di attaccare gli spazi in velocità.

Il rombo a centrocampo dell'Inter. Perisic vertice avanzato.
Altra scelta controversa quella di Medel difensore centrale per avere, nelle idee di Mancini, una linea difensiva costantemente alta e pronta ad anticipare gli attaccanti avversari. Emulare la Nazionale cilena, dove Medel ricopre più o meno lo stesso ruolo, senza però tenere in considerazione tutto il contesto tattico della Roja è una soluzione difficilmente riproponibile e che solo i limiti del Milan hanno evitato di renderla una scelta suicida.

Il Milan, invece, è impostato per sviluppare la manovra sull'asse verticale Montolivo-Honda e su quello orizzontale – in realtà trasversale – Luiz Adriano-Bacca. Bonaventura e Kucka hanno il compito di facilitare il gioco verticale in velocità.
La costante è l'immediata ricerca di uno dei due riferimenti avanzati – più preferibilmente Luiz Adriano – che viene incontro e difende palla e da lì iniziare a costruire le trame offensive.


Tutta la verticalità del Milan.
È interessante notare la posizione di Bonaventura che facilita la trasmissione verticale del pallone liberando spazio centralmente.

Il gioco veloce e verticale, fatto di transizioni con un basso numero di tocchi, sembrerebbe cucito perfettamente addosso a Carlos Bacca. Il Milan non è mai riuscito, però, a sviluppare i tempi di gioco opportuni per permettere al colombiano di attaccare la profondità.
Inoltre i due attaccanti rimangono sempre in una posizione intermedia, in un limbo. Sarebbe stato interessante vederli giocare più vicini.


A specchio
I sistemi di gioco speculari delle due squadre finiscono per creare quattro distinte contrapposizioni a centrocampo. 

I 4 di centrocampo delle due squadre, gli 8 complessivi. Il principale riferimento per ciascuno di loro è il diretto avversario.
Si finisce per creare dei vuoti spaziali pericolosissimi a centrocampo.

I duelli individuali bloccano la partita e contribuiscono ad aumentare le distanze tra i giocatori che non hanno la lucidità per mantenere contemporaneamente il riferimento del pallone e dei compagni.

Gli spazi a centrocampo, nell'incedere dei 90 minuti, si aprono sempre di più. Felipe Melo e Montolivo si dimostrano spesso indecisi nella posizione verticale da assumere non sapendo se accorciare verso la propria linea difensiva - entrambe molto basse - o verso la porta avversaria per stringere con gli altri centrocampisti e con gli attaccanti. Montolivo spesso sceglie di rimanere più basso, Felipe Melo stoicamente si erge a paladino della terra di nessuno cercando di alzare la propria posizione. Giocano entrambi una buona partita nonostante le condizioni avverse.

Sono proprio le distanza troppo lunghe tra reparti e singoli componenti del reparto l'aspetto più preoccupante e sul quale ci sarà più da lavorare. Soprattutto per il gioco proposto (o almeno cercato) è fondamentale avere una squadra corta. Una manovra offensiva costituita principalmente da passaggi in verticale, ha più probabilità di essere efficace se i passaggi interessano zone di campo più vicine. Già molto buona, invece, la combinazione dei movimenti delle due punte rossonere. Il livello qualitativo dei rifornimenti, però, dovrà necessariamente alzarsi.

I migliori
Sicuramente tra le migliori prestazione della serata deve essere inclusa quella di Jovetic. Avevamo già brillantemente analizzato quello che Jovetic avrebbe portato all'Inter in questo articolo, considerando anche i miglioramenti della manovra offensiva di cui il montenegrino sarebbe stato il perno. L'Inter estremizza questo concetto rendendo Jovetic la prima opzione in ogni sviluppo di possesso palla. Ogni sviluppo di possesso palla.

Mancini, per non perdere pericolosità offensiva, ha scelto di far alzare Perisic sulla linea di Icardi quando Jovetic si abbassava per ricevere palla. Jovetic è una seconda punta - lo avranno capito anche i meno addentro la vicenda, anche Mancini - e questa costatazione esclude categoricamente il suo utilizzo da esterno d'attacco per completare un attacco a tre. Ecco che forse prendere Perisic per farlo giocare in quel ruolo non ha molto senso.

Jovetic si abbassa per ricevere palla e girarsi verso la porta avversaria.
Perisic bilancia il movimento del compagno avanzando la propria posizione e allargandosi a sinistra. Il croato sembra già sapere che Jovetic concluderà centralmente la sua azione: filtrante per Icardi che sbaglierà da solo davanti a Diego Lopez.

Il quadro, dopo tre partite, è abbastanza chiaro: la manovra dell'Inter è totalmente dipendente da Stevan Jovetic. È un dato da non sottovalutare e che deve far riflettere sulle reali possibilità dell'Inter

Nel Milan il più appariscente, nonostante il minutaggio ridotto rispetto ai compagni, è stato Balotelli. Meriterebbe un discorso a parte, forse anche un paio di discorsi. Ci tengo a precisare che noi abbiamo sempre trattato e continueremo a trattare Balotelli come un giocatore di calcio e non come un fenomeno da social network o da tabloid.
Per Balotelli ritorna utile richiamare la "filosofia del rimprovero" di Mihajlovic. Personalmente credo che Balotelli sia il più grande dispensatore del calcio mondiale di quegli errori di concetto e di atteggiamento "non accettati" dal tecnico serbo. 
Balotelli non può sorprendere con la partita che ha fatto. Quelli sono i suoi colpi, i suoi tiri, le sue preparazioni al tiro. È altro quello che sorprenderebbe.


Il futuro
Nonostante la sconfitta, la strada intrapresa dal Milan sembra più delineata. Questo ovviamente non significa che farà meglio dell'Inter e non significa nemmeno che farà benissimo. È molto importante, per Mihajlovic, che diventi una squadra difficile da battere (ritorniamo al discorso di squadra "limitata") ma sicuramente battibile. E lo diventerà.

L'Inter, invece, è un'entità completamente da plasmare con enormi potenzialità e che offre una varietà di soluzioni tattiche quasi unica in Italia. Ci mancherebbe altro, visto il ricambio di calciatori titolari quasi totale. La convinzione è che avremo a che fare, in ogni partita, con una squadra sempre diversa, pronta a cambiare stile di gioco e modulo, ma con dei punti chiave fissi e importanti. Jovetic, ad esempio.

Appuntamento al derby di ritorno. Sarà quello finalmente il tanto atteso "derby della rinascita del calcio di Milano" che aspettiamo da anni?


Articolo a cura di AER



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